ISRAELE e MSI-AN
Dal 1938 al 1945 il fascismo e la RSI furono antisemiti, seguendo la
legislazione razziale (1) nazista, ma non fu sempre così. L'inizio del
fascismo, sin dal 1919, vede una forte presenza di israeliti sia in seno al
"movimento" che al "regime" (2).
Per quanto riguarda il MSI, nato dalla RSI nell'immediato dopo
guerra-civile, Almirante e Michelini sono stati sin dal 26 dicembre del 1946
filo americani e poi filo israeliani sin dalla fondazione dello Stato d'Israele
(1948).
Nel 1948 «il quotidiano del MSI guarda con palese simpatia a quelli che
chiama in un primo tempo "sionisti" e dopo qualche giorno semplicemente
"ebrei", scaricati dagli inglesi» (3).
Col 1967 (la guerra dei sei giorni), quasi tutti scoprono che Israele è il
"baluardo dell'occidente" contro l'espansionismo sovietico! Franz Maria D'asaro
(direttore del Secolo d'Italia, sin dai primi degli anni Cinquanta) racconta
che «Almirante sin dai primi anni Cinquanta, sensibilizzava il nostro
interesse nei confronti dello spirito pionieristico e patriottico con il
quale i fondatori dello Stato d'Israele... avevano fondato la nuova nazione»
(4).
Nell'aprile del 1972, Giorgio Almirante giunse «ad esaltare i valori della
Resistenza in quanto valori di libertà» (5). Fini a Gerusalemme nel 2003 non
farà nulla di più, condannerà il fascismo e la RSI solo nei momenti storici
in cui hanno partecipato attivamente (1938 con le "Leggi razziali"-1943 con
la "carta di Verona") alla Shoah che per Fini è "il male assoluto", ossia il
"cerchio quadrato", poiché il male (filosoficamente parlando) è privazione
di bene e non può essere un assoluto, sotto pena di non esistere per nulla.
Fini ha condannato "le infami leggi razziali volute dal fascismo" (6), non
ha condannato il fascismo in blocco, ma solo alcune pagine della storia del
fascismo «quelle vergognose... della RSI... del manifesto di Verona, in cui
si definiscono gli ebrei italiani "stranieri appartenenti ad una razza
nemica"... l'orrore della Shoah, l'infamia delle leggi razziali del '38 e
del '43 e le colpe a questo proposito del fascismo. Se l'Olocausto è il mae
assoluto, ciò vale anche per gli atti del fascismo che hanno contribuito
alla Shoah. Sappiamo che nella storia complessa del fascismo ci sono anche
altri momenti [buoni, nda]...» (7).
Il fatto grave è che Fini si contraddica, non solo dal punto di vista
filosofico-teologico (non è la sua materia, ma allora perché parlarne?); ed
anche da quello politico: quando il 2 dicembre del 2003 su Il Secolo d'Italia
in un articolo di Lucilla Parlato, ritoviamo alcune epressioni usate da Fini
nella puntata televisiva Porta a Porta di Bruno Vespa: «sfido uno storico...
a provare che nella storia esista il male assoluto... Non c'è il male
assoluto...
Il male assoluto è nella Shoah... se lo sterminio degli ebrei è il male
assoluto, rientrano nella pagina del male assoluto, anche tutti gli atti che
hanno contribuito a determinarlo». Come conciliare le due affermazioni? L'unico
modo per non cadere nella scissione mentale è quello di fare della Shoah un
evento ultra-storico, che non si trova nella storia, infinito, assoluto, una
sorta di religione laico-olocaustica, "un passato che non passa" (Sergio
Romano) con tutti i rischi che il professor Romano vi vede, ossia gli
atteggiamenti tracotanti e razzisti dello Stato d'Israele, che potrebbero
essere un boomerang e suscitare una reazione antisemita di scala mondiale.
«La regola secondo cui ogni fatto storico è costretto, prima o dopo, a
passare in seconda fila, scrive Sergio Romano, soffre un'eccezione. Vi è un
avvenimento - il genocidio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale -
che diventa col passar del tempo sempre più visibile, incombente ed
ingombrante» (8).
Altri politici non ve lo vedono o non lo vogliono vedere, ad esempio il
professor Francesco Perfetti, proveniente dal "Fronte Monarchico" e l'on.
Alfredo Mantovano proveniente da "Alleanza Cattolica" (9). Addirittura
Alessandra Mussolini in una lunga intervista rilasciata al quotidiano
israeliano Haaretz - mentre Fini stava a Gerusalemme - ha dichiarato che:
«Non solo Fini, ma il mondo intero, compreso il Vaticano e il Papa, deve
chiedere perdono a Israele».
Nel documento conclusivo del X congresso del MSI nel 1973, si legge a pagina
44: «Israele ha diritto... a una pacifica e sicura esistenza». Nel 1983 il
MSI chiede «una Patria per Israele» (10).
Gianfranco Fini era direttore del quindicinale Dissenso quando, nell'ottobre-novembre
1979, numero 19, Maurizio Gasparri scriveva un articolo Uno sguardo al
Medio Oriente in cui, a nome di Fini, allora presidente del Fronte della
Gioventù, prendeva le distanze dal mondo arabo.
