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    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 24-03-17 alle 01:29
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  2. #2
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    L'origine remota del Carnevale Veronese secondo le teorie del grande studioso scaligero Umberto Grancelli, fautore del grande testo sulla rinascita e rifondazione della città "nova" di Verona; voluta dal nascente Impero Romano e attuata sotto precisi dettami esoterici.

    IL CARNEVALE VERONESE

    Non è fuor luogo ammettere che il Carnevale Veronese trovi le sue origini nelle antiche corse dei Palio, sancite dallo Statuto Albertino e che trovano magistrale eco nel canto XV dell'Inferno della Divina Commedia. "E parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro quelli che vince, non colui che perde'' Narra la tradizione, riportata dagli storici dell'umanesimo, che Ezzelino, dopo aver vinto la fazione dei Sanbonifacio, rientrò a Verona nella prima domenica di Quaresima del 1208 con entusiasmo e con giostre e tornei; si stabilì che ogni anno si corresse il Palio, al quale per rinnovati trionfi accorrevano molti onorati cavalieri e nobilissime dame da molte parti d'Italia. Umberto Grancelli, in una dissertazione apparsa su Vita Veronese nel 1954, lanciava l'ipotesi che il Carnevale Veronese abbia origini ben più remote dalle corse dei Palio, facendolo risalire all'epoca pagana, e che la manifestazione dei Bacanal trovi analogia con gli antichi riti dei ciclo di Cerere Demetra. Adriano Valerini scrive in Le bellezze di Verona: "in qual parte non si leggono i dotti scritti di Tommaso Da Vico, nuovo Esculapio?". Doveva essere anche una personalità preminente nella vita pubblica veronese, perché il 15 gennaio 1528 lo troviamo alla testa di quella famosa cavalcata di gentiluomini che andò incontro al Vescovo Giammatteo Giberti, che giungeva da Roma per prendere possesso della Diocesi di Verona. Narra il Dalla Corte che in seguito alle replicate inondazioni dell'Adige, avvenute nel 1520 e nel 1531, e alle devastazioni commesse dalle truppe tedesche nel veronese, mentre infuriava la guerra in Lombardia tra Carlo V e Francesco I, Verona rimaneva oppressa da una terribile carestia. "Il 18 giugno 1531 corse gran pericolo la città nostra per sollevazione dei popolo cagionata per non aver voluto i pistori, cresciuto il calmíero, far pane, né vendere il tutto, ma lo tenevano nei cassoni serrato; e scriversi che il grano era venduto a soldi quaranta al minale; e così gran numero di gente corse alla piazza, e spezzarono detti cassoni, e misero a sacco il pane, e fecero altri disordini; ma riuscì con assai manco male di quello che da principio era stimato, bastonando a quel furioso popolo d'essersi sfogato solamente contro i pistori, come cagion sola di tutto il male". Per prevenire ogni tentativo di rivolta, furono eletti alcuni cittadini; vuole la tradizione che fra questi vi fosse il Da Vico, per opera del quale ebbe inizio il Bacanal del Gnoco, facendo distribuire al popolo di S. Zeno, nel venerdì ultimo di Carnevale, pane, farina, burro, formaggio e vino. Vuole ancora che Tommaso Da Vico lasciasse per testamento un legato, affinché la distribuzione dei generi alimentari venisse fatta tutti gli anni al popolo di S. Zeno nel giorno di venerdì grasso, detto Venerdì Gnocolar. Gli storici hanno provato molta soddisfazione a rovistare nelle vecchie carte per poter trovare il documento. Così anche nei riguardi del Da Vico ebbero buon gioco: il testamento esiste e si trova presso la sezione di Verona degli Archivi di Stato, porta il n. 128, dettato il 13 maggio 1531 presso il notaio Bonifacio di Sebastiano Dalla Mano. Tre pagine con scrittura minuta, fitta e quasi illeggibile; in esso, il dott. Tommaso Da Vico fu Bartolomeo, degente a letto ma sano di mente, dispone di essere sepolto vicino alla chiesa di S. Zeno, adiacente al grande tavolo di pietra dove banchettavano i poveri nel giorno di Venerdì Gnocolar. Ancor oggi esaltiamo un veronesissimo fenomeno che può dirsi unico nella storia dei Carnevale, dopo secoli di scenario carico di brio; intendiamo mantenere un patrimonio costantemente carico di straordinaria vitalità. Indubbiamente siamo un pregio, un'immagine di autentica cultura; le invettive a volte ci hanno danneggiato ma, nel contempo, ci hanno dato l'energia per trovare la forza di continuare. Oggi questo Carnevale lo dobbiamo approfondire e studiare per esercitarlo, lo spirito che ci anima è imbevuto di passione e di logica, siamo nelle vantaggiose condizioni di misurarci con tutti nella ragione, mentre sulle origini dei Carnevale ci reputiamo progenitori a cui, con tipica espressione, spetterebbe il titolo di creatori in termini eruditi. Continuando con prestanza il nostro lavoro, alleviando le sofferte attese del Carnevale nostro dove la latitanza non deve esistere, chi ancora ci attende nel mirino della delusione deve abbassare il tiro perché la gente ha tuttora bisogno di ritrovare la gioia nel vivere. Ormai la viva attesa di nuovi eventi ha invaso la nostra responsabilità, come autentici custodi, inseguendo il futuro se vogliamo avere il diritto di vivere e lasciare una completa definita realtà in mano ai posteri. Perciò allontaniamo ogni disagio ad abbattere le barriere che hanno impedito, ritardando la nostra prestanza nelle sofferte attese del Carnevale.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 07-02-10 alle 14:54

