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  1. #21
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    «Welby, infame accanimento terapeutico» L'accusa del leader radicale Marco Pannella: «L'eutanasia non c'entra; neppure in Iran succederebbe una cosa del genere»
    Piergiorgio Welby (Ansa)
    ROMA - Quello di Piergiorgio Welby «è un caso clamoroso ed infame di accanimento terapeutico. L'eutanasia, qui, non c'entra; c'entra invece una realtà italiana difficilmente immaginabile altrove, anche a Teheran». A sostenerlo è il leader dei radicali, Marco Pannella, convinto che «nella vicenda che colpisce e ferisce l'immagine stessa della politica e dello Stato italiani vi sia una semplicissima realtà che si cela dietro la solita cortina di nebbie ideologiche e cala sull'Italia e tutti noi soffocandoci» «La realtà del 'caso Welby' - sottolinea Pannella - si riduce a questa semplice scelta impostagli: morire in queste ore o nei giorni, se non settimane, prossimi, ucciso per soffocamento, con una agonia atroce; o morire, se possibile, alcune ore o giorni prima, serenamente, sedato». Lo stesso Welby aveva preso posizione venerdì con una lettera alla redazione del Tg3 nella quale diceva: «Vi scrivo da una prigione infame».


    LA CONSULTA - Nel frattempo la Consulta di Bioetica ha fatto sapere di apprezzare l'iniziativa del ministro della Salute, Livia Turco, che nei prossimi giorni andrà a visitare Piero Welby, «perchè questo gesto mostra l'avvicinamento della politica ai problemi concreti della gente». «L'auspicio - afferma il presidente della Consulta, Maurizio Mori - è che la diretta conoscenza della situazione porti ad una valutazione a favore della libertà dei cittadini anche nelle situazioni critiche, in cui è in gioco la vita e la morte. La Consulta ritiene che Piero Welby abbia diritto a richiedere la sospensione delle cure e di concludere la situazione di accanimento terapeutico in cui è tenuto».
    09 dicembre 2006

  2. #22
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    Credo che solo sentendo le parole di questo malato, ci si sente enormemente coinvolti nella sua sofferenza, al di là delle appartenenze politiche.....

  3. #23
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    Predefinito Ecco una storia parallela a quella di Welby

    Eutanasia: ex arbitro a Napolitano, “non voglio più farmaci”
    Da 7 anni è affetto da Sclerosi laterale amiotrofica (Sla): Giovanni Nuvoli, 52 anni di Alghero, ha scritto a Napolitano: basta farmaci. L’uomo, un ex arbitro di calcio, respira grazie ad una macchina, è alimentato da un foro nello stomaco, parla con gli occhi. Attraverso la moglie Nuvoli ha dettato un appello: non chiede l’iniezione letale ma neanche l’accanimento terapeutico. “Sono in grado lucidamente di decidere se proseguire le cure: assurdo che la legge non tenga conto della mia volonta’”.

    Fonte: Wall Street Italia


    «Sono pronta ad accompagnare mio marito in Belgio o in Olanda, dove l'eutanasia è legale, anche correndo il rischio di essere arrestata al mio ritorno». È una presa di posizione forte, drammatica, quella di Maddalena Nuvoli, moglie di Giovanni, da 7 anni malato di sclerosi laterale amiotrofica, autore di una lettera inviata al presidente della Repubblica Napolitano per chiedere la legalizzazione della «dolce morte», a pochi giorni dall'appello di Piergiorgio Welby, co-presidente dell'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che ha aperto un dibattito politico sull'eutanasia. «Abbiamo deciso di interpellare la massima autorità dello Stato dopo il video-appello di Piergiorgio Welby - ha detto la signora Nuvoli - chiedendogli di pretendere dal Parlamento una legislazione moderna, laica, articolata, adeguata a un Paese civile, che metta i medici italiani in condizione di superare il conflitto che spesso devono affrontare, da soli, fra il rispetto della legge in vigore, oggi medievale e ottusa, e il suo personale senso morale e il buon senso». EX ARBITRO - Giovanni Nuvoli, 52 anni, ex rappresentante, in passato arbitro di calcio e basket, è costretto a letto da quattro anni, e ha progressivamente perso ogni capacità motoria. Ha perso 60 chili, vive attaccato a una macchina che gli permette di respirare e che chiama «suo fratello» ed è alimentato attraverso un foro nello stomaco. Ormai può muovere solo gli occhi, e li usa per comunicare indicando delle lettere su una tavoletta. Dopo alcuni anni di degenza in casa, dove la Asl numero 1 di Sassari ha allestito un reparto medico, è ricoverato in rianimazione all'ospedale civile del capoluogo sardo.
    ACCANIMENTO - «Giovanni è rassegnato a morire - dice Maddalena Nuvoli - e chiede semplicemente che non gli vengano più somministrati i medicinali. Non vuole che venga staccata la spina al respiratore che lo mantiene vivo, ma semplicemente di smetterla con questo accanimento terapeutico». «Ho sempre amato molto la vita - si legge nella lettera inviata, oltre che a Napolitano, ai principali quotidiani nazionali - ma sono capace di accettare che finisca, perché questo è ineluttabilmente ciò che la natura prevede. Che senso ha ritardare la mia morte? Non è questa una violenza contro la natura? L'ha capito anche papa Woijtila, quando ha chiesto ai suoi medici di lasciarlo morire». La storia di Giovanni Nuvoli e la sua battaglia per l'eutanasia, ha annunciato la moglie, saranno raccontate in un libro che uscirà dopo la sua morte.[corriere]

  4. #24
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    Chiaramente non conoscil il caso da vicino, ma mi sembra che più che eutanasia si parli di accanimento terapeutico. Ed in questo caso l'interruzione delle cure mi sembra un vero atto di pietas e di rispetto.

  5. #25
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    In che senso??

  6. #26
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    In che senso??
    Ti riferisci a me? Se si intendo dire che sarebbe rispettoso interrompere le cure nei confronti di Welby, quando queste consistono solo nel manternerlo in vita tra molte sofferenze.
    Credo che solo 50 anni fa questa persona sarebbe già morta, e quindi il prolungare questo tipo di assistenza non è una vittoria della "naturalità della vita" bensì una vittoria della "tecnica" (in senso heideggeriano) contro la natura.

 

 
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