di Massimo Fini
Comè noto, il Garante della Privacy ha
bloccato un programma de Le iene in cui
si dava conto di un drug wipe (test sulluso della droga)
cui erano stati sottoposti, a loro insaputa, 50
deputati, 16 dei quali, cioè circa un terzo, erano risultati
positivi: 12 alla cannabis, 4 alla cocaina. E ha fatto
benissimo perché - a parte la dubbia attendibilità di un
test fai da te - ha semplicemente fatto rispettare la
legge che vieta la diffusione di dati sanitari di una persona
senza il suo consenso e, ancor prima, e ancor più, la
loro raccolta. Non si tratta, una volta tanto,
della difesa di un privilegio dei politici, ma di un
diritto che appartiene a tutti i cittadini e, quindi, anche
ai parlamentari. Sbaglia, perciò, Alessandra Mussolini
quando sostiene che in questo caso è stata difesa,
con un atto di censura, «una sorta di diritto dei potenti a
drogarsi». In Itali a luso personale di stupefacenti è
lecito per tutti i cittadini maggiorenni e, quindi,
anche per i parlamentari. In quanto al diritto di cronaca,
come tutti i diritti, non è assoluto, ma incontra
dei limiti in altri interessi giuridicamente rilevanti.
Uno di questi è (...) linteresse, assurto a
diritto perché tutelato dalla legge, alla riservatezza sui
propri dati sanitari. Sullonda delle polemiche
suscitate dal caso, lonorevole Casini ha proposto un
drug wipe per tutti i parlamentari: «Gli italiani hanno
diritto di sapere se i parlamentari che hanno eletto
sono tossicodipendenti o meno. Se le Istituzioni
vogliono recuperare credibilità, facciano trasparenza».
Per quanto le intenzioni siano lodevoli, nondimeno la
proposta è inaccettabile. Innanzitutto perché è contraria
alla legge secondo la quale nessuno può essere sottoposto
a trattamenti sanitari contro la sua volontà ( è la
questione che si pone, in modo ben più drammatico! ,
per laccanimento terapeutico). Ma cè dellaltro. Ai cittadini
non può e non deve interessare la vita delluomo politico
quando si svolga nellosservanza di quelle leggi che
tutti siamo tenuti a rispettare: non può e non deve interessare
se fa uso di stupefacenti, se beve wiskhy, se è
adultero, se ha delle preferenze sessuali e quali. Sono
fatti suoi, in cui nessuno ha diritto di mettere il becco.
Ha detto bene, ironizzando, il segretario Dc, Gianfranco
Rotondi: «Aggiungiamoci pure il test HIV, lanalisi del
colesterolo e il certificato di buona condotta firmato dal
parroco». Ci voleva un democristiano doc per dare
uno stop a questo moralismo illiberale dilagante e sempre
più soffocante. I parlamentari sono cittadini
come tutti gli altri e devono devono
avere i diritti di tutti gli altri. Non devono avere di
meno. Ma neanche di più. E questa è la vera questione.
Attualmente godono di una serie di privilegi, dal divieto
di arresto senza lautorizzazione delle Camere, che non
la danno mai, al divieto, per la magistratura, di intercettare
le loro telefonate senza darne prima informazione
alla Camera di appartenenza (che rende questa pratica
investigativa del tutto inutile), che forse avevano un
senso un secolo fa, quando la classe politica faceva un
must dellonestà personale, non oggi, in un Parlamento
dove ci sono più di cento inquisiti. Poi ci sono altri
privilegi de facto irritantissimi per i cittadini, come
quello di ritardare la partenza degli aerei nazionali
perché lonorevole non è ancora arrivato.
I parlamentari si liberino di questi privilegi inammissibili,
tornino a considerare lonestà un valore primario e il
loro mestiere un servizio reso alla collettività e non uno
strumento per esercitare la propria arroganza sui concittadini.
Solo in questomodo recupereranno quella credibilità che, come ammette!
lon orevole Casini, hanno perduto.
Noi vogliamo che siano dei nostri pari. Nei diritti. Ma
anche nei doveri. La loro vita privata non ci interessa.
Non sono delle veline. Che rispettino, come tutti, la legge
e che quando la violano ne paghino le conseguenze:
questo, sì, ci interessa moltissimo. Quanto ai test obbligatori,
lasciamoli agli Stati autoritari.