  3. #3
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    Predefinito Antropologia del Carnevale

    Nel Carnevale convivono echi di tradizioni precristiane che hanno mantenuto una propria solidità, radicata nel desiderio delle genti di possedere una festa destinata allo sfogo, al paradosso, all'inversione dei ruoli. Si può così dire che questa festa è l'adattamento cristiano di antiche usanze pagane come i Lupercali (riti di purificazione del 15 febbraio celebrati dai sacerdoti "luperci") e i Saturnali (festa popolare dell'antica Roma in onore di Saturno che nel periodo di svolgimento, tra il 17 e il 23 dicembre, annullava le barriere sociali).

    Dal Quattrocento, il Carnevale fu oggetto di una serie di attacchi repressivi da parte dei moralizzatori dell'epoca, che giudicavano troppo "pagani" i riti, i festeggiamenti e i banchetti che si svolgevano in quel periodo. Mal tollerate erano anche le sagre popolari, talune alquanto rozze, come la festa dell'Asino e quella dei Folli, con stravaganze oltre misura. Nella Festa dei Pazzi di Parigi, per esempio, il personaggio principale era un asino che riceveva onori ridicoli. Davanti alla basilica di Notre-Dame si svolgeva uno spettacolo burlesco, improvvisato, che si concludeva con getti d'acqua sugli spettatori. Vi era una grande partecipazione di popolo ed esistono addirittura medaglie commemorative recanti figure grottesche con grandi orecchie d'asino e iscrizioni satiriche.

    Durante le celebrazioni per il Carnevale, che a volte duravano anche intere settimane, veniva in un certo senso ribaltata la realtà canonica e si viveva in un "mondo alla rovescia". In queste circostanze vi era l'abolizione di tutti i rapporti gerarchici e si costituiva un nuovo rapporto tra gli uomini: il senso di estraneità con gli altri spariva e l'uomo ritornava ad essere se stesso, un essere umano fra gli esseri umani. Elemento fondamentale era il ribaltamento delle gerarchie esistenti con l'elezione di re e regine per burla che "mantenevano la propria carica" per tutto il tempo della festa. Questo accadeva per le strade, tra il popolo, mentre nelle quiete dei giardini e delle sale dei sontuosi palazzi, la nobiltà si dilettava in giochi "cortesi" sbalordendosi a vicenda per l'abilità nell'utilizzo delle armi.

    Nel tardo Medioevo il travestimento si diffuse nei carnevali delle città. In quelle sedi il mascherarsi consentiva lo scambio di ruoli, il burlarsi di figure gerarchiche, il satireggiare vizi di persone o malcostumi con quelle stesse maschere, oggi note in tutto il mondo, che sono poi assurte a simbolo di città e di debolezze umane.


