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  1. #1
    Andrei Jdanov
    Ospite

    le tre gocce di sangue e i fedeli di Amore

    ...Parsifal, proseguendo il suo viaggio, si accorge dopo un combattimento tra un falco e un'oca che lascia cadere tre gocce di sangue sulla neve bianca. Egli allora entra in profonda meditazione, il sangue sulla neve gli offre le sembianze di Blanchefleur...

    note sull'autore:

    Wolfram von Eschenbach

    Wolfram von Eschenbach era nativo di Eschenbach [Franconia]: qui nacque nel c.1170. Soggiornò a lungo alla corte del langravio Hermann di Turingia, dove incontrò forse Walther von der Vogelweide.
    Le sue liriche sono scritte in altotedesco medio, sono prevalentemente d'argomento amoroso secondo la tradizione del minnesang. Vi sono spunti di forte concentrazione poetica. Suggestive in particolar modo le "albe", con la rappresentazione del distacco degli innamorati al termine della notte felice. Esse si distinguono, all'interno della tradizione, per la loro visione morale e per l'esaltazione della "fedeltà". Wolfram è però soprattutto l'autore di uno dei poemi più ampi e profondi del panorama europeo del tempo. Il Parzival (c.1200-1210) è formato da circa 25 mila versi. Rielabora l'incompiuto "Perceval" di Chré tien de Troyes, si rifà alle leggende del ciclo bretone del Graal. Sfondo teologico e morale della vicenda è il rapporto tra colpa umana e grazia divina. Sfondo storico e letterario, l'innesto della nuova spiritualità delle crociate e degli ordini monastico-cavallereschi (i Templari) sulla tradizione celtica di re Artù e della Tavola Rotonda. Nell'avventura del giovane Parzival che, superati ostacoli e tentazioni arriva alla dignità di supremo custode della reliquia (il Graal), è la metafora di un processo di elevazione morale, dalle tenebre terrene del peccato fino alla luce di dio, secondo uno schema tipico degli scrittori mistici. Il poema annuncia anche un tipo caratteristico di narrazione, destinato a rinnovarsi poi nella tradizione successiva, per diventare alla fine il "bildungsroman", il romanzo cioè che ricostruisce la "formazione" dell'individuo come graduale costruzione della sua personalità etica. Una ansia inquieta spinge i cavalieri, che oltrepassano boschi e si lasciano alle spalle ricche città , alla ricerca d'altro: emotivi e nostalgici, tuttavia non si lasciano mai andare, anzi controllano con "cortese" attenzione i loro atti e le loro parole. Parzifal, ragazzo ingenuo e rozzo lascia il castello dove vive protetto dalla madre e, come i cavalieri che ammira e il cui modello segue, impara a essere riservato e a tacere. Ma deve imparare anche a superare le regole dell'educazione cortese e dell'etica cavalleresca, e parlare e interrogare quando il destino lo vuole. Sia la madre prima di partire, che Gurnemanz che si è fatto carico della sua educazione cortese, gli hanno raccomandato comportamenti gentili e prudenti, e soprattutto il riserbo. Ma questa educazione mondana e approvata dai suoi simili non gli gioverà nell'incontro fatale con il re pescatore Anfortas. Parzifal giunge al palazzo del re, giudato dal suo cavallo a briglie sciolte, e ferito, con una piaga sempre aperta, simbolo del peccato carnale inconciliabile con la purezza che i guardiani del santo Graal debbono conservare. Anfortas soffre senza speranza, e con lui tutta la corte. Basterebbe che Parzifal facesse una sola domanda, quella 'vera', e chiedesse al re cosa lo fa soffrire: la guarigione del re riporterebbe la gioia alla sua corte. Parzifal invece, memore del riserbo cortese, tace commettendo una colpa fatale di cui, come negli antichi drammi greci, è inconsapevole. E' proprio questo comportamento stoltamente 'innocente' uno dei punti più significativi del romanzo, che distingue il "Parzifal" dagli altri racconti del ciclo arturiano. Il discrimine tra perfezione cortese e mondana, e la perfezione cristiana e mistica. Per Abelardus l'etica coincide con lo spazio della ragione consapevole e della intenzione: non può esserci colpa là dove non c'è assenso consapevole, una azione non premeditata è sempre innocente. Ma per l'oppositore di Abelardus, Bernardus da Cleirvaux, che Wolfram segue, ogni atto ha in sé una forza e un significato al di là della adesione intenzionale perché rompe un ordine soprannaturale e invisibile: chi lo compie anche inavvertitamente non può quindi sottrarsi alla colpa e alla pena. Solo umiliandosi e riconoscendo la superiorità della incomprensibile volontà divina che lo ha condannato alla disperazione, Parzifal potrà ritornare al castello del Graal, interrogare Anfortas e essere infine proclamato re. Il "Parzifal", primo grande bildungsroman europeo, pone dunque il percorso morale dalla ingenua adolescente incolta e selvaggia, attraverso l'educazione mondana e cavalleresca, fino al raggiungimento della gioia mistica ottenuta con il superamento di ogni norma umana e l'abbandono alla volontà divina. In Wolfram è dunque forte la visione religiosa e morale. Ma accanto a questo è un forte amore per il fantastico. La sua è spesso una viva narrazione, sempre molto attento ai fatti della vita e al colorito esotico. Ciò che costituisce il maggior fascino del poema che ebbe una buona fortuna, oltre a un rilancio in epoca romanticistica (specie dopo l'uso fattone da Richard Wagner).
    Wolfram, oltre alle liriche, ha scritto anche altri poemi. Il Willehalm (c.1215) che si rifà ad argomenti del ciclo carolingio (in special modo alla "Chanson de Aliscans") e che traccia un ritratto ideale del conte Guglielmo d'Aquitania, pio cavaliere e crociato. Suo anche l'incompiuto Titurel (c.1215) ispirato anch'esso alle vicende del Graal.

