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    Viribus Unitis
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    Predefinito Il tramonto della speranza...

    Fonte: Il Romanista

    Il tramonto della speranza

    Oggi che è tutto finito, ed è finito male, oggi che l’ultima sottrazione ci ha sottratto l’illusione della giustizia sportiva, salvando tutti tranne la povera Fiorentina, ricordo bene l’eccitazione del primo giorno, la sensazione inebriante di poter cambiare il mondo, quella speranza, viva, di un calcio migliore che ci passavamo l’un l’altro come per contagio. L’alba di Calciopoli venne di primavera. Quando uscirono le prime intercettazioni, quelle "amichevoli" di Torino, Giraudo convocò i cronisti per minacciarli, Carraro per giurare sul suo onore, mentre Moggi non convocò nessuno perché aveva sempre intorno un codazzo di lecchini pronti a chiedere «Lucia’, cosa vuoi che scriva?» «che so’ tutte stronzate». Ma poi venne maggio e portò le intercettazioni vere, quelle pesanti, quelle effettuate dai carabinieri di Roma per conto di due giudici di Napoli che si occupavano di mafia. Vennero i 58 indagati, i 41 avvisi di garanzia, l’accusa di associazione a delinquere. Venne fuori tutto insieme lo schifo che abbiamo sempre immaginato, che abbiamo sempre denunciato. Moggi e gli arbitri, Galliani e i guardalinee, le minacce della Gea, Lotito che fa il servo sciocco e Della Valle che si fa ricattare.
    L’indignazione fu grande, praticamente come l’indifferenza o anzi il fastidio che si respira su giornali e tv per questa storia: uffa, ancora Calciopoli. E dai, che con quest’arbitrato è finita finalmente. Domani si ricomincia a stampare illusioni fino al prossimo scandalo.
    L’indignazione popolare fu un’onda che sommerse tutti, staccò da poltrone decennali dei fossili sportivi. Via la Triade, con Moggi in lacrime a denunciare la morte (breve) della sua anima, via Carraro e la sua corte federale, via Bergamo e Pairetto con le loro cene con Giraudo a base di panettoni e schede telefoniche internazionali, via Biscardi e tutto il codazzo di cronisti in ginocchio. Via tutti. Serviva un capo. Il governo di centrosinistra, appena insediato, indicò Guido Rossi, navigato in mille avventure sulla plancia del capitalismo rosso. E il Coni, appena sfiorato dallo scandalo (come dimenticare la telefonata fra Moggi e Pagnozzi, «mandami 10 mila medicine?»), obbedì.
    Il commissario all’inizio le azzeccò tutte: affidò le indagini a Borrelli, da Mani pulite a Piedi puliti, olé; nominò presidente della Corte un certo Ruperto, ignoto ai tifosi, ma il massimo per i giuristi. Olé. E poi tenne botta su Lippi, Buffon e Cannavaro: non era facile difenderli mentre l’Italia intera (e anche il governo) li voleva giubilati invece che in Germania. Ma il Mondiale vinto ha fatto cambiare idea a molti.
    Le intercettazioni intanto divennero un libro, anzi due. Il libro nero del calcio. In edicola andarono a ruba. Visti i protagonisti era scontato. Gli intercettati fecero finta di protestare. In realtà quella sfacciata violazione del segreto gli consentì di presentarsi preparati agli interrogatori. «Quella telefonata? Scherzavo, signor giudice».
    Borrelli si trovò davanti un muro di gomma, ben più resistente del muro di cronisti e tv che assediavano via Allegri. La relazione fu scritta con passione e ingenuità: «E’ il più grande scandalo della storia del calcio». Bum. L’impianto generale era chiaro: l’illecito sportivo era "strutturato". Era ovunque. Centomila telefonate lo dimostravano. La palla passò a un giovane e taciturno magistrato napoletano che in passato era diventato celebre per il rigore con cui chiedeva il massimo della pena per i colpevoli.