    Pieter Bruegel il Vecchio
    Combattimento tra Carnevale e Quaresima, 1559 (particolare)


    *^*^*^*^*^



    "... Una parte del mondo si travestirà per ingannare l'altra, ed esse correranno per le
    strade come folli e fuor di senno; non si vide mai un tal disordine nella natura..."

    (Rabelais - da Gargantua e Pantagruel)
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 08-02-10 alle 13:41

  4. #4
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    Segnalo l'antica tradizione fiorentina del Berlingaccio (il giovedì grasso che precede l'ultimo giorno di Carnevale). L'etimo riconduce a "berlenghum", in latino "tavola, mensa", e denota un momento dell'anno nel quale si mangia a sazietà, si gozzoviglia divertendosi...come facevano i fiorentini all'epoca medicea. Inutile la processione penitenziale dei "Fratelli Incappucciati" della Compagnia di sant'Albero della morte, che invitavano a redimersi, ovviamente irrisi.

    Tutti dovevano godere, anche i poveri... tant'è che rimase il detto. "A Berlingaccio chi non ha ciccia ammazzi il gatto"... ma io ho sentito da piccola la versione alternativa: "A Berlingaccio chi non ha carne impegni il chiavaccio", ancora molto usata anche nella mia famiglia.

    La carne era d'obbligo. E così i dolci tipici, i berlingozzi: ciambelline dolci da intingere nel vino.

    Il popolo festeggiava in bagordi prima della lunga pausa quaresimale.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 08-02-10 alle 13:43
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
    (Sutra di diamante)

  5. #5
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    Citazione Originariamente Scritto da primahyadum Visualizza Messaggio
    Tutti dovevano godere, anche i poveri... tant'è che rimase il detto. "A Berlingaccio chi non ha ciccia ammazzi il gatto"... ma io ho sentito da piccola la versione alternativa: "A Berlingaccio chi non ha carne impegni il chiavaccio", ancora molto usata anche nella mia famiglia.

    La carne era d'obbligo. E così i dolci tipici, i berlingozzi: ciambelline dolci da intingere nel vino.

    Il popolo festeggiava in bagordi prima della lunga pausa quaresimale.
    Ricorda molto certi Saturnalia...

  6. #6
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    Il carnevale mi è sempre parso una rappresentazione allegorica della vita. Infatti noi tutti, in ogni occasione, indossiamo una maschera. Anzi, molto spesso, ci identifichiamo con la maschera stessa, assumendone in tutto e per tutto i connotati...

    Inoltre anche le nostre gioie - come i bagordi del carnevale - sono fuggevoli, brevi, illusorie e lasciano spazio a periodi di 'magra', notti buie che potremmo anche intendere come periodi di purificazione, viaggi alla riscoperta di ciò che c'è sotto la maschera. Periodi, appunto, di 'quaresima spirituale'...
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 08-02-10 alle 16:22
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  7. #7
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    Penso che il Car Naval sia in realtà un ricordo, una reminscenza antichissima di culti agrari, bagordi e banchetti dionisiaci. Dopotutto, anche Mircea Eliade sosteneva questo nel suo famoso Traitè. Dalle mie parti, poi, la cosa diventa assolutamente palese. hefico:



    C'è anche il lato medieval-cavalleresco-propiziatorio...

    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 08-02-10 alle 16:19

  8. #8
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    E' la grande festa inversa...