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    Rimandiamo ai documenti di Amore di Francesco da Barberino (Barberino Val d'Elsa (FI), 1264 - Firenze, 1348)

    Francesco da Barberino Il nome dell'autore dei Documenti d'amore (1310) e del Reggimento e costume di donna (1318-20), nato in Toscana, a Barberino Val d'Elsa, nel 1267 e morto di peste a Firenze nel 1348, è stato proposto da Carrai 1999. Lo studioso fa notare che Francesco da Barberino è l'intellettuale di metà secolo che risponde meglio "ai requisiti dell'anzianità, della nascita toscana e della reputazione di esperto circa la figura di Amore", nonché "il letterato fiorentino di maggior prestigio" tra la morte di Dante e il 1348 (p. 74). I principali sostegni a favore della candidatura del Barberino sono, da un lato, il fatto che l'aver scritto i Documenti (testo, in qualche modo, a monte del poema petrarchesco) conferisce al poeta quell'esperienza in materia erotica che contraddistingue la guida dei Triumphi, dall'altro, la coincidenza della sua morte con quella di Laura, circostanza che dovette renderlo agli occhi di Petrarca "il più adatto ad impersonare il ruolo di guida in una visione concepita all'indomani di quella luttosa vicenda" (p. 78). Anche se non si ha notizia di una conoscenza personale tra i due poeti, Carrai ritiene che Petrarca abbia potuto incontrare l'autore dei Documenti "in tenera età, fra il 1312 e il 1313, quando entrambi dimoravano in Provenza e sia ser Petracco sia il Barberino, esuli fiorentini, frequentavano l'ambiente della curia avignonese"