    E qui, con Stefano Palazzi, inizia la prima sottrazione: rispetto al lavoro di Borrelli, nei deferimenti della procura federale mancano tanti episodi, scompaiono partite sospette. Il ruolo del Milan appare ridimensionato. Ma le richieste sono una bomba: Juve in C, tutti gli altri in B, radiazioni a raffica. E’ estate, fa un caldo boia e quando Palazzi nel primo giorno del processo del secolo, prende la parola e spara le sue richieste alla corte, per molti è un inferno. Per noi il paradiso.
    Il processo è uno sballo, con il vecchio Ruperto che smonta i trucchi degli avvocati difensori. Finché quello della Juve, Zaccone, quello col pizzo risorgimentale, dice esausto che la Juve merita la C, ma una B con penalizzazione andrebbe bene. E qui avviene la seconda sottrazione: Ruperto si commuove, si lascia ingannare dal finto aplomb di Cobolli Gigli e Blanc, e risparmia la C alla Juve. In B con Lazio e Fiorentina, dirà la prima, inutile, sentenza. Il Milan resta addirittura in A.
    E’ una ingiustizia, doppia, che apre la strada all’appello: la Corte stavolta è fatta tutta di avvocati nominati ai tempi di Carraro. Guido Rossi si dimentica di integrarla, un errore madornale, e al processo l’imputato è Palazzi. I legali sparano sul procuratore che perde la sua baldanza. L’Italia ha vinto il Mondiale e Mastella guida il partito dell’amnistia: Cannavaro non può andare in B. Infatti è già al Real. Quella sentenza restituisce una manciata di punti alla Juve, riporta in A Lazio e Fiorentina e ridà la Champions al Milan. E’ uno scandalo, tra l’altro è illogica perché assolve tutti gli arbitri tranne De Santis, ma i condannati non si accontentano. Il vento è cambiato e adesso rivogliono tutto. Cobolli in tv digrigna i denti infiammando i tifosi bianconeri. Al Tar al Tar!
    Sembra la fine del calcio, i campionati bloccati: è l’inizio della farsa. Con Cobolli che ritira il ricorso dopo un incontro con Rossi e il presidente del Coni che gli indica la strada dell’arbitrato. «Lì avrete giustizia». Intanto i presidenti di A e B avevano estratto dal freezer Tonino Matarrese che inizia a bombardare Rossi. Il commissario ha le ore contate, ma non aspetta la fine: va in Telecom e si fa mettere alla porta dal Coni per conflitto di interessi. E’ la prima volta in tanti anni che il Coni si ricorda che esiste questo problema. L’estate sta finendo e il calcio riparte da Pancalli: onesto, sorridente, ma delle riforme si perdono le tracce.
    Infine arrivano gli arbitrati. Intanto Ruperto ha tolto il disturbo, Borrelli anche ma ci ha ripensato e la Corte federale ha graziato la Reggina rafforzando chi pretende uno sconto. Ma la notizia più grossa finisce nelle brevi di cronaca: i carabinieri delle indagini sono stati rimossi. Puniti. Sui giornali nessuno ha voglia di parlarne, sono tutti impegnati ad riportare le infinite esternazioni di Moggi che ha ritrovato l’anima. E presto troverà anche un club.
    La storia finisce qui. La sentenza degli arbitri del Coni non è più scandalosa delle altre che l’hanno preceduta, è solo l’epilogo malinconico di come una rivoluzione è finita in commedia. Lo dico sinceramente: mi spiace per la Fiorentina. Non merita di essere l’unica alla gogna, mentre lo sconto negato al Milan conferma solo quanto fosse grande il regalo avuto dalla Corte federale.
    Se non fosse che questi sei mesi hanno iniettato tanto veleno nelle vene dei tifosi di tutti i club e alimentato tante inutili, pericolose speranze, una sola cosa vorremmo dirvi, signori dello sport, mentre chiudete il sipario su questa vicenda: ridicoli, vi meritate Moggi.

