ri-incollo anche qui un articolo che trovo illuminante:
LA RIVOLTA DEI POPOLI GIOVANI
Gabriele D’Annunzio e la “Lega dei Popoli Oppressi”
di Adriano Scianca
Chissà se nel 1919, scrivendo Das Recht der jungen Völker, Il diritto dei popoli giovani, Moeller Van Den Bruck sia stato ispirato anche dalle notizie che negli stessi anni giungevano da Fiume. Anche lì, nell’ultima polis greca (o, a seconda della prospettiva, nel primo avamposto del nuovo mito) c’era chi parlava di popoli in rivolta contro l’ordine dell’usura e del capitale uscito vincitore dalla prima guerra mondiale. Popoli giovani contro popoli vecchi, appunto. Per l’autore tedesco, la vecchiaia di un popolo è l’esaurimento della spinta creativa, l’esser sazi e appagati del proprio ruolo storico:“Segno di vecchiaia […] è il mortifero rifugiarsi nelle glorie di un tempo che fu”; giovinezza, al contrario, è il dimorare presso l’origine in modo sempre dinamico, costruttivo, originale. Ma, di fatto, “in sé, nessun popolo è giovane o vecchio”; piuttosto, “essere giovani è una decisione”. Giovane è chi prende in mano il proprio destino. Nulla di diverso da ciò che avveniva a Fiume, dove l’Italia nuova, l’Italia giovane reclamava il suo posto nella storia. Anche se ciò voleva dire farla finita con un’altra Italia, l’italietta servile, accomodante, vile e parolaia. Questa Italia decadente e senescente, del resto, non era altro che l’Italia “occidentale”, l’Italia che, tradendo se stessa, si imbellettava per essere ammessa nei salotti buoni della plutocrazia plasmandosi ad immagine e somiglianza della “terra del tramonto” contro cui D’Annunzio si scaglia con accenti quanto mai attuali: “Liberiamoci dall’occidente che non ci ama e non ci vuole. Volgiamo le spalle all’occidente che ogni giorno più si isterilisce e s’infetta e si disonora in ostinate ingiustizie e in ostinate servitù. Separiamoci dall’occidente degenere che, dimentico d’aver contenuto nel suo nome ‘lo splendore dello spirito senza tramonto’, è divenuto un’immensa banca giudea in sevizio della spietata plutocrazia transatlantica”. Da qui l’idea di una “Lega dei Popoli oppressi” - una sorta di Società delle Nazioni alternativa - che avrebbe dovuto guidare e coordinare la battaglia dei “popoli giovani” contro gli usurai globali. Anche in questo caso, del resto, le parole di fuoco del Vate non lasciavano spazio a dubbi di sorta: “E gli inermi saranno armati. E la forza sarà opposta alla forza. E la nuova crociata di tutte le nazioni povere o impoverite, la nuova crociata di tutti gli uomini poveri e liberi, contro le nazioni usurpatrici e accumulatrici di ogni ricchezza, contro le razze da preda e contro la casta degli usurai che sfruttarono ieri la guerra per sfruttare oggi la pace, la crociata novissima ristabilirà quella giustizia vera da un maniaco gelido crocefissa con quattordici chiodi spuntati e con un martello preso in prestito al cancelliere tedesco del ‘pezzo di carta’…Fiumani […] la vostra causa è la più grande e la più bella che sia oggi opposta alla demenza e alla viltà [del vecchio] mondo. Essa si inarca dall’Irlanda all’Egitto, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Romania all’India. Essa raccoglie le stirpi bianche e le stirpi di colore”. E altrove: “L’orizzonte della spiritualità di Fiume è vasto come la terra… abbraccia tutte le stirpi oppresse, tutte le credenze contrastate, tutte le aspirazioni soffocate, tutti i sacrifizii delusi. È l’orizzonte dell’anima libera e vindice. Come il vessillo rosso dei ribelli del Nilo porta la Mezzaluna e la Croce, esso comprende tutte le rivolte e tutti i riscatti della Cristianità e dell’Islam”. Del resto in quegli anni l’idea dell’Italia “nazione proletaria” - e quindi naturalmente portata a solidarizzare con tutti i popoli schiacciati dal giogo del colonialismo occidentale - era piuttosto diffusa in tutte le forze politiche: se il PSI riceveva delegazioni degli indù il lotta contro gli inglesi, L’Idea Nazionale, giornale dei nazionalisti, intervistava esponenti del nazionalismo egiziano. Ma anche i Fasci di combattimento, sul loro quotidiano, si dichiaravano già solidali con le rivendicazioni del nazionalismo arabo. Il 28 aprile 1919 su Il Popolo d’Italia si leggeva: “L’Inghilterra schiaccia a cannonate i tentativi di liberazione dei popoli soggetti al suo dominio e si ricorda del wilsonismo soltanto quando sono in gioco non gli interessi, ma i diritti dell’Italia… Noi rispondiamo: viva Malta! Viva l’Irlanda! L’Egitto agli egiziani!”