  2. #2
    Andrei Jdanov
    Ospite

    Post Ancora su i Fedeli di Amore

    Assodato che, Francesco da Barberino, sia il "Grande Vecchio" dei Fedeli di Amore, anche se, bisogna dire, che il vero Maestro Segreto, rimane sempre il meno sospettato, e quindi "invisibile", vorrei tornare sulla figura di Biancofiore, che sicuro capirete trattasi di una SETTA, così uguale e sorella, probabilmente, a quella residente a Tolosa ( la Mandetta accordellata e istretta ); a Firenze, sotto il nome di BEATRICE, e a Bologna, di cui conosciamo l'esistenza grazie ad alcuni nostri documenti, ma che si vela di molto il nome, forse per importanza, forse per timore dell'inquisizione ( taceremo su questi documenti e sul luogo dove essi sono custoditi, diciamo solo che è una biblioteca provinciale...)
    Che tale setta, conosciuta come "Fedeli di Amore" rappresentasse alcuni degli lelementi "interiori" del Catarismo, è possibile, e che poi intavolasse con i Templari rapporti di amicizia, anche questo è fuori di dubbio.
    Dobbiamo però assolutamente precisare che "trattasi di una SETTA iniziatica" nel senso pieno della parola, e quindi, se i Templari e i Catari rappresentano il
    Corpo e l'anima che trattengono nel sangue e nella visceri la dottrina vera gnostica del Cristo, i Fedeli di Amore rappresentano l'elemento spirituale incorruttibile, la quintessenza alchemica inviolabile.IL SEGRETO INIZIATICO E LA PAROLA PERDUTA INCOMUNICABILE ai profani, previa la morte.
    Rimandiamo, sul dominio iniziatico, le necessarie precisazioni di Guenon, restando il fatto che abbiamo come compito, quello di fare chiarezza sulla confusione che in certi ambienti pasce circa i Fedeli di Amore.
    Essi, i Fedeli di Amore, non rappresentarono un circolo politico ( anche se Ghibellini per la maggioranza furono ), ne, una congrega religiosa, ma una SECRETISSIMA ORGANIZZAZIONE INIZIATICA, sicuramente, la più importante e REGOLARE dell'intero occidente.
    Antonio




  3. #3
    Andrei Jdanov
    Ospite

    Post tre puntini massonici e rito scozzese

    A nessuno, mi auguro, sarà sfuggito il richiamo simbolico delle tre gocce di sangue contemplate da Parzival, con i tre puntini Massonici.
    Entriamo in un argomento delicatissimo, in quanto c'è da stabilire quale sia stato il ruolo della confederazioni di costruttori massonici, tra Fedeli di Amore, Templari e Catari.
    La mia ipotesi personale, personalissima, suffragata da anni di studi e viaggi, completamente a mie spese, in quasi tutte le maggiori biblioteche europee, è che, i liberi muratori abbiano svolto un ruolo di trade union e supervisione di questa "holding" esoterica, di cui, i Fedeli di Amore avevano i più stretti e personali contatti con i maestri muratori.
    Ritengo, inoltre, il rito scozzese antico ed accettato, il più REGOLARMENTE autorevole e iniziaticamente discendente da tale fiume carsico sotterraneo che ha attraversato la storia e che la attraversa, dal suo principio.Infatti, ADAMO fù il primo Massone "iniziato" dal Grande Architetto dell'Universo, affinchè l'uomo fosse il termine mediano e creativo tra cielo e terra, ad IMMAGINE E SOMIGLIANZA di DIO.
    Alla gloria del grande Architetto dell'Universo
    Antonio


    RSSA Origini e Storia
    Il RSAA è il risultato finale ed unitario di una complessa riforma che interessò vari Sistemi altograduali massonici, sviluppatisi l’uno indipendentemente dall’altro, nel corso del XVIII secolo, nell’ambito del cosiddetto Regime Scozzese.
    Tale Regime ebbe origine con l’avvento dei Maestri Scozzesi, a partire dal 1738 circa, e proseguì via via col Capitolo di Clermont (1754), con gli Imperatori d’Oriente e d’Occidente (1758) che posero in pratica una ritualità definita Rito di Perfezione o anche Rito di Heredom.
    Oggetto della riforma unificatrice in un solo Ordine, furono, oltre questi filoni, anche filoni altograduali minori e di più recente manifestazione, tra i quali il Rito Primitivo ed altri.Il RSAA è la ritualità che caratterizza un particolare Corpo Massonico che la adotta e la fa propria.
    Tale Corpo Massonico si chiama "Supremo Consiglio dei Sovrani Grandi Ispettori Generali del 33° ed ultimo Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato".Il primo Supremo Consiglio (S.C.), detto Madre del Mondo, fu fondato a Charleston, Carolina USA, il 31 maggio 1801 ed attualmente ha sede a Washington, D.C. USA.Nel volgere di qualche diecina d’anni il RSAA, sotto l’impulso del S.C. di Charleston, si è diffuso praticamente in tutto il mondo attraverso ulteriori Supremi Consigli, organizzati in Giurisdizioni territoriali nazionali, ciascuno autonomo ed indipendente, geloso della propria sovranità.


