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Discussione: il racconto di astrea.

  1. #1
    Andruil
    Ospite

    Angry il racconto di astrea.

    Non perdonerò mai nessuno per quello in cui ci stiamo trasformando.
    Soli, alla deriva, presi da ogni parte da gente che prova ad incastrarci, riuniti e poi sparpagliati, infinite volte con infinite giravolte.
    E sempre soli, sempre pronti a diffidare di tutti, perché sei solo in questo vortice di divise e di potere.
    E ti muovi veloce nella nebbia, viso tirato e sciarpa sugli occhi, mani pronte nella sera iridescente che copre e affievolisce i ricordi.
    Neanche il cielo ci hanno lasciato.
    Coperto dai loro veleni ora è oscurato, ora sembra morto, o agonizzante, sempre più spesso una luna rossa grida al mondo i suoi peccati e le sue manchevolezze.
    Non li perdonerò mai neanche per questo.
    Non guardiamo più le stelle, costretti da mille catene a fissare solo la terra.
    Astrea può piangere e sospirare, ma non c’è più nessuno che la contempla.
    Solo terra, e fango….. e cemento e asfalto.
    Le orme più che altro cancellate rabbiosamente, i ricordi affievoliti e nascosti da una coltre di tristezza.
    Quando Astrea se ne andò dalla terra lasciò le sue orme.
    Orme.
    Orme come semi.
    E i semi sono giunti a maturazione.
    Il loro concime sono stati i soprusi e le angherie del potere.
    Molti sono seccati, altri germogliati nella maniera sbagliata.
    Pochi, come sempre troppo pochi, per una bizzarria del destino o per chissà quale arcana forza metafisica, sono germogliati assieme.
    Hanno preso la loro strada e di fronte a tutti gli attacchi del nemico, i rabbiosi, cinici e potentissimi attacchi hanno dato il loro frutto.
    Giustizia.
    Astrea è lontana, ma la sua luce, per tutti gli sforzi degli altri, la sua luce è ancora visibile.
    È ancora visibile nei nostri occhi, nelle nostre parole.
    La luce scaturisce dalle nostre azioni.
    La forza di Astrea ci guida, ci consiglia.
    Non perdonerò mai a nessuno l’averci strappato quel poco di vita che facevamo prima, l’averci trascinato a forza in un gioco che presto o tardi ci schiaccerà e ci renderà schiavi in catene.
    Ma tant’è: i frutti di Astrea sono ben visibili ora e presto quei frutti daranno prova di forza.
    Sono angeli nella nebbia, saranno samurai della giustizia, i loro nomi saranno i nomi di tutti coloro che soffrono, dei dimenticati dal potere, perché i dimenticati, i paria, coloro che anche il sistema disprezza e relega ai lati della società ora hanno una voce e delle braccia.
    Nei loro cuori ci sarà lo strazio e la disperazione delle famiglie distrutte, del pianto dei bambini mai nati, e si batteranno per loro, senza sapere mai chi ringraziare, ma sempre chi colpire.
    ASTREA E I TITANI
    Tempo fa venne lanciata dalle forze del male un attacco alla giustizia.
    Volevano cancellare le orme di Astrea.
    Volevano rendere la giustizia una prerogativa umana.
    Superbia.
    Astra camminò e camminò, vide sempre più superbia, sempre più delitti consumati in suo nome, vide la disperazione e la paura.
    Astrea conobbe la repressione.
    Astrea soffrì perché le sue mille braccia venivano artigliate da mille manette, veniva sporcata con l’inchiostro di molte persone, veniva calunniata e derisa.
    Ovunque oramai delitti e illeciti.
    Ovunque oramai le sue opere erano distrutte, o mistificate, e dove un tempo Astrea stendeva la sua spada e usava la sua bilancia, ora solo parodie del suo operato.
    Astrea, incalzata dai nemici di sempre, che erano diventati titani dalla forza che avevano acquistato dopo la corruzione degli spiriti degli uomini, scappò.
    Si rifugiò in cielo, continuando a guardare la sua creazione oramai ulcerosa e deturpata dalla superbia.
    Guardò i suoi uomini cadere uno ad uno, li vide devastati e corrotti, sentì le urla di innocenti e lo sguardo disperato delle donne oramai succubi di questa situazione.
    Ovunque le bande capeggiate dai titani portavano sgomento e distruzione.
    La superbia si era tramutata in ottusità e ben presto anche coloro che in buona fede avevano dato retta alle suadenti parole dei titani, parole che, accattivanti avevano conquistato le loro menti e i loro cuori, si risolsero a chiedere aiuto ad Astrea.
    Ma Astrea sembrava morta, sembrava colpita da un male oscuro, da un sottile e subdolo incantesimo che la rallentava e la costringeva all’inattività.
    Astrea pianse, perché nessuno la sentiva e tutti i suoi figli prediletti erano morti o agonizzanti nelle carceri dei titani.
    Più nessuno la cercava in cielo, anche la speranza era svanita e sempre più persone vivevano supinamente la propria condizione di schiavi.