L'ex direttore del Secolo d'Italia Franz Maria D'Asaro, è sempre stato un
ammiratore di Israele «che accerchiato da tutte le parti, difende
esemplarmente il suo diritto alla vita» (11), dimenticandosi di aggiungere
che ciò avveniva ed avviene ancor oggi, conculcando quella dei Palestinesi,
dopo aver occupato abusivamente il loro suolo natio.
I primi viaggi dei missini a Gerusalemme
Giulio Garadonna, il 28 ottobre del 1973, ottiene una lettera di
ringraziamento, per le sue posizioni filo sioniste, dall'ex rabbino capo di
Roma Elio Toaff; ne nasce un intenso scambio epistolare che durerà per vari
anni. Caradonna ricorda che Almirante portò con sé la lettera di Toaff in
America quando vi si recò nel medesimo anno "per contrastare possibili
contestazioni di antisemitismo".
Quindi Caradonna, "va a Gerusalemme" e depone una corona di fiori al Museo
dell'Olocausto (Fini non ha inventato nulla di nuovo), a nome del MSI-DN.
Caradonna, massone di famiglia, amico degli ebrei da parte di padre che nel
1938 si oppose alle leggi razziali, ha continuato a sfruttare queste
amicizie importanti, appoggiato e spronato da Almirante, il quale fece
pubblicare con ampio risalto, sul Secolo d'Italia, tra il marzo e l'aprile
del 1976, una serie di cinque articoli di Giulio Caradonna «nettamente
schierati con le ragioni dello Stato ebraico, che si appellano al filo
sionismo di Mussolini e ribadiscono la radicale differenza tra lo sterminio
hitleriano e quanto accadde in Italia... Almirante era perfettamente
consapevole e consenziente riguardo al significato politico delle posizioni
di Caradonna» (12).
Ma dieci anni prima di Caradonna un altro ex repubblichino, Giano Accame, si
era già recato - come inviato del Borghese - a Gerusalemme nel 1962 (31 anni
prima di Fini). Accame vi ritornò nel 1967, ancora come inviato del Borghese
dell'ex repubblichino (massone ed ebreo) Mario Tedeschi, tenacemente filo
israeliano.
Destra sionista e fascismo.
Il Revisionismo ebraico e il nazionalsocialismo
Ho già trattato dei rapporti tra Jabotinsky e il fascismo italiano e il
nazismo tedesco (cfr. Per padre il diavolo. Un'introduzione al problema
ebraico secondo la Tradizione cattolica, Milano, SEB, 2002, paagg. 313-346;
e Sionismo e fondamentalismo, Controcorrente, Napoli, 2000, pagg. 113-123),
ora che è uscito un interesante libro (Paolo Di Motoli, La destra sionista.
Biografia di Vladimir Jabotinsky, Publishing, Milano, 2001), voglio porgere
al lettore il succo di tale opera, che getta ancor più luce su un fenomeno
poco conosciuto o volutamente misconosciuto.
"La matrice di destra del sionismo viene spesso ignorata... Bisogna però
sottolineare che il movimento Herut, vittorioso nelle elezioni del 1977, si
considera come la prosecuzione dell'Alleanza dei Sionisti Revisionisti
fondata da Jabotinsky nell'aprile del 1925. Il programma di questo partito
chiedeva la 'revisione' della polìtica sionista per un ritorno alla matrice
herzliana del sionismo. Il primo gruppo di ferventi nazionalisti ebrei fu il
movimento giovanile Betàr, fondato a Riga nel 1923... Questo movimento aveva
certamente delle affinità con altri gruppi di nazionalisti europei: aveva
uno spirito di corpo e un forte senso della disciplina...
È assai difficile studiando Jabotinsky trovare un aggettivo che da solo sia
in grado di classificarlo: a volte si difendeva dalle accuse di fascismo
definendosi liberale [alla maniera di Keynes, il quale ammetteva un
intervento dello Stato nella cosa pubblica e nell'economia, più di Mises, di
von Hayek e di Friedman, che vogliono il minimo di intervento statale],
altre volte però si diceva un nazionalista ispirato da Garibaldi... Alcuni
simpatizzanti sionisti lo ritengono un mazziniano di destra... Certamente
molti scritti di Jabotinsky sulla razza, sul militarismo... possono farlo
etichettare come leader parafascista" (13).
Il Di Motoli rileva che il padre di Biby Netanyau, Ben Zion, militava nel
movimento, assai radicale e violento, Brit Ha'birionim (i briganti); "la
parola fascismo non era assolutamente sgradita a questo gruppo di persone,
ostìli alla democrazia... Ahimeìr [il fondatore del gruppo, nda] era un
grande ammiratore di Mussolini" (14). Jabo era affascinato da Cavour,
Garibaldi e Mazzini, da Mickiewicz e da Nietzsche.
Come Mazzini che diceva "noi faremo l'Italia anche alleandoci con il
diavolo" (e così fu), Jabo era disposto ad allearsi con il demonio, che per
lui era rappresentato dal peggior antisemita, per fondare lo Stato d'Israele.
