«Salvate la nostra anima». E’ l’appello rivolto dagli otto membri della Commissione nazionale per la musica della Somalia, affiliata all’Unesco, condannati amorte dalle Corti islamiche che hanno sottomesso il Paese alla sharia, la legge coranica. La fatwa, il responso giuridico ufficiale, è stata appena emessa, il 17 ottobre: «Solo perché facciamomusica! ». Si tratta di musicisti e musicologi, tra cui tre donne, che 24 ore dopo la condanna a morte sono riusciti a fuggire in Kenya abbandonando le loro famiglie.
Il presidente della Commissione, Yusuf Jimale, spiega che la repressione del nuovo regime islamico si manifestò il 24 marzo scorso con l'assalto armato alla loro sede a Mogadiscio, distruggendo ogni cosa compreso un prezioso lavoro sulla «diversità musicale somala» destinato all'Unesco, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura: «Da allora non ci hanno più permesso di svolgere la nostra attività e neppure di contattare la stampa. Si tratta di una violazione dei diritti dell'uomo. E ora siamo condannati a morte. Sono degli ignoranti, degli oscurantisti che perseguono dei fini occulti. La musica è sempre esistita in Somalia e ovunque nel mondo islamico».
La fatwa di condanna a morte dei musicisti viene giustificata con la citazione del versetto V, 33 del Corano: «In verità la ricompensa di coloro che combattono Iddio e il Suo Messaggero e si danno a corrompere la terra, è che essi saranno massacrati, o crocifissi, o amputati delle mani e dei piedi dai lati opposti, o banditi dalla terra: questo sarà per loro ignominia in questo mondo e nel mondo a venire avranno immenso tormento». Ma Jimale non si capacita: «Forse che meritiamo quanto vi si afferma? Ma veramente capiscono ciò di cui parla il versetto? Loro stanno ingannando la gente comune. Abbiamo proprio bisogno aiuto dalla comunità internazionale. Hanno preso una posizione estremamente crudele contro di noi e più in generale contro la musica. Ma siamo un'unica famiglia e questa condanna a morte non ci farà desistere dal promuovere la musica in Somalia e nel mondo. Comunque vada saremo forti. Noi non siamo nel torto. Noi abbiamo ragione, ragione e ragione!».
In Italia l'appello dei musicisti somali è stato raccolto e rilanciato da Patricia Adkins Chiti, membro direttivo del Consiglio internazionale per la musica dell'Unesco e dell'European Music Council. La fatwa
delle Corti islamiche è stata emessa dopo un raid contro la sede della Radio dell'Africa Orientale a nord di Mogadiscio, che abitualmente trasmetteva musica per la capitale e nei dintorni. E' stata definitivamente chiusa. L'11 settembre scorso un'altra incursione contro Radio Jowhar, sempre a Mogadiscio, ha portato all'abolizione totale dei programmi musicali. Da allora è autorizzata a diffondere solo il Corano, dottrina islamica e i notiziari ufficiali.
Per la verità nel Corano non c'è un divieto esplicito della musica e del canto. L'interdizione fa piuttosto riferimento a delle fatwa emesse da teologi wahhabiti, come il defunto mufti dell'Arabia Saudita, Abdelaziz Bin Baz, che disse: «La parola ma'azif si riferisce al canto e agli strumenti musicali. Il Profeta ci ha detto che alla fine dei tempi arriverà un popolo che permetterà queste cose così come permetterà l'alcol, l'adulterio e la seta. Questo è uno dei segni della profezia, tutto ciò è accaduto. Il hadith (il detto) indica che gli strumenti musicali sono haram (proibiti) e condanna coloro che dicono che sono halal (leciti), così come condanna coloro che ritengono che l'alcol e l'adulterio sono leciti. Chiunque ritenga che il canto e gli strumenti musicali sono leciti mente e commette un peccato grave».
Gli estremisti islamici somali, sulla scia di quanto fecero i talebani in Afghanistan nel 1996, hanno già chiuso tutti i cinematografi, messo fuorilegge i film, proibito la visione della televisione nei luoghi pubblici, vietato le celebrazioni dei matrimoni che contengano canti o danze, imposto ovunque la segregazione sessuale. Stanno cioè distruggendo dal di dentro la persona per trasformarla in un robot al servizio del loro potere dittatoriale ammantato di islam. Ma a quanto pare tutto ciò non interessa a nessuno. Tranne che a Bin Laden. Perché lì potrà probabilmente rilanciare il suo sogno del califfato islamico. Non è forse il caso di raccogliere seriamente l'appello dei musicisti somali: «Salvate la nostra anima »?
Magdi Allam