Mercosur e l’unità latinoamericana

di Sabatino Annecchiarico


I paesi membri del Mercosur, Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay e, da quest’anno Venezuela, aprono le porte a Cuba ignorando ogni blocco sull’Isola imposto dagli Stati uniti. “Mi chiedo se qualcuno potrà impedire il futuro di una America Latina unita” sono state le parole di Fidel Castro, ospite d’onore alla Cumbre del Mercosur di Córdoba, Argentina, lo scorso 21 e 22 luglio.
È stato un incontro di rilevanza storica, quello avvenuto nella città di Córdoba, settecento chilometri a nordovest di Buenos Aires, tra i capi di Stati del Mercosur e altri invitati, oltre a Cuba anche Bolivia e Cile, in un incontro che ha voltato pagina, imponendosi per l’integrazione dei popoli liberi e sovrani e contro le politiche di libero mercato. Chávez ha detto che sta nascendo “un nuovo Mercosur” che ha tra le sue priorità quella di “alzare la bandiera sociale”. Mentre Lula ha augurato “un nuovo parto del Mercosur che offra sviluppo equo e più giustizia per tutti” e ha aggiunto: “Noi (i nuovi governi dei paesi del Mercosur) cambiamo il profilo político della regione e ora stiamo cambiando il profilo sociale della integrazione”, mentre Fidel Castro ha iniziato con ironia: “Questa deve essere l’unica riunione in cui non ci sono minacce di attentato nei miei confronti”, per poi affermare che “La rivoluzione cubana ha trionfato senza coercizioni: mai c’è stato un desaparecido, un torturato, mai si è imposto qualcosa con la forza”. Fidel Castro, per la terza volta in Argentina e sempre con un incredibile successo, nel suo discorso si è appellato alla solidarietà per costruire l’integrazione latinoamericana: “Voglio sottolineare una idea espressa da Kirchner e che sottoscrivo. Parlo della solidarietà. Con molto poco si può fare molto”, ha detto, citando i risultati dell’Operación Milagro con medici e personale cubano che operano nelle diverse affezioni oftalmiche in vari paesi latinoamericani: “Nella regione ci sono 30 milioni di persone che necessitano di un intervento. Noi ci siamo impegnati a operarne 600 000 l’anno”. Dunque l’integrazione latinoamericana passa per la volontà di chi deve attuarla, del capitale umano, della cooperazione tra i differenti paesi della solidarietà dei grandi con i più piccoli.
Le radici di questo incontro storico risalgono al lontano luglio del 1825, quando si tenne il Congreso Anfictiónico di Panama, dove si parlò per prima volta della ‘Patria Grande’ dei popoli liberi, dal Messico fino la Tierra del Fuego, in Patagonia.
C’erano in quel congresso del XIX secolo, tra altri, il venezuelano Simón Bolívar e il boliviano Antonio José de Sucre a proporre un fronte comune contro gli attacchi di Ferdinando VII, con la sua cattolica ‘Santa Alleanza Europea’, contro la voracità commerciale dell’Impero Britannico che tutto depredava in quelle terre in nome degli affari commerciali e per mettere freni all’arrogante aggressività degli Stati uniti.
In quel 1825 solo Cuba e Puerto Rico non erano liberi di aderire a questo sogno bolivariano: Cuba ancora colonia spagnola e Puerto Ricco sotto dominio degli Stati uniti, che perdura ancora oggi.
A 181 anni da quello storico Congresso di Panama, Fidel Castro, alla luce di quanto stava avvenendo a Córdoba, ha chiesto pubblicamente se “qualcuno potrà impedire il futuro di una America Latina unita”, che adesso si sta cominciando a costruire in un evento più storico che simbolico: per prima volta il Mercosur spalanca le porte a Cuba, dimostrando molto chiaramente al mondo intero che il blocco, imposto dagli Stati uniti ai cubani, non regge più; palesando a tutti i politici del mondo che Cuba non è da sola. Un evento storico, dunque, che è stato ignorato dalla stampa sempre servile agli interessi Usa e delle sue consociate, per il solito esercizio giornalistico di disinformazione pubblica.
L’affettuosa accoglienza dedicata alla delegazione cubana, e in particolare a Fidel Castro da parte dei Capi di Stati latinoamericani riuniti nel summit del Mercosur (e soprattutto del popolo argentino), hanno smentito il concetto che “Cuba non è un modello per America Latina”, come sostenuto pubblicamente dal Sottosegretario Donato Di Santo durante la Festa dell’Unità di Bergamo, lo scorso 15 luglio.
