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«Welby, infame accanimento terapeutico» L'accusa del leader radicale Marco Pannella: «L'eutanasia non c'entra; neppure in Iran succederebbe una cosa del genere»
Piergiorgio Welby (Ansa)
ROMA - Quello di Piergiorgio Welby «è un caso clamoroso ed infame di accanimento terapeutico. L'eutanasia, qui, non c'entra; c'entra invece una realtà italiana difficilmente immaginabile altrove, anche a Teheran». A sostenerlo è il leader dei radicali, Marco Pannella, convinto che «nella vicenda che colpisce e ferisce l'immagine stessa della politica e dello Stato italiani vi sia una semplicissima realtà che si cela dietro la solita cortina di nebbie ideologiche e cala sull'Italia e tutti noi soffocandoci» «La realtà del 'caso Welby' - sottolinea Pannella - si riduce a questa semplice scelta impostagli: morire in queste ore o nei giorni, se non settimane, prossimi, ucciso per soffocamento, con una agonia atroce; o morire, se possibile, alcune ore o giorni prima, serenamente, sedato». Lo stesso Welby aveva preso posizione venerdì con una lettera alla redazione del Tg3 nella quale diceva: «Vi scrivo da una prigione infame».
LA CONSULTA - Nel frattempo la Consulta di Bioetica ha fatto sapere di apprezzare l'iniziativa del ministro della Salute, Livia Turco, che nei prossimi giorni andrà a visitare Piero Welby, «perchè questo gesto mostra l'avvicinamento della politica ai problemi concreti della gente». «L'auspicio - afferma il presidente della Consulta, Maurizio Mori - è che la diretta conoscenza della situazione porti ad una valutazione a favore della libertà dei cittadini anche nelle situazioni critiche, in cui è in gioco la vita e la morte. La Consulta ritiene che Piero Welby abbia diritto a richiedere la sospensione delle cure e di concludere la situazione di accanimento terapeutico in cui è tenuto».
09 dicembre 2006