La resa di Pollari: «Via, ma con onore».

L'ex capo: non voglio essere il capro espiatorio del caso Abu Omar


ROMA — Quando ha capito che la partita era ormai chiusa e la sua sostituzione decisa, Nicolò Pollari ha posto un'ultima condizione: «Vorrei essere avvicendato con onore». Perché ai ministri che gli hanno parlato negli ultimi giorni e allo stesso premier Romano Prodi che lo ha ricevuto ha spiegato di non voler finire come «il capro espiatorio della vicenda Abu Omar nella quale non ho alcuna responsabilità». È stata esplorata la possibilità di affidargli un nuovo incarico, ma di fronte alle resistenze incontrate si è ritenuto che l'unica soluzione fosse la dipendenza da Palazzo Chigi. Non è un pensionamento vero e proprio, ma di fatto nessuna mansione gli è stata affidata e dunque il generale resta a disposizione del premier.

I VETI — La prima ipotesi era quella di farlo diventare consigliere della Corte dei Conti, ma si è posto un problema di opportunità. Pollari è infatti indagato per il rapimento dell'ex imam Abu Omar e, poiché rischia di essere processato, esiste l'eventualità che al termine del dibattimento anche i magistrati contabili debbano occuparsi della vicenda. Non idoneo, di fronte al coinvolgimento giudiziario, è stato ritenuto pure un posto al Consiglio di Stato. Fino a due giorni fa si era pensato di nominarlo prefetto, ma si tratta di un ruolo inquadrato nei ranghi del Viminale e pertanto questa scelta è stata scartata alla luce delle polemiche scatenate dal vertice del Sismi che ha indicato proprio nel capo della polizia, Gianni De Gennaro, «uno dei nemici del generale». Non solo. Un mese fa era stato proprio il ministro Giuliano Amato, di fronte all'impasse evidente del governo, a dichiarare pubblicamente la sua convinzione che «i cambi ai vertici dell'intelligence sono opportuni e urgenti».

L'ACCORDO — Il compromesso è stato dunque quella nomina a consigliere di Stato con il «conferimento di un importante incarico speciale alle dirette dipendenze del presidente del Consiglio». Il fatto che nella nota non vengano specificati i compiti assegnati alimenta la convinzione che si tratti in realtà di un semplice riconoscimento di facciata, tanto che le prime voci circolate al termine della riunione interministeriale parlavano di «pensionamento». Nega che si tratti di una bocciatura il senatore Sergio De Gregorio, che in questi mesi è stato uno dei difensori più strenui di Pollari e ieri lo ha chiamato «per esprimergli la mia solidarietà». A lui il generale non ha potuto nascondere «l'amarezza per quanto è avvenuto». Ma ha poi spiegato di essere stato «rincuorato perché la scelta del presidente del Consiglio è comunque una manifestazione di fiducia nei miei confronti». E forse proprio in questo senso va la dichiarazione al Tg1 del sottosegretario Enrico Micheli, secondo il quale «sulla scelta di cambiare i vertici dell'intelligence non ha pesato la vicenda di Abu Omar».


LE MOSSE — Ad accelerare i tempi dell'uscita dal Sismi è stata certamente la decisione imminente della Procura di Milano di sollecitare il suo rinvio a giudizio. Ma anche le ultime mosse del generale apparse in alcuni casi «incomprensibili». Come quella di chiedere e ottenere che il Comitato parlamentare di controllo ascoltasse in seduta segreta Pio Pompa, il funzionario che è stato uno dei collaboratori più fedeli. L'uomo dei dossier che gestiva l'ufficio di via Nazionale è riuscito nell'impresa ritenuta fino ad allora impossibile di mettere d'accordo i parlamentari della maggioranza e dell'opposizione che all'unanimità hanno definito «imbarazzante e assolutamente fuori luogo» la sua audizione. Pochi giorni dopo, Pompa è stato costretto ad abbandonare il Servizio segreto militare per essere mandato «in un'altra amministrazione».

LE PROMOZIONI — Malumori all'interno del governo ha suscitato poi la decisione di Pollari di promuovere una decina di 007 appena una settimana prima della sua sostituzione. Funzionari che in alcuni casi sono riusciti a ottenere anche doppi scatti di carriera per essere destinati in posti chiave come la Divisione antiterrorismo o la prestigiosa Infosec che si occupa di sicurezza informatica. Proprio questo ha rafforzato lo schieramento che riteneva assolutamente «inopportuna» la sua permanenza al vertice di un servizio segreto che, come hanno dimostrato le intercettazioni disposte dai giudici di Milano, aveva veicolato anche un falso dossier contro l'attuale presidente del Consiglio.

IL COMITATO — Al lavoro dei magistrati si è affiancato in questi mesi quello del Comitato di controllo che si è occupato sia del sequestro di Abu Omar, sia dell'ufficio di via Nazionale. Nella ricostruzione dei fatti contenuta nella bozza di relazione che sarà discussa a partire da domani, Pollari è accusato di aver «mentito al Parlamento accreditando versioni false sulla vicenda e affermando di non averne mai saputo nulla, circostanza che si è poi rivelata non veritiera». Le anticipazioni finite sui giornali hanno scatenato la reazione dell'opposizione, che lo ha definito «carta straccia». Adesso, con l'uscita di scena del generale, un accordo tra i due schieramenti per arrivare ad un documento condiviso appare possibile da raggiungere. A lui resta l'onere di «dimostrare che sono innocente», come ha sempre giurato.


Fiorenza Sarzanini

21 novembre 2006

Fonte :

http://www.corriere.it/Primo_Piano/P...arzanini.shtml