E questo princìpio lo portò a collaborare tatticamente con la Germania
nazista, non per edificarla, ma per erigere lo Stato israeliano.
"L'omicidio polìtico era a suo giudizio un atto positivo, uccidere in nome
di obiettivi pùbblici era lécito" (15).
Per quanto riguarda Avraham Stern, Di Motoli dice che: "mentre il movimento
sionista decise di sostenere gli inglesi contro il nemico più feroce degli
ebrei, cioè il nazismo, Stern pensava che gli sforzi dovessero dirigersi
contro la potenza imperialista inglese. Il suo scopo era di liberare la
terra d'Israele dai dominatori... I terroristi del gruppo Stern [o meglio
Gang Stern] erano... i nuovi zeloti che uccidevano sia i romani che gli
ebrei moderati [come è avvenuto con Ràbin, ucciso da un estremista di destra
o uno zelota ebreo]. (...) In nome della guerra contro la pèrfida Albione
pensava di allearsi con l'Italia fascista per instaurare uno stato
corporativo e concedere ai fascisti una base militare ad Haifa. Molto più
sconcertante fu il contatto preso da un militante del gruppo Stern... con
due uomini del III Reich... risulta dai discorsi dei dirigenti dello Stato
nazionalsocialista che una soluzione radicale [definitiva]della questione
ebraica ìmplica una espulsione delle masse ebraiche dall'Europa... [una
soluzione finale geografica e non fisica, ossia definitiva], ma non è
realizzabile se non tràmite il trasferimento di queste masse in Palestina,
in uno Stato ebraico... L'Organizzazione Militare Nazionale (NMO),
conoscendo la posizione benévola del governo del Reich verso l'attività
sionista all'interno della Germania e i piani sionisti riguardanti l'emigrazione,
stima che:
1) potrebbero esistere degli interessi comuni tra l'instaurazione in Europa
di un ordine nuovo secondo la concezione tedesca e le reali aspirazioni del
popolo ebraico...
2) Sarebbe possibile la cooperazione tra la nuova Germania e una rinnovata
nazione ebraica,
3) la fondazione dello Stato ebraico su una base nazionale e totalitaria,
legato con un trattato al Reich tedesco...
A condizione che siano riconosciute, dal governo tedesco, le aspirazioni
nazionali del Movimento per la libertà d'Israele, l'Organizzazione Militare
Nazionale (NMO) offre la sua partecipazione alla guerra a fianco della
Germania'. (...)
Stern tendeva a sminuire i drammi vissuti dagli ebrei del ghetto, dicendo
che non tutti morivano di stenti e il vivere tra ebrei senza gentili era un
fattore positivo... " (16).
I concetti di Nazione, Sangue, Razza, Nazionalismo anti- arabo, erano i
pilastri della filosofia politica di Jabo (17), che si fondava su un rigido
militarismo e un culto quasi liturgico delle parate e cerimonie militari
(18).
Jean Claude Valla spiega che gli ebrei tedeschi dal 1930 sino al 1941,
scesero tatticamente a patti col III Reich per fondare lo Stato d'Israele.
Il 7 agosto del 1933 l'Agenzia ebraica e l'Organizzazione Sionista Mondiale
si riunirono al Ministero dell'economia tedesco e firmarono con alti
dignitari del Reich un patto di trasferimento dei beni degli ebrei tedeschi
in Palestina che avrebbe garantito il loro espatrio e la fondazione di
Israele. Ciò significa che Hitler desiderava una soluzione finale geografica
pacifica e non fisica del problema ebraico in Germania. David Ben Gurion nel
1933 si augurava la vittoria di Hitler per poter aumentare il flusso d'immigrazione
ebraica in Palestina, dato l'antisemismo hitleriano che desiderava espellere
dalla Germania, possibilmente colle buone, gli ebrei. Tuttavia la Germania
non voleva che si costituisse in Palestina uno Stato ebraico troppo forte,
inoltre il III Reich a partire dal 1939, con l'inizio della seconda guerra
mondiale, continuò la sua opera di emigrazione degli ebrei tedeschi ma di
maniera"organizzata e forzata" (19). Da parte sionista Stern sino al 1941
mantenne dei contatti con il Reich, ma oramai la Wehrmarcht aveva intenzione
di "assicurarsi il concorso degli Arabi nella lotta contro la Gran Bretagna"
(20). Se poi nel 1944 Begin decretò la fine della tregua con l'Inghilterra,
lo fece soprattutto in vista della libertà d'azione dei sionisti in
Palestina e non per amicizia verso la Germania (21) che oramai era perdente
e non interessava più ai sionisti i quali si erano uniti al Reich solo
tatticamente e strumentalmente (e viceversa) per lasciare la Germania
(desiderio principale del Reich) ed entrare in Palestina (desiderio primario
dei sionisti).
Come si vede lo spirito risorgimental-fascista aveva impregnato di sé anche
la destra sionista, che ora governa con Sharon in Israele, il quale è
alleato - politicamente parlando - della destra italiana. I pensatori ai
quali si rifà il nazionalismo di destra ebraico sono gli stessi che hanno
ispirato i movimenti nazionalisti di destra in Europa e specialmente in
Italia.
