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    Predefinito Rif: Manifesto dei federalisti europei

    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 20)

    3 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    LA STRATEGIA DELL’AZIONE FEDERALISTA



    Gli avversari, aperti o velati, dell’unità federale europea, i difensori, sinceri o ipocriti della sovranità nazionali sanno che il giorno in cui sarà data la parola al popolo europeo, il moto verso la federazione diventerà irrefrenabile. Essi perciò resistono accanitamente a questa richiesta e cederanno solo il giorno in cui saranno sotto il doppio fuoco di una possente azione del Congresso del popolo europeo e di un evidente e grave stato di fallimento del vecchio regime.



    Né il Congresso del popolo europeo, né i suoi animatori – i federalisti – devono farsi la minima illusione sulla facilità con cui questa battaglia potrà essere vinta.



    Il processo di degenerazione del vecchio regime europeo delle sovranità nazionali è ormai continuo ed irreversibile. Ogni giorno che passa infligge ora a questo ora a quel paese una nuova umiliazione diplomatica, mette in pericolo e distrugge l’indipendenza ora questa ora quella economia nazionale, paralizza il progresso sociale di questa o quella nazione, suscita questa o quella rivolta coloniale. I singoli governi nazionali non possono più capovolgere questo corso della storia, ma escogitano ogni giorno nuove misure per trovare nuovi effimeri equilibri e per nascondere a sé e ai loro popoli la malattia mortale che li mina. Ma la contraddizione tra le dimensioni, divenute europee, dei problemi di fronte ai quali la storia ha posto l’Europa tutt’intera, e le dimensioni, rimaste nazionali dei governi che devono affrontarli, continua a serpeggiare, si approfondisce e periodicamente esplode come crisi non più di questo o quello stato ma dell’intero regime degli stati nazionali.



    Solo in questi momenti di crisi acuta generale del regime europeo attuale le forze ed i gruppi della conservazione nazionale diventano improvvisamente consapevoli della loro impotenza, incapaci di pensare, di agire, di far prevalere il loro punto di vista; i governanti cercano smarriti una politica di ricambio, che non trovano più sul piano nazionale perché non esiste. Sono questi i momenti più gravi e decisivi in cui il Congresso del popolo europeo, guidato dai federalisti, deve intervenire con tutte le sue forze e con tutta la sua volontà di contestare le pretese degli stati nazionali, per ottenere da questi la prima abdicazione della propria sovranità ed il primo riconoscimento della sovranità del popolo europeo: il suo diritto ad eleggere l’Assemblea Costituente Europea, ed a ratificare con plebiscito la costituzione federale.



    Se il Congresso del popolo europeo non sarà sufficientemente forte e risoluto, se si lascerà sedurre dalle promesse dei governi e delle forze politiche nazionali, questi prometteranno di costruire essi stessi l’unità europea, convocheranno a tale scopo conferenze diplomatiche, prepareranno trattati, li presenteranno ai parlamenti nazionali per la ratifica. La battaglia sarà allora necessariamente perduta. Unico fine di questa procedura è infatti di sottrarre alle forze europee il controllo della costruzione europea per metterlo nelle mani dei suoi avversari naturali. Finché la situazione resta drammatica, diplomazie, governi e parlamenti nazionali lasciano credere di sapere e di volere mantenere quel che hanno promesso. Ma non appena il momento critico è passato, rivelano i loro veri intenti: diplomatici ed esperti nazionali si rifiutano di redigere progetti contrari al loro modo consueto di trattare gli affari internazionali; i governi non riescono a mettersi d’accordo; i parlamenti non trovano più maggioranze per amputarsi di una parte importante delle loro prerogative. Come tutte le crisi acute anche quelle del vecchio regime delle sovranità nazionali sono, per loro natura, transitorie. Dopo un breve periodo di tensione, in cui è possibile uscire dal circolo vizioso delle sovranità nazionali, un qualche nuovo equilibrio sociale, economico, diplomatico, militare tende a ricostituirsi entro i vecchi quadri nazionali. Diplomatici, stati maggiori, grandi monopoli e corporazioni, nazionalisti di qualsiasi tinta, riordinano le loro forze intorno allo stato nazionale e ne riprendono il pieno controllo. La crisi del regime europeo non si svolge secondo una linea retta, ma lungo una spirale che, pur degradando sempre più in basso, ritorna tuttavia sempre su se stessa. A periodi di angoscia, di umiliazione, di disordine e di disperazione, fanno seguito periodi effimeri di distensione, di tranquillità, di affari prosperi, di lievi progressi sociali.



