Dopo aver destabilizzato l' intera area mediorientale con la loro invasione dell' Iraq, gli americani hanno cominciato a riconsiderare l' importanza del Golfo di Guinea come mercato alternativo di approvvigionamento visto il disastro che hanno prodotto in Mesopotamia.
La svolta "africana" di Washington, perchè è da lì che si muovono tutti i fili, è incominciata alimentando la rivola dell' ex-Congo belga con la prcisa volontà di estromettere la tradizionale presenza francese nell' Africa centrale.
Si tratta di una guerra sotterranea, della quale i mass-media embedded non amano parlare proprio perchè ha a che fare con la lotta per il predominio mondiale.
Se gli americani (e ovviamente a ruota i loro cugini inglesi) non vogliono i francesi tra i piedi, a maggior ragione non vogliono quegli italiani vinti nella Seconda guerra mondiale e destinati, nella visione anglosassone, ad un destino eterno di servitù, e quindi l' ENI che, in spirito del suo storico approccio non colonialista nei riguardi dei paesi produttori di petrolio, si è guadagnata anche in Nigeria una notevole considerazione fatta di simpatia e ovviamente di contratti per la ricerca di giacimenti. Una presenza che non può non dare fastidio alle major statunitensi, perciò i numerosi sequestri avvenuti negli ultimi mesi di dipendenti ENI devono essere interpretati come atti di intimidazione, commissionati, alla presenza in loco del gruppo italiano, la cui presenza in Nigeria risale al 1962, che vi opera attraverso un' articolata serie di società interamente controllate.
Una presenza troppo significativa e che sicuramente dà fastidio a molti.