Il culto dello Stato, della Razza, del "Sangue e del Suolo" sono presenti in
tutti i movimenti che mettono Cèsare o Israele al di sopra di Dio.
Jabotinsky ne è la prova del nove (22).
II Fascismo e Massoneria
«L'azione e l'influenza della massoneria, in rapporto al fascismo, si
inserisce grazie all'interventismo» (23) mussoliniano dell'ante guerra '15-'18,
scrive Michele Terzaghi, già repubblicano, socialista-interventista, massone
e uno dei fondatori del PNF. Eletto deputato nel 1921, ha vissuto in prima
persona la nascita e l'affermazione del fascismo e ci ha lasciato questo
interessante libro, che ho appena citato, sui rapporti tra fascismo e
massoneria, pubblicato la prima volta a Milano nel 1950, in cui documenta
che:
a) la massoneria non è stata sempre antifascista, come tutti gli italiani
che vissero tra gli anni Venti e Trenta;
b) il fascismo non è stato sempre anti giudaico-massonico, anzi durante i
primi anni del movimento (tra il 1919 e il 1922), il fascismo si affermò
anche grazie all'aiuto - consistente - della massoneria e dell'ebraismo
italiano.
Il Terzaghi continua: «si vide una categoria di persone, dopo la vittoria
del '18, che sputava e non solo simbolicamente sulle divise dei reduci... Ci
voleva una bandiera ed un alfiere che la tenesse alta: sorsero così Il
Popolo d'Italia e il suo fondatore Benito Mussolini» (24).
Terzaghi spiega che in un primo tempo il fascismo movimento rappresentava
una «specie di derivazione romantica [irrazionalista e volontarista, nda]
del risorgimento... Ma poco a poco il fascismo cominciò a irregimentarsi e a
parlare di disciplina... e i fascisti si ritrovarono imbottigliati in un
Partito diventato rigidissimo [il fascismo regime, nda]» (25). Terzaghi
abbandonò il fascismo che era sorto come movimento "libero, vitalistico e
rivoluzionario", quando iniziò a diventare un regime autoritario, monarchico
e in pace col cattolicesimo.
È molto interessante anche la spiegazione dataci da Terzaghi dello scoppio
della prima guerra mondiale:
«La massoneria, francofila per tradizione, e austrofoba per definizione, in
Italia (a partire dal 1908) aveva due obbedienze: Palazzo Giustiniani [Grand'Oriente
Italiano, sinistrorso, anticlericale, figlio della rivoluzione e della
massoneria francese, nda] e Piazza del Gesù [Gran Loggia, conservatrice, non
anticlericale e di filiazione massonica anglo-americana, nda], esse erano
distinte, anche rivali, ma scoppiato il conflitto, e col pericolo che l'Italia
agganciata alla Triplice potesse rinunciare definitivamente alla riconquista
di Trieste e Trento, sotto il giogo austriaco, le massonerie, superando i
loro dissidii interni... non potevano che parteggiare per la guerra contro l'Austria.
Esse si schierarono apertamente per l'intervento a fianco della Francia [che
vuol dire Liberté, parola chiave per un libero-muratore, nda]» (26) e (27).
Mussolini - continua Terzaghi - «non disdegnò la massoneria... e accettò le
non poche e non piccole sovvenzioni per Il Popolo d'Italia... È vero che
Mussolini nel '25 saldò il conto "distruggendo" la massoneria italiana...
Egli non aveva capito che la sua era una funzione del tutto tempornea, per
ristabilire i valori morali della vittoria, ma pretese di governare sotto la
specie dell'eternità» e la massoneria lo impedì (28).
Ecco come il fascismo nacque sotto le ali della massoneria, che voleva
servirsene solo come movimento rivoluzionario e difensore dell'interventismo
e della vittoria mutilata, ad tempus. Invece Mussolini voleva farne un
regime autoritario che creasse l'uomo nuovo italiano, inveramento degli eroi
del'antica Roma e del risorgimento. Così venne in contrasto con la
massoneria che se nel 1925 perse la battaglia, il 25 luglio del 1943 e l'8
settembre del medesimo anno, vinceva la guerra contro Mussolini, portandolo
dalla RSI a Piazzale Loreto.
Simile fu il rapporto che ebbe Mussolini con l'ebraismo, da un'iniziale
amicizia (1919-1936) alle leggi razziali ('38), sino all'entrata in guerra a
fianco della Germania (1940), alla sconfitta (1943-1945) e morte.
Angelo Livi, in un altro interessante libro sui rapporti fascismo e
massoneria, cita De Felice e afferma che «I venerabili di tutt'Italia
riuniti a Palazzo Giustiniani per l'insediamento del nuovo Gran Maestro,
Domizio Torrigiani in sostituzione di Ernesto Nathan, avevano chiaramente
manifestato la più viva simpatia nei confronti del movimento fascista» (29).