    La lotta per il popolo europeo non è neanch’essa una serie lineare e progressiva di piccole vittorie parziali. Seguendo il ciclo delle crisi del regime delle sovranità nazionali essa attraversa periodi in cui va contro corrente perché va contro tutte le apparenze del momento. Essa allora non può realizzare, ma solo estendersi, consolidarsi, levare ogni giorno più alta la voce della sua opposizione. Giunge infine il momento critico in cui la sua forza costruttiva, coincidendo con il disordine crescente del vecchio regime europeo, rende possibile la prima e decisiva capitolazione degli stati nazionali. Se questa non ha luogo, la sconfitta è inevitabile, ed i federalisti non hanno altra scelta che ricominciare da capo, con l’ostinazione che viene dalla certezza che non c’è altra via per l’avvenire dell’Europa fuorché quella della federazione.



    20) Segue.
    Non credo nelle ideologie chiuse, da scartare e usare come un pacco che si ritira nell'ufficio postale (Marco Pannella)

  2. #22
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    Predefinito Rif: Manifesto dei federalisti europei

    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 21)

    5 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    LE CORRENTI POLITICHE FONDAMENTALI DELL’EUROPA FEDERATA



    I partiti della vita politica europea non coincideranno con nessuno dei partiti esistenti oggi nel quadro nazionale dei diversi paesi, ed anzi ne sconvolgeranno profondamente le strutture e le sistemazioni ideologiche. Non essendo possibile prevedere tutte le reciproche influenze fra la politica federale e le politiche nazionali, sarebbe vano voler determinare se e quali rivestimenti ideologici tradizionali saranno assunti dai nuovi partiti europei, quali nomi e forme organizzative questi si daranno, quali rapporti di simbiosi, di ostilità, di neutralità svilupperanno con questo o quel partito nazionale, con questa o quella frazione di partito nazionale.



    Tuttavia, se si tengono presenti i problemi fondamentali che la Federazione europea dovrà affrontare al suo nascere, è possibile intravedere in qual senso si modificheranno le grandi divisioni della vita politica odierna dei paesi liberi europei. Questa è caratterizzata oggi essenzialmente da tre linee di divisione che si intersecano e combinano variamente fra loro; ma che sono presenti quasi dovunque. Esse sono la linea che divide i democratici dai totalitari, quella che divide i partiti di ispirazione cristiana da quelli di ispirazione laica e quella che divide la destra dalla sinistra.



    La divisione tra democratici e totalitari è una conseguenza diretta della crisi delle democrazie nazionali. Nella misura in cui queste mostrano di essere incapaci di affrontare con successo problemi di importanza vitale, una parte più o meno grande dei cittadini perde ogni rispetto per i metodi stessi della democrazia e si lascia sedurre da sogni di tirannidi benefiche a cui rimettere la propria libertà, affinché esse si impadroniscano dello stato e provvedano al bene comune. La federazione farà perdere ogni peso politico alle correnti politiche totalitarie. Essa metterà infatti fine alla contraddizione fra i problemi politici e gli strumenti istituzionali con cui oggi essi sono affrontati, e sarà organicamente capace di amministrare gli affari comuni degli europei e che è uno dei principali fattori di tirannide; la federazione si fonderà e costruirà sul principio della distribuzione dei poteri sovrani fra più corpi politici, dotati ciascuno di poteri limitati, assicurando così una assai solida base alle libertà dei cittadini.



    La divisione fra partiti di ispirazione cristiana e partiti di ispirazione laica, esistente in tutti i paesi nei quali la chiesa cattolica è fortemente presente nella vita politica è dovuta soprattutto alle divergenti idee che i cattolici e laici hanno circa i rapporti fra stato e chiesa. Questi contrasti non riguardano più, nei sistemi politici democratici, il problema del predominio della chiesa sullo stato o di questo su quella, ma essenzialmente la legislazione concernente l’educazione pubblica, il diritto matrimoniale, il regime della proprietà ecclesiastica. Poiché tutto l’insieme di questi problemi resterà di competenza esclusiva degli stati nazionali federati, la lotta fra partiti di ispirazione cristiana e partiti di ispirazione laica resterà anch’essa necessariamente confinata nel quadro nazionale. La politica federale sarà tenuta ad ignorarla, rendendo perciò privo di consistenza qualsiasi tentativo di riprodurre sul piano europeo questo criterio di distinzione.



    21) Segue.
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  3. #23
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    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 22)

    8 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    La divisione fra destra e sinistra corrisponde all’antagonismo fra partigiani di una politica più favorevole alle classi benestanti e quelli di una politica più favorevole alle classi povere. Poiché le classi economicamente forti sono più spesso avvantaggiate da scarsi interventi economici dei poteri pubblici, nelle destre prevalgono le tendenze ad una politica economica liberale. Essendo invece le classi economicamente deboli più spesso avvantaggiate da profondi e frequenti interventi economici dei poteri pubblici, nelle sinistre prevalgono le tendenze ad una politica economica socialista. Ma accade non di rado il contrario, con grande imbarazzo dei custodi delle ideologie, ma in modo conforme alle esigenze di fondo delle due tendenze. Poiché comunità totalmente egualitarie dal punto di vista economico non esistono, queste due tendenze e le innumerevoli posizioni intermedie che le sfumano e cercano di farle convivere, esistono sempre e non mancheranno neanche nella vita politica europea. Ma esse si inseriranno nelle due correnti fondamentali della politica federale, essendo presenti in entrambe.



