IL GOLPE DI DILIBERTO
di DREYFUS
Ecco il documento integrale del Pdci in cui il segretario spiega ai compagni come abbattere Prodi, Rutelli Fassino e tingere di rosso l'Italia
Il documento che presentiamo è la trascrizione della relazione del segretario Oliviero Diliberto al Comitato centrale del Partito dei comunisti italiani (Pdci). Sembra carne di mammut appena tirata fuori dai ghiacci siberiani. Magari fosse così. Purtroppo l'autore di questo pronunciamento è un comunista oggi al potere in Italia. Dà ministri e sottosegretari a Prodi. È decisivo per la maggioranza. Ha influenzato pesantemente le scelte del nostro Paese. Però non gli basta. Vuole di più. Vuole «il sovvertimento dei rapporti di classe». Sembra di sentir parlare Berlusconi quando parla dei comunisti. Diliberto è chiaro: «Sembra che questa parola "comunisti" sia l'orsetto di peluche, ma non è così eh! È una cosa più tremendamente seria». Finalmente può essere sincero: «Tanto noi facciamo le riunioni a porte chiuse», sibila. Libero lo ha ascoltato. Qui ne offriamo il testo integrale, ognuno si faccia l'idea che può. A noi alcuni punti di tattica politica paiono chiari. Prodi durerà un anno, due anni al massimo. Per ora - a voler usare un'espressione di Berlusconi raccolta da Alessandro Sallusti «manca il killer». Neanche Diliberto vuole esserlo, per ora. Prima si deve giocare una partita enorme sulla sinistra, una guerra tra compagni che ricorda quelle tra menscevichi e bolscevichi nel '17 in Russia. Lo zar Berlusconi è caduto. Ora si tratta di buttare giù, a tempo opportuno, il democratico Prodi, e poi verrà l'epoca dei comunisti. Diliberto farà con Rutelli, Prodi e Fassino come il comunista Lenin fece con il riformista Kerenskij. Speriamo che Diliberto sia un illuso. Ma lui ci crede. «Siamo comunisti». E lui scommette ce ne siano molti in Italia. L'operazione inizierà in primavera. È prevista per allora la nascita del Partito democratico. Dovrebbero partire le manovre per inghiottire buona parte dei Ds, l'ala di Mussi, quella di Salvi. Diliberto ha già preso contatto con i compagni della Liguria. Certo bisogna fare i conti con l'appetito degli uomini, e molti deputati non aderiranno. Però la base sì. E allora se ne vedranno delle belle. Intanto registriamo alcune certezze. Diliberto parla malissimo di Prodi («sembra uno che non fa politica») e di Padoa Schioppa («starebbe bene in un governo di destra»). La grande paura dell'implosione
«La finanziaria contiene mucchi di nefandezze», ammette il leninista sardo (Diliberto è di Cagliari), e «il governo è in calo drammatico di popolarità». Ma Prodi non deve essere fatto cadere in questo momento. Perché altrimenti arriverebbe un governo tecnico. Un governo voluto dalla Confindustria e dal Corriere della Sera, espressione di Mario Monti, Montezemolo e di Padoa Schioppa. Forse guidato da Marini. Farebbe la riforma delle pensioni e cambierebbe la legge proporzionale. Bertinotti si è già accordato per questo. Secondo Oliviero il compagno Fausto ormai si dice comunista per «tigna» ma non lo è. E molti di Rifondazione lo abbandoneranno. In questa guerra di tutti contro tutti a sinistra è chiaro che la coalizione non dura. Non si va al governo tecnico, con cambio di cavallo in corsa, ma a una implosione nella sinistra. Una guerra spietata di potere. E Prodi cadrà, quando Diliberto avrà la spada, e si armeranno anche i suoi avversari di coalizione. A questa implosione pensava probabilmente il Cavaliere nella famosa conversazione registrata da Libero a casa Santanché. Ora è presto, ma poi Romano sarà spedito a Bologna insaccato dai suoi. Gli insulti ai soldati pagano bene
Intanto registriamo queste frasi singolari di Diliberto. D'Alema non è affatto «equivicino» tra israeliani e arabi, ma, come in realtà avevamo già capito, è semplicemente «filopalestinese». E concessa da Diliberto è una patente sicura. La cosa più grave però è la rivendicazione esplicita che Diliberto fa della sua partecipazione alle manifestazioni dei pacifisti. Rivendica come scelta buona e giusta quella di essere stato con chi gridava «dieci, cento, mille Nassiriya». È una «spregiudicatezza che ha pagato». Altro che chiamare «imbecilli» in pubblico quei manifestanti. A porte chiuse Diliberto fa un po' la vittima, ma ringrazia. «Ho subito contumelie» a causa di quegli slogan, «ma ha pagato». Oliviero gongola. Bravo. Che ne dice Napolitano?