Secondo padre Rosario Esposito «il Popolo d'Italia nacque da un accordo fra
un vecchio massone piacentino e il futuro duce»(30), che ne avrebbe ricevuto
un totale di sei milioni di lire.
Allo scioglimento della massoneria del 1925 sopravvissero i «Rotary Club che
spuntarono numerosi in Italia negli anni del fascismo, ove si rifugiavano i
massoni di estrazione economica e sociale più elevata... Anch'essi al pari
della massoneria, suscitarono la diffidenza della dittatura fascista che nel
novembre 1938 ne provocò lo scioglimento» (35).
III Margherita Sarfatti e Mussolini
Margherita Grassini (poi Sarfatti) nacque a Venezia nel 1880, quarta ed
ultimogenita di una famiglia osservante ebraica. Suo padre Amedeo Grassini
era un avvocato autorevole ed osservante-conservatore membro della comunità
israelitica, sua madre si chiamava Emma Levi. «Alla base della sua
formazione ci fu un'educazione religiosa rigorosa e ortodossa, con cui...
dovette sempre confrontarsi, pur tenendosene volutamente a distanza» (36).
La sua prima giovinezza trascorsa a Venezia (e poi - ventenne - a Milano),
fu ricca di conoscenze e frequentazioni intellettuali. Si avvicinò al
cristianesimo tramite il modernista scomunicato Antonio Fogazzaro. Anche se
mantenne sempre il proprio ebraismo, come retaggio puramente culturale,
«come bagaglio dottrinale e intellettuale da sfruttare» (37), ebbe un
approccio del tutto modernizzante col cristianesimo adogmatico, liberale e
latitudinarista di Fogazzaro (1907-1909 circa), del quale ammirava
soprattutto la critica del positivismo e dello scientismo, il suo
(falso)-misticismo e l'irrazionalismo volontarista, capace di coniugare
"tradizione" e modernità, cosa che le stava molto a cuore e che l'aveva
spinta ad allontanarsi dall'ortodossia ebraica. Ella conobbe anche D'Annunzio.
Nel 1899 si sposò con l'avvocato socialista ed ebreo Cesare Sarfatti e si
trasferì (nel 1902) a Milano, ove entrò in contatto con il futurismo di
Marinetti, con Prezzolini e i socialisti rivoluzionari. A Milano, il
positivismo, il riformismo socialista e l'ottimismo scientista stavano
cedendo il passo all'irrazionalismo volontarista e spritualista e all'antidemocraticismo.
Margherita studiò il pensiero di Pareto, Sorel, Bergson e Péguy. Ben presto
si formò una sua visione del mondo, secondo cui l'attività politica doveva
essere solo un'emanazione di quella intellettuale e dell'estetica. Mi sembra
che si possa fare un paragone (su cui tornerò in maniera approfondita, in un
prossimo articolo) tra la coppia Raissa / Jacques Maritain e quella
Margherita Sarfatti / Benito Mussolini, in cui il ruolo delle due donne
intellettuali ed ebree, (mal)-convertite al cristianesimo, fu decisivo sull'attività
dottrinario-politica dei loro uomini.
La Sarfatti era convinta che occorresse «educare attraverso l'arte, la
letteratura, le iniziative umantario-filantropiche. Ma soprattutto educare
diventò presto per lei sinonimo di far politica» (38).
La Sarfatti era una convinta razzista, affermava «la netta separazione tra
la razza mediterranea (cui assimilava, oltre al ceppo semita, anche i popoli
del Nord Africa [Egitto], e la razza negra, cui - per la Sarfatti - era
impossibile assurgere al rango di civiltà» (39). Ella professava anche l'idea
di «dominio di alcune razze su altre... e una sfiducia nel ruolo progressivo
delle masse» (40). Asseriva anche la necessità di una religiosità laica, un
immanentismo vitalistico spinoziano-bergsoniano, un messianismo ebraico e l'idea
mazziniana e panteista di un "Dio" inserito nella storia, inquadrate dal
concetto di una nuova élite che scalzasse la precedente e che creasse un
mondo nuovo e un ordine nuovo. Grazie a Giovanni Gentile, le fu possibile
recuperare l'irrazionalismo filosofico bergsoniano nella "riduzione di Dio
nell'uomo". La Sarfatti, come Gentile, aveva un concetto sacrale dello
Stato, della formazione del popolo a diventare comunità, tramite la
filosofia e l'estetica. La Sarfatti volle «contribuire alla legittimazione
politica e culturale della nazione fascista, necessità da lei percepita in
anticipo allo stesso Mussolini» (41). sempre la Sarfatti coniò il mito di
Roma, rinnovato in chiave moderna, «con cui tentò di dare a posteriori una
credibilità ideologica al fascismo... e uno stile nazionale» (42).