    Quali che saranno infatti le apparenze, la divisione reale e profonda della politica europea durante tutto il lungo periodo della costruzione della società federale che farà seguito alla nascita delle istituzioni federali, sarà quella fra la corrente del progresso federale e la corrente della conservazione nazionale. Le loro lotte, le loro vittorie e sconfitte, i loro compromessi riempiranno di sé la vita della nuova democrazia europea. Ma questa competizione non si svolgerà nel quadro delle istituzioni nazionali, bensì in quello delle istituzioni federali, le quali, essendo fatte per dare espressione alla volontà di unione degli europei, imprimeranno alla vita politica della federazione un orientamento opposto a quello che era prima dato dal regime delle sovranità nazionali.



    I partigiani della conservazione nazionale sono oggi trincerati entro i loro stati, ma il giorno in cui esisteranno governo, parlamento ed elezioni europee, saranno costretti ad uscire dal loro isolamento ed a cercare i loro simili in tutta Europa. Fondandosi su interessi, abitudini, sentimenti particolaristici dei vari paesi, questo partito si batterà passo passo, accanitamente, presentandosi con facce ora di sinistra, ora di destra, ora liberaleggianti, ora socialisteggianti, ora laiche, ora confessionali, ora misurate ora demagogiche, per contestare o frenare l’azione rinnovatrice delle istituzioni federali. Ma sarà già una vittoria della federazione il fatto che le forze della conservazione dovranno uscire dai loro gusci nazionali e cercare una loro linea di condotta europea. Esse resteranno forze schiettamente reazionarie e desiderose persino di far naufragare l’unità europea, finché questa sarà ancora fragile ed incerta. Man mano che il nuovo ordine europeo si consoliderà questo partito diventerà un elemento normale di conservazione del sistema federale, poiché sarà il naturale rappresentante e difensore di quel che di legittimo conserveranno i particolarismi nazionali dei singoli stati federati.



    Sarà compito dei federalisti, dopo aver combattuto e vinto la battaglia per la Costituzione europea, diventare il partito del progresso federale. Le istituzioni europee avranno, per il solo fatto di esistere, la naturale tendenza a consolidarsi, staccando interessi e simpatie dai vecchi legami nazionali e cristallizzandole intorno a se in nuovi equilibri e con nuove prospettive. Questo appello unificatore del potere politico europeo susciterà l’eco favorevole e sempre più vasta di gruppi sociali e di persone, che fino ad allora avranno subito come dati sgradevoli ma non modificabili i limiti imposti dagli stati nazionali e che ora cominceranno a scorgere nel governo europeo la forza capace di spezzarli. Compito del partito federalista sarà di organizzare queste simpatie ed interessi, far sorgere la nuova classe dirigente europea, tradurre il risveglio progressivo del popolo europeo in affermazioni elettorali, in attività legislativa, in effettiva operatività del governo europeo.



    Nell’interno di ciascuna di queste due correnti vi saranno tendenze di sinistra e di destra, poiché nel campo della conservazione nazionale ci sarà chi difenderà privilegi acquisiti di classi ricche e chi di classi povere, ed in quello del progresso sociale ci sarà chi aspirerà a migliorare le condizioni delle classi ricche e chi quelle delle classi povere. E’ anche da prevedere ragionevolmente che nella corrente federalista saranno prevalenti le correnti di sinistra, poiché per sua natura la federazione sarà contraria ai privilegi nazionali ed i federalisti faranno perciò appello con vigore ai ceti più diseredati; ma accanto ad essi non mancheranno gruppi capitalistici fortemente interessati alla distruzione delle feudalità economiche, e l’alleanza di queste tendenze nel partito federalista sarà del tutto naturale, perché corrisponderà alla logica stessa della politica di unificazione e di costruzione della società europea.



    Le linee generali di questa politica possono essere formulate fin da oggi, perché sono implicite nelle istituzioni stesse della federazione.



