Reduce dal fallimento del negoziato sul nucleare con l’Iran, Javier Solana ha spiegato al Jerusalem Post le ragioni per cui la politica europea, che lui rappresenta, non conta nulla ed è deleteria.
Il ministro degli Esteri di Bruxelles non crede “che Hamas voglia distruggere Israele”, ma piuttosto che voglia liberare i palestinesi e che, per raggiungere l’obiettivo, abbia bisogno di una mano dalla comunità europea.
Poco conta che Hamas questo dichiari nel suo statuto e questo ripeta ogni giorno. Solana non ci crede - come tanti leader europei – perché, se ammettesse quel che Hamas ripete, ne dovrebbe trarre conclusioni scomode.
Dovrebbe impegnarsi a difendere Israele, ma è una fatica che non intende affrontare.
Dovrebbe dire qualche parola di sostegno per Abu Mazen, insieme con gli americani, ed è fatica che non può tollerare.
E’ più comodo ripetere la litania che “non si vede perché Hamas non possa riconoscere Israele”, rafforzando il movimento islamista, salvo poi caldeggiare un governo tecnico che ha senso soltanto se Hamas è indebolito.
Nelle sue infinite capriole, Solana non ci risparmia neppure analisi teologiche: “Non posso credere che un reale imperativo religioso possa spingere i suoi fedeli a distruggere un altro paese; sarebbe un abuso della religione”.
Sono 86 anni che quest’abuso della religione segna il rifiuto islamico di Israele, che l’islam fondamentalista nega agli ebrei il diritto al loro stato e tenta di distruggerlo “nel nome di Allah”.
Ma ancora Solana si concede il lusso di non ammetterlo.
C’è del metodo in questa ignavia. L’inutile prolungamento della trattativa europea ha permesso all’Iran negazionista di farsi nuovi alleati e di aprire una seconda serie di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.
Ora, alla vigilia di una scelta drammatica che Abu Mazen non può più procrastinare, invece di schierare l’Europa al suo fianco, Solana, con ipocrisia intrisa di buoni sentimenti, replica il disimpegno dell’Europa.
Hamas ringrazia.

Ferrara su il Foglio

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