  4. #4
    sachergeometr@
    Ospite

    Post Simone di Montfort

    Simone di Montfort

    (Simon IV de Montfort) (morto il 25 giugno1218 a Toulouse), conte di Leicester fu un feudatario anglo-francese che si rese celebre per le sue gesta guerriere al comando della crociata albigese.

    Nato in data e località ignota

    • 1181 Subentra a suo padre nel titolo di Barone di Montfort
    • 1190 Sposa Alice de Montmorency sorella di Mathieu II de Montmorency, connestabile (connétable) di Francia.
    • 1199 Si arruola per partecipare alla Quarta Crociata
    • 1204 Rientra dopo il sacco di Costantinopoli ed eredita il titolo di Conte di Leicester; il titolo non gli consente però di entrare in possesso dei beni feudali collegati al titolo.
    • 1207 Il Re d'Inghilterra Giovanni Senza Terra confisca i possessi inglesi della contea di Leicester per debiti contratti da Simone di Monfort.
    • 1208 Nominato capitano generale delle forze francesi per la Crociata contro gli albigesi
    • 1209 conquista e saccheggia Bézieres e Carcassonne
    • 1210 Prende Minerve
    • 1213 Infligge a Muret una storica sconfitta agli eserciti di Raimondo VI di Tolosa e Pietro II di Aragona, che muore in battaglia
    • 1215 Il concilio di Montpellier lo crea Conte di Tolosa e Duca di Narbonne. Conquista Tolosa. Il Re d'Inghilterra ri rappacifica con lui e riconsegna le terre confiscate a Simone per il tramite di suo nipote Ralph, conte di Chester.
    • 1217 Muore davanti alle mura di Tolosa, che stava assediando dopo la ribellione della città.
    Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Simone_di_Montfort"




    Simone di Montfort




  5. #5
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    Mostrocci un’ombra da l’un canto sola,
    dicendo: "Colui fesse in grembo a Dio
    lo cor che ’n su Tamisi ancor si cola".

    Enrico di Cornovaglia stava pregando, a messa, nella chiesa di S. Silvestro in Viterbo, quando fu sorpreso e assassinato da Guy de Montfort.
    Chiese pietà al cugino che stava per infilzarlo, ma Guy gli rispose spietato che non ne aveva avuta lui uccidendo suo padre Simon nella battaglia di Eversham.
    Forse Guy vendicava il tradimento del cugino più che quella morte in battaglia; o forse la testa mozzata di suo padre, Simon de Montfort, il sesto Conte di Leicester, che era restata appesa alla Torre di Londra fino alla putrefazione.
    Fatto sta che l'empietà del delitto, il luogo e i partecipanti ebbero una eco tale che ancora quarant'anni dopo Dante Alighieri volle collocare Guy, ben distinto, nel fiume di sangue bollente nel settimo girone dell'Inferno.

    Sangue che bagna il campo di battaglia di Eversham e stilla dalla testa troncata e appesa di Simon de Montfort; sangue sull'altare di Viterbo, sangue che ’n su Tamisi ancor si cola dal cuore di Enrico di Cornovaglia; sangue che ribolle in un fiume dell'Inferno dantesco: queste non sono "tre gocce di sangue" ma un'alluvione di sangue, che sommerge gli ultimi epigoni della dinastia dei Montfort.