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  4. #24
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    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 23)

    9 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    LA POLITICA ECONOMICA E SOCIALE DELLA FEDERAZIONE



    Per evitare che le forze economiche, restando sotto il controllo degli stati nazionali, schiaccino sotto il loro peso l’unità politica dell’Europa, e continuino d’altra parte a restare disordinate e deboli, la Federazione tenderà anzitutto incessantemente a spezzare il feudalismo economico che si è sviluppato all’ombra degli stati nazionali ed a creare un’economia europea. Ciò significa praticamente:



    istituire un mercato comune fondato su una moneta unica e sulla libera circolazione degli uomini, delle merci, dei capitali, dei servizi, in modo da aprire la strada ad una razionale divisione del lavoro ed assicurare il più largo sviluppo di tutte le forze produttive;



    intervenire con un fondo europeo per facilitare la riconversione delle industrie ed il riadattamento dei lavoratori, in modo che tutta la comunità,e non solo alcuni settori della produzione, sopportino il costo del passaggio dalle economie nazionali all’economia europea;



    fare una politica di investimenti diretta a facilitare l’introduzione dei più moderni metodi produttivi, a promuovere il pieno impiego, a tener testa alle eventuali fasi di depressione;



    sopprimere e controllare tutte le strutture monopolistiche e corporative, in modo da mettere l’economia europea al servizio di tutti i consumatori e non dei gruppi privilegiati che oggi dominano in tutte le economie nazionali.



    Questo complesso di misure di distruzione dei nazionalismi economici incontrerà senza dubbio assai forti resistenze iniziali. Ma queste resistenze, insormontabili finché esistono solo strutture politiche nazionali, potranno tutt’al più esercitare un’azione ritardatrice sul governo federale, perché sarà assai arduo organizzare un fronte comune europeo di forze che sono in realtà rivolte le une contro le altre.



    Man mano che la politica di unificazione economica si svilupperà, e che i suoi effetti benefici si manifesteranno sotto forma di un’accrescimento senza precedenti delle forze produttive, di elevazione del livello di vita medio e di scomparsa progressiva degli attuali molteplici privilegi monopolistici, il governo federale diventerà il massimo regolatore della vita economica europea, e consoliderà, insieme, la propria autorità e quella della democrazia europea.



    Il mercato comune europeo potrà essere realizzato solo se sarà inquadrato in un sistema di giustizia e di sicurezza sociale. Già di per sé la democrazia moderna non permette infatti più di ignorare le esigenze delle classi lavoratrici; ma il governo federale sarà inoltre profondamente interessato a sostenere queste esigenze, poiché sarà questa la strada maestra lungo la quale si svilupperà la coscienza europea delle classi lavoratrici, cioè della grande maggioranza del popolo europeo. La politica sociale della federazione consisterà essenzialmente:



    nello stabilire una legislazione europea di sicurezza sociale la quale, integrando quelle nazionali, darà a tutti i lavoratori un insieme di garanzie corrispondenti ad una economia incomparabilmente più ricca e più possente di quelle attuali;



    nel chiamare i lavoratori a partecipare con responsabilità accresciute alla costruzione delle strutture economiche europee, in modo che, a differenza di quanto è accaduto nei vecchi sistemi economici nazionali, essi abbiano fin dall’inizio della consapevolezza di costruire un sistema di benessere per sé e per il propri figli e siano perciò interessati a sviluppare e conservarlo;



    nel promuovere una politica federale di assistenza alle zone sottosviluppate in modo da attenuare e far scomparire le forti disuguaglianze di sviluppo economico e sociale provocate dalle divisioni nazionali.



    23) Segue.
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  5. #25
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    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 24)

    10 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    LA POLITICA MILITARE DELLA FEDERAZIONE



    Finché l’umanità non sarà matura per unirsi tutta in un unico sistema federale, gli Stati Uniti d’Europa non potranno sottrarsi al dovere di provvedere alla propria difesa. A differenza degli stati nazionali attuali, essi disporranno tuttavia della potenza demografica ed economica necessaria per assolvere questo compito e per togliere a chiunque la tentazione di aggressione. Il governo federale dovrà provvedere a sciogliere le forze armate nazionali, sostituendole con forze armate europee, reclutate, armate, pagate dalla federazione, e che siano a disposizione esclusiva di essa. Soldati ed ufficiali saranno educati nello spirito di solidarietà e di comunità di destino di tutto quanto il popolo europeo. La scomparsa di ogni possibilità di conflitto armato fra le nazioni federate permetterà un’organizzazione militare completamente unificata e perciò più efficiente e meno costosa delle attuali forze armate nazionali. Ad una accresciuta sicurezza, alla possibilità di disporre delle più moderne armi corrisponderà una diminuzione della parte delle risorse umane e materiali che vengono sottratte agli usi civili e dedicate a scopi militari.



    Benché forte, l’Europa federata non presenterà tuttavia nessuno di quei tratti aggressivi che gli stati nazionali hanno avuti e conservano persino nella loro attuale debolezza. Il carattere composito delle istituzioni politiche europee, la divisione dei poteri sovrani fra federazione e stati, la doppia anima di cittadino della federazione e di cittadino del proprio stato che albergherà nel cuore di tutti gli europei, sono garanzie del carattere pacifico della federazione europea, che vanno assai al di là delle intenzioni e dei programmi di qualsiasi governo europeo. Questo disporrà dei poteri necessari per affrontare un’aggressione, ma sarà organicamente incapace di fare una lunga e dura politica di fusione di tutti gli spiriti, di tutti i sentimenti, di tutti gli interessi: non potrà stabilire quella feroce disciplina, né coltivare quel cupo nazionalismo, che sono gli ingredienti necessari per la preparazione di una politica di aggressione. La politica europea sarà una politica capace di farsi rispettare, ma necessariamente orientata in senso pacifico.