. E Mussolini stesso: “L’Italia, anche per la sua posizione geografica […], potrebbe domani assolvere il compito di far saltare l’impero inglese asiatico-africano, tanto più che i fenomeni indigeni non mancano e la cronaca di questi giorni n’è piena… L’Irlanda è lontana, ma l’Egitto è a poche ore di navigazione. Vogliamo sperare che l’Italia vedrà totalmente consacrato il suo diritto. Caso contrario, la nostra politica di domani non potrà che essere orientata a stabilire un po’ di giustizia fra noi proletari e la più grassa e borghese nazione del mondo” (su tutto ciò ed anche sulle notizie riportate in seguito vedi Stefano Fabei, Il fascio, la svastica e la mezzaluna, Mursia, Milano 2002). Fu in tale contesto che nacque l’idea della “Lega dei Popoli Oppressi”, con la quale Fiume dannunziana si schierava a fianco delle “insurrezioni dello spirito” contro i “divoratori di carne umana”. Il 13 gennaio del 1920, Giovanni Giurati, capo Gabinetto di D’Annunzio, incontrava a Parigi Sa’âd Zaghlûl, esponente del nazionalismo egiziano. Il dirigente arabo si dimostrava, però, prudente e generico, seppur caloroso nel dimostrare affetto per il poeta e la sua avventura. Non mancavano, nel frattempo, appelli allo Sinn Fein irlandese e contatti con la stessa Unione Sovietica. Il 28 aprile 1920, veniva annunciata l’adesione alla lega di delegazioni egiziane, irlandesi, di paesi islamici e balcanici. Tuttavia, la mancanza di fondi ed un’incomprensione generale del pericolo americano (che invece a Fiume era posto con lungimiranza accanto a quello inglese) frenavano ogni iniziativa concreta del nuovo organismo. Il quale, curiosamente, proseguì la sua attività ancora per qualche anno per iniziativa autonoma di esponenti arabi contattati da Léon Kochnitzky, il poeta belga posto da D’Annunzio a capo della lega, tanto da organizzare un congresso a Genova tra il 10 e il 18 maggio 1922. Qualche anno dopo – quando la politica del neonato regime fascista si farà più prudente, almeno temporaneamente – saranno i fratelli Strasser, nell’ala sinistra dello NSDAP, a riprendere l’idea. E sempre nello stesso ambiente, anche uno Johann von Leers, ormai dopo la presa al potere di Hitler, esprimerà idee simili. Al ripiego reazionario di uno Spengler, agitatore dello spettro dei “popoli di colore” in armi contro la “razza bianca”, von Leers – esprimendo il punto di vista nazionalsocialista – risponderà che “ogni rafforzamento del Giappone, ogni rafforzamento della Cina, in genere ogni formarsi di una nuova potenza nel mondo extraeuropeo equivale all’indebolirsi delle grandi potenze dell’Europa occidentale, che hanno combattuto la Germania nella guerra mondiale (…). Per il fantasma degli ‘interessi comuni della razza bianca’ dobbiamo conservare e appoggiare ancora queste potenze nella loro egemonia mondiale? Dobbiamo noi, ‘in nome della razza bianca’, salvaguardare il dominio coloniale francese, grazie al quale la Francia trascina le sue truppe negre per il mantenimento di un predominio contro la Germania? (…) La ‘comunità della razza bianca’, l’’impero dei popoli bianchi’ preconizzato da Spengler non è niente altro che una reviviscenza del vecchio cosmopolitismo liberale, della borghesia mondiale dell’epoca liberale sotto le insegne della razza. Ciò non ha proprio nulla a che fare coi veri interessi del popolo tedesco” (citato in Il Gotteskampf di Johann von Leers, prefazione di Claudio Mutti a Johann von Leers, l’Inghilterra, avversario del continente europeo, Quaderni di Geopolitica, Edizioni all’insegna del Veltro). Come è andata a finire lo sappiamo: la tensione tra l’usura ed i popoli liberi è a lungo rimasta latente per poi scoppiare in un tremendissimo conflitto aperto. Ai tempi si parlò di guerra del sangue contro l’oro. E quest’ultimo, disgraziatamente ha avuto la meglio. È significativo che all’epoca molte avanguardie religiose – sicuramente induiste, musulmane e buddiste ma non, come è ovvio, ebraiche, protestanti e, seppur con significative eccezioni, cattoliche – si siano apertamente schierate dalla parte dell’Asse e contro i “divoratori di carne umana”. Anche questo vorrà pur dir qualcosa.
Adriano Scianca
questo è il vero fascismo, antitesi sia del razzismo biologico più reazionario che del terzomondismo sinistroide