Originariamente Scritto da
calvin
La Voce Repubblicana ha ricordato oggi Milton Friedman con questo articolo:
Sostenitore del libero mercato contro ogni ingerenza da parte dello Stato, tanto da meritarsi il titolo di anti-Keynes. Così ascoltato da detrminare le politiche economiche di due campioni del liberismo del ventesimo secolo: Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Milton Friedman è morto giovedì in ospedale per complicazioni cardiache all'età di 94 anni, a San Francisco dove abitava, dopo essere stato uno degli economisti più ascoltati degli ultimi 50 anni, influenzando molte teorie in campo monetario. Convinto sostenitore del libero mercato, Friedman ha impostato tutti i suoi lavori sulla dottrina del monetarismo, sul principio secondo cui l'inflazione può essere governata dalla Federal Reserve, la banca centrale Usa, con il semplice uso della leva monetaria. “Se la Fed - era solito ripetere tutte le volte che gli era possibile - avesse seguito queste linee come principio guida, avrebbe evitato la Grande Depressione della fine degli anni Venti”. Giudizio condiviso dall'attuale “banchiere dei banchieri”, Ben Bernanke, in un intervento pubblico nel 2002. Secondo Bernanke il pensiero di Friedman “ha così permeato la moderna macroeconomia che si rischia di non apprezzare il carattere rivoluzionario e originale delle sue idee”. Anche Alan Greenspan, ex numero uno della Fed per 18 anni, ha ammesso che Friedman “è stato un punto di riferimento” per la sua vita. Nato a Brooklyn nel 1912 da genitori ebrei emigrati dalla Cecoslovacchia, laurea alla Rutgers University nel 1932, master all'Università di Chicago e dottorato alla Columbia, Friedman ha sviluppato le sue teorie proprio studiando il New Deal, voluto da Franklin Delano Roosevelt per risollevare il Paese dalla profonda crisi economica, arrivando alla conclusione che solo il libero mercato e la politica del laissez-faire sono la chiave per reggere le sorti dell'economia. Friedman si è dimostrato un ottimo divulgatore del pensiero liberista, tanto che dalla cosiddetta scuola neoliberista ortodossa di Chicago sono emersi un'altra decina circa di premi Nobel (i Chicago Boys), e da influenzare negli anni Ottanta le scelte del governo inglese di Margaret Thatcher e di quello americano di Ronald Reagan (oltre ad aver avuto rapporti contrastanti con i presidenti Richard Nixon e Gerald Ford). Amante delle provocazioni, Friedman, sempre negli anni Ottanta, fu anche uno dei pionieri della legalizzazione della droga, avendo preso posizione contro la guerra dell'allora presidente George Bush contro gli stupefacenti, sostenendo che era destinata a fallire: proprio come il proibizionismo degli anni Venti e Trenta, che non era riuscito a sradicare il consumo di alcol. Tra le sue teorie, sempre oggetto di discussione, figura anche quella del rigetto della responsabilità sociale d'impresa sia sul piano economico sia su quello etico, sulla base del principio che i manager agiscono nell'interesse dei soci. In altri termini, il denaro impiegato per risolvere problemi sociali, anche se l'impresa ne è la causa, significa fare “beneficenza” con i soldi dei soci-proprietari. Insomma, il mercato prima di tutto. Un liberale autentico che un paese come il nostro, conteso fra cultura cattolica e pensiero marxista non è mai stato capace davvero di ascoltare. E tanto meno di capire sul serio. Individualismo, merito, libertà economica, i tre capisaldi su cui Friedman aveva costruito il suo pensiero in Italia venivano tutto sommato guardati con sospetto e diffidenza. Quando dobbiamo misurare il ritardo economico del nostro Paese, le sue difficoltà di sviluppo, occorre anche ricordare le lacune teoriche che lo caratterizzano. Il professor Domenico Siniscalco, ricordando la figura di Friedman sulla Stampa, cita la famosa battuta del premio Nobel - “non esistono pasti gratis” - per chiosare che invece da noi si continua a credere l’inverso, e cioè che invece che sia possibile e magari dovuto. Per la verità c’è stata un’evoluzione recente, secondo la quale esiste il pasto a sbafo. Nel senso che c’è chi mangia a crepapelle e poi fa pagare a qualcun altro il conto.