    LA POLITICA ESTERA FEDERALE.

    1. LA POLITICA DEL COMMERCIO ESTERO



    Un’economia come quella europea, fortemente industrializzata, situata su un continente in cui mancano molte materie prime essenziali, destinata a soddisfare i bisogni di una popolazione assai densa, dipenderà sempre in misura assai elevata da un ampio flusso di importazioni dall’estero. A sua volta il resto del mondo non può fare a meno, senza subire gravi danni, delle esportazioni di merci, capitali e servizi europei.



    Assumendo il potere di fare trattati di commercio, la Federazione europea non erediterà dagli stati nazionali attuali né la loro paura di diventare appendici economiche di potenze troppo più grandi di loro, né la loro tendenza a circondarsi di alte barriere protettive. Diventando una delle grandi potenze mondiali, la federazione sarà capace di far rispettare il suo commercio internazionale, e non esiterà perciò a promuoverne lo sviluppo accrescendo il benessere del popolo europeo e del resto dell’umanità.



    Gli scambi si intensificheranno anzitutto, come è normale, con gli altri paesi economicamente più avanzati, e l’Europa, disponendo di un vasto e ricco mercato interno potrà di nuovo gareggiare con sicurezza nello sviluppo delle più moderne e complesse forme di produzione. L’economia europea ridiventerà anche rapidamente un grande centro finanziario capace di quella forte esportazione di capitali che è necessaria soprattutto per permettere ai paesi più poveri di sviluppare in pieno le loro possibilità e di raggiungere il livello dei paesi più progrediti.



    La degenerazione nazionalista degli stati europei è stata la causa principale del crollo del mercato mondiale che pure era stato una creatura europea, e della rovinosa divisione dell’umanità in compartimenti stagni. La rinascita economica della Federazione europea sarà un contributo decisivo alla ricostruzione, su un livello assai più elevato, di una complessa e ricca economia mondiale.



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  6. #26
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    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 25)

    11 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    2. L’UNIFICAZIONE DI TUTTA L’EUROPA.



    Non è verosimile che la Federazione europea raggruppi nel suo seno fin dall’inizio tutti i paesi d’Europa. Una parte di questi si trova sotto il giogo delle tirannidi comuniste; un’altra sotto quello di residui tirannici di tipo fascista. Alcuni paesi si sono chiusi o sono stati costretti a chiudersi in una politica di neutralità. Altri hanno ed avranno ancora l’illusione di poter conservare utilmente la loro sovranità. Oggi non è in alcun modo possibile prevedere quali saranno le prime nazioni che daranno vita alla Federazione, e la lotta per la sua creazione deve perciò essere condotta con lo stesso impegno da ogni parte d’Europa, dove i consensi sono larghi e dove sono scarsi, alla luce del sole nei paesi liberi, nelle tenebre dell’illegalità nei paesi asserviti. Bisogna tuttavia ragionevolmente prevedere che la prima abdicazione delle illimitate sovranità nazionali e la fondazione del primo nucleo di Federazione sarà opera solo di una parte delle nazioni d’Europa. Primo obiettivo della politica estera degli Stati Uniti d’Europa sarà perciò l’estensione del patto di unità federale a tutti gli Europei. Anche se parziale, la Federazione sarà idealmente espressione di tutto quanto il popolo europeo, perché resterà sempre aperta all’adesione di tutte le altre nazioni.



    Poiché l’adesione alla Federazione non può essere che frutto di un atto di consenso popolare, questo obiettivo non potrà essere realizzato con la violenza. Mettendo fine al vuoto politico oggi esistente in Europa, e dando vita ad una comunità di nazioni fondata sulla libertà, sul progresso sociale e sulla forza, gli Stati Uniti d’Europa significheranno la nascita di un possente centro di irradiazione e di attrazione per tutti i paesi rimasti inizialmente al di fuori. Quelli che avranno esitato, e quelli che saranno rimasti chiusi nella loro anacronistica o imposta neutralità, scorgeranno di giorno in giorno più chiaramente che la loro sicurezza ed il loro sviluppo economico e sociale saranno molto meglio realizzati nel seno della Federazione. Nei paesi ancora privi di libertà la lotta per la democrazia prenderà un nuovo slancio. Con l’esempio, con una tenace attività diplomatica, facendo sentire il loro peso nel concerto delle grandi potenze mondiali ed escogitando , se necessario, formule di associazione progressive intorno al primo nucleo federale, gli Stati Uniti d’Europa diventeranno progressivamente la comunità politica del popolo europeo tutto interno.



