Fottere lo shopping: istruzioni per l'uso

(pubblicato su: "Queer" supplemento di Liberazione del 26/11/2006)

Centri commerciali, ipermercati, catene di negozi, franchising, casinò,
navi da crociera: il sociologo americano George Ritzer ha trovato una
locuzione originale per definire tutti questi ambienti, li ha chiamati
"cattedrali del consumo". Sono dispositivi che consentono, incoraggiano
e ci "costringono" a consumare beni e servizi. Per Ritzer il consumo è
una sorta di rito religioso con i suoi pellegrinaggi e i suoi rituali
che ha in Disneyland il suo modello di riferimento. E in effetti
l'industria della grande distribuzione è cambiata in maniera decisiva
nel corso del corso dell'ultimo secolo. Fino a qualche decennio lo
sviluppo industriale nell'organizzazione degli spazi di consumo era
guidato dall'imperativo di rendere più rapido ed efficiente il processo
di acquisto, oggi l'obiettivo è un altro. Nelle cattedrali del consumo,
la prima cosa a dover essere consumata - gratuitamente - è l'esperienza.
Luci, colori, odori, installazioni, percorsi, animazione sul punto
vendita provvedono alla costruzione di un mondo incantevole e
impossibile. Un mondo di cui il consumatore può sentirsi abitante
attraverso l'acquisto del feticcio intorno a cui tutto pare ruotare: la
merce. Un processo che ha i caratteri della religiosità soprattutto
perché può esprimersi soltanto nell'ambito di una comunità disposta a
riconoscere e condividere i valori di quella esperienza.
D'altronde secondo il pubblicitario Bruno Ballardini, autore del
pamphlet "Gesù lava più bianco", è stata la chiesa stessa ad aver
individuato e sfruttato per prima tutti i meccanismi della comunicazione
pubblicitaria.

Non sorprende allora che uno dei più famosi ed eccentrici attivisti
dell'anticonsumismo statunitensi abbia deciso di indossare i panni di un
prete. Si chiama Reverend Billy e con la sua "Chiesa dello Stop
Shopping" continua a creare panico in tutte le catene delle grande
distribuzione, al punto che quelli delle caffetterie Starbucks hanno
elaborato un documento a uso interno che spiega ai dipendenti come
affrontare le "visite evangeliche" del reverendo e della sua animata
combriccola.

Attore di teatro consumato, il reverendo Billy si presenta infatti
improvvisamente presso i punti vendita delle grandi catene, con indosso
un clergymen e accompagnato da un coro gospel di 25 persone sale su
pulpiti improvvisati e arringa i consumatori con sermoni a effetto: "non
siete voi ad aver bisogno del prodotto, è il prodotto ad aver bisogno di
voi, ma la buona novella è che non abbiamo bisogno di tutto ciò.
Alleluja". Il tono è perentorio, le liriche profetiche, il ritmo quello
di un telepredicatore che può andare avanti per ore. Il NewYork Times se
ne è innamorato e segue regolarmente le sue imprese, mentre la polizia
lo carica ogni volta, come quando ha crocifisso Mickey Mouse davanti a
un negozio della Disney al grido di "Mickey Mouse è l'anticristo".

Performance come quelle del reverendo Billy riescono a creare un
paradossale cortocircuito che rende visibile proprio quella dimensione
trascendente, di cui dicevamo sopra, che lega il consumatore alle merci
e soprattutto allo spazio in cui si perfeziona l'acquisto.
Decisamente più dirette e radicali erano però state negli anni sessanta
le azioni dei King Mob, un gruppo londinese di ispirazione
situazionista. Il loro intervento più creativo avvenne alla vigilia di
un Natale, quando decine di attivisti mascherati da babbo natale
entrarono presso i grandi magazzini Selfridges, già addobbati per le
feste, e iniziarono a distribuire giocattoli ai bambini costringendo
commessi e sicurezza a intervenire e strappare i regali dalle mani di
bambini piangenti.

In questo caso l'intervento rendeva esplicita la funzionalità
commerciale delle feste comandate agendo però soprattutto sulla
questione dell'accessibilità e del costo delle merci. Si tratta di un
filone che ha una lunga tradizione nell'ambito del cultural jamming.
Erano stati gli stessi King Mob ad affiggere manifesti apocrifi fuori da
un supermercato che annunciavano la vendita di tutti i prodotti a metà
prezzo. Un'azione replicata lo scorso anno dai Disobbedienti del
CopyRiotCafè di Padova che, in occasione di un anniversario
dell'università, sono riusciti a far pubblicare dal Gazzettino di Padova
l'annuncio di una convenzione tra l'accademia e le librerie Feltrinelli
con l'offerta di uno sconto del 50% solo tra le 16.00 e le 18.00 di
quella giornata. Risultato: la libreria fa una serrata dalle 16.00 alle
18.00.

Ancora più immediata l'operazione degli Space Hijacker, uno gruppi più
creativi della scena dei cultural jamming. Una semplice maglietta con su
scritto "Oggi a metà prezzo tutto quello che c'è nel negozio" e decine
di agenti che si posizionano ordinatamente fuori dai negozi più eleganti
di Oxford Street a Londa. Quando però arriva la polizia gli attivisti
fanno presente il proprio diritto a indossare qualsiasi maglietta.

Ha invece avuto molti più problemi il progetto Re-code. Nato da una
riflessione sul tracciamento dei comportamenti d'acquisto attraverso i
codici a barre l'idea è stata quella di costruire un data-base on-line
che permetteva agli utenti di condividere informazioni su prodotti di
massa e creare codici a barre pronti da stampare per essere
eventualmente sovrapposti a quelli ufficiali. La Wal-Mart però, che è la
più grande catena americana di grandi magazzini, non ha gradito
l'operazione e alla fine ha costretto il sito alla chiusura.

Aldilà dei giudizi di valore su operazioni di questo tipo, va notata la
progressiva capacità di mettere in crisi la meccanica dell'acquisto
attraverso interventi creativi che utilizzano modelli di comunicazione e
strumenti tecnologici che sembrano connaturati alle logiche del
commercio. Mentre semplici slittamenti di significato o inversioni del
senso comune normalmente accordato a una campagna di comunicazione
riescono a disvelare l'arbitrarietà delle logiche di consumo e talvolta
a sottolineare il ruolo economicamente produttivo dei consumatori. Per
questa ragione, paradossalmente, sono proprio operazioni di questo tipo
che vengono tenute d'occhio da agenzie pubblicitarie e reparti
marketing, e finiscono per diventare spunti per nuove strategie
pubblicitarie.