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  1. #1
    Extra Ecclesiam nulla salus
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    Predefinito 10 - Gioielli della Corona

    Si è parlato tanto della famosa questione dei Gioielli della Corona. Quello che devo rilevare, però, è la perdurante presenza di molti, troppi, punti oscuri della vicenda.

    Io stesso, tanti anni fa, scrissi personalmente il testo di una interrogazione a risposta scritta rivolta al Ministro per i Beni e le Attività Culturali (all'epoca era Veltroni) e la feci presentare a Palazzo Madama da un senatore che conosco. Il Ministro non rispose mai a quelle domande.

    Premetto che io tendo a distinguere, in questa faccenda, ciò che era di spettanza di Casa Savoia, intesa come famiglia (e che quindi potrebbe anche essere restituito), rispetto ai beni che, pur usati dai membri di Casa Savoia, avevano una funzione istituzionale (nel qual caso, vanno conservati da parte dello Stato).

    Ma a parte ciò, ho recentemente letto che in realtà i famosi Gioielli della Corona facevano parte di un tesoro molto più vasto, buona parte del quale andò dispersa e pertanto gli attuali Gioielli rappresentano ciò che rimane.

    Ho anche letto che grazie all'interessamento di diversi parlamentari, tra i quali l'On. Raffaele Costa, la questione dei Gioielli della Corona sembra ormai si sia avviata a conclusione dopo decenni di incomprensibile stasi.

    Allego, di seguito, il testo di un articolo del 2002 (rinvenuto sul sito http://www.francobampi.it/liguria/ri...lli_savoia.htm) che tratta, appunto, della faccenda. E qualche dubbio lo lascia.

    Un'ultima curiosità. Ma la Corona del Re, quella vera, che fine ha fatto? Dov'é? Pare non ci sia nella famosa cassetta conservata alla Banca d'Italia. Starà al Quirinale (dove è stato conservato anche il Trono autentico)? E' andata perduta?

  2. #2
    Extra Ecclesiam nulla salus
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    Ecco i Gioielli che i Savoia rivogliono...