    Astrea pianse tanto che le stelle in cielo decisero di riunirsi a corona di quelle lacrime.
    E tanto pianse che le stelle ancora visibili da questa terribile cappa che è diventata la volta celeste sono proprio le stelle di Astrea.
    ORME
    Sulla terra solo le orme.
    Le poche superstiti germogliarono.
    Presero a girovagare per il mondo, a schiena bassa. Simili agli schiavi che ora popolavano le corti dei titani.
    Nessuno li riconobbe. Molti li schernirono e li relegarono a semplici comparse della vita.
    Altri non li capirono e li abbandonarono al proprio destino.
    Quando per la prima volta si manifestarono agli uomini anche a loro sembrava strano che fino a tal punto gli uomini si fossero resi così pavidi e meschini da non adoperarsi per cambiare la propria misera condizione.
    Cominciarono indagando e prendendo confidenza con la terra, camminarono per ogni dove e ovunque andassero videro fame, morte, distruzione, sentirono lo strazio e lo sguardo disperso di molti, videro i crimini commessi dai titani e la loro patetica farsa di giustificare questi crimini.
    Videro che molti nascevano già affetti di un male insanabile, la tristezza e la codardia, videro altri che soffrivano pene indicibili perché i titani li spremevano e non si contentavano mai dei loro soprusi e delle loro angherie.
    Molti, soprattutto i più bersagliati dai titani, quelli che occupavano il posto più basso della catena alimentare della società creata dai titani volgevano con fatica lo sguardo verso di loro, ma non sapevano chi fossero ne da dove venissero, il ricordo di Astrea infatti era dimenticato da tempo e nessuno più si ricordava della speranza.
    Ma essi cominciarono ad operare ancora in suo nome, presero a fare giustizia, forse brutale e implacabile, ma con la consapevolezza nel cuore di avere la spada di Astrea come suprema guida e la sua bilancia come termine di paragone nelle scelte.
    Nessuno li chiamava. Venivano da soli e da soli, in silenzio, facevano giustizia e bonificavano il posto dove erano dalle mille nefandezze create artificiosamente dai titani, nefandezze e veleni così tanto radicate nelle menti degli uomini che oramai nessuno più li chiamava tali, ma semplicemente ne faceva largo uso, come fossero cose normali.
    I titani, ben lungi dal sospettare che delle orme di Astrea avessero dato frutto e che davvero qualcuno fosse riuscito a liberarsi da quelle catene che con infinita maestria avevano provveduto ad avvolgere attorno alle menti degli uomini, sottovalutarono la situazione e continuarono, tronfi, a folleggiare e a distruggere su una terra oramai al collasso.
    Intanto i germogli di Astrea seguitavano a combattere e si adoperavano in ogni dove per far rinascere la speranza nei cuori dei derelitti schiavi di questo regime dei titani.
    Tanto fecero che ben presto il loro nome veniva invocato nelle preghiere e nelle speranza di quanti quotidianamente subivano le vessazioni dei titani e i seguaci di Astrea ben presto si moltiplicarono e tanti uomini vennero aiutati a liberarsi delle catene impostegli dai titani.
    Passò il tempo e i titani ben presto si accorsero che la superbia e l’ottusità del loro agire li stava portando velocemente alla disfatta; allora, riuniti in un tragico consiglio, decisero di scendere in battaglia, convinti che ancora una volta la loro superiore potenza e la loro infinita ferocia avrebbe piegato qualunque resistenza e distrutto di nuovo qualunque segno di Astrea che, timido, cominciava a manifestarsi nel mondo.
    Venne combattuta una lotta feroce e per lungo tempo le sorti della battaglia furono incerte.
    Ma alla fine quel manipolo di seguaci di Astrea combatté con tanto coraggio e con tanto ardore che neanche i colpi più devastanti vibrati dai titani oramai disperati poterono fermare quel superbo anelito di giustizia che pervadeva la terra e liberava uno ad uno tutti gli uomini.
    In breve la tela di asfalto e cemento tessuta pazientemente dai titani andò in rovina e gli uomini, sanata la terra dai molti veleni che ancora la appestavano, cominciarono a vedere di nuovo il cielo e ben presto le lacrime di Astrea furono visibili a tutti gli uomini, ora non più costretti a strisciare a terra, ma messi in condizione di guardare ancora il cielo.
    Molti videro e notarono che le stelle accorse vicino ad Astrea e alle sue lacrime ora formavano una sfavillante corona sulla testa della dea, che non più triste, si preparava a tornare sulla terra per vivere felice assieme all’umanità finalmente liberata.

  2. #2
    NonNobisDomine
    Ospite

    Predefinito

    Victa iacet pietas, et Virgo caede madentes,
    ultima caelestum, terras Astraea reliquit.

    Ovidio, Metamorfosi.

 

 

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