Lunghe file si formano ogni giorno davanti alla base militare Camp Pendleton: mogli e figli di soldati.
Aspettano la distribuzione del cibo: pane del giorno prima, confezioni appena danneggiate, ma ancora buone, pasti pronti surgelati.
L’incredibile scena avviene nella ricca California, dove si trova, vicino a San Diego, la base di Camp Pendleton.
Nella fila c’è Jennifer Stocker, 25 anni, con la figlia Shyla di 7, moglie del caporale James Stocker, che è in Iraq.
C’è Michelle Rankins, due figli, anche lei col marito caporale dispiegato in Iraq.
C’è Melissa Dixon, anni 22, due figli sotto i tre anni, anche lei col marito in guerra: aspetta in fila i pannolini per bambini e della carne in scatola che le hanno promesso.
Il giornale locale ha intervistato queste donne.
Nicole Pourselley, tre figli, il cui marito è imbarcato come motorista su un mezzo anfibio d’assalto, ammette: «Non so come farei senza questo cibo in dono. C’è stata una settimana in cui, per pagare la benzina, non ho potuto comprare da mangiare»; la madre di Nicole, vecchia e malata, vive con loro nell’alloggio fornito dalla Marina.
«Ma la base si trova nella zona più lussuosa e cara della contea, dove tutto è più costoso, dagli alimentari alle assicurazioni», dice Barbara Chavez, che provvede alle distribuzione di cibo gratuito come direttrice del Military Outreach Ministries, l’ente dei cappellani militari che si occupa di attività caritative per le famiglie dei soldati.
Raconta che, a quattro anni dall’inizio della guerra in Iraq, le famiglie di militari in difficoltà aumentano.
Di giorno in giorno: ogni settimana il numero di coloro che chiedono aumenta di 100 e 150 persone, via via che si sparge la voce.
Spesso anche dei marines in turno di riposo si mettono in coda.
Accade che il cibo disponibile finisca prima della fila.
Almeno 2 mila persone impoverite vengono soccorse così dal Military Outreach; ma altri vengono assistiti da chiese e gruppi di volontariato; altri ancora, 1500, ricevono cibo gratis, oggetti per bambini e mobili alla Miramar Corp Air Station nella stessa zona.
Accade lo stesso dovunque nel Paese, dicono i responsabili delle organizzazioni caritative: uno stato di bisogno delle famiglie dei combattenti mai visto.
«Se solo trovassimo più donatori di alimentari, potremmo aprire il programma a più persone», dice Regina Hunter, una delle responsabili delle distribuzioni: «Ognuno che ha nella fila in attesa di cibo ne ha bisogno e lo merita. E’ una cosa che spezza il cuore, se si pensa che [i mariti] stanno difendendo la patria».
«I ragazzi di grado basso si sobbarcano la guerra e non riescono a mantenere le famiglie come vorrebbero», dice Faye Bell, direttore esecutivo del Military Outreach.
E’ così che la superpotenza più ricca del mondo provvede ai soldati che manda in guerra: affida le loro famiglie alla carità privata.
Il totalitarismo del «mercato globale» non fornisce infatti servizi pubblici per i reduci e i loro familiari; si arrangino, in USA vige l’iniziativa privata.
«Constatiamo un’allarmante tendenza al peggioramento della situazione finanziaria delle famiglie dei militari», ammette il capitano Mark D. Patton, un comandante della base navale Point Loma di San Diego.
E spiega che il problema ha contraccolpi diretti sull’efficienza delle forze armate.
Infatti, un numero crescente di soldati non ricevono l’autorizzazione ad operare all’estero perché sono così indebitati, da divenire un rischio per la sicurezza: specie i membri dei corpi speciali e dell’intelligence, che hanno bisogno di denaro, sono «vulnerabili a farsi corrompere» e persino al «tradimento».
Quanti sono gli indebitati in uniforme?
Marina, Aviazione e il corpo dei Marines dicono che il numero è aumentato di nove volte tra il 2002 e il 2005, da 284 a 2.654; nell’insieme, 6.300 militari non hanno ricevuto l’autorizzazione per l’estero (clearance) negli ultimi quattro anni.
Possono non sembrare moltissimi, visto che i tre corpi occupano insieme 900 mila uomini.
Ma l’Esercito, che conta un altro mezzo milione di uomini e a cui appartengono la maggior parte dei 160 mila soldati dispiegati in Iraq, non ha voluto fornire all’Associated Press il numero dei suoi indebitati.
I comandi attribuiscono il fenomeno a varie cause.
Accusano i «payday lenders», i «prestatori del giorno di paga», una torma di individui che aspettano i soldati fuori dalla caserma ed offrono loro prestiti garantiti sulle prossime buste-paga, ma naturalmente a tassi d’interesse usurari.
Un’altra causa sarebbe l’assenza di «accortezza finanziaria» tra le reclute : «Facciamo corsi di gestione del denaro come parte dell’addestramento di base», dice Patton.
Molti soldati si indebitano enormemente appena tornati da un turno di servizio, «per l’euforia di essere vivi e la voglia di godersela per un momento».