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da Aledex Visualizza Messaggio
    Fonte: Il Romanista

    Il tramonto della speranza

    Oggi che è tutto finito, ed è finito male, oggi che l’ultima sottrazione ci ha sottratto l’illusione della giustizia sportiva, salvando tutti tranne la povera Fiorentina, ricordo bene l’eccitazione del primo giorno, la sensazione inebriante di poter cambiare il mondo, quella speranza, viva, di un calcio migliore che ci passavamo l’un l’altro come per contagio. L’alba di Calciopoli venne di primavera. Quando uscirono le prime intercettazioni, quelle "amichevoli" di Torino, Giraudo convocò i cronisti per minacciarli, Carraro per giurare sul suo onore, mentre Moggi non convocò nessuno perché aveva sempre intorno un codazzo di lecchini pronti a chiedere «Lucia’, cosa vuoi che scriva?» «che so’ tutte stronzate». Ma poi venne maggio e portò le intercettazioni vere, quelle pesanti, quelle effettuate dai carabinieri di Roma per conto di due giudici di Napoli che si occupavano di mafia. Vennero i 58 indagati, i 41 avvisi di garanzia, l’accusa di associazione a delinquere. Venne fuori tutto insieme lo schifo che abbiamo sempre immaginato, che abbiamo sempre denunciato. Moggi e gli arbitri, Galliani e i guardalinee, le minacce della Gea, Lotito che fa il servo sciocco e Della Valle che si fa ricattare.
    L’indignazione fu grande, praticamente come l’indifferenza o anzi il fastidio che si respira su giornali e tv per questa storia: uffa, ancora Calciopoli. E dai, che con quest’arbitrato è finita finalmente. Domani si ricomincia a stampare illusioni fino al prossimo scandalo.
    L’indignazione popolare fu un’onda che sommerse tutti, staccò da poltrone decennali dei fossili sportivi. Via la Triade, con Moggi in lacrime a denunciare la morte (breve) della sua anima, via Carraro e la sua corte federale, via Bergamo e Pairetto con le loro cene con Giraudo a base di panettoni e schede telefoniche internazionali, via Biscardi e tutto il codazzo di cronisti in ginocchio. Via tutti. Serviva un capo. Il governo di centrosinistra, appena insediato, indicò Guido Rossi, navigato in mille avventure sulla plancia del capitalismo rosso. E il Coni, appena sfiorato dallo scandalo (come dimenticare la telefonata fra Moggi e Pagnozzi, «mandami 10 mila medicine?»), obbedì.
    Il commissario all’inizio le azzeccò tutte: affidò le indagini a Borrelli, da Mani pulite a Piedi puliti, olé; nominò presidente della Corte un certo Ruperto, ignoto ai tifosi, ma il massimo per i giuristi. Olé. E poi tenne botta su Lippi, Buffon e Cannavaro: non era facile difenderli mentre l’Italia intera (e anche il governo) li voleva giubilati invece che in Germania. Ma il Mondiale vinto ha fatto cambiare idea a molti.
    Le intercettazioni intanto divennero un libro, anzi due. Il libro nero del calcio. In edicola andarono a ruba. Visti i protagonisti era scontato. Gli intercettati fecero finta di protestare. In realtà quella sfacciata violazione del segreto gli consentì di presentarsi preparati agli interrogatori. «Quella telefonata? Scherzavo, signor giudice».
    Borrelli si trovò davanti un muro di gomma, ben più resistente del muro di cronisti e tv che assediavano via Allegri. La relazione fu scritta con passione e ingenuità: «E’ il più grande scandalo della storia del calcio». Bum. L’impianto generale era chiaro: l’illecito sportivo era "strutturato". Era ovunque. Centomila telefonate lo dimostravano. La palla passò a un giovane e taciturno magistrato napoletano che in passato era diventato celebre per il rigore con cui chiedeva il massimo della pena per i colpevoli.