    Sono così belli, come lo è la storia quando è finita, e la guardi in un quadro, e la leggi in un libro. I gioielli di casa Savoia sono a modo loro una storia, vecchia e nuova. Stanno chiusi in un cofanetto a tre piani, sigillati alla Banca d'Italia. C'è una collana a dieci fili con 684 perle, c'è il diadema di Musy per la regina Margherita che tiene incastonati «541 diamanti del peso di 1167 grani, pari a 292 carati, 11 perle a goccia di 720 grani e 64 perle circolari del peso di 975 grani», come scrive Maria Gabriella di Savoia nel suo libro «Gioielli di casa Savoia». Valgono tremila miliardi. Poi c'è chi dice molto meno, e c'è chi invece, vicino ai Savoia, giura che potrebbero valere anche cinquemila. È comunque una cifra enorme. Alla fine, non dovrebbe sorprenderci troppo se fosse davvero contesa fra Stato e Famiglia. Raccontano anche una storia fatta di splendori, di ricchezze e di tragedia, quando negli ultimi giorni cupi e terribili della guerra vengono pure nascosti e murati per essere salvati dal saccheggio di tutti. Fanno parte di un Tesoro ancora più vasto, che potrebbe rientrare nelle trattative in corso fra governo e Savoia, sul loro rientro in Italia. Da Ginevra, le trattative le smentiscono. Da Roma, le fanno filtrare. Vediamo di capirci qualcosa.
    Innanzitutto il tesoro. Quello dei gioielli, e quello dei beni. Sono due cose distinte, ma forse non divise. I gioielli raccontano molto nella loro bellezza. Ci sono diademi splendidi. Collane, bracciali, spille. Molti sono della Regina Margherita, che aveva un'eleganza vistosa, sovraccarica, che piaceva molto agli italiani. Meno ai francesi. Ernest Tissot scriveva: «La regina passa adornata come una statua votiva...». Lei non ci faceva caso. Continuava ad accumulare. Dal libro «Gioielli di casa Savoia», di Maria Gabriella di Savoia e Stefano Papi: «Margherita ricevette dal re Vittorio Emanuele II, come dono di nozze, un elegante diadema di diamanti disegnato a tralcio di foglie di lauro centrato da una margherita. Era stato acquistato presso il gioielliere Mellerio di Parigi». «Umberto regalò molti gioielli alla moglie e con certezza sappiamo, da una nota della Regina Margherita, che la grande collana a dieci fili con infilate complessivamente 684 perle, le fu donata nell'arco di 4 anni». È la collana di perle più belle e importante della collezione della regina. Invece, Vittorio Emanuele aveva regalato alla Regina Elena un diadema, creazione di Musy: «Disegnato come un intreccio di fiocchi in diamanti, sulla sommità vi erano 5 smeraldi circondati di diamanti provenienti da un bracciale della regina Margherita». Anche Maria José aveva uno splendido diadema di perle e diamanti, ma l'aveva ereditato dalla sua madrina, l'imperatrice Carlotta del Messico: «Era stato modificato alla fine degli Anni Venti con l'aggiunta di una parte posteriore con fermezza, in modo che la principessa potesse usarlo a foggia di bandeau». Per le nozze, invece, il principe Umberto aveva incaricato il gioielliere Filippo Chiappe di realizzare «un gruppo di gioielli in diamanti da presentare alla futura sposa, fornendo lui stesso parte delle gemme e suggerendo all'orefice con alcuni schizzi, i motivi per la realizzazione finale. Tra questi figuravano una lunga collana, una coppia di clip e degli orecchini pendenti, gioielli molto in voga tra gli Anni 20 e 30».
    Tutti questi gioielli a chi appartengono? Ai Savoia: li hanno lasciati in deposito allo Stato, rispondono dallo studio di Giuseppe e Luigi Morbilli, i legali di fiducia della Famiglia. Però Dagospia, il sito internet di Roberto D'Agostino, ha reso noto on-line un resoconto verbale «dell'incontro avvenuto a Ginevra il 18 novembre scorso tra una delegazione di Palazzo Chigi, Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto proprio al fine di definire il quadro del ritorno in Italia», com'è scritto sulla pagina intestata Presidenza del Consiglio arrivata non si sa come nelle mani di D'Agostino. Motivo del contendere: i Savoia dovrebbero ritirare il ricorso presentato a Strasburgo, in cui chiedevano la restituzione dei loro beni. Avevano promesso di farlo. Non l'hanno ancora fatto. Perché? «Ma perché noi vogliamo che resti una dichiarazione formale sull'ingiustizia compiuta ai nostri danni», rispondono da casa Savoia. «Solo questo. Non ci sono altri motivi». E Iannetta, il segretario dell'Istituto della Real Casa, aggiunge che «ci sono soltanto ragioni di salute dietro questo ritardo. Tutto il resto o non ha senso o sono calunnie».