    Una delle più gravi cause di malessere nell’Europa attuale è la divisione della Germania. Finché i tedeschi saranno privati del diritto di tutti gli altri popoli hanno di costituirsi in unità nazionale, un focolaio di inquietudini e di pericoli continuerà ad ardere nel centro stesso dell’Europa. D’altra parte finché l’unità tedesca dovrà essere concepita come ricostituzione di uno stato sovrano tedesco posto nel cuore di un’Europa divisa in stati sovrani, finché la questione eternamente aperta delle frontiere dello stato tedesco continuerà ad essere conseguenza dei rapporti di forza fra Germania e paesi vicini, forze immense, aperte o latenti, si opporranno a quest’unità, memori di quel che è stata nel passato una Germania pienamente sovrana. Se dovessero consentirvi, la febbre nazionalista con le sue paure e le sue follie avrebbe un brusco aumento sia in Germania che in tutti gli altri paesi d’Europa. L’unità tedesca nel seno di una federazione che disponesse essa del potere di fare la politica estera, militare ed economica, e che dovrebbe, nel farla, tener conto non di impulsi nazionalistici particolari, ma della volontà di tutto il popolo europeo, è l’unica soluzione conforme nello stesso tempo agli interessi profondi dei tedeschi, di tutti gli europei e dei popoli non europei. Realizzare nel proprio seno l’unità tedesca sarà necessariamente uno dei primissimi obiettivi della politica estera della Federazione, sia per l’urgenza del problema, sia perché, una volta spezzato il cerchio infernale delle paure e dei rancori nazionalisti in cui la sorte del popolo tedesco è stata finora chiusa, tutto l’ulteriore processo di unificazione delle nazioni d’Europa sarà facilitato.



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  7. #27
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    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 26)

    12 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    3. EUROPA E AMERICA



    Quando i popoli liberi d’Europa si saranno uniti in una comunità federale, l’attuale equilibrio di potenze nel mondo si modificherà radicalmente. Gli Stati Uniti d’Europa con il loro potenziale demografico, economico e di civiltà non potranno infatti chiudersi in un oscuro isolamento, ma diventeranno automaticamente una delle grandi potenze mondiali, accanto agli Stati Uniti d’America ed all’Unione Sovietica.



    Il popolo europeo resterà amico del popolo americano che è figlio dell’Europa, che ha salvato l’Europa dalla servitù e che con metodi e costumi propri coltiva e sviluppa gli stessi ideali di civiltà. Ma non sarà, come sono invece oggi gli stati nazionali d’Europa, un protettorato militare, politico ed economico dell’America. Indipendente e capace di avere una propria politica, la Federazione europea contribuirà a rafforzare in America le correnti autenticamente democratiche, ed internazionalistiche contro quelle malsane, in cui vecchio isolazionismo e nuovo imperialismo si combinano, e che oggi emergono proprio come conseguenza dello stato di solitudine politica in cui l’Europa, con il suo fallimento, ha lasciato l’America. Stati Uniti d’Europa e Stati Uniti d’America, potranno così affrontare con maggiori probabilità di successo la gravissima sfida che la storia umana ha oggi lanciato ai popoli che per primi hanno raggiunto un elevato grado di benessere materiale e che su questa base hanno potuto costruire il superbo ma delicato edifizio delle libertà umane.



    EUROPA E URSS



    Verso l’Unione Sovietica la Federazione europea non potrà avere, come verso l’America, un atteggiamento di fondamentale amicizia, poiché mediante il sistema delle dittature comuniste l’URSS tiene soggiogata tutta la parte orientale dell’Europa. Le forme si coesistenza che la Federazione ricercherà con l’Unione Sovietica saranno tutte tese a fa retrocedere progressivamente il sistema totalitario comunista.



    Le dittature comuniste dell’Europa orientale sono regimi impopolarissimi, imposti dalla potenza sovietica, e che entrano in crisi appena questa dà qualche cenno di indebolimento. Con la sua sola presenza la Federazione faciliterà il loro crollo e la rinascita delle libertà alla prima congiuntura favorevole. Accogliendo nel proprio seno queste nazioni liberate, la Federazione le assisterà nella ricostruzione delle regole della vita democratica, aprirà loro prospettive di uno sviluppo economico rapido ma non più fondato sulla violenza, porrà sotto la sua giurisdizione tutti i complessi problemi di minoranze nazionali e di delimitazioni di frontiere, che nelle mani di stati sovrani sono stati e continuerebbero ad essere fondi di odi e di rovina per quei paesi.



    Nell’Unione Sovietica il regime comunista non può invece essere superato che da un processo interno di evoluzione politica di quei popoli. Quando l’URSS avrà a Occidente un’Europa che dovrà rispettare perché più forte, e con cui potrà tuttavia vivere in pace perché pacifica, assai difficilmente i governanti sovietici impediranno alle loro classi dirigenti dapprima, ed ai loro popoli in seguito, di riflettere e di fare confronti. Per lenta, complessa e difficile da quella occidentale che sia l’evoluzione dei popoli sovietici verso la libertà, la Federazione europea potrà attenderla con animo tranquillo e paziente.