Nel 1925 uscì in inglese la vita di Mussolini scritta dalla Sarfatti e nel
1926 apparve la traduzione italiana dal titolo Dux, l'autrice vi lavorò dal
1922 al 1925. Il libro è «operazione di propaganda mussoliniana
sapientemente costruita a tavolino... Il Duce non è un italiano di nuovo
tipo, ma il leader dell'Italia nuova, [della terza Roma], l'ideologo del
regime e il costruttore di un nuovo principio di Stato, incentrato su ordine
e gerarchia... la donna (Sarfatti) si era posta l'obiettivo nel
confezionare il libro... di legittimare all'esterno il ruolo di
Mussolini,... e di normalizzare il fascismo [da movimento a regime, nda]...
il libro voleva essere un contributo proprio nel momento in cui si stavano
gettando le basi ideologiche del regime, e in cui la mentalità attivista,
comune al fascismo e all'idealismo gentiliano, stava diventando il più forte
collante ideologico dello Stato in formazione: uno Stato che necessitava
anche di una propria teologia laica... Si può prudentemente affermare che la
Sarfatti fu la prima "organizzatrice" dell'ideologia mussoliniana, la prima
sistematizzatrice del suo pensiero» (43), penso assieme al mazzinianismo di
Giovanni Gentile, con i dovuti distinguo, ma con evidenti analogie.
Il fascismo mussoliniano si fonda - sarfattianamente - su due pilastri:
a) il culto del capo,
b) lo Stato etico e assoluto.
Il mito o il culto del Duce per la Sarfatti deve portare alla costruzione di
uno Stato assoluto, verso il quale prestare un culto laico, tramite una fede
e una religione laica e messianica, di un messianismo millenarista tutto
ebraico.
L'univeralismo cattolico poteva al massimo essere «funzionale alla
costruzione dello Stato fascista... Incorporando l'universalismo cattolico
in quello fascista, il regime affiancava così a sé il solo potere che ne
avrebbe potuto minare la vocazione politico-religiosa
[modernista-immanentista, nda]... Il mito di Roma/Gerusalemme... la radice
ebraico-cristiana [o meglio modernista, nda] doveva essere un elemento
centrale nella costruzione ideologica dello Stato, la nuova "Città futura"
non più della Religione rivelata; ora corrispondeva alla religione laica e
politica dello Stato, visto in prospettiva messianico-romana... nel mito di
Roma... Tale lungimiranza... mi pare, in quegli anni, riscontrabile solo
in... Giovanni Gentile» (44).
Dopo il 1925 la Sarfatti «che aveva sopravvalutato il suo influsso su
Mussolini» (45), fu scaricata da quest'ultimo e rimpiazzata con Giovanni
Gentile. L'errore della Sarfatti fu quello di ritenere ancora negli anni
Trenta che allo stabilizzarsi del fascismo bastassero solo arte e cultura,
invece occorreva la propaganda e il consenso di massa, tramite gli apparati
ministeriali, per fondare lo Stato totalitario, che arrivò soltanto all'autoritarismo,
senza poter sfociare nel totalitarismo, a causa della forte presenza della
Chiesa romana che non aveva nulla a che spartire col cristianesimo
modernista di Fogazzaro e della Sarfatti.
Scaricata da Mussolini che si era apropriato delle sue idee, attaccata
violentemente - a mezzo stampa - da Roberto Farinacci, Margherita riparò nel
1934 in USA, cercando un nuovo Stato messianico (e lo trovò già pronto e
confezionato).
IV Giovanni Gentile e gli ebrei
Giovanni Gentile fu il filosofo ufficiale del fascismo, abbiamo visto come
assieme alla Sarfatti abbia dato la cornice ideologico-filosofica al
movimento squadrista per farlo diventare regime e Stato tendenzialmente
totalitario ma realmente autoritario. I suoi rapporti con il modo ebraico
furono sempre improntati ad ammirazione verso di esso, anche dopo il 1938 e
il 1943.
Egli, tramite la riforma scolastica, la sua vasta produzione
storico-filosofica e l'iniziativa di pubblicare una "Enciclopedia Italiana"
(iniziata nel 1929 e terminata nel 1937, continuamente aggiornata - anche
dopo il crollo del regime - sino al 2002 e vista come il "fiore all'occhiello"
della nostra cultura), volle fascistizzare la cultura italiana, spingendola
verso una religione immanentista, iper-idealista, ultra-hegeliana,
laico-mazziniana, una sorta di culto dello Stato e del littorio. Tuttavia fu
incompreso e malvisto sia da parte dell'estremismo fascista (Roberto
Farinacci e Telesio Interlandi), poiché essendo un raffinato intellettuale
cercava di proteggere anche i pensatori di non "pura fede fascista"; sia da
parte antifascista (blandamente o solo speculativamente da Benedetto Croce;
ferocemente e praticamente dal Partito Comunista e da Concetto Marchesi sino
al suo assassinio a Firenze nel 1944).
Gentile «dimostrò una grande stima e attaccamento a collaboratori anche di
origine ebraica... [se si esamina, nda] il contenuto delle voci
enciclopediche attinenti alla questione del razzismo... in esse non è
possibile rinvenire alcun appiglio in favore di una concezione razzista o
discriminatoria» (46). Se si legge la voce "Antisemitismo", redatta da
Alberto Pincherle nel 1929, vi si riscontra «la posizione di Mussolini e del
fascismo [regime] nei confronti degli ebrei, di imparzialità ed
accoglienza... integrazione e laicizzazione... derivante dal periodo
risorgimentale ... e da non poche personalità d'origine ebraica militanti
tra le fila del fascismo»(47). In breve l'Enciclopedia Italiana, sino alla
prima Appendice del 1938, era del tutto priva di affermazioni razziste di
origine atea e materialista, proprie del nazionalsocialismo tedesco.