    Ci sono i gioielli. E poi? Del tesoro farebbero parte il castello di Sarre, alle porte di Aosta, con una villetta e 5 ettari di terra, il castello di Pollenzo, in provincia di Cuneo, patrimonio dell'Unesco, tre tenute di caccia in Valle Gesso, sempre nel cuneese, le tenute laziali di Capocotta e Castelporziano (oggi utilizzata dal Capo dello Stato), Villa Savoia a Roma, e il castello di Racconigi, un gioiello di architettura fiamminga protetto dall'Unesco. La tenuta presidenziale di San Rossore, palazzi e ville a Pisa e Torino, l'intero arredamento del Quirinale e persino la basilica di Superga a Torino. Dallo studio di Morbilli fanno sapere che il principe «non intende rivendicare alcunché». Altri ambienti, invece, vicino alla famiglia, sostengono proprio il contrario: «I gioielli non c'entrano niente. Quelli spettano di diritto ai Savoia. Piuttosto, potrebbero chiedere la restituzione dei beni, degli arredi, dei quadri, delle tenute». I gioielli, appunto. Sono il tesoro della Corona: un cofanetto foderato di velluto azzurro a tre piani contenente 15 gioielli di brillanti (circa 3500) e perle (circa 2000). Fu consegnato il 5 giugno del 1946, dopo il voto del referendum e 8 giorni prima dell'esilio, dal ministro della Real Casa Falcone Lucifero a Luigi Einaudi, allora governatore della Banca d'Italia. Nella ricevuta rilasciata al ministro c'è scritto: «Da restituire a chi di diritto». E chi ne ha diritto? «Beh, chi ha la ricevuta», afferma Sergio Boschiero, segretario dell'Unione monarchica». E poi, su questo scrigno, «lo Stato non ha mai avanzato pretese». Vero. Però, l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga aveva puntualizzato, dalle colonne di Panorama: «Su questi beni si è abbattuta la disposizione transitoria della confisca, solo per la quota che spettava a Umberto. Quindi, chi potrebbe rivendicare la proprietà non è Vittorio Emanuele, ma sono le sorelle del padre».
    Resta il fatto che questo è solo quel che rimane del tesoro. Pochi mesi prima dell'8 settembre, il re aveva fatto trasferire a Pollenzo 363 casse, che contenevano 210 quintali di oggetti preziosi, storici e familiari. I tedeschi ci misero le mani sopra e molti di loro saccheggiarono le casse prima che il comando germanico le restituisse al prefetto di Cuneo. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Barracu, con un gesto demagogico, ordinò che il tesoro fosse distribuito ai profughi e che si doveva fondere l'oro e l'argento per farne lingotti. Dentro, c'era di tutto: dipinti, documenti, ricordi di famiglia e una parte della famosa collezione di quasi 200mila monete, moltissime d'oro, di epoca romana e di inestimabile valore storico. Gli estimatori dissero che valeva più quella collezione di tutte le entrate del Re in 50 anni di Regno. Alla fine della guerra, in un telegramma a De Gasperi, Umberto le donò al popolo italiano. Quelle che si erano salvate. Nel 1950, a Milano, durante il famoso processo Stirner, venne fuori che il commissario per la confisca dei beni della casa reale - il signor Stirner, appunto - era riuscito a salvare dal precedente saccheggio 135 casse, compresa la raccolta di monete. Solo che in quei giorni ci fu pure uno strano movimento di antiquari da tutta Italia per accaparrarsi i pezzi migliori dei Savoia. Glieli svendevano. Per tutti i pizzi della regina Margherita pagarono 200mila lire, per un vaso di Sassonia 16mila. Per avere un'idea, a quei tempi, un giornale costava 4 lire, una tazzina di caffè 20. Era la Storia d'Italia finita dal rigattiere. L'ordine era di Barracu, disse l'imputato. Non lo obbedì per i gioielli. Prese la valigia e la depositò in banca. Stirner fu assolto anche per questo.

