l'esperienza di una coppia del Cammino neocatecumenale



(CAMINEO.INFO) - V° Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia - La famiglia in missione :l'esperienza di una coppia del Cammino neocatecumenale

All'interno del poderoso "DOSSIER FAMIGLIA" realizzato dall'AGENZIA FIDES , che è l'Agenzia della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, è riservato uno spazio alle testimonianze di alcune famiglie di diverse realtà ecclesiali sulla loro esperienza di missione "ad intra" e "ad gentes".

Abbiamo estratto da questo documento ( che troverete in allegato al termine di questo articolo e che vi invitiamo caldamente a scaricare perchè importantissimo) la testimonianza portata da una coppia spagnola proveniente proprio dalla città che ospita l'Incontro Mondiale delle Famiglie, e che ha operato per alcuni anni nella evangelizzazione in Costa Rica.

Si tratta di Vicente (Vincenzo) e Immaculada (Immacolata) e i loro 11 figli, quattro dei quali nati in tempo di missione.
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Vicente e Immaculada: dalla Spagna missionari in Costa Rica
Nell’ottobre del 2000, nell’ambito del Giubileo delle Famiglie, il nostro amato Papa Giovanni Paolo II dinanzi a migliaia di pellegrini inviò centonove famiglie appartenenti al Cammino Neocatecumenale ad evangelizzare in tutto il mondo. Queste famiglie avevano vissuto precedentemente un periodo di convivenza a Porto San Giorgio (Italia) dove si era anche effettuato il sorteggio delle loro destinazioni nei cinque continenti. Una di quelle famiglie era la nostra: Io, Vicente, mia moglie Inmaculada e i 7 figli che avevamo allora (oggi ne abbiamo 11), della parrocchia della “Sagrada Famiglia de Torrent (Valenza, Spagna).
La nostra destinazione era un piccolo paese dell’America centrale chiamato Costa Rica da dove Monsignore Hugo Barrantes Ureña, Vescovo della nuova diocesi creata a Puntarenas (1988), aveva fatto richiesta di famiglie che lo aiutassero ad evangelizzare.
La nostra missione? Cercare di vivere come la Sacra Famiglia di Nazaret: con semplicità e con umiltà, lodando il Signore e vedendo “nell’altro” a Cristo. Il Costa Rica è un paese dove la figura del capo famiglia è sul punto di estinguersi, dove interi quartieri sono abitati da donne sole, che vivono insieme a più figli avuti da padri differenti e dove sono poche le famiglie che non hanno subito abusi e violenze da parte di uno dei loro stessi componenti, da qualche vicino o da conoscenti. La Chiesa ci chiedeva semplicemente di vivere lì, con l’aiuto di Dio, uniti e fedeli. In questa zona le sette abbondano. Nella nostra via le uniche due case cattoliche erano quella di una signora anziana e la nostra; il resto delle case erano abitate da testimoni di Geova, protestanti, ecc.

Nella nostra casa, che aveva il tetto fatto di lamiera, come tutte le altre, convivevano con noi ogni tipo di animale: iguane sul tetto, serpenti nel giardino, topi, ragni, bellissime varietà di colibrì, scoiattoli, ecc. Molto vicino a dove abitavamo vi era un carcere e ogni volta che passavamo da quelle parti sentivamo il desiderio di annunciare l’amore di Dio. Ogni venerdì accompagnavo il Vicario della parrocchia per assistere i carcerati. L’indice di violenza era molto alto e per entrare nelle celle all’inizio eravamo scortati anche da otto guardie. Ricordo che una volta queste guardie dovettero creare una divisione tra chi voleva ascoltarci e chi non lo desiderava. Coloro che non volevano sapere nulla della Chiesa Cattolica gridavano per impedirci di essere ascoltati. Io, che avevo avuto una gioventù molto difficile nel mondo della droga dal quale Dio mi aveva liberato, capivo i carcerati perfettamente. Gli raccontai a urli da dove mi aveva tirato fuori il Signore e gli dissi che esisteva la possibilità che Dio rigenerasse anche loro…Allora cominciarono ad ascoltarci e col passare delle settimane ci rispettarono sempre di più. Anche se non rientrava nei nostri progetti, abbiamo proposto al parroco, al Vescovo e ai responsabili itineranti, di annunciare il Vangelo ai carcerati costituendo delle piccole comunità all’interno del carcere. Questa esperienza si era già tentata in un carcere italiano e aveva dato ottimi risultati.