Tuttavia nella prima Appendice del 1938, Gentile dovette aggiornare l'Enciclopedia
Italiana con la voce "Razza" (di tenore razzista) redatta da Virginio Gayda.
Fu allora che nella vita del filosofo fascista si verificò «la passiva
accettazione di uno stato di cose differente, introdotto dal regime...
Gentile si adeguò, a malincuore, scegliendo di non protestare... la
pubblicazione di questo testo, accettato senza entusiasmo, ma pur sempre
accettato, segnò la compromissione di Gentile con il fascismo [delle leggi
razziali, nda], nonostante questo avesse superato la soglia della moralità
e della logica, cosa che agli occhi di un intellettuale del suo calibro non
poteva passare inosservata» (48). L'illusione di Gentile fu quella di poter
rimanere nel fascismo dopo il 1938 per cambiarlo dal di dentro.
CONCLUSIONE
Se Mussolini ha cambiato attitudine nei confronti degli ebrei e del loro
"terz'ordine secolare" (la massoneria), passando da un'amicizia
(interessata) alla freddezza e quindi alla lotta per motivi tattici (la
fondazione di uno Stato totalitario, l'alleanza - mal gradita ma accettata
obtorto collo - con la Germania hitleriana), pagandone, cruentemente, le
conseguenze.
Il MSI, poi MSI-DN, quindi AN, è sempre stato filo israeliano, da Michelini
ed Almirante, passando per Accame e Caradonna sino a Fini. Allora perché
tanto stupore davanti al viaggio-pellegrinaggio di Fini a Gerusalemme?
Ignoranza voluta o invincibile? Finzione e combinazione politica, per
mantenere i voti di una "minoranza rumorosa" e non perdere completamente la
faccia? Francamente non lo so.
Il punto nevralgico invece è la "quasi-onnipotenza" che dal 1948 ad oggi ha
raggiunto Israele, sin da portarci alla costruzione di un Nuovo Ordine
Mondiale, eseguito dagli Usa, ma comandato da Israele stesso, partendo dal
Medio Oriente (Iraq 1°, Afganisthan, Iraq 2°, Libia e prossimamente Siria ed
Iran) per arrivare all'Europa e quindi al mondo intero.
Tutto sembra procedere secondo i loro piani, anche se vi sono sacche di
resistenza inaspettate (Afganisthan e Iraq) e una parte d'Europa (Francia e
Germania contro la preponderanza Americana), che ritardano la costruzione
della "Repubblica Universale" e del "Tempio Universale", sogno millenarista
dell'Israele carnale che ha respinto il Redentore e vuole dominare questo
mondo, senza curarsi dell'altro.
Tuttavia "l'uomo propone, ma Dio dispone". Umanamente parlando la lotta è
ìmpari, ma le sorti del mondo, della storia, sono nelle mani della
Provvidenza che ci ha promesso: "Le porte dell'inferno non prevarranno!".
Non dimentichiamolo mai!
Da parte nostra dobbiamo fare come se tutto dipenda da noi, ma credere che
tutto si svolge come Dio lo vuole. Occorre evitare lo scoraggiamento e la
viltà, che porta tanti a nascondersi, come pure l'eccesso della temerarietà
che porta pochi a peggiorare la situazione (facendo fare nuove leggi
repressive, con atti sconsiderati da tifosi di footbal).
La lotta non deve cessare mai, l'uomo deve cooperare con Dio, non siamo
fatalisti; ma nello stesso tempo occorre sapere che l'aiuto principale è nel
nome di Dio, il quale esaudisce chi lo prega e vive rettamente, senza
vendersi né esaltarsi.
NOTE:
1) Cfr. C. Nitoglia, Le leggi razziali, in «Sodalitium», n°4, dic. 2002.
2) «Ben 230 ebrei parteciparono alla marcia su Roma. 5 erano sansepolcristi,
4 sciarpe littorio. L'ebreo Enrico Rocca fu il fondatore del fascio di Roma.
Ebrei furono 50 podestà... Mussolini vedeva favorevolmente la creazione
dello Stato d'Israele e nel 1934, durante un colloquio a Palazzo Venezia con
Chaim Weizmann, gli disse:"Continuate, continuate" [e purtropo loro lo hanno
preso in parola, hanno continuato e continuano senza fermarsi, nda]. Nel
1937 un gruppo di 134 israelti, guidati da Vladimiro Jabotinsky, lasciò la
Palestina e venne ad addestrarsi a Nettuno, insieme alle camice nere...
Mentre l'Inghilterra voleva la creazione di un Stato ebraico indipendente in
Palestina, Mussolini diede il via ad un suo progetto di insediamento in
Etiopia».