  3. #3
    Extra Ecclesiam nulla salus
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    Mi è stato appena segnalato che la Corona del Regno d'Italia non è mai esistita. Esisteva la Corona del Regno di Sardegna, mi dicono, ma andò perduta a seguito delle invasioni napoleoniche. Dopo l'Unità Nazionale, non fu mai realizzata una nuova Corona d'Italia. Peccato. Fu, per certi versi, una colpevole mancanza dei Savoia.
    Ringrazio, naturalmente, l'Utente che ha voluto fornirmi questa notizia della quale non ero a conoscenza.
    Ad ogni modo, abbiamo chiarito che non è né alla Banca d'Italia, né al Quirinale.

  4. #4
    Zarskoeselo
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    Ovviamente non possono riavere il Quirinale, ma, per esempio, San Rossore? La casa dove abita/va Ciampi ecc?
    In Bulgaria la Famiglia di Simeone ha potuto prendere alloggio in residenze reali ecc. Restituzioni di beni immobili si sono avute ovunque, persino in Russia il Governo ha messo a disposizione del Principe Nicola alcune tenute dello Zar che lui ha rifiutato commentando: "non vedo perchè dovrei avere qualcosa di più di un qualsiasi altro russo."

  5. #5
    Zarskoeselo
    Ospite

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    Riguardo alla corona, i Savoia si rifacevano alla Corona di ferro. Se ricordi.
    Lo sapevi che alcune nobildonne repubblicane, ai ricevimenti ufficiali, furono viste indossare alcuni di quei gioielli? Le posate di Ciampi, quando venne in Italia la Regina Elisabetta, avevano tutte lo stemma sabaudo, così come i piatti. Non lo trovi grottesco?

  6. #6
    Extra Ecclesiam nulla salus
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    Citazione Originariamente Scritto da Zarskoeselo Visualizza Messaggio
    Riguardo alla corona, i Savoia si rifacevano alla Corona di ferro. Se ricordi.
    Lo sapevi che alcune nobildonne repubblicane, ai ricevimenti ufficiali, furono viste indossare alcuni di quei gioielli? Le posate di Ciampi, quando venne in Italia la Regina Elisabetta, avevano tutte lo stemma sabaudo, così come i piatti. Non lo trovi grottesco?
    Se queste "nobildonne repubblicane", come le chiami tu, indossarono gioielli che erano di Casa Savoia, sicuramente era perché alcuni di quei gioielli furono trafugati prima che venissero depositati alla Banca d'Italia. Il cofanetto custodito a Palazzo Koch, te lo assicuro, non è mai stato aperto dal 1946.

    Riguardo alle posate di Ciampi, effettivamente hanno lo stemma sabaudo. Così come i piatti, i bicchieri, le posate, le tovaglie, il mobilio, le decorazioni nelle sale. Tutto ciò che è della Presidenza della Repubblica ha qualche segno di Casa Savoia. Se si volesse cancellare questi segni monarchici, bisognerebbe solamente abbattere il Quirinale e ricostruirlo da capo. E' impossibile eliminare da lì tutti i simboli del nostro passato monarchico.

    Per ciò che concerne la corona ferrea, conosco la storia di quel copricapo. Ma trovo che sarebbe stato più giusto, dopo l'Unità Nazionale, farne realizzare una nuova. D'altronde era nato un nuovo Regno d'Italia e quindi occorreva una nuova Corona. Tutti i Paesi ce l'hanno. L'Italia no.
    Su questo i Savoia, a mio avviso, sbagliarono.

    Riguardo ai beni, credo che qualcosa si sarebbe potuto restituire, oggi, a Casa Savoia. Non parlo del Quirinale, né della Reggia di Caserta. Ma qualche altro immobile poteva anche essere restituito. Ma da uno Stato che ancora non consente la sepoltura al Pantheon dei Sovrani sepolti all'estero, non mi aspetto certo la restituzione dei beni.

  7. #7
    Zarskoeselo
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    Riguardo alle posate di Ciampi, effettivamente hanno lo stemma sabaudo. Così come i piatti, i bicchieri, le posate, le tovaglie, il mobilio, le decorazioni nelle sale. Tutto ciò che è della Presidenza della Repubblica ha qualche segno di Casa Savoia. Se si volesse cancellare questi segni monarchici, bisognerebbe solamente abbattere il Quirinale e ricostruirlo da capo. E' impossibile eliminare da lì tutti i simboli del nostro passato monarchico.
    Basterebbe restituire l'argenteria...

    Le nobildonne repubblicane lo fecero. Furono viste e anche Artieri, che non era il tipo di mentire o fidarsi delle dicerie, lo riferisce in uno dei suoi libri.

