Groenlandia
Cosa c’è sotto i ghiacci

di Mario Sechi
http://magazine.enel.it/emporion/rub...ion=25/10/2006

Acqua e petrolio. Al suono di queste parole ben pochi penseranno a un enorme pezzo di terra situato nel Nord dell’Atlantico, separato dal continente Nord americano dallo Stretto di Davis e dalla Baia di Baffin. Parliamo della più grande isola del mondo, la Groenlandia, parte integrante del Regno della Danimarca. Nella competizione per l’uso delle risorse naturali la Groenlandia è destinata ad essere una pedina importante, fonte di tensioni ora sotterranee, ma pronte a emergere. Il gigantesco ammasso di gneiss, granito e ghiaccio è anche una postazione strategica di enorme importanza. Sotto il comando Eucom (European Command) si trova la base aerea militare di Thule, per gli Stati Uniti un investimento da 2,7 miliardi di dollari. Della Groenlandia vediamo solo la punta dell’iceberg, ma è la parte sommersa quella più interessante. Finora l’isola è stata un “mondo a parte” e in verità ancora lo è.

Tre fattori potrebbero cambiarne però le sorti e la percezione presso l’opinione pubblica. Primo: il fattore demografico: l’aumento della popolazione nei paesi emergenti e in quelli sommersi dalla povertà pone un problema enorme sulla scarsezza delle risorse, in particolare l’acqua. Secondo: il fattore militare: le menti degli strateghi politici sono concentrate sul Medio Oriente e la lotta al terrorismo. Bene, ma nel mondo multipolare non è sufficiente premere il tasto “shift” e cambiare obiettivo. L’era del confronto militare tra gli Stati non si è affatto chiusa l’11 settembre 2001. I nemici si sono – semplicemente e tragicamente – moltiplicati. La scuola realista ritiene che in futuro il conflitto (a bassa o alta intensità) tra gli Stati Uniti e la Cina sia inevitabile, chi scrive pensa inoltre che la Russia non sia affatto un gigante buono e in via di democratizzazione, ma uno Stato che tende ad essere dispotico, autoritario, con una naturale vocazione all’espansione che si sta traducendo nel riarmo militare e nell’uso dell’energia come arma non convenzionale. Basta dare un’occhiata a un mappamondo per comprendere quanto la Groenlandia possa essere strategica di fronte a un simile scenario. Terzo: il fattore energetico. La fame di petrolio del mondo sembra inarrestabile. La domanda da parte dei paesi emergenti è sostenuta e lo sarà ancora per parecchi anni. Finora la Groenlandia era nota per la pesca (principale industria) ma potrebbe diventare una nuova Alaska perché il governo danese ha intenzione di estrarre petrolio e gas.

L’acqua dolce è un bene scarso in gran parte dell’Africa, del Medio Oriente, dell’India. La grave carenza, lo stress idrico e la difficoltà d’approvvigionamento in molte zone della terra rendono l’acqua fonte di conflitti e il suo commercio fonte di ricchezza. La Danimarca ha un forziere colmo di oro blu: la Groenlandia. Solo l’Antartide ha più ghiaccio e il governo danese intende sfruttare questa risorsa, in particolare sta studiando un sistema di raccolta degli iceberg, milioni di metri cubi d’acqua in vendita al miglior offerente. Ma c’è anche l’oro nero. Alcuni think tank attenti alle mosse danesi in Groenlandia – in particolare quelli canadesi – hanno monitorato i fondi destinati al Geus (Geological Survey of Denmark and Greenland) e scoperto che il piccolo osservatorio geologico ha ricevuto decine di milioni di dollari per esplorare il suolo. Cosa cercano? Petrolio e gas naturale. Secondo il Geus inoltre la catena montuosa di Lomonov parte dalla Groenlandia e finisce nel Polo Nord. Conseguenza? I danesi reclamano il controllo anche del Polo Nord. Perché mettersi in testa di possedere un’area ghiacciata e in gran parte non navigabile? Ci sono diversi motivi, per esempio l’esplorazione geologica ed estrazione di risorse naturali. Inoltre, secondo alcune simulazioni, il surriscaldamento globale potrebbe rendere navigabile parte delle acque a Sud e Ovest del Polo per quasi tutto l’anno, rendendo accessibili alcune isole dell’arcipelago artico, come quelle del territorio del Nunavut, che sono sotto la bandiera del Canada ma sulle quali le mire dei danesi non sono nascoste.

Canada vs Danimarca, risorse naturali, cambiamenti climatici, interessi strategici. La Groenlandia è un boccone grosso e appetitoso. I danesi – seguendo la tradizione vichinga – sono attenti a non lasciar vuoto nessuno spazio d’influenza e, anzi, sono pronti a far sentire il loro peso su altri territori. Il confronto con il Canada in questo senso è istruttivo e interessante. Entrambi i paesi hanno una difesa di modeste dimensioni, ma sui territori del Nord hanno focalizzato parte delle loro attività di controllo del territorio. La competizione tra Canada e Danimarca è tridimensionale (aria, terra, mare) e sul teatro della Groenlandia si monitorano a vicenda. Le navi militari rompighiaccio danesi (classe Adlek e Thetis) fanno la spola tra lo Stretto di Davis e la Baia di Baffin, i mezzi della Royal Danish Air Force non sono semplicemente di trasporto, ma fanno sorveglianza e mappatura di tutto l’Artico. Il Bombardier CL-604 serve per la sorveglianza, mentre il Lockheed C-130Js viene usato per il trasporto tattico.

Canada e Danimarca sono paesi amici, tuttavia, quando i vichinghi tempo fa decisero di piazzare la loro bandiera sulle Hans Island, in territorio canadese, le giubbe rosse ebbero qualche strano pensiero. Ci possiamo fidare? Il think tank Canada’s Artic Sovereignty sostiene che “la cooperazione tra Danimarca e Canada ha rivelato a Copenaghen che il Canada non difende i suoi possedimenti nell’Artico con la presenza militare o le colonie. Nel passato, era sufficiente mappare l’area. Ora, mettono i piedi sul suolo”. Canadese. Le tensioni sono dunque destinate a crescere, in Canada crescono le pressioni di chi vuole una politica più aggressiva sulla regione Artica, i danesi ampliano le loro operazioni e continuano a mantenere e facilitare in tutti i modi la presenza umana in luoghi dalle condizioni di vita estreme. Missione Groenlandia: non perdere il controllo del territorio che si possiede ed estendere la propria influenza fin dove arrivarono gli antichi padri, i vichinghi. Chissà se i canadesi resteranno a guardare.



mario.sechi@ilgiornale.it

Mario Sechi, vicedirettore del Giornale. E’ responsabile della redazione romana del Giornale dal 2001, scrive di politica interna e relazioni internazionali.