    Resta avvolta nel mistero la fine dell'ultimo Simon de Montfort, il Giovane.
    Complice alle spalle di Guy in questo efferato assassinio, scomparirà in quello stesso anno a Siena, "maledetto da Dio e dagli uomini".
    A lui, nemmeno l'onore di una terzina datesca.

  6. #6
    sachergeometr@
    Ospite

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    IL LEONE DI GUIDO DI MONTFORT AUTORE: M. Giuliani
    Parlare di araldica appare sempre difficile per chi non sia appena un poco addentro alla materia. Proprio per questo motivo, spero che queste note possano aiutare a capire meglio cosa sia stata l'araldica al tempo in cui veniva usata. L'araldica era un linguaggio figurato e simbolico, fatto di colori, simboli, ognuno dei quali stava a significare cose ben precise: un nome, un gruppo familiare, l'appartenenza politica a una parte e via discorrendo. Così di frequente, nell'Italia medievale, adottare l'aquila come simbolo di fedeltà all'Impero e alla casa di Svevia, come i guelfi, avversari dell'Impero e favorevoli alla casa d'Angiò, usarono i gigli d'oro in campo azzurro come pezza araldica da portare sul capo del loro scudo.
    L'araldica dei vari gruppi familiari, che abitavano le città italiane, aveva naturalmente una grandissima varietà, anche se certe costanti sono riscontrabili nei vari stemmari cittadini.
    L'attribuzione di uno stemma non era cosa che si potesse fare a proprio gusto e piacere: spesso si adottava lo stemma della propria parrocchia, del gruppo familiare cui si era legati o di cui si era clienti. Altre volte lo stemma veniva concesso da una qualche autorità, in quel caso poteva avvenire una sorta di contaminazione tra il simbolo di quell'autorità e i colori dello scudo originario.
    Niente di meglio di un esempio storico per spiegare al meglio queste affermazioni.
    Nel marzo del 1270, a Firenze, ser Jean de Britaud, cavaliere francese detto dai fiorentini Giambertaldo, lasciò il posto di vicario generale a Guido di Montfort. Costui, che ebbe una parte notevole nella storia fiorentina, era figlio di Simone di Montfort, già duca di Leicester. Nella storia inglese "The Murder of Evesham" ha un nome sinistro e proprio sui campi di Evesham, nel 1265, Guido di Montfort, fu presente alla battaglia che vide suo padre morire sconfitto e, fattosi adulto, riparò in Francia alla corte di Carlo d'Angiò.
    Nel 1270 Guido di Montfort diventò così vicario generale di Carlo d'Angiò a Firenze, come stemma Guido portava uno scudo rosso con sopra un leone rampante bianco - in linguaggio araldico: di rosso al leone d'argento. Per chi volesse avere un'idea più precisa del soggetto in questione esiste una ottima illustrazione dalla matita e dal pennello di Angus Mc Bride, pubblicata nel volume Osprey French medieval Armies.
    Una volta a Firenze, il nostro assunse il comando delle truppe della Lega Guelfa, una sorta di alleanza militare intraregionale, composta da soldati a cavallo pagati da Carlo d'Angiò, da Firenze e, in quote differenziate a seconda dell'importanza, da varie altre città della Toscana e dell'Italia centrale. Alla testa di queste truppe, integrate da contingenti fiorentini e orvietani, Guido mosse insieme a Berardo di Raiano, podestà di Firenze contro i centri di resistenza ghibellini in Toscana. L'11 maggio 1270 muovevano contro il Valdarno di Sopra, a Piantravigne dei Pazzi, dove fu distrutto il castello di Ristruccioli dei Pazzi, "ch'era molto forte", secondo il cronista Giovanni Villani. L'oste reduce da Ristruccioli con Guido di Montfort devastò poi la zona di Poggibonsi, dove era un presidio di cavalieri tedeschi e ghibellini che furono sconfitti con la conseguente distruzione del paese.
    Seguitando a parlare del personaggio, che ebbe una vita incredibilmente avventurosa, il 10 agosto 1270, a Viterbo, Guido di Montfort sposò Margherita di Aldobrandino di Pitigliano, detto il Conte Rosso. Costui era un feudatario potente nelle maremme a sud di Siena, tra il monte Amiata e il mare, fino al confine con il Lazio odierno. Sua figlia Margherita appare nelle cronache del tempo quasi una sorta di Messalina, ma la storia di Guido continua e l'anno dopo il matrimonio, il 13 marzo 1271, sempre a Viterbo, il nostro cavaliere compie la vendetta della sua stirpe massacrata sui campi di Evesham.
    Nella chiesa di San Silvestro, vicino all'altare Guido di Montfort aggredì e uccisa Enrico di Inghilterra; suoi complici nell'assassinio furono il fratel suo Simone e il conte Ildebrandino di Pitigliano, insieme a 300 soldati a cavallo, probabilmente stipendiati dalla lega Guelfa.
    Dopo il delitto Guido si rifugiò poi a Montagnoso, castello posto vicino a Montaione in Val d'Evola, qui ospitato da Stoldo Giacoppi dei Rossi, fiorentino irrequieto al quale il cavaliere anglo-francese, in segno di gratitudine, concesse di portare le sue insegne sullo scudo: il leone bianco in campo rosso.
    Lo stemma dei Rossi di Firenze era, com'é facile immaginare, tutto dipinto di rosso. Stoldo inquartò l'insegna del Montfort nel suo stemma e da allora i suoi discendenti portarono a Firenze lo stemma rosso con un leone bianco.

