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Discussione: E' morto Pinochet

  1. #51
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    Vabbe' le solite stronzate neofasciste...si sono dimenticati un particolare ..il "patriota Pinochet" agiva per conto degli USA .

    Citazione Originariamente Scritto da Palvesario Visualizza Messaggio
    riporto da NOVOPRESS:

    MORTE PINOCHET, GIOVENTU’ EUROPA: DALLE SINISTRA ITALIANA ANCORA UNA LEZIONE DI STILE
    “E’ MORTO UN ASSASSINO”, così titolava il quotidiano l’Unità e sulla falsa riga tutti gli altri quotidiano vicino al centro sinistra nel dare la notizia della morte di Pinochet. Ancora una volta dimostrano il loro stile, il loro senso di umanità ed il rispetto per un uomo di 91 anni che muore.
    Ma quell’uomo è PInochet quindi guai a rispettare la morte di colui che la sinistra ritiene un assassino, certo è stato un dittatore, si dice che sotto il suo regime siano state uccise quasi 3200 persone e altre 1200 risultano disperse.
    La guerra dei numeri è brutta e riduttiva dinnanzi alla morte, ma non può sempre essere omessa in virtù di questo principio.
    Perché non abbiamo letto le stesse frasi e gli stessi aggettivi per i vari Mao, Lenin, Stalin e tutti gli altri dittatori che hanno ucciso e negato la libertà a milioni di persone sotto la bandiera rossa con la falce e martello, durante sotto i pacifici regimi comunisti?.
    Non vuole essere una guerra di cifre ma che sia almeno una questione di rispetto, poiché non si può omettere che a Roma Lenin ha una strada intitolata così come il turco Kemal Ataturk uno dei principali artefici del genocidio di oltre un milione e mezzo di armeni.
    Ad oggi autorevoli esponenti della sinistra parlamentari e non, lodano le iniziative di Mao, così come le gesta dell’attuale regime cinese che nega libertà a migliaia di fedeli cristiani che imprigiona e fa sparire vescovi e preti cinesi.
    Per non parlare di Fidel Castro, chissà se quando anche lui andrà verrà a mancare gli stessi giornali useranno titoli analoghi, sicuramente non vedremo su Libero o su Il Giornale “E’ morto l’affamatore dei cubani”, oppure sotto il suo regione morirono … cubani”. Sicuramente è questione di stile, di pietà umana, di sentimenti che la sinistra non conosce, predicano la pace tra i popoli e odiano e auspicano la morte dei loro avversari politici. Sono per il rispetto delle idee e per la libertà di tutti ad esprimersi, però vogliono vietare alla destra di manifestare o a scrittori come Pansa di raccontare.
    E’ chiara una cosa dopo tanti anni, per la sinistra non è questione di morti o di regimi, per la sinistra è questione di colore, se questo è rosso, allora gli assassini sono giustificabili, le libertà privabili, la repressione legittima.
    Basta con questa ipocrisia e l’utopia di un’ideologia che è fallita ma che qualcuno vuole ostinatamente far rivivere anche sfruttando la morte di persone come Pinochet, un’ideologia che in molti ancora stentano a condannare riconoscendo gli immani crimini.
    Pinochet il 17 dicembre 1974 assunse la presidenza del Cile, venne riconfermato l’11 marzo 1981 per un secondo mandato di otto anni, ebbe l’appoggio di molti cileni, in particolare degli uomini d’affari che negli anni 80 hanno prosperato grazie a un programma economico neoliberista, che ha permesso al Cile di sanare la sua economia.
    Lasciò la presidenza del Cile in seguito ad un referendum popolare che lui era sicuro di vincere il 5 ottobre 1988, ma il risultato lo sorprese e lo amareggiò: il 42% disse sì alla sua permanenza e il 55,2% no, così il 10 marzo del 1990 Pinochet passo le consegne ad Aylim
    Ora ognuno può vederla come vuole ma rimanere alla Presidenza di un paese per 16 anni, eletto due volte e seppur sconfitto nel referendum rappresentando però il 42% dei cileni, un motivo ci sarà stato.
    Avrà significato qualcosa nella storia del Cile questo personaggio? Non importa se la gente lo votava per la sinistra è un assassino e lo ribadiscono anche nel giorno della sua morte. Pinochet non è stato uno stinco di santo, anche se ogni vicenda va letta ed inquadrata nel contesto storico, politico e sociale nella quale si compie.
    Ma poco importano questa analisi alla sinistra che vorrebbe farci cantare a tutti quanti “Viva la libertà di Castro, di Mao, di Lenin, Stalin e Pol Pot, onore a loro e ai milioni di essere umani uccisi dai loro regimi per garantire la LIBERTA’DEL COMUNISMO”.

