per quello che vale blondet... però a volte azzecca:
Zimbelli di Israele
Maurizio Blondet
11/11/2006
Pochi giorni fa, caccia israeliani hanno minacciato truppe francesi dell'UNIFIL in Libano, eseguendo la picchiata e probabilmente altre manovre preparatorie all'attacco, come il lancio di contromisure anti-missile.
«I nostri soldati sono stati a due secondi dallo sparare all'aereo, sarebbe stata una catastrofe», ha detto il ministro della Difesa Michele Alliot-Marie.
Parigi ha convocato l'ambasciatore giudeo Daniel Shek per una protesta ufficiale; poi ha chiesto a Washington, lamentosamente, di far ragionare gli israeliani. (1)
La risposta di Shek è stata come al solito arrogante: il sorvolo dei caccia sulle truppe «non era aggressivo», ed è stato «male interpretato».
E le violazioni continue dello spazio libanese proseguiranno, perché Israele «sorveglia» Hezbollah che «si riarma».
Naturalmente ogni esperto militare sa cosa significa quell'attacco simulato («deliberato», hanno detto gli ufficiali francesi): serve a testare le contromisure e i radar del nemico e la sua prontezza di reazione, in vista di un attacco reale.
Il messaggio è inequivocabile: voi europei siete nostri nemici, e siete nelle nostre mani.
La batosta elettorale di Bush non ha cambiato nulla.
Anzi, rende più probabile un nuovo attentato tipo 11 settembre, «arabo» e Made in Israel.
Difatti, riecco apparire dal nulla il nuovissimo, l'ennesimo cosiddetto audiomessaggio di Al Qaeda, dove il sedicente numero due, Abu Ayyub al-Masri, vanta: «L'esercito di Al Qaeda ha 12 mila combattenti in Iraq, votati a morire per Dio».
Il personaggio sfida Bush a mantenere le truppe in Iraq, «perché non abbiamo ancora bevuto abbastanza del vostro sangue».
Coincidenza notevole di intenti: sia Bush sia la sua Al Qaeda (Made in Hollywood) vogliono la stessa cosa, «stay the corse», mantenere la rotta. (2)
E come conferma bene, Al Qaeda, l'ultima sparata propagandistica di Bush prima della catastrofe elettorale: chi vota democratico è complice dei terroristi.
Ecco la prova.
Altra singolare coincidenza, un tribunale inglese ha condannato a vita, il 7 settembre, «il superterrorista Dhiren Barot», un indù convertito all'Islam.
Pianificava, ci assicurano «attentati terrificanti a Londra e a New York».
Tutto è comprovato - diciamo - da video in cui Barot ha ripreso la Borsa di New York, gli immobili della banca Citigroup, alcune sinagoghe; e a Washington la sede della Banca Mondiale e del Fondo Monetario.
Inoltre un DVD, intitolato «foto delle vacanze», conterrebbe dettagli «spaventosi» e particolareggiati: si va dal progetto di far esplodere una limousine carica di esplosivo al camion bomba.
Un testo scritto di 37 pagine descrive un piano di attentato «che è stato modificato 21 volte tra il settembre 2001 e il febbraio 2003».
Non rabbrividite abbastanza?
Allora sentite questa: Barot progettava di far saltare tre stazioni ferroviarie di Londra, un paio di grandi alberghi, il deragliamento del treno che porta ad Heathrow, un attentato con bomba sporca nei tunnel del metrò sotto il Tamigi, in modo da inondarlo… Barot ha scritto nei suoi quadernetti: «Immaginate il caos che seguirebbe a questa esplosione». (3)
Sì, occorre immaginare.
Perché tutti questi attentati non sono avvenuti.
Erano «programmati» per il 2001, ma non hanno avuto luogo.
Come poteva farli del resto Barot?
I giudici dicono che aveva due complici, che saranno processati fra qualche settimana.
In tre, si può fare tutto quel lavoro?
E come si volevano procurare il materiale nucleare per la bomba sporca?
Insomma, qui ci sono solo le fantasie colpevoli di un giovanotto, divenute prova, e strumento della strategia della tensione.
Dhiren Barot
Giusto per rinfrescare un po' la stanca strategia delle tensione globale.