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    Predefinito Rif: Manifesto dei federalisti europei

    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 27)

    15 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    5. LA LIQUIDAZIONE DEL COLONIALISMO

    Ultimo, ma dal punto di vista della storia mondiale principalissimo capitolo della politica estera europea. Sarà quello che concerne i rapporti del popolo europeo con i popoli che sono stati fino a ieri o che sono ancora sotto il dominio di questo o quello stato d’Europa.

    La civiltà europea, che gli stati colonizzatori non hanno potuto non portare con sé assieme al loro dominio, ha innestato gli ideali democratici europei nella naturale aspirazione all’indipendenza dei popoli soggiogati, ed ha insegnato loro a non accettare più come un dato non modificabile la permanenza nell’ignoranza e nella miseria. Questo doppio insegnamento è stato ascoltato. I popoli d’Asia e d’Africa si rifiutano ormai di vivere come dipendenze coloniali e di restare arretrati economicamente e socialmente.

    Ai popoli africani, che sono ancora rimasti legati politicamente con l’Europa, la Federazione, rompendo con ogni tradizione colonialista del vecchio regime degli stati nazionali, offrirà la possibilità di metter fine al loro periodo coloniale, evitando loro tuttavia i pericoli ed i veleni del nazionalismo. Poiché l’Europa idealmente giunge fin dove giunge la volontà di far fiorire la sua civiltà, anche le popolazioni delle antiche colonie dovranno avere la possibilità di venire a far parte della Federazione europea, possedendo gli stessi diritti e gli stessi doveri di tutte le altre nazioni federate. Gli stati nazionali che oggi posseggono ancora colonie non sono in grado di elaborare una politica di liquidazione del colonialismo. La Federazione sarà profondamente interessata a farlo, poiché solo una tale politica spezzerà i privilegi colonialistici delle attuali metropoli nazionali e terrà tuttavia legati all’Europa i popoli africani. In tal modo le avanguardie politiche ed intellettuali indigene, formate ormai alla cultura europea, e desiderose di assumere la direzione dei loro popoli per farli partecipare al progresso democratico, potranno svolgere la loro opera nelle migliori condizioni politiche che si possano immaginare, poiché godranno insieme dei vantaggi dell’indipendenza nazionale e di quelli della partecipazione ad una più ampia, più solida e più progredita comunità democratica.

    Disponendo dio una possente economica, la Federazione unità inoltre i suoi sforzi a quelli dell’America per fornire ai popoli arretrati dell’Africa e dell’Asia – siano essi ormai paesi sovrani o si preparino a diventare membri della Federazione – quell’ampio flusso di capitali e di aiuti tecnici ed educativi, che è necessario per assisterli nel loro tentativo di darsi strutture politiche e sociali moderne.

    L’ingresso delle sterminate masse di diseredati di tutto il mondo nei templi di tutte le civiltà umane è il più grandioso degli aspetti della storia contemporanea dell’umanità. Esso è però irto di difficoltà immense, e le probabilità di fallimento sono almeno uguali a quelle del successo. Il primo impulso dei popoli nel cui seno si desta l’aspirazione ad una vita veramente umana è, senza eccezione, l’impulso a seguire il metodo democratico tracciato dall’Europa e dall’America. Esso consiste nel realizzare la propria indipendenza nella libertà e nell’elevare progressivamente il livello di vita e di educazione politica delle immense masse, trasformandole in popoli capaci di governarsi da sé, nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. Ma se i popoli economicamente troppo arretrati non possono contare su di una forte corrente di capitali risparmiati dai paesi più ricchi, se possono disporre solo delle proprie risorse, il metodo democratico non può non fallire. La democrazia, non potendo negare completamente alle generazioni viventi ogni pretesa alle gioie della vita, non riesce ad imporre nei paesi troppo poveri il sacrificio di un ancor più assoluta povertà materiale e spirituale, la quale sola permetterebbe di realizzare la necessaria accumulazione di capitali indigeni. Il sistema produttiva resta allora stagnante;la miseria alimenta miseria; lo sforzo di modernizzazione fallisce; alle speranze iniziali fanno seguito disprezzo ed avversione per i gruppi dirigenti che hanno preteso incautamente di impiantare l’esperienza democratica in continenti e presso popoli che in tutta la loro storia non l’avevano mai conosciuta.