F. Monaco, Mussolini e gli ebrei, in «Linea», 6 dicembre 2003, p. 2.
3) G. Scipione Rossi, La destra e gli ebrei. Una storia italiana, Rubettino,
Soveria Mannelli (Catanzaro), 2003, pag. 69.
Per la prima parte di questo articolo mi baso sostanzialmente su tale libro,
molto ben documentato, ma del tutto mal orientato.
Cfr. anche L. Lanna-F. Rossi, Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da
sapere sulla destra, Vallecchi, Milano, 2003.
4) Franz Maria D'Asaro, "Il Secolo"? Doveva durare un anno, in "I 50 anni
del Secolo d'Italia", inserto del 16 maggio 2002.
5) V. De Grazia-S. Luzzatto (a cura di), Dizionario del fascismo, vol. I,
voce Giorgio Almirante, Einaudi, Torino, 2002, pagg. 39-40.
6) GF. Fini, Il Secolo d'Italia, 27 novembre 2003.
7) GF. Fini, Il Secolo d'Italia, 28 novembre 2003.
8) S. Romano, Lettera a un amico ebreo, Longanesi, Milano, 1997, pag. 15.
9) Il Secolo d'Italia , 25 novembre 2003.
10) MSI-DN, Il messaggio degli anni Ottanta, Roma, 1983, pag. 40.
11) Franz Maria D'Asaro-E. Landolfi, Socialismo e nazione, Ciarrapico, Roma,
1985, pag. 168.
12) G. Scipione Rossi, op. cit., pag. 125 e 127.
13) P. Di Motoli, La destra sionista. Biografia di Jabotinsky, Publishing,
Milano, 2001, pagg. 11-14.
14) Ibidem, pag. 16.
15) Ibidem, pag. 63.
16) Ibidem, pagg. 83-85.
17) Ibidem, cfr. pagg. 99-118.
18) Ibidem, cfr. pagg. 118-127.
19) J. C. Valla, Le pacte germano-sioniste, Librairie Nationale, Paris,
2001, pag. 98.
20) Ibidem, pag. 101.
21) Ibidem, pagg. 101-102.
22) Cfr. Eliahu Ben Elissar, La Diplomatie du III Reich et les Juifs,
Juillard, Paris, 1969.
23) M. Terzaghi, Fascismo e Massoneria, Edizioni Storica, Milano, 1925;
ristampa Arktos, Carmagnola (Torino), 2000, pag. 9.
24) Ibidem, pagg. 10-11.
25) Ibid., pagg. 12-13.
26) Ibid., pagg. 20-21.
27) Per quanto riguarda la divisione delle due obbedienze massoniche in
Italia:
a) GOI (Grande Oriente d'Italia) presso Palazzo Giustiniani;
b) GL (Gran Loggia) a Piazza del Gesù,
si legga Fulvio Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al
fascismo, Il Mulino, Bologna, 2003, pagg. 284-299.
28) M. Terzaghi, op. cit., pag. 22.
29) R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Einaudi, Torino,
1965, citato in A. Livi, Massoneria e Fascismo, Bastogi, Foggia, 2000, pag.
41.
30) R.F. Esposito, La massoneria e l'Italia dal 1800 ai nostri giorni,
Paoline, Roma, 1979, pag. 361.
Cfr. anche:
G. Vannoni, Massoneria, Fascismo e Chiesa Cattolica, Laterza, Bari, 1980.
C. Castellacci, Massoneria, Socialismo, Fascismo, Antifascismo, in AA. VV.,
Libera Muratoria, SugarCo, Milano, 1978.
A. Comba, La Massoneria italiana dal Risorgimento alla grande guerra, Utet,
Torino, 1972.
A. A. Mola (a cura di), La liberazione d'Italia nell'opera della massoneria,
Bastogi, Foggia, 1990.
M. Rygier, La Franc Maçonnerie italienne devant la guerre e devant le
Fascisme, (rist. Forni, Bologna, 1978), Paris, 1930.
F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Il
Mulino, Bologna, 2003. Cap. VII, par. 6: Fascismo e massoneria, pagg.
300-320.
S. Minerbi, Un ebreo tra D'Annunzio e il sionismo: Raffaele Cantoni,
Bonacci, Roma, 1992.
35) F. Conti, Storia della massoneria italiana. dal Risorgimento al
fascismo, Il Mulino, Bologna, 2003, pag. 320.
36) S. Urso, Margherita Sarfatti dal mito del Dux al mito americano,
Marsilio, Venezia, 2003, pag. 19.
37) Ibidem, pag. 22.
38) Ibid., pag. 41.
39) Ibid., pagg. 47-48.
40) Ibid., pag. 48.
41) Ibid., pag. 153.
42) Ibid., pag. 158.
43) Ibid., pagg. 160-163.
44) Ibid., pagg. 169-173, passim.
Cfr. G. Gentile, Che cos'è il fascismo, Le Monnier, Firenze, 1923, pag. 145.
45) Ibid., pag. 159.
46) R. Faraone, Giovanni Gentile e la "questione ebraica", Rubbettino,
Soveria Mannelli (Catanzaro), 2003, pag.109.
47) Ibidem, pag. 113.
48) Ibid., pag. 135.