Proprio nella Cumbre del Mercosur, il presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela, Hugo Chávez Frías, ha dichiarato che “Cuba, al di fuori di ogni formalità, è dentro il Mercosur, soprattutto per il contributo di umanità rivoluzionaria del popolo cubano”.
Il Presidente Chávez è andato oltre, nel difendere Cuba e l’unità continentale, promettendo che il “Venezuela darà la propria solidarietà militante qualora l’imperialismo si permetta di aggredire Cuba, Bolivia, Argentina o un altro paese fratello del Continente”, e avverte gli aggressori, che in quel caso il “Venezuela si considererà aggredito, perché siamo una sola una Patria Grande”.
Una chiara risposta al nuovo (nuovo, per modo di dire) programma terroristico che il governo di Bush, ha messo in atto per “eliminare” la rivoluzione cubana. Gli Stati uniti, non soddisfatti del rapporto di 454 pagine che la Commissione di Assistenza a una Cuba libera (Commission for assistence to a free Cuba, Cafc) ha elaborato nel maggio del 2004 con l’obiettivo di far cadere il governo cubano, elabora un altro rapporto, ma questa volta di sole 93 pagine, sotto la regia della presidente dello stesso Cafc e attuale Segretario di Stato, Condolezza Rice, assieme al Segretario del Commercio Carlos Gutierrez, con l’obiettivo dichiarato di “rompere l’ordine costituzionale vigente a Cuba”. Un rapporto firmato da Bush lo scorso 10 luglio 2006 in concomitanza con il criminale bombardamento su Beirut.
Per questo piano di aggressione diretto a uno Stato sovrano, gli Stati uniti stanziano 80 milioni di dollari solo per il 2007 e il 2008. Una cifra da capogiro, ma che non è l’unica, e si aggiunge alle somme già destinate nel recente passato per produrre a tavolino i ‘giornalisti dissidenti e senza frontiere’.
Questa colossale cifra, che Bush potrebbe utilizzare per eliminare la miseria dei suoi 40 milioni di concittadini, sarà destinata ad atti di aggressione extraterritoriale e al favoreggiamento del terrorismo internazionale. Ecco la distribuzione della cifra, come scritto da Salim Lamrani: “31 milioni per finanziare l’opposizione interna cubana, 10 milioni per l’ attività di gruppi di pressione delle università a Cuba, 24 milioni per estendere la propaganda contro l’Isola e 15 milioni per incorporare la comunità internazionale al piano di occupazione di Cuba. A questa cifra vanno aggiunti altri 20 milioni annui, dopo il 2008, “fino quando la dittatura non esista più” secondo il rapporto.”
Come risposta al nuovo piano di aggressione degli Stati uniti, nella storica università di Córdoba, e davanti oltre 40 mila persone, Fidel ha tracciato un futuro nero per l’imperialismo nordamericano, affermando che “non durerà oltre 50 anni” ed è per questa ragione che Fidel Castro lancia la sfida per l’unità “eliminando l’analfabetismo nel Continente entro 15 anni”.
Una sfida di unità che dovrà fare i conti con le probabile follie belliche che gli Stati uniti potranno promuovere nella regione: i massacri nel medio oriente lo confermano, e grondano ancora sangue gli interventi Usa nel Centro e nel Latinoamerica. Ma che dovrà anche tenere in debito conto quegli stati con governi non ancora pronti nell’affrontare questa sfida. Come il Perú con Alán Garcia, il presidente prediletto del Fondo Monetario Internazionale che ha portato alla rovina il paese andino negli anni ’80 (anni fiorenti per la socialdemocrazia europea), e che oggi è stato rieletto presidente da una borghesia viziata dai privilegi, ereditata dalle tradizioni e dalle culture coloniali, e pronta a soddisfare gli interessi delle transnazionali. E anche il Messico, che ha venduto a basso costo la propria sovranità con gli accordi del Nafta del 1992; è sommerso nel grottesco gioco delle truffe elettorali delle “democrazie occidentali” che favoriscono l’incertezza politica e creano una profonda divisione interna, tra la borghesia, simile a quella peruviana, e i 40 milioni di poveri come quelli degli Stati uniti.
Comunque, di qualsiasi tipo siano le difficoltà da superare in America Latina, la sfida in atto è già segnata dal successo per l’evento storico grazie al quale i popoli latinoamericani hanno deciso voltare pagina, come già ha fatto Cuba, quasi mezzo secolo fa.