EWS non è solo un doppio sogno, ma tutto. Come il nero monolito di 2001, che
in Eyes prende la simbologia dell'albero di Natale, questo archetipo che
sembra voler condurre ad una rinascita, che mai avverrà nel film.
Alice è la donna, ma soprattutto la dea tutelare della famiglia, figura
positiva che salva il marito dal contagio del sesso - morte con una
telefonata.
Queste due figure che inevitabilmente sembrano essere realtà e inconscio,
l'uno dell'altro; lui vestito di nero che esplora l'illusiva città, con i suoi
negozi che commerciano il "vivere" e con tutte le sue sfumature;
lei invece che tiene duro, comprendendo quanto sia difficile essere moglie
nel ruolo di un valore oramai preconfezionato, come la pubblicità in tv che vicino a lei
parla di un viaggio di nozze a Roma!
O come Bill che sempre soldo alla mano riesce quasi a ottenere tutto,
tranne l'essere veramente se stesso.
Nota inoltre come si apre il film. Alice e Bill sono in bagno, lei non ha
vergogna di farsi vedere così, ma non perché in fondo sono una coppia
libera, ma perché hanno problemi sessuali, che cercano di risolvere o
almeno di superare con l'uso di qualche "droguccia mescalina" o facendolo davanti allo
specchio, unico modo per degustare l'attimo al di fuori di quello che non
sia il loro corpo, gettando fuori il loro amore e facendone il reality show fatto in casa.
Anche l'occhio vuole la sua parte, insomma.
Lui cammina per le strade scure, quale verme individuale che si fa strada nella massa
della Grande Mela, ovvero una mente dove tutto sembra sperdersi e disarmarsi,
dove un gruppo di giovani cercano di far paura, ma in realtà sono innocui.
I veri mostri sono quelli più
anziani, gli affermati che bevono, giocano con palle e stecca, si tirano sù
le brache e ridono della morte di una donna perché in fin dei conti è solo "una puttana".
Quella donna - uomo 2001 che si sacrifica salvando la vita a Bill e muore, ma non
risorgerà mai nell'obitorio, segno ormai di un corpo dell'umanità in
disfacimento, simbolo di una vita umana che non ama più neanche il senso della morte per la vita,
anzi rifiuta anche questa e sa solo andare "dove finisce l'arcobaleno", ovvero ben oltre
l'infinito di 2001: nell'oscenità più immane.
La dama bianca, custode dell'armonia, guida ispiratrice e
conoscitiva di una falsa e cieca potenza maschile non esiste più in questa
società, al suo posto troviamo solo il culto per una donna statuaria e
confezionata per uso e consumo, da scopare meccanicamente, vuoto a perdere, e
che nella morte per overdose della prostituta chiusasi dall'interno nella sua camera
ripropone drammaticamente la denuncia di un sistema ideologico di una società
che si autodistrugge,
come per la già vista scena della morte di Hal 9000 asserragliatosi nella Discovery.
Eccezionale la scena del padre morto, l'idolo casalingo, in verità già sempre
morto, modello uomo 2001, ma forse più come marito della Charlotte di Lolita,
un padre - mentalità giusto per portare avanti un tipo di vita
fatta, una figlia che andrà chissà dove per sposarsi. Una
figlia però che vede da dentro e nel dolore la liberazione.
Il desiderio ribolle, esulta con un conato, lei ingoia come se volesse vomitare, si
liscia le labbra e salta sul bravo dottore e lo bacia, uomo nuovo col quale vorrebbe
ricostruire la sua vita e forse rinascere, ma inutilmente.
Patetico il finale nel grande centro commerciale,
accolti entrambi in una grande ed invitante placenta consumistica
lui risponde con una frase da maschio infinitamente
uomo, ma lei invece gli rivolta in faccia non solo lo stato esistenziale della donna, ma tutta
la realtà sperando solo di poter ritornare alla genesi di tutto, quindi alla
vita primigenia, scevra e piena così di speranza.
Infine una musica amena degna di un'apocalisse che già stiamo vivendo.
Un caro saluto
Marco Urraro ©