Volevamo uccidere Freda” e altri 29.999.999 italiani
Per “Repubblica” (7 novembre 2006) è una grande notizia: ce n’è da riempire un’intera pagina di quelle di politica interna. L’ex ribelle di Prima Linea, Sergio Segio, in un proprio amarcord letterario confessa che l’organizzazione da lui articolata intendeva uccidere Freda (e Giannettini). “In risposta alla strage di Bologna”.
Rieccoli, gli ‘opposti estremismi’. E dire che sembrerebbe uno stupido cliché, come il calco anglosassone “strategia della tensione”. Invece l’assillo si conferma ancora una volta quello: l’estrema sinistra ci provava più gusto a mirare al nazifascista, a proseguire la guerra civile, interrotta da Togliatti con la grande amnistia, che a fare la guerra allo Stato delle multinazionali e dei soprusi sociali. Il “nazi-maoismo”, la guerriglia comune: un auspicio irrealistico, perché non ci fu mai reale affinità tra estremisti di segno opposto. Dargli insieme, rossi e neri, ribelli di ogni fatta, al sistema canaglia, fino a sfinirlo: un sogno disincarnato, perché l’estrema sinistra non fu che un’escrescenza del sistema.
Hasta la victoria, ma non con il nero. E fu così che i brigatisti dell’Asinara eruppero in un coro di giubilo quando, nel ’79, annunciarono la cattura di Freda in Costarica, da parte dei guardiani di Stato. Hasta la victoria, ma non con Freda. Quei brigatisti che, nelle gabbie dell’Asinara, avevano già stilato i piani per la bonifica del popolo italiano. Le stime erano queste: ucciderne 30.000.000. Trenta milioni. Freda il reazionario antiborghese, Freda il reazionario concorrente (in efferatezza), Freda il reazionario feudale, compreso.