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  1. #1
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito TFR: «Rendere trasparente ciò che accade nel palazzo»

    http://www.liberazione.it/giornale/061021/LB12D6B5.asp

    Nasce un gruppo di contatto per informare sulle battaglie del Prc nella Finanziaria. «Sul Tfr un ragalo a Confindustria»
    Zipponi: «Rendere trasparente ciò che accade nel palazzo»


    Fabio Sebastiani

    Non piace a Rifondazione l’accordo sul Tfr raggiunto tra governo e parti sociali. Ora la partita passa all’esame del Parlamento che inizia a discutere della Finanziaria. Ieri il commissario Ue Almunia manda messaggi avvertendo che quanto accadrà sarà monitorizzato e valutato. Una ennesima presa di posizione che tiene il governo Prodi sotto pressione.

    Ma è proprio in sede parlamentare che Rifondazione chiede interventi capaci di dare segnali concreti a quel blocco che ha votato Unione e che venga confermato l’iniziale carattere redistributivo della manovra che rischia ogni giorno che passa di essere vanificato.

    Per capire meglio cosa è successo e cosa ci si aspetta dal dibattito in aula abbiamo sentito Maurizio Zipponi deputato e responsabile del dipartimento lavoro del Prc.

    «Un incredibile regalo politico alla Confindustria grazie a larghi settori della maggioranza che si sono commossi di fronte alle preghiere degli imprenditori». Maurizio Zipponi, deputato del Prc, non ha dubbi: la revisione del provvedimento sul Tfr non ha senso.

    Cosa è accaduto su questa vicenda del Tfr?

    La proposta era la seguente: la metà di tutta la liquidazione che il lavoratore decide di non dare alla pensione integrativa, maturata nella liquidazione futura, viene versata alla Tesoreria dello Stato attraverso l’Inps. In questo modo il lavoratore rimane titolare e la liquidazione viene rivalutata oltre il tasso di inflazione. La parte positiva è che gli imprenditori non si finanziano più con i soldi dei lavoratori ma queste risorse servono a fare le opere pubbliche. Questa modalità aveva un vantaggio ulteriore consistente nel fatto che le liquidazioni consegnate allo Stato erano una garanzia contro il fallimento delle piccole e medie aziende che ricade comunque sul lavoratore. Il costo di questa operazione per gli imprenditori equivale a un ventesimo di quanto ricevono dal cuneo fiscale.

    Come è cambiato il quadro?

    Dopo la proposta del governo è intervenuta Confindustria che è intervenuta come partito politico trasversale dentro il Parlamento. Una situazione paradossale: Confindustria ruba il Colosseo e indica lo Stato come il ladro. Larghi settori della maggioranza si commuovono. Settori, questo va detto, che non hanno nemmeno fatto di conto e non sanno di cosa stanno parlando. Hanno solo pensato a rispondere subito a questo partito trasversale. Ne viene fuori un accordo stupido che, oltre a non avere una logica economica in se, riproduce e amplifica il più grande dei difetti della industria italiana, quello di essere piccola e frammentata.

    A protestare è stato soprattutto il nordest...

    Va detto che il nordest è un modello che ha fallito contro la competizione internazionale. E’ per questo che urla. Oggi i modelli che vincono sono i modelli di industrie consorziate, più grandi, perché hanno più capacità di investimenti e quindi di innovazione e ricerca. Mettere lì il fatto che chi sta sotto i 50 ha un costo inferiore rispetto a quelli che stanno sopra è semplicemente stupido. Tutti gli esperti, tutti gli economisti sanno benissimo che nel nanismo delle imprese sta proprio il problema dell’industria italiana.

    Le medie e grandi imprese a questo punto protesteranno?

    Le organizazioni sindacali che notoriamente promuovono i fondi pensione sono più presenti nelle aziende sopra i 50 dipendenti. E quindi è lì che le adesioni ai fondi sono state, e saranno, più forti. E’ in quella fascia che lo Stato prenderà poco di “tfr” inoptato. E’ chiaro che in questo modo ci sarà un problema di copertura sostanziale.


    Questo quadro consegna a noi un motivo in più per propagandare di non scegliere i fondi...

    Motivo in più per dire che esiste il rischio enorme di un assalto alla diligenza, ovvero un assalto ai soldi dei lavoratori, prede di grandi speculaizoni sul Tfr. Ognuno, a partire dalle grandi organizzazioni sindacali avrà il compito e il dovere di difendere i lavoratori dalle enormi speculazioni che si apriranno.

    Sulla finanziaria, alla fine, il quadro che esce è quello di un grande caos. Tu che dici?

