Pio La Torre, il comunista che sfidò apertamente la mafia


27 anni, tanti ne son passati da quel 30 Aprile 1982, da quell’infame ed ignobile assassinio, da quando Pio La Torre e l’amico e collaboratore Rosario Di Salvo vennero crivellati da oltre trenta colpi di pistola e mitra esplosi da mani mafiose all’interno di una Fiat 131, in una via del centro di Palermo.
Le immagini di quei volti sfigurati e pieni di sangue, di quella gamba dell’on.le La Torre che sporge dal finestrino, forse nell’estremo quanto inutile tentativo di parare i colpi dei sicari di Cosa Nostra, del Presidente della Repubblica Sandro Pertini che partecipa ai solenni funerali, immagini che i telegiornali trasmetteranno a ripetizione, nonostante l’inesorabile trascorrere degli anni, è come se passassero davanti ai nostri occhi in questo stesso momento, tanto sono impresse nella nostra memoria.
L’indiscusso prestigio, la forte tempra della sua personalità, la dedizione assoluta verso la sua terra e la sua gente, il rigore morale e la passione civile che lo animavano, il coraggioso impegno politico in difesa della democrazia e della legalità, hanno fatto di Pio La Torre uno dei protagonisti assoluti della vita politica e sociale italiana ed allo stesso tempo uno dei più agguerriti avversari della criminalità mafiosa a tutti i livelli.
La Torre, figura di rilievo della migliore tradizione comunista italiana, già componente della segreteria nazionale e segretario regionale siciliano del PCI, iniziò ad essere uno dei bersagli privilegiati di “Cosa Nostra” subito dopo l’omicidio del Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella e, precisamente, sin dal 31 Marzo 1980, giorno in cui presso la Camera dei Deputati depositò - aiutato nella stesura tecnica da due magistrati della Procura di Palermo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - la proposta di legge nr. 1581, intitolata “Norme di prevenzione e repressione del fenomeno della mafia e costituzione di una commissione parlamentare permanente di vigilanza e di controllo”. Pio La Torre non vedrà mai l’approvazione di quelle norme, per la quale bisognerà attendere anche l’assassinio di un altro fedele servitore dello Stato, il gen. Carlo Alberto dalla Chiesa insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro ed all’agente di scorta Domenico Russo. Quella proposta di legge, diventerà legge dello Stato, meglio conosciuta come legge La Torre - Rognoni, quasi cinque mesi dopo l'omicidio di Pio La Torre, il 13 Settembre 1982, ed introdusse nella legislazione italiana il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e il sequestro e la confisca per i capitali di Cosa Nostra (art. 416 bis c.p.). Sarà grazie a quelle norme che, cinque anni dopo, nel Dicembre 1987, la Corte d'Assise di Palermo, presieduta da Alfonso Giordano con giudice a latere l'attuale procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, infliggerà un durissimo colpo ai capi storici di Cosa Nostra, in quello che passerà nella storia giudiziaria italiana come il “maxi processo di Palermo”, che vide alla sbarra 475 imputati, 360 dei quali condannati.
Per avere giustizia, i familiari di Pio La Torre hanno dovuto attendere ben 22 anni e solo nel Giugno 2004, la Corte d’Assise di Palermo condannerà all’ergastolo, come mandanti degli omicidi La Torre e Di Salvo, i capi mafia Riina, Provenzano, Calò, Brusca e Geraci e come esecutori materiali Giuseppe Lucchese e Antonino Madonia, infliggendo pene inferiori agli altri esecutori. Nel Gennaio 2007 la Corte d'Assise d'Apello del capoluogo siciliano confermerà quelle condanne.
Tre mesi dopo quest'ultima sentenza e nel 25° anniversario dell’assassinio, il 30 Aprile 2007 venne intitolato a Pio La Torre il nuovo aeroporto di Comiso, città nella quale, tre settimane prima della sua morte, riuscì a portare oltre 100.000 persone per manifestare contro la costruzione in quel sito di una base missilistica e contro la quale si era battuto senza risparmio di energie sino agli ultimi mesi della sua vita. Una decisione scellerata della giunta di Comiso succeduta a quella che aveva intitolato l’aeroporto al nome di chi aveva fatto della lotta alla mafia una ragione di vita, nel 2008, qualche mese dopo il suo insediamento, decide di ritornare alla precedente denominazione e di chiamare lo scalo di Comiso, aeroporto “Vincenzo Magliocco”, nome di un generale del periodo fascista, caduto durante la guerra d’Etiopia. Con quella decisione - dirà Franco La Torre, figlio di Pio - è come se mio padre fosse stato ammazzato per la seconda volta.
Potranno anche decidere di togliere dall'aeroporto di Comiso il nome di Pio La Torre, ma gli ideali per cui aveva speso tutta la sua vita, sino all'estremo sacrificio, non potranno essere certo cancellati da una decisione amministrativa. Quegli ideali, insieme a quelli di tanti altri eroi caduti nella lunga lotta contro tutte le mafie, sono e rimarrano per sempre scolpiti nelle coscienze di tutti gli italiani onesti.

da Facebook, note di Fernando Orsini