da l'Unità del 27 ottobre 2006
Scontro di civiltà
di Marco Travaglio
Come volevasi dimostrare, negli ultimi quindici anni l’Italia non era spaccata fra destra e sinistra, ma fra mascalzoni e persone perbene. E le prime due categorie non coincidono sempre con le seconde, anche se non era mai capitato, nemmeno nei tempi più bui della Prima Repubblica, che per cinque anni un governo proteggesse un tale esercito di ladri e spioni. C’è il caso del sequestro di Abu Omar a opera della joint venture Cia-Sismi, che incredibilmente anche l’attuale governo ha deciso di coprire col segreto di Stato (o meglio, con la «bugia di Stato», per dirla con Claudio Fava, l’unico esponente dell’Unione che si batte contro quella plateale violazione dei diritti umani). C’è la centrale di spionaggio e disinformatija Sismi del leggendario Pio Pompa, braccio destro del direttore del servizio militare Nicolò Pollari, scoperta in Via Nazionale a Roma, da cui partivano i dossier-bufala per screditare e «disarticolare» magistrati perbene, giornalisti perbene, politici perbene, comprensibilmente invisi al governo Berlusconi. Collaboravano alle grandi manovre politici e giornalisti venduti (ma qualcuno lo faceva anche gratis: come diceva Victor Hugo, «c’è gente che pagherebbe per vendersi»). Uno, il prode Renato Farina in Betulla, pubblicò un dossier-patacca per dimostrare che Prodi, dall’Europa, aveva autorizzato i rapimenti Cia. Poi c’era la banda Telecom di Tavaroli & C.: anche loro spiavano e dossieravano giornalisti, magistrati e politici, ma solo quelli perbene. Dunque, anche Prodi. Dunque, meglio sorvolare. Poi, è notizia di ieri, c’erano settori «deviati» delle Fiamme Gialle e dell’agenzia delle Entrate che hanno spiato i conti di vari personaggi, compresi Prodi e la moglie (almeno 128 volte), senza cavarne un ragno dal buco (altrimenti il Giornale e Libero ci avrebbero informati in tempo reale). «Deviati», poi, si fa per dire, essendo altamente improbabile che dei semplici impiegati e marescialli prendano iniziative tanto gravi senza coprirsi le spalle. Avevano al governo uno dei più illustri evasori fiscali che la storia ricordi, ma spiavano Prodi per trovargli qualche bottone fuori posto. Infine abbiamo le telefonate dei vari Mancini & C., incriminati per il sequestro di Abu Omar, che cercavano sponde nel solito Gianni Letta, ma anche nel centrosinistra, anche nella cosiddetta «sinistra radicale», e immancabilmente ne trovavano. Fino a ieri, ci veniva autorevolmente e trasversalmente spiegato che il pericolo per la privacy viene dai giudici cattivi che fanno le intercettazioni legali e dai giornali che legalmente le pubblicano. Chissà se ora cambierà qualcosa. Anche perché la lista dei nemici da «destabilizzare», «disarticolare», «neutralizzare», «ridimensionare» è piuttosto interessante. Comprende politici come Violante, Visco, Veltri, Arlacchi e Leoluca Orlando, direttori come Flores d’Arcais, magistrati come Caselli, Borrelli, Bruti Liberati, gli interi pool di Milano e Palermo, vari pm romani, baresi, napoletani. Quel grande precursore di Totò Riina aveva dato la linea fin dal ’94: «Il governo Berlusconi si deve guardare dai Violante, dai Caselli, dagli Arlacchi». Più o meno le stesse cose aveva poi ripetuto il Cavaliere, senza nemmeno versargli il copyright.
È una vera fortuna che quell’elenco esista e sia venuto alla luce. Dimostra che l’Italia dei mascalzoni le persone perbene da cui guardarsi le ha individuate tutte, o quasi. Curiosamente, si tratta delle stesse persone perbene che ampi settori «dialoganti» e «riformisti» del centrosinistra attaccano da anni come «demonizzatori», insultano come «giustizialisti», isolano come «estremisti», accusano di «esagerare» e di «girotondare». La destra più putrida del mondo sa bene chi sono i suoi nemici. La sinistra, non tutta e non sempre. Quando Gherardo Colombo, uno dei «disarticolandi», disse che gli inciuci bicamerali erano figli del ricatto e che la P2 non era mai morta, mancò poco che lo arrestassero: qualcuno gli chiederà scusa? A mano a mano che si scoprirà il doppiofondo dell’ultimo quinquennio, la parola «regime» usata dai noti demonizzatori de l’Unità, Micromega, Repubblica, Espresso, Diario, ma anche da Montanelli, Biagi, Sartori, Sylos Labini, Barbara Spinelli, potrebbe rivelarsi un leggiadro eufemismo. Ma non facciamoci illusioni. Nessuno si scuserà con chi ha avuto il torto di avere ragione.