Dio ci spalancò le porte del carcere e così abbiamo cominciato la catechesi per adulti insieme ad un gruppo di catechisti. Tra enormi difficoltà si sono create diverse comunità e questo ridusse di tanto il livello di violenza all’interno del carcere poiché, una volta costituite, erano gli stessi carcerati che le componevano ad evangelizzare agli altri. Laddove prima dovevamo essere scortati anche da 8 guardie, ora ne bastava una sola.

In Costa Rica i corsi per il battesimo si articolano in 10 incontri obbligatori. Noi, che eravamo in parrocchia per aiutare il parroco, ci occupavamo anche di questi corsi ai quali davamo un’impronta fortemente kerigmatica, senza nascondere che l’origine della frustrazione dell’uomo era nel peccato e predicando che Dio veniva in soccorso di coloro che credevano nel potere divino per cambiare le loro vite. Una giovane coppia che ci ascoltava con molta attenzione finì il corso con grande soddisfazione. Qualche anno più tardi li abbiamo incontrati per combinazione e la moglie ci salutò affettuosamente senza smettere di ringraziarci per quei corsi. Più tardi abbiamo saputo che a quei tempi suo marito le era infedele e che grazie alla nostra catechesi aveva rinunciato all’adulterio, era entrato in una piccola comunità parrocchiale e avevano avuto diversi figli.

Durante una catechesi nel carcere dissi ai detenuti che quando avessero scoperto Cristo sarebbero stati dispiaciuti persino di abbandonare il carcere…Naturalmente si sono messi a ridere e ci fu una gran confusione…I cicli di catechesi si concludevano con un periodo di convivenza. Il senso di unione che il Signore ci regalava era così forte che una settimana prima che cominciasse questo periodo di convivenza sono stato avvicinato da uno dei detenuti che mi confessò di essere triste perché tornava in libertà il giorno prima che cominciasse questo periodo di convivenza e voleva che io parlassi con il direttore del carcere per farlo rimanere qualche giorno in più…Voleva rimanere qualche altro giorno dopo una condanna a 17 anni... ! La schiacciante verità è che ciò che rende prigionieri non sono le mura con i cancelli ma non avere Cristo nel cuore. Con Cristo siamo liberi. Senza di Lui viviamo come schiavi. Quel detenuto lo aveva capito fin troppo bene.

In questi cinque anni di missione ne abbiamo passate tante: incidenti, malattie tropicali come la Dengue, per la quale siamo stati ricoverati in ospedale io e alcuni dei miei figli, la scabbia, febbri di ogni tipo e grandi difficoltà economiche. Ma abbiamo avuto anche grandi gioie come il vedere tanti sposi riconciliati e la nascita di due coppie di gemelli; motivo di persecuzioni in un paese dove è normale che un medico pratichi ad una donna la legatura delle trombe in molti casi senza nemmeno il suo consenso. Ricordo bene che quando stavano per nascere i miei gemelli (decimo e undicesimo figlio) io ero nella sala di attesa e il medico che doveva praticare il cesareo a mia moglie è uscito arrabbiatissimo chiedendo del padre delle creature…Mi disse con grande indignazione che mia moglie aveva rifiutato la legatura delle trombe dopo così tanti figli. Così si colpisce la maternità brutalmente: nel momento in cui la donna è più debole, appena partorito, la si persuade perché interrompa la vita per sempre…Inma, mia moglie, è uscita piangendo dalla sala parto, combattuta tra la gioia ed il dolore, come qualcuno che dopo aver sostenuto un lungo combattimento sa di esserne uscito vincente.

Siamo rientrati a Valenza da qualche mese, in tempo per questa visita provvidenziale di Sua Santità Benedetto XVI per l’Incontro delle Famiglie; e dico provvidenziale perché non è questa la Spagna che ci siamo lasciati dietro cinque anni fa. Ritornando ci siamo trovati con un’altra missione. Se in America Latina sono la povertà e le sette le grande sfide da superare, qui ci sono dei veri pericoli come il comunismo, il consumismo, l’edonismo, l’egoismo e tante altre cose simili. Risulta veramente una sfida mantenere e vivere secondo le proprie convinzioni religiose. L’attacco alla vita e alla famiglia è feroce. Speriamo quindi nella Parola del Santo Padre che ci conforta e ci aiuta a mantenere viva la fiamma della Fede.
A.S.- catechumenium.it