    http://it.novopress.info/?p=6101#more-6101

  2. #52
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    Citazione Originariamente Scritto da pietro Visualizza Messaggio
    Vabbe' le solite stronzate neofasciste...si sono dimenticati un particolare ..il "patriota Pinochet" agiva per conto degli USA .
    Che tra l'altro sono le stesse porcate qualunquiste forzitaliote, aennine e di tutti i fans della destra neocons statunitense.
    Come sempre alla fine il neofascismo è sempre il cane da guardia del capitalismo filoimperialista e filoatlantista italiano.

    A luta continua

  3. #53
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    questo passaggio è stupendo:

    "Pinochet il 17 dicembre 1974 assunse la presidenza del Cile"

  4. #54
    alfredoibba
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    Giovane Europa mi sembra che è roba(ccia) di Alleanza Nazionale.
    Almeno con Mao questa gente chinava la testa.

  5. #55
    Sguardo Fiero
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    Balle!

    Non esprimo alcuna solidarietà a Pinochet, burattino degli U.S.A. E la maggior parte delle persone dell'Area la pensa come me.

    Addio Pinochet, non ci mancherai.

  6. #56
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    Citazione Originariamente Scritto da Sguardo Fiero Visualizza Messaggio
    Balle!

    Non esprimo alcuna solidarietà a Pinochet, burattino degli U.S.A. E la maggior parte delle persone dell'Area la pensa come me.

    Addio Pinochet, non ci mancherai.
    Fai pervenire le tue osservazioni a chi ha scritto quelle parole, non a chi le commenta.

    Ciao

  7. #57
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    CILE
    Il nipote di Pinochet espulso dall'esercito
    Augusto Pinochet Molina, nipote dell'ex dittatore cileno morto il 10 dicembre, è stato espulso dall'esercito per aver pronunciato durante il funerale, senza autorizzazione, un discorso politico in cui esaltava il golpe dell'11 settembre 1973.
    El Mundo, Spagna [in spagnolo]

  8. #58
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    Pinochet: ieri un dittatore utile ai ricchi, oggi...
    Scritto da Michele Fabbri

    Pinochet è morto, alla fine. 33 anni fa annientò la rivoluzione cilena. Oggi nella maggior parte degli editoriali e dei commenti – un buon esempio è quello dell’ex ambasciatore Sergio Romano, sul Corriere del 11 dicembre – si prova a dimostrare che “la maggior parte delle democrazie occidentali vedevano in lui il peggiore dei tiranni, il simbolo della reazione”. La realtà storica fu assai diversa.

    Sono infatti da distinguere due periodi. Nel primo, che va dalla vittoria di Allende nelle elezioni presidenziali del 70 alla metà degli anni 80, le cosidette “democrazie occidentali”, con rare eccezioni come quella del governo svedese, non sono precisamente a favore del governo Allende. Non possono criticarlo frontalmente perché è stato eletto in regolari elezioni, ma possono accodarsi alla campagna internazionale organizzata dagli Usa contro il Cile. Dal boicottaggio al rame cileno, fino al ritiro degli investimenti e la negazione di crediti internazionali non vediamo differenze tra il governo Usa – che dal primo momento aveva deciso di abbattere Allende – e le altre “democrazie occidentali” che lo assecondavano nei fatti.