    27) Segue.
    Non credo nelle ideologie chiuse, da scartare e usare come un pacco che si ritira nell'ufficio postale (Marco Pannella)

  9. #29
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    Predefinito Rif: Manifesto dei federalisti europei

    MANIFESTO DEI FEDERALISTI EUROPEI 28)

    16 marzo 2010

    di Altiero Spinelli

    Al metodo democratico fa allora seguito quello delle dittature il cui punto d’approdo è il nazionalismo comunista. Esso consiste nel bruciare alcune generazioni, sacrificando completante ogni loro pretesa alla libertà e al benessere, imponendo una spietata restrizione di consumi ed una feroce disciplina spirituale, per concentrarsi completamente nella creazione di sistemi economici moderni,i cui frutti dovrebbero andare solo agli ancora inesistenti nipoti e pronipoti. Il comunismo fa rivivere tradizioni antichissime di dispotismo, e mette questo potere totale ed arbitrario nelle mani di gruppi politici ed intellettuali animati da una volontà durissima di portare i loro popoli al livello di quelli d’America e d’Europa. La rivoluzione russa, ed una trentina di anni più tardi la rivoluzione cinese, sono state le prime grandi esperienze comuniste, che hanno fatto seguito al fallimento delle vie democratiche in entrambi questi paesi. Tutti i popoli asiatici che hanno fatto di recente conquistato la loro indipendenza e tutte le avanguardie dei popoli africani che si stanno battendo per riconquistarla, vorrebbero ben seguire la via della democrazia e non quella del terrore poliziesco, ma guardano affascinati le terribili e grandiose esperienze russa e cinese; la tentazione è forte di abbandonare il difficile cammino democratico, per gettarsi in quell’esasperato nazionalismo dei popoli miserabili che è il comunismo.



    Mettendo fine ai propri nazionalismi e colonialismi l’Europa contribuirà in modo decisivo ad accrescere presso tutti i popoli le probabilità di successo del modo di vivere democratico. La cooperazione tra i popoli diventerà così più intensa e si andrà preparando il terreno alla più lontana, ma pur necessaria unione federale di tutta quanta l’umanità.



    CONCLUSIONE. LE RESPONSABILITA’ EUROPEE



    Se l’Europa non sapesse dare questo contributo benefico all’umanità, se costringesse l’America ad esaurirsi nel lavoro di Sisifo che consiste nell’assistere da una parte i paesi arretrati, e nel sostenere d’altra parte i barcollanti stati europei e le loro residue pretese colonialiste, la conseguenza inevitabile sarebbe il dilagare in tutto il mondo di duri e chiusi nazionalismi di tipo comunista, cui farebbero eco altri nazionalismi di rinnovato tipo fascista.



    I governanti sovietici faranno per parte loro il possibile per promuovere questa decomposizione dell’umanità in comunità nazionali chiuse, perché quanto più profondo è il marasma che regna nel mondo, tanto più facile è per loro mantenere sui propri popoli un dominio totalitario che altrimenti si giustificherebbe di meno in meno.



    Ma la via del nazionalismo continua ad essere quella che è sempre stata: la via degli odi reciproci, delle prepotenze, dei conflitti continui, del pericolo crescente di una nuova conflagrazione mondiale.



    Malgrado la gravità del contrasto esistente oggi fra le due più grandi potenze mondiali, un conflitto generale è stato sinora evitato, perché la scienza ha messo a disposizione dell’uomo armi che, se usate, porterebbero pressoché sicuramente alla distruzione fisica non solo dell’avversario, ma di tutta intera l’umanità. Se però l’Europa non saprà superare le sue divisioni, e se accanto ad essa emergeranno i nuovi furori nazionalisti asiatici ed africani, nessuno potrà più dominare gli avvenimenti. Dopo aver cercato a lungo di localizzare i conflitti, le grandi potenze finiranno, magari senza averlo voluto di proposito, per essere costrette ad affrontarsi direttamente, impiegando tutti gli strumenti di sterminio di cui dispongono.



    La nostra epoca ha aperto all’umanità due prospettive che non hanno precedenti in tutta la sua lunga storia. Da una parte è infine possibile accingersi a sopprimere ovunque la miseria, l’ignoranza, lo sfruttamento del povero da parte del ricco, del debole da parte del potente; è stato lo spirito europeo a tracciare questa strada. Dall’altra è possibile che l’umanità cessi di esistere del tutto; ed è stato ancora lo spirito europeo a fornire le forme politiche e gli strumenti scientifici atti ad effettuare questo suicidio collettivo.



    L’Europa non è sola a portare la responsabilità della scelta fra questi due cammini, ma la parte di responsabilità che pesa su di lei è maggiore di quella che pesa su qualsiasi altro popolo.



    Sono queste le ragioni per le quali i federalisti europei hanno deciso di intraprendere la lotta per gli Stati Uniti d’Europa, ed a proseguirla fino al giorno in cui il popolo europeo avrà trovato la sua unità nella varietà delle sue nazioni, nella libertà dei suoi cittadini, nella fierezza per la rinnovata fecondità della sua civiltà.



    28) Fine.
    Non credo nelle ideologie chiuse, da scartare e usare come un pacco che si ritira nell'ufficio postale (Marco Pannella)

 

 
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