D'ALEMA A BELGRADO, DA AMICO DOPO LA TRAGEDIA DEL '99
dell'inviato Stefano Polli
ANSA
"Ho voluto ricordare, perché è sempre giusto dire tutto". E' la fine di una mattinata veloce e intensa a Belgrado, carica di significati ed emozioni. Massimo D'Alema ha incontrato le massime autorità serbe parlando della strada di Belgrado verso l' Europa e del futuro. Ma, adesso, per un attimo guarda al passato, all' intervento della Nato contro la Serbia di Slobodan Milosevic nel 1999 che lui visse da presidente del Consiglio di un paese in prima linea. Il ministro degli Esteri parla di un momento per lui "difficile e doloroso", che ha segnato il suo impegno politico e anche, confessa, la sua "esperienza umana". "Per me è particolarmente emozionante - racconta il capo della diplomazia italiana - essere qui, ormai dopo anni da quel tragico conflitto che fu un momento doloroso".
E quello di oggi è un ritorno nel segno dell' "amicizia" e del "sostegno" che adesso l' Italia dà in maniera convinta a questo paese che "si è rimesso in cammino, ad una democrazia che si sta costruendo, ad un popolo che vuole esercitare un ruolo importante nel futuro dell' Europa". D'Alema parla di tutto questo dopo una cerimonia simbolica dei rapporti stretti che oggi legano Roma e Belgrado. Il titolare della Farnesina ha partecipato alla cerimonia di "Palazzo Italia", un progetto con il quale vengono unificati gli uffici degli enti italiani presenti a Belgrado per creare uno spazio che possa offrire una visione più ampia dell' Italia di oggi. Il complesso sorge a qualche centinaio di metri dal vecchio ministero della Difesa serbo, che porta ancora intatti i segni dei bombardamenti della Nato. Ma quella di oggi è una Serbia diversa e D'Alema lo ripete più volte dopo gli incontri avuti con le autorità serbe: il presidente Boris Tadic, il primo ministro Vojislav Kostunica e il ministro degli Esteri, Vuk Draskovic.
Di questa nuova Serbia l' Italia vuole continuare ad essere un partner strategico ed accompagnarla nel cammino dell' integrazione nell' Unione Europea e del sistema di sicurezza della Nato. Per questo l' Italia è stata tra i paesi che al recente vertice della Nato a Riga ha insistito affinché la Serbia venisse inclusa nella 'Partnership for peace' e intende chiedere la ripresa dei negoziati per un accordo di associazione e stabilizzazione con l' Unione Europea. Quest' ultima richiesta é naturalmente subordinata alla collaborazione della Serbia con il Tribunale penale internazionale. La visita di D'Alema capita in un momento decisivo per la costruzione del futuro della nuova Serbia. Il 21 gennaio si terranno elezioni importanti e l' auspicio italiano è che il risultato incoraggi ancora la prospettiva di un consolidamento democratico e dell' apertura verso l' Unione Europea.
Subito dopo le elezioni si attende la presentazione del rapporto dell' Onu sullo status del Kosovo. Su quest' ultimo argomento D'Alema ritiene che alla fine "una soluzione si potrà trovare" se non ci saranno "assurde rigidità " dettate da "fattori simbolici". I simboli non vanno sottovalutati, spiega il ministro, ma qui si parla di una provincia dove la gente deve e dovrà vivere. Per questo il consiglio rivolto a tutte le parti dal ministro degli Esteri è quello di "non scavare trincee o erigere barricate" e cercare una "soluzione rispettosa" delle aspettative della maggioranza dei cittadini kosovari ma che al tempo stesso "non sia una umiliazione per la Serbia e dia garanzie precise per le minoranze in Kosovo".
Si tratta di una situazione "molto complessa", riconosce D'Alema, che richiederà "una certa flessibilità ". In questa situazione difficile l' Italia vuole dare il suo contributo. "Saremo partecipi e non spettatori", assicura D'Alema, ricordando la presenza militare italiana nella regione, nelle file dell' Onu, e il fatto che Roma dal primo gennaio sarà membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. D'Alema riparte da Belgrado confortato dalle parole del presidente Tadic, il quale ha riconosciuto che per Belgrado fare i conti con il passato, comprese le atroci vicende dei crimini di guerra, non è un'imposizione ma una necessità.
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