    E qui, con Stefano Palazzi, inizia la prima sottrazione: rispetto al lavoro di Borrelli, nei deferimenti della procura federale mancano tanti episodi, scompaiono partite sospette. Il ruolo del Milan appare ridimensionato. Ma le richieste sono una bomba: Juve in C, tutti gli altri in B, radiazioni a raffica. E’ estate, fa un caldo boia e quando Palazzi nel primo giorno del processo del secolo, prende la parola e spara le sue richieste alla corte, per molti è un inferno. Per noi il paradiso.
    Il processo è uno sballo, con il vecchio Ruperto che smonta i trucchi degli avvocati difensori. Finché quello della Juve, Zaccone, quello col pizzo risorgimentale, dice esausto che la Juve merita la C, ma una B con penalizzazione andrebbe bene. E qui avviene la seconda sottrazione: Ruperto si commuove, si lascia ingannare dal finto aplomb di Cobolli Gigli e Blanc, e risparmia la C alla Juve. In B con Lazio e Fiorentina, dirà la prima, inutile, sentenza. Il Milan resta addirittura in A.
    E’ una ingiustizia, doppia, che apre la strada all’appello: la Corte stavolta è fatta tutta di avvocati nominati ai tempi di Carraro. Guido Rossi si dimentica di integrarla, un errore madornale, e al processo l’imputato è Palazzi. I legali sparano sul procuratore che perde la sua baldanza. L’Italia ha vinto il Mondiale e Mastella guida il partito dell’amnistia: Cannavaro non può andare in B. Infatti è già al Real. Quella sentenza restituisce una manciata di punti alla Juve, riporta in A Lazio e Fiorentina e ridà la Champions al Milan. E’ uno scandalo, tra l’altro è illogica perché assolve tutti gli arbitri tranne De Santis, ma i condannati non si accontentano. Il vento è cambiato e adesso rivogliono tutto. Cobolli in tv digrigna i denti infiammando i tifosi bianconeri. Al Tar al Tar!
    Sembra la fine del calcio, i campionati bloccati: è l’inizio della farsa. Con Cobolli che ritira il ricorso dopo un incontro con Rossi e il presidente del Coni che gli indica la strada dell’arbitrato. «Lì avrete giustizia». Intanto i presidenti di A e B avevano estratto dal freezer Tonino Matarrese che inizia a bombardare Rossi. Il commissario ha le ore contate, ma non aspetta la fine: va in Telecom e si fa mettere alla porta dal Coni per conflitto di interessi. E’ la prima volta in tanti anni che il Coni si ricorda che esiste questo problema. L’estate sta finendo e il calcio riparte da Pancalli: onesto, sorridente, ma delle riforme si perdono le tracce.
    Infine arrivano gli arbitrati. Intanto Ruperto ha tolto il disturbo, Borrelli anche ma ci ha ripensato e la Corte federale ha graziato la Reggina rafforzando chi pretende uno sconto. Ma la notizia più grossa finisce nelle brevi di cronaca: i carabinieri delle indagini sono stati rimossi. Puniti. Sui giornali nessuno ha voglia di parlarne, sono tutti impegnati ad riportare le infinite esternazioni di Moggi che ha ritrovato l’anima. E presto troverà anche un club.
    La storia finisce qui. La sentenza degli arbitri del Coni non è più scandalosa delle altre che l’hanno preceduta, è solo l’epilogo malinconico di come una rivoluzione è finita in commedia. Lo dico sinceramente: mi spiace per la Fiorentina. Non merita di essere l’unica alla gogna, mentre lo sconto negato al Milan conferma solo quanto fosse grande il regalo avuto dalla Corte federale.
    Se non fosse che questi sei mesi hanno iniettato tanto veleno nelle vene dei tifosi di tutti i club e alimentato tante inutili, pericolose speranze, una sola cosa vorremmo dirvi, signori dello sport, mentre chiudete il sipario su questa vicenda: ridicoli, vi meritate Moggi.
    Secondo me ... non se lo meritano: moggi è addirittura superiore a questa SUPERFECCIA! PUAH!

 

 

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