    Sto girando l’Italia in lungo e in largo per provare a capire cosa pensano i compagni e le compagne. Il sentimento prevalente è di grande confusione. Proprio per questo abbiamo deciso di creare un gruppo di contatto tra ciò che accade in Parlamento, le posizioni e le battaglie politiche di Rifondazione in Parlamento e la base del partito. Occorre rendere esplicito e trasparente ciò che accade dentro il palazzo, altrimenti non ne veniamo fuori. Il primo elemento è creare chiarezza di posizioni. Questo gruppo di contatto non solo renderà noto argomento per argomento ciò che Rifondazione sta ottenendo sulla finanziaria, ma anche il compito di raccogliere le domande e fornire le risposte. Gli argomenti sui quali è in atto un enorme braccio di ferro sono i seguenti: i ticket sanitari, che per noi è il primo grande elemento di battaglia politica. Il secondo riguarda la scuola l’università e la ricerca; il terzo, la precarietà, con percorsi di conferma non solo nella scuola ma anche negli enti locali; il quarto riguarda le missioni militari; il quinto il sistema dei trasporti pubblici; il sesto, il diritto di cittadinanza e il permesso di soggiorno, partendo dal criterio che l’immigrato è una risorsa e non una questione di ordine pubblico. Infine, stiamo resistendo a una accelerazione delle privatizzazioni delle grandi imprese statali.

    Quale è il nodo politico per Rifondazione in questo momento secondo te?

    Mentre questa battaglia è in atto, è in atto anche una operazione politica attorno a Rifondazione, con attori ben individuati: Corriere della sera, Confindustria, etc. Vogliono far rompere il legame di Rifodazione con il proprio blocco sociale e a quel punto trasformare l’Unione in un grande partito democristiano, facendo saltare contemporaneamente il programma dell’Unione e Prodi. Un modo per batterlo è agire su due fronti, uno la battaglia sulla finanziaria e due la mobilitazione, a partire dalla manifestazione del 4 novembre a Roma. Il lavoro è per noi un tema forte. Il 26 ottobre, voglio ricordare che si troveranno a Roma i migliori giuslavoristi italiani per mettere mano, insieme a Rifondazione, a una riscrittura di tutte le norme che regolano i lavoro per un superamento non solo della 30 ma anche della Treu.

  2. #2
    Hanno assassinato Calipari
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    Predefinito

    sempre da liberazione:

    Partendo dalla condizione di chi aveva tutti i titoli per rivendicare una finanziaria più favorevole per i lavoratori,
    i confederali si sono trovati in posizione difensiva di fronte a una Confindustria che pretende e ottiene ancora di più

    Il Tfr, la famiglia in “default” e la crisi del sindacato
    Giorgio Cremaschi

    Il prevedibile successo della Confindustria sul Tfr, con un accordo che soddisfa imprenditori e governo e taglia fuori i legittimi proprietari delle liquidazioni, quei lavoratori che non hanno potuto decidere nulla, pone un altro tassello nella crisi del sindacato confederale. Il quale, tanto più cresce in immagine, tanto meno consegue risultati concreti per i suoi rappresentati. Se ne è accorto anche un giornale paladino della concertazione quale La Repubblica. Il suo vicedirettore, Massimo Giannini, ha scritto che la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti è sostanzialmente scomparsa e che Cgil, Cisl, Uil, paiono in preda a una sorta di spirito di autodistruzione. Sulla sparizione del “cuneo” aveva già titolato Il Manifesto. Infatti, mentre alle imprese il cuneo fiscale, cioè la riduzione di tre punti del costo del lavoro, viene data in aggiunta a tutto il resto, per i lavoratori dipendenti la riforma fiscale è comprensiva di tutto. Così la quota di riduzione del cuneo che spettava al lavoro dipendente, viene distribuita tra tutti i cittadini, compreso quel lavoro autonomo di cui la gran parte denuncia guadagni inferiori a quelli di un metalmeccanico. Intanto le imprese si godono in esclusiva la loro parte. A questo si aggiunge poi la non restituzione del drenaggio fiscale, che riduce la busta paga in proporzione all’inflazione e l’aumento delle tasse sulla liquidazione.