Tutto questo può preludere a qualcosa.
Specie se si prende in considerazione un fatto: pochi giorni prima delle elezioni americane, Israele aveva mandato il messaggio: no, non attaccheremo l'Iran, il problema di un Iran nucleare non è nostro, riguarda il mondo.
Adesso, dopo le elezioni, l'attacco israeliano è tornato d'attualità: «il viceministro della Difesa Efraim Sneh ha detto che Israele deve essere pronto a prevenire il programma iraniano 'ad ogni costo', e può essere costretto a lanciare un attacco militare preventivo contro il programma nucleare iraniano: è la più chiara dichiarazione in questo senso mai venuta da un alto responsabile israeliano», nota Haaretz. (4)
Se questo è il progetto, si deve pur creare un caso, un attentato per giustificarlo almeno
un pochino, almeno agli occhi degli stupidi e dei prezzolati .
Del resto, pochi giorni prima delle elezioni, Bush ha confidato a Chirac che Israele «doveva» attaccare l'Iran e che, nel caso, «lui avrebbe compreso».
Oggi, Bush ha un bisogno disperato di «qualcosa».
Non tanto per i democratici (tutti zimbelli dell'AIPAC, sarebbero i primi a «comprendere»), ma perché infuria un'aria di rivolta nel suo stesso partito repubblicano: perché ha licenziato Rumsfeld solo «dopo» il voto?
Se l'avesse fatto prima, forse poteva ancora salvare i deputati e i senatori repubblicani che sono stati invece trombati.
«Hanno fatto questo [la cacciata di Rumsfeld] per proteggere se stessi», ha detto uno di loro, anonimo, «ma non potevano proteggere anche noi?». (5)
Questa rivolta è di malaugurio per Bush, perché può introdurre nel dibattito la parola «impeachment».
Nancy Pelosi, la democratica, ha escluso l'impeachment.
Ma può formarsi una maggioranza a sorpresa, coi repubblicani infuriati, per mettere il presidente in stato d'accusa.
Ciò aprirebbe il vaso di Pandora dell'11 settembre.
Il senatore repubblicano Lincoln Chafee, che ha perso il seggio del Rhode Island - effetto crudele: è stato il solo repubblicano a votare contro l'aggressione all'Iraq - ha annunciato che lascerà il partito. (6)
La rivolta potrebbe espandersi nelle file dei perdenti, per nulla rassegnati a pagare il prezzo degli errori della Casa Bianca.
Al fondo di questa rivolta, può esserci, per Bush, Cheney e Rumsfeld, anche il patibolo.
Cosa non si farebbe per evitare la forca, soprattutto quando si ha ancora in mano un sostanziale potere, e fino al 2008?
Questo è il pericolo imminente: il colpo della belva ferita.
Anche Israele ha buoni motivi perché qualcosa succeda: il massacro di Beith Hanun ha suscitato proteste corali, perfino in D'Alema, e richieste di mettere una forza d'interposizione tra gli aguzzini e le loro vittime a Gaza (116 bambini ammazzati, dice l'ONU): sarebbe se non la fine, un ostacolo al progetto di pulizia etnica attraverso le stragi, così lucidamente stilato da Sharon.
Deve proprio intervenire Al Qaeda.
E' urgente.
E noi?
Finchè l'Europa non dirà la verità su Al Qaeda e l'11 settembre, sarà lo zimbello di Giuda.
E il suo complice.
Maurizio Blondet
Note
1) «12 israeli jets violate Lebanese airspace as Paris seethes over mock attacks», Daily star, 10 novembre 2006.
2) Nadia Abu el-Magd, «New Al Qaeda tape says 12,000 activated», Associated Press, 10 novembre 2006.
3) J.P. Langellier, «L'homme qui voulait noyer le tube», Le Monde, 10 novembre 2006.
4) Amy Teibel, «Strike on Iran possible», Associated Press, 10 novembre 2006.
5) Patrick O'Connor, «GOP furious on timing of Rumsfeld resignation», The Hill News, 9 novembre 2006.
6) «R.I. senator may leave republican party», PeoplePc.online, 9 novembre 2006.
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