In zona di guerra ricevono il soprassoldo e non pagano alcuna imposta: tornati a casa, ritengono di avere un gruzzolo e lo spendono immediatamente; anzi spendono più di quello che hanno.
La clearance è revocata ai militari il cui debito supera il 40 % del salario.
I livelli di autorizzazione sono tre, «confidential, secret e top secret», ed è richiesto non per i soldati semplici, ma per gli specialisti e il personale delle armi tecniche come Marina e Aviazione, o addestrati nell’intelligence.
In zona d’operazione, questi indebitati sono troppo facilmente corrotti da offerte di denaro, o troppo facilmente si danno ad «attività di rilievo penale», come furti e rapine a danno della popolazione occupata, o sottrazioni dolose di materiale militare.
Incredibile in USA.
Ma c’è di peggio.
E’stato annunciato che l’USARNORTH ha raggiunto «la piena capacità operativa».
Si tratta di un nuovo corpo armato (US Army North) il cui scopo dichiarato è «la difesa interna della patria e l’appoggio militare alle missioni dell’autorità civile»: fuori dal gergo, è l’apparato militare che sarà impiegato all’interno degli USA, e contro i nemici interni.
E’ una novità assoluta, contraria alla Costituzione e alla tradizione americana, per cui le forze armate non possono essere impiegate che contro il nemico straniero.
L’operatività dell’USARNORTH assume un significato sinistro se considerata insieme al decreto, firmato da Bush nei giorni scorsi, che sottrae gli «enemy combatants» alla giustizia ordinaria e li affida a tribunali militari.
Di fatto, è l’abolizione dell’habeas corpus («Il corpo è tuo»), il più antico principio del diritto anglosassone, che esige che il potere esibisca un motivo legale per detenere un individuo.
Apparentemente, la nuova norma si applica a stranieri.
Ma tra i detenuti di Guantanamo e sottratti ai giudici ordinari c’è almeno un cittadino americano: Josè Padilla, un convertito all’Islam arrestato a Chicago per terrorismo e da allora detenuto, e a quanto pare torturato e trattato con farmaci contro la sua volontà.
Gli avvocati di Padilla, mobilitati dai suoi familiari, hanno appunto chiesto per il loro cliente le garanzie dell’habeas corpus.
Il loro ricorso è stato rifiutato: Padilla resta in carcere senza processo «finchè non sarà vinta la guerra al terrorismo» (sic).
Alquanto allarmante, tanto più che il decreto d’emergenza appena firmato (e approvato dal Congresso) dà al presidente Bush il potere di definire chi è un «enemy combatant» e di definire cosa è o non è «tortura», ossia di interpretare le convenzioni di Ginevra a suo comodo.
Di fatto, da oggi ogni cittadino americano può essere arrestato come Padilla con un’accusa di sostenitore del «terrorismo».
Detenuto indefinitamente e privato dei diritti fondamentali alla difesa.
A provvedere agli arresti sarà il nuovo corpo USARNORTH, appositamente creato.
E non si creda che il rischio sia teorico.
Si è scoperto che il Pentagono ha un lungo elenco di cittadini sospetti per aver preso parte a manifestazioni pacifiste o ad altre attività di protesta.
I militari hanno assistito ad almeno 1.500 manifestazioni («incidenti») anti-governative, prendendo le targhe delle auto degli intervenuti e identificando gli «istigatori».
Nell’elenco sono state accolte denunce anche non verificate di delatori («cittadini preoccupati»). Sono finiti nel database dei sospetti (chiamato in codice TALON, Threat and Local Observation Notice) eventi gravi come una riunione anti-guerra di quaccheri tenuta in una casa privata in Florida, o le proteste di genitori contro i «reclutatori» che le forze armate mandano davanti alle scuole superiori per attrarre studenti, con promesse di borse di studio e persino offerte in denaro, a firmare per l’Iraq.
Espressioni della libertà d’opinione cadono così sotto osservazione del nuovo potere.
Il Pentagono ha ammesso senza difficoltà di avere e tenere aggiornato il nuovo database
dei cittadini sospetti; un suo documento stampigliato «secret», ma fatto arrivare da anonimi alla catena televisiva NBC accenna anche a «crescenti comunicazioni tra i gruppi di protesta attraverso internet», segno che i militari controllano attentamente il web e i siti alternativi.
«Internet può diventare un campo d’addestramento di terroristi», ha infatti dichiarato Michael Chertoff, l’israelo-americano che è stato nominato capo dell’Homeland Security («Sicurezza del suolo patrio», la polizia politica interna): «gli scontenti negli Stati Uniti possono imparare attraverso internet ideologie estremiste e competenze violente, sì da rappresentare la prossima superiore minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti».
Ovviamente, si ritiene che questa frase abbia di mira i movimenti di protesta che sul web diffondono notizie del tipo taciuto dai media ufficiali.
Futuri candidati alle visite dei militi del USARNORTH.
Si configura così una inaudita dittatura militare dove i militari sono affamati e indebitati.
Incredibile dagli Stati Uniti.