    Se queste "nobildonne repubblicane", come le chiami tu, indossarono gioielli che erano di Casa Savoia, sicuramente era perché alcuni di quei gioielli furono trafugati prima che venissero depositati alla Banca d'Italia. Il cofanetto custodito a Palazzo Koch, te lo assicuro, non è mai stato aperto dal 1946
    E chi te lo garantisce comunque?

  8. #8
    Extra Ecclesiam nulla salus
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    Restituire l'argenteria? Non se ne parla nemmeno.
    Quell'argenteria non è di Casa Savoia ma è dello Stato. Quei piatti, quelle posate, quei bicchieri e tutto il materiale che oggi sta al Quirinale e serve per attività istituzionali (e il cerimoniale è un'attività istituzionale) furono acquistati sotto i Savoia, ma a spese dello Stato. E quindi allo Stato appartengono.
    Non se ne parla nemmeno di restituirli a Casa Savoia.

    So con assoluta certezza che quei sigilli al cofanetto non sono stati manomessi dal 1946 ad oggi. Dal giugno di quell'anno, nessuno mai ha aperto quella cassetta di sicurezza, la cui apertura, peraltro, è possibile solo grazie alla contemporanea presenza di più funzionari della Banca d'Italia e previa supervisione del Governo.

  9. #9
    Zarskoeselo
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    Restituire l'argenteria? Non se ne parla nemmeno.
    Quell'argenteria non è di Casa Savoia ma è dello Stato. Quei piatti, quelle posate, quei bicchieri e tutto il materiale che oggi sta al Quirinale e serve per attività istituzionali (e il cerimoniale è un'attività istituzionale) furono acquistati sotto i Savoia, ma a spese dello Stato. E quindi allo Stato appartengono.
    Non se ne parla nemmeno di restituirli a Casa Savoia.

    No quell'argenteria è di Casa Savoia. Fu fatta PER Casa Savoia. Una gran parte degli arreddi ed oggetti di Torino (argenteria compresa) sono stati mandati a Firenze prima ed a Roma poi perché il Segretario di Stato del Beato Pio IX aveva fatto svuotere il Quirinale e chiudere tutte le porte a chiavi... togliendo le chiavi.
    Allo Stato repubblicano appartiene il Quirinale semmai, fintanto che lo abita (e spero ancora per poco). Poi... be', come han tolto lo stemma dalla bandiera, e addirittura dalle cassette della posta, perchè quello stemma per loro non rappresenta lo Stato, devono toglierlo anche dall'argenteria no?
    Come fai a sapere con assoluta certezza che quei sigilli non furono mai aperti? Seil il custode del cofanetto? No. Non puoi esserne certo. Con tutto quello che è accaduto in Repubblica e le disonestà commesse, non vedo perchè dar credito a te e non ad Artieri.

  10. #10
    Extra Ecclesiam nulla salus
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    Assolutamente no. Quell'argenteria è dello Stato. Casa Savoia la commissionò, ma a spese dello Stato. Così come tutti gli arredi che sono dentro il Quirinale.
    Quell'argenteria i Savoia la usarono per cerimonie ufficiali (e, ti ripeto, il cerimoniale è un'attività istituzionale) e, come tale, è di spettanza delle strutture del Capo dello Stato. Oggi è della Presidenza della Repubblica e lì deve restare.

    I Savoia non possono avanzare nessun diritto su quell'argenteria. A loro, semmai, spetta tutto ciò che la Casa Reale acquistò, prima del 1946, a proprie spese. Quello sì che spetta ai Savoia e, magari, potrebbe essere restituito (sperando che, poi, non faccia la stessa fine di Villa Italia a Cascais). Ma non di certo l'argenteria del Quirinale.

    Per quanto riguarda il cofanetto dei Gioielli della Corona, sei naturalmente liberissimo di credere ad Artieri e di dubitare dello Stato. Lungi da me convincerti del contrario. Più che assicurarti che il cofanetto non è mai stato aperto, non posso fare. Se vuoi dubitarne, dubita pure.

 

 
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