A Napoli servono lavoro e ricchezze, non soldati.
Per fortuna ieri Prodi, dopo un momento di incertezza, pare che abbia deciso di rinunciare all’invio dell’esercito. Cosa sta succedendo a Napoli? Chi conosce la città, i suoi umori, la sua struttura, il suo modo di viversi, ci dice che siamo in presenza di una crisi gravissima, di un livello, forse, mai raggiunto. Che ha vari aspetti. Gli aspetti strutturali sono due. Il primo, evidentissimo, è la mancanza di ricchezze e di politiche economiche. Il secondo è l’emergere di una gioventù vastissima, senza speranze e senza futuro.
Non esistono - per una società - due elementi così destabilizzanti come la mancanza di ricchezze e la perdita della gioventù. La mancanza di ricchezze - che riguarda tutto il Mezzogiorno - è frutto anche di una politica che da dieci anni ha negato l’esistenza di una questione meridionale - di uno squilibrio, di una gravissima diseguaglianza territoriale - anche perché era tutta dentro una logica di mercato-mercato (di esasperato liberismo, che chiede al profitto di decidere le sorti delle collettività e ai governi di rifuggire da ogni tentazione di intervento sull’economia e di programmazione). Ormai gli economisti e i sociologi di tutto il mondo sanno che questo meccanismo porta a un aumento delle disparità. Nel mondo globalizzato aumentano, ovunque, le disuguaglianze tra gli individui, tra i ceti, tra le nazioni, e naturalmente anche tra le aree geografiche.
La seconda grande questione, quella giovanile, è più specificamente napoletana. Napoli è la città più giovane d’Europa, un terzo della sua popolazione (della città e della enorme area metropolitana) è sotto i 28 anni. E la fascia giovanile della popolazione è quella più colpita dall’insicurezza sociale. Quella che sente più forte il morso della precarietà, cioè del nuovo assetto del mondo del lavoro, deciso dal mercato e sancito - nell’ultimo decennio - da varie leggi e dal rifiuto dell’intervento pubblico. La precarietà come condizione stabile della propria vita - e dunque del rapporto con la collettività e con la produzione e con l’economia - produce una insicurezza di massa che può travolgere ogni barriera e legame sociale.
Vedete bene la grandezza dei problemi. E la certezza che se non si affrontano questi problemi, con politiche serie, i problemi cresceranno ancora e spingeranno Napoli - e forse le altre metropoli del Mezzogiorno - verso crisi molto simili a quelle delle megalopoli - per esempio - dell’America latina.
L’invio dell’esercito - cioè la riduzione a problema di "sicurezza fisica", di ordine pubblico, della gigantesca questione della "sicurezza di vita" di una popolazione - può aiutare in qualche modo la città? No, può danneggiarla. La scelta di affrontare l’emergenza-Napoli come si affronta una situazione di tensione fuori dallo stadio di calcio, è prova di una cecità che può portare alla rottura definitiva. Un gabinetto di emergenza che voglia affrontare la questione-Napoli, deve trovare delle risorse da investire, mettere a punto un piano di politiche economiche, urbanistiche e culturali che entrino dentro il problema per quello che è - il disfacimento di un tessuto sociale - e non si limitino a guardare come si possa "isolare" il problema in modo da salvare un pezzetto della città. L’idea di mandare l’esercito corrisponde esattamente al progetto di isolare il male e ghettizzarlo. Appunto, come a San Paolo del Brasile, dove la furia e il devastante degrado infernale delle favelas è tenuto lontano da un pezzo "sacro" di città che può continuare a prosperare, fare affari, garantire un dignitoso menage alla borghesia.
Mettiamo insieme una forza politica, una grande mobilitazione di popolo per Napoli, una forza d’urto, che possa frenare la criminalità e imporre un impegno vero del governo. I sindacati ieri hanno rilanciato la proposta con Rifondazione.
quindi Napoli è un merdaio e i napoletani so topi di fogna...l'unico problema è che a dirlo non può essere calderoli!
"Oderint, dum metuant"
Ragazzi leggetevi Gomorra,e vedrete che Calderoli e Bocca non hanno sbagliato di molto.
Quindi è una "certa" magistratura che ha fatto prescrivere Berlusconi?O sono le leggi italiane che fanno cacare?
La coerenza non è proprio di queste parti.
A Napoli il problema è principalmente di ordine pubblico, perché la camorra è più orientata alla microcriminalità di quanto non lo sia la mafia, che invece è molto più strutturata ed infatti per prima cosa desidera mettere le mani sugli appalti, e toglie di torno i politici, anche e soprattutto locali, che non glielo permettono, cosa che la camorra invece non ha mai fatto, almeno a quanto io sappia.
Le amministrazioni locali non hanno competenza in materia di ordine pubblico, quindi bisogna domandarsi in quali anni la criminalità a Napoli ha conosciuto la sua escalation, e chi c'era al ministero dell'Interno.