  7. #7
    sachergeometr@
    Ospite

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    The Song of the Cathar War

    Translation, introduction and notes by Janet Shirley

    A prose translation of an Occitan poem by William of Tudela and his anonymous successor describing events before and during the Albigensian crusade of 1209-18 led by Simon de Montfort. The crusaders were mostly northerners, and their eventual success led to the incorporation of hitherto independent areas into the kingdom of France. William was a good poet, his successor brilliant, both of them a pleasure and a challenge to translate. They had two totally opposite points of view - neither was pro-Cathar, but William supported Holy Church and the crusading northerners, while his successor was passionately devoted to the southerners and to freedom.

    'The Song of the Cathar Wars is a crucial source for historians of crusades, medieval heterodoxy and its suppression, the creation of modern France, medieval Occitan society, and the development of vernacular epic historiography in the Middle Ages. This accomplished, unfrilly and readable translation opens it up...' Medium Aevum.


    Cathars - both authors assume that we know what the Cathars believed, and don't mention this. Remembering that all the evidence we have about them comes from their enemies, we can say that they believed in the existence of two gods, one bad and one good, and that the physical world was created by the evil god, so that eating and drinking and begetting children were all evil; and that Christ was not really crucified. They also preached and practised holy poverty, in the face of a rich and apparently complacent Church. See Michael Costen's The Cathars and the Albigensian Crusade, Manchester University Press, 1997. See also the translations by W.A. and M.D. Sibly of The History of the Albigensian Crusade by Peter of Les Vaux-de-Cernay and The Chronicle of William of Puylaurens, both Boydell and Brewer.



    Simon de Montfort, a Norman baron of no great importance but plenty of push, father of the 'parliamentary' Simon de Montfort of English history. He had inherited the title of earl of Leicester through his mother, which enabled him to call himself 'count' of Montfort. He died in 1218, struck by a stone from a mangonel 'worked', says the Song triumphantly, page 172, 'by noblewomen, by little girls and men's wives'.

  8. #8
    sachergeometr@
    Ospite

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    Simon de Montfort


  9. #9
    sachergeometr@
    Ospite

    Predefinito

    L' Assedio...



    ...ma qualcuno con qualcosa fuggì dal castello prima della capitolozaione, verso quale luogo?