    Vuoi perché più disponibili, come Cisl e Uil, a una linea concertativa, vuoi perché afflitti, come accade in Cgil, dalla sindrome del governo amico, fatto sta che il sindacalismo confederale ha subito un singolare rovesciamento di ruolo. Partendo dalla condizione di chi aveva tutti i titoli per rivendicare una finanziaria più favorevole ai lavoratori, il sindacato confederale si è trovato nella posizione di chi si deve difendere di fronte a una Confindustria che, avendo ottenuto moltissimo, pretende e ottiene ancora di più. I lavoratori e i pensionati da creditori sono così diventati debitori e già c’è chi si prepara ad esigere ulteriori sacrifici su pensioni, contratti e flessibilità. Questo piccolo capolavoro di autolesionismo è sicuramente frutto di errori del gruppo dirigente di Cgil, Cisl e Uil. Ma a me pare che esso abbia anche un’altra ragione, più di fondo. Forse non è chiaro ancora cosa sta succedendo nella società italiana dal punto di vista delle ricchezze e dei redditi. Un tecnico metalmeccanico, che oggi guadagna 35 mila euro lordi all’anno, non corrisponde certo al vecchio ceto medio. Egli fa parte della fascia superiore di un lavoro dipendente che è stato brutalmente impoverito da fenomeni profondi. Dall’euro innanzitutto, che nel potere d’acquisto degli stipendi si cambia con mille e non con duemila lire. Due milioni del vecchio conio, che solo pochi anni fa costituivano un buon obiettivo per gli operai delle catene di montaggio, tradotti in mille euro sono un salario da fame. Mandare i figli alla scuola superiore o all’università abbatte il reddito delle famiglie fino a livelli che i ritocchi delle aliquote non vedono neanche. Il mutuo per la casa, che le decisioni sui tassi della banca europea fanno aumentare in continuazione, oggi incide per un quarto o addirittura un terzo del reddito familiare. Per non parlare poi degli affitti. Se si vuole avere una visita medica veloce, bisogna pagare e ben oltre i pur pesanti ticket. E non parliamo naturalmente degli spettacoli o di divertimenti vari, che la famiglia media da tempo ha ridimensionato. E basta poco perché le cose precipitino. C’è un fenomeno che si sta diffondendo negli Stati Uniti e che, come sempre, purtroppo sta arrivando da noi. Quello della famiglia “media” il cui bilancio va in “default”. Come un’azienda che improvvisamente non è più solvibile, la famiglia che deve pagare rette universitarie, mutui, rate per l’automobile, improvvisamente può avere una contrazione di reddito. Può essere una cassa integrazione, o un affare sbagliato o una spesa sanitaria imprevista. Ecco allora che questa famiglia non riesce più a far fronte ai suoi debiti. Negli Stati Uniti ci sono società finanziarie, che oggi sbarcano in Italia, che vanno alla ricerca delle famiglie in “default” per raccoglierne i debiti e guadagnarci su. E’ la precarietà che dilaga in tutte le fasce e le condizioni del mondo del lavoro.

    La finanziaria, invece, pare mirata a un modello di società che è quello descritto dalla sociologia degli anni Ottanta. Allora si parlava di società dei due terzi, con un terzo delle persone che impoveriscono e due terzi che migliorano le loro condizioni. Con l’ondata liberista questo schema, peraltro mai vero fino in fondo, è stato esattamente rovesciato. Oggi sono i due terzi della società che si impoveriscono, mentre come ci ricorda anche Liberazione, crescono le ricchezze sfacciate di manager, imprenditori, finanzieri. E’ un fenomeno questo di tutte le società occidentali, chiamato proprio impoverimento del ceto medio. La crisi della quarta settimana tocca sempre di più anche tecnici, operai qualificati, professori di scuola media, piccolo lavoro autonomo. Tutti costoro, che si stanno già impoverendo, dalla finanziaria o non ricevono nulla o ricevono botte. Un quotidiano come La Repubblica, che di questo ceto medio, in maggioranza progressista, è quasi l’organo, evidentemente si accorge di questa crisi, che si traduce anche in caduta di consenso politico.

    Una volta sarebbe stato proprio il sindacato a farsi interprete di questo stato di cose. Invece oggi questo non avviene perché, come dimostra anche la vicenda del Tfr, Cgil, Cisl e Uil non consultano più, non fanno più partecipare, i lavoratori alle loro decisioni. Il sindacato agisce per i lavoratori ma non da e con i lavoratori. E così può non accorgersi del dissenso e del profondo malessere che c’è nei luoghi di lavoro. L’assorbimento del sindacato nella sfera della politica fa sì che esso riduca il suo ruolo fondamentale: quello di far pesare l’immediatezza della questione sociale nella sfera delle istituzioni. Chi, se non il sindacato confederale, dovrebbe avvisare il governo quando sta sbagliando? Chi, se non Cgil, Cisl, Uil, dovrebbero far capire al centrosinistra che corre il rischio di frantumare, anziché di rafforzare il blocco sociale alternativo a quello della destra?

    Il grande attore Petrolini, tanti decenni fa, veniva contestato da uno spettatore. A un certo punto, non potendone più, interruppe la recita e disse: “io non ce l’ho con te, ma con quello di fianco a te che non ti butta di sotto”. Il centrosinistra ha molti limiti, ma forse il più grave è quello di subire solo gli attacchi dei poteri forti e delle agenzie di rating e non la pressione e la contestazione da parte dei grandi sindacati. Se questa ci fosse le cose andrebbero meglio per i lavoratori, e magari anche per il governo.

  3. #3
    1 comunista rimasto : Silvio
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    chi ci libera da liberazione?

 

 

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