Originariamente Scritto da
Candido
10 Febbraio : per me giornata particolare: amara per il grande dolore che provo davanti a questa tragedia delle foibe, all’assenza per sessant’anni di qualunque riconoscimento ufficiale da parte delle autorità, e ancora oggi noto molta reticenza e qualche ammissione a denti stretti nell'evocare quel passato scomodo anche da parte di certi esponenti della destra che evitano accuratamente l’argomento e sperano che la mezzanotte arrivi presto per voltare presto la pagina e non parlarne più per un anno.
Giornata dolce perchè mi ha permesso di fare un’introspezione dentro di me come raramente ho fatto in vita mia e mi ha riportato a vent’anni fa quando ventenne conobbi quella meravigliosa regione tra mare, lagune, montagne carsiche, fiumi misteriosi che si chiama Venezia Giulia e che per me arriva fino a Fiume ed oltre e rimarrà per sempre nel mio cuore.
Proprio vent’anni fa infatti sbarcavo in Friuli Venezia Giulia ignorando totalmente cosa mi avrebbero fatto fare assieme alle tante altre reclute che venivano da tutta Italia. Essendo nato in Emilia conosco quasi tutti i dialetti settentrionali ma quando alla stazione sentii la gente salutarsi con dei “mandi” e parlare in friulano e visto che la lingua era totalmente incomprensibile mi dissi che avrei avuto qualche problema.
Con i giorni che passavano riuscii ad ambientarmi abbastanza rapidamente e quando i superiori seppero che avevo un diploma di traduttore interprete dall’inglese mi affidarono il centralino, specie di residuato bellico che funzionava con gli spinotti. Fare il centralinista fu un’esperienza interessante anche perchè da quella posizione potei osservare tutti i vari aspetti e personalità che componevano la caserma, dagli alti ufficiali all’ultima recluta.
In breve tempo feci amicizia con persone che come me avevano una certa passione per la storia e la geografia e soprattutto una grande curiosità di conoscere questa regione sconosciuta con questo strano nome composto Friuli-Venezia-Giulia: venivamo da tutte le parti d’Italia, dalla Calabria al Veneto al Lazio e alla Lombardia e grazie a quella vicinanza forzata feci il mio piccolo risorgimento privato: pur con i nostri accenti diversi (come ci prendavamo in giro ogni volta che qualcuno tirava fuori una parola dialettale strana!) avevamo creato l’Italia e gli italiani e ci sentivamo tutti uguali, uniti e solidali tra noi: in breve 5 o 6 di noi formammo un gruppo affiatato mezzo goliardico e mezzo incosciente di amici sempre in cerca di novità: vuoi la visita a Trieste e ai suoi antichi e suggestivi quartieri, vuoi quella a Udine, ma qualcosa ci attirava irrestibilmente: era il Confine, quel confine strano che ci divideva dal comunismo e dagli slavi, cosi’ diversi da noi, cosi’ poveri, cosi’ “gutturali”, duri e incomprensibili.
Iniziammo a solcare palmo a palmo e a scoprire le assurdità di questo confine soprattutto a Gorizia, la seconda Berlino, che nessuno conosceva e che portava delle lacerazioni incredibili come la stazione Centrale di Gorizia che si trovava…oltrecortina e quindi era inaccessibile se non con il passaporto oppure del Cimitero di Gorizia anch’esso dall’altra parte o innumerevoli case che erano tagliate in due, la cucina in Italia e la camera in Jugoslavia e un invisibile linea di confine in mezzo al cortile
Un nostro commilitone aveva la nonna che abitava a Gorizia e la sua casa tagliata in due dal confine...
l'abitazione vera e propria in Italia e il pollaio in Jugoslavia: un giorno andammo a trovarla e scherzavamo di questa situazione assurda quando vedemmo sulla collina sovrastante uno scintillio: erano dei fucili dei cecchini slavi che ci avevano presi di mira, quando li scorgemmo nell'incoscienza facemmo boccacce e gestacci contro di loro. Qualche tempo dopo uno di noi ci lascio' la pelle in pattugliamento dei confini: quella notte c'era stata una bufera di neve che aveva coperto le pietre di confine e lui aveva sconfinato di 5-10 metri: fu abbattuto da una scarica di mitra di slavi.
Potrei raccontare molti altri episodi di un confine che scottava e di un gruppeto di militari intelligenti ma un po' goliardici e strafottenti fino a correre rischi assurdi : spesso passavamo il confine in incognito per andare a mangiare il capriolo con la polenta in un'osteria slava che si trovava a 200 metri passato il confine: roba che se gli slavi lo avessero saputo ci avrebbero arrestati e deferiti in corte marziale. Comunque in questa osteria non ciintrattenevamo molto, si mangiava e via...non si sa mai che qualche soldato della milicjia mettesse bruscamente fine al banchetto.. .
Un pasto completo costava 3-4 mila lire e per loro erano veramente tanti soldi,delle volte lasciavamo 500-1000 lire di mancia e i camerieri giravano per la sala mostrandola e dicendo "mila lira!" entusiasti
Che sapori e che tempi! Dopo il militare la prima cosa che ho fatto è stato il passaporto e 1 mese dopo il congedo ero li' questa volta legalmente e da quel momento ho visitato l’Istria decine di volte, ho parlato con i vecchietti italiani rimasti, ho visitato le foibe, i cimiteri, ho molto ossevato le vestigia veneziane e romane a Rovigno, Parenzo, ma anche a Zara, Spalato, Sebenico, Trau’, Ragusa, e giu’ giu’ fino a Cattaro nel Montenegro
Una volta ho anche trascorso una settimana in un agriturismo nel centro dell’Istria presso una famiglia di slavi istriani, la cui famiglia occupava
quella fattoria dal 1600 : il nonno era l’unico che parlava l’italiano anzi il veneto nella cantilena tipica istriana : mi parlo’ dell’orgoglio che aveva avuto nel servire l’Italia in qualità di marinaio e dove si sentiva molto apprezzato : la famiglia lo considerava un po’ matto, sempre con il pensiero rivolto al passato, ma ben presto mi accorsi che le sue storie erano un vero spaccato della storia italiana : la cosa che più mi commosse fu quando salutandomi mi disse "e pensare che ero suddito di un grande Impero come l’italia e adesso sono cittadino di questa piccola Croazia !"