  10. #10
    sachergeometr@
    Ospite

    Post Dinastia dei Montfort

    Montfort Dinasty

    Simon de Montfort (Snr) c 1160-1218 or Simon IV de l'Amaury was created 5th Earl of Leicester by King John in 1206. He died in 1218 during the siege of Toulouse the capital of Haute-Garonne, on the river Garonne, SE of Bordeaux. The city has a fine 12th-13th-century Romanesque church (St Sernin), the church of the Jacobins (belonging to a monastery founded 1216). Toulouse was the cultural centre of medieval France in the 12th-13th centuries and was captured by Simon during the infamous Albigensian wars (1209-29). When a papal legate was assassinated in the territory of Count Raymond of Toulouse, Pope INNOCENT III called for a crusade against these heretics. Simon de Montfort's massacre (1209) of the inhabitants of Beziers stands out as an example of the crusaders' cruel conduct. Asked how to separate Christians from heretics, one leader is said to have replied: "Slay them all. God will know his own."
    Simon de Montfort (Jnr), 6th Earl of Leicester c1208-1265 English politician and soldier. Born of an Anglo-French family in Normandy, France. In 1229 he came to England, where two years later Henry III, King of England, confirmed his title and estates. He married Princess Eleanor, the youngest sister of the king, on 7th January 1239. Princess Eleanor was a widow having been previously married to William Marshall, Earl of Pembroke who died in 1231. Eleanor and Simon had five sons, Henry b. 1238 who was killed in 1265, Simon b. 1240, Guy, Count of Nola b. 1243, Richard and Aymer, Conon of York. They also had a daughter who was named Eleanor b.1253. She married Llywelyn the Last of Wales, together they had a daughter Gwenllian who became a nun and died in 1337.
    Courtesy of Margaret Butler

    Green in his history of the English people notes, "His life was pure and singularly temperate; he was noted for his scant indulgence in meat, drink or sleep. Socially he was cheerful and pleasant in talk, but his natural temper quick and ardent, his sense of honour keen, his speech rapid and trenchant." He also records an anecdote which displays his high sense of honour and promptness to repel any assault upon it. Green says that having for four years been seneschal of Gascony and in that service having drawn a large sum of money on the king's promise to repay it; upon reminding the king of this promise " Henry hotly retorted that he was bound by no promise to a false traitor. Simon at once gave Henry the lie " etc. (Vol. I, paragraphs 221-223. )
    He led the second Barons' War, rebellion of the English nobility against King Henry III, staged between 1263 and 1267. The rebellion was precipitated by Henry's refusal, abetted by Pope Urban IV, to effect the Provisions of Oxford, amendments to the Magna Carta that had been adopted by the nobility in 1258 in an effort to curb Henry's abuse of his powers. In 1263 the dispute between the barons and Henry was submitted for arbitration to King Louis IX of France, whose decision on 23rd January 1264 and known as the Mise of Amiens favoured the English sovereign. Refusing to accept the decision, Montfort and his supporters, including sections of the middle class, resorted to arms. They inflicted a severe defeat on Henry's forces at Lewes Sussex on on 14th May 1264 and took Henry prisoner. Montfort, who became virtual ruler of the kingdom, in the King's name summoned a Parliament for 1265. This was the first parliament in which the towns and shires were represented and established principles of representation that figured significantly in the eventual development of the House of Commons. The war was renewed, however, and on August 4, 1265, Henry's troops, led by his son Edward, later king of England as Edward I, won a decisive victory over the barons at Evesham, where Montfort was killed. For further reading visit the Medieval Sourcebook.The earliest reference we have found to the Montfort family in the County of Somerset dates back to 1260 when the Manor of Nunney was recorded as belonging to Henry de Montfort, the eldest of Simon's sons. At this time Henry managed to obtain a Royal Grant for a Market to be held in the village of Nunney near the town of Frome every Wednesday. Permission was also given to hold a Fair for three days each year on the eve, day and morrow of St Martin (11th November). Pictured below is a view of Nunney Castle which was built in 1373.

    Simone de Montfort



 

 
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