    ... Sappiamo che, durante tutto il Medioevo, in Francia si officiavano cerimonie religiose strane ma assai gradite al popolo, come la festa dei pazzi con una processione che partiva dalla chiesa e lì ritornava con i suoi dignitari, i suoi fedeli, il suo popolo. Il popolo rumoroso, malizioso, scherzoso, pieno di traboccante vitalità, di entusiasmo e di foga si riversava nella città dai sobborghi e dalle popolate colline scendeva per ritrovare la gioia e unirsi, fra il sacro e il profano, in processioni come nella “Festa dei Pazzi” o nella “Processione della volpe” o nella “Festa dell’asino”. Liturgie colme di entusiasmo e di grandissima partecipazione, dove giovani e vecchi, donne e bambini, erano coinvolti e liberi di esprimere e sfogare la loro gioia di vivere e la loro sessualità.
    Sappiamo anche del “riso pasquale”: lo si è praticato per secoli nelle chiese. Infatti, in certi paesi di lingua tedesca, durante la messa di Pasqua, i predicatori solevano incitare il popolo concelebrante a ridere (per la resurrezione di Cristo) sonoramente, anche ricorrendo a pantomime oscene e a storielle ambigue. Risus pascalis, riso pasquale, veniva chiamata questa usanza.
    Ancora, secondo un rituale pagano come la “Festa degli innocenti” del XIV secolo, il Vescovo stesso era solito giocare a palla con i chierici... e ricordo anche lo strano "Gioco della Pelota", praticato nella navata di Saint-Étienne, cattedrale d’Auxerre, e che scomparve, poi, intorno al 1538. Giorni inversi, dove non esistevano più le gerarchie: la "Festa del Papà del Gnoco", a Verona, era colma di queste inversioni di ruoli, affinché il popolo si sentisse libero e senza condizionamenti; in una sorta paese della cuccagna, dove la penuria alimentare e il peccato erano dimenticati per un giorno.
    Le feste di tipo carnascialesco, come quelle dei folli, si svolgevano spesso in chiesa, finché non furono soppresse nel XVII secolo; l’asinade era legata alla festa dei folli, la trasgressione delle regole fra tragico e grottesco. Il tragicomico liberava l’individuo dalle sue paure verso l’incerto futuro: la fame, le malattie, la precarietà della vita, l’insicurezza continua, l’oppressione e la paura della morte superata con l’eros.
    Ordine e disordine, ma il caos è la sorgente segreta della vita; il sesso genera anarchia, ma anche liberazione. I pagani lo capivano assai meglio di noi. Lasciavano uno spazio all’anarchia nelle loro ben ordinate vite.

    Nel medioevo il folle porta sempre una cuffia da cui spuntano le orecchie d’asino e stringe in mano una clava. Il nesso fra asino e sacro è sottolineato da una delle tradizioni più discusse: il “Festum Asinarum”, solennizzato soprattutto in Francia, dove addirittura un arcivescovo, Pierre de Corbeil, scrive i versi che si cantano durante il rito.
    E’ chiamata anche messa dell’asino o festa “ragliata”. La domanda che poniamo dopo tutte queste storie è: nelle due processioni veronesi si portava alla venerazione della città Cristo o l’asino? ...

    Tratto da <<L’animale degli umili: l’asino, il suo palio, ma anche divinità Mediterranea>>. Articolo apparso su "Percorsi della mente" di Luigi Pellini.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 08-02-10 alle 19:00

  9. #9
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    Ottimi i due ultimi interventi degli amici Arthur e Sideros...

    P.S. Arthur, ma sei sardo o molisano?
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 19-02-17 alle 18:26
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  10. #10
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    Predefinito Rif: Antropologia del Carnevale

    Dal momento che non ho nulla da nascondere ritengo sia il caso che "sveli" la mia identità, anche se penso non interessi a nessuno.
    Riporto spesso articoli firmati da Luigi Pellini perché questo è il mio nome e cognome nella vita di tutti i giorni. C'è un preciso motivo per questa mia chiara presa di posizione!
    Come ultima cosa volevo dirVi che il carnevale è legato alle maschere e le maschere derivano dalla religiosità sciamanica. In special modo Arlecchino è legato alla "masnada infernale", il suo vestito ricorda gli sciamani buriati con tutte le strisce che lo addobbano; i pezzi di tessuto colorato riconducono anche allo smembramento del corpo. Inoltre, l'arcobaleno con i suoi svariati colori unisce i vari mondi; ha cioè la funzione di ponte sottile e difficile passaggio verso gli altri infiniti mondi. Leggetevi quello che in rete si scrive del Chiarivari, sull'Inversione.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 08-02-10 alle 22:04

 

 
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