    Le critiche formali e gli affari reali

    Quando l’11 settembre del 1973 trionfa il golpe militare assistiamo ad una tragicommedia. Le condanne formali si sprecano, ma nei fatti il Cile “addomesticato” viene riammesso tra le nazioni con le quali vale la pena di fare affari… Già alla fine degli anni 70 l’economia cilena, sulla base delle ricette di Milton Friedman e di un supersfruttamento della mano d’opera reso possibile dalla dittatura, raggiunge alti ritmi di crescita per la grande gioia delle “democrazie occidentali” che magari negli anniversari del 11 settembre parlano della tragedia cilena, mentre nel resto dell’anno fanno affari con il Cile e basta…

    Libertà di impresa per i capitalisti e povertà per il resto della popolazione. Solo la dittatura poteva imporre le trasformazioni che hanno impoverito più del 50% della popolazione, costringendola a un’emigrazione non solo politica, spesso economica: due paure che si mescolavano. Sindacati sciolti, porte aperte alle importazioni straniere, disinteresse dello Stato per problemi assistenziali e sociali. Una sera del 1980, la tv annuncia che le pensioni vengono abolite: ogni lavoratore deve arrangiarsi da solo. Nessuna obiezione. Proibito discuterne.

    Le cose non cambiano per lunghi anni ma a metà degli anni ottanta l’ascesa delle lotte operaie in Cile pone il problema di trovare un ricambio al regime dittatoriale, una via d’uscita che riesca a salvare il controllo dei capitalisti sulla società, cambiando le forme della politica: da una dittatura sanguinaria ad una democrazia formale… Viene preso come esempio il processo della “transizione spagnola” e anche quello argentino. Sostanzialmente si tratta di mettere una pietra sopra al passato e “guardare al futuro”. Il tutto – si dice – per non riaprire vecchie ferite…

    Un decennio di transizione controllata

    I dirigenti dei partiti socialista e comunista si piegano e accettano la transizione. La Democrazia Cristiana giocherà un ruolo importante con la sua ambiguità. Prima del golpe aveva contribuito a far cadere Allende, ora contribuisce al pensionamento del dittatore, facendosi garante che poco o niente cambierà nelle questioni economiche fondamentali…

    pinochet_papaIl 10 marzo 1990 Pinochet uscì dalla Moneda, lasciando il posto al presidente democristiano Patricio Aylwin. Restò però alla guida dell'esercito, un incarico che avrebbe abbandonato soltanto il 10 marzo 1998, per assumere il giorno dopo la funzione di senatore a vita.

    La chiesa cattolica, ancora alla fine degli anni ottanta aveva voluto dimostrare il suo appoggio al dittatore col saluto realizzato da papa Wojtyla e da Pinochet dal balcone della Moneda. Oggi, dopo la morte del dittatore la gerarchia ecclesiastica si è schierata compatta con la sua famiglia chiedendo comprensione per il ruolo giocato dal generale.

    La Chiesa ha mantenuto il vecchio sodalizio con impegno ancor maggiore rispetto alla borghesia internazionale. I capitalisti vedevano sempre più in Pinochet uno scomodo ingombro. Un ricordo vivo della loro viltà e per rifarsi una “verginità democratica” hanno acconsentito negli ultimi 10 anni a questa tragicommedia dei processi (più di 300 in decine di paesi) contro il vecchio dittatore.

    Negli ultimi tre anni sono stati rintracciati oltre cento conti segreti in banche degli Usa. Valore: 37 milioni di euro non denunciati. Nelle banche di Hong Kong la famiglia dispone di un tesoro di decine di kg di lingotti d’oro…Oltre ad essere un dittatore e un torturatore si è macchiato di frode, evasione fiscale, traffico d'armi e traffico di droga grazie alla complicità dei laboratori chimici dell'esercito.

    Il Funerale

    La presidente Michelle Bachelet – già torturata, assieme alla mamma, dalla dittatura – non ha voluto concedere i funerali di Stato. L’esercito e la chiesa cattolica hanno onorato invece il loro generale. Infine un nipote di Pinochet, Augusto III, capitano dell’esercio, ha rivendicato il merito storica di suo nonno rispetto alla sconfitta del marxismo.

    Il comandante in capo dell'esercito, generale Oscar Izurieta, ha citato il curriculum militare di Pinochet e le «circostanze» in cui gli erano capitato di vivere e che lo «obbligarono» al golpe prima e poi ad «accettare» la presidenza della repubblica da parte degli altri tre comandanti delle forze armate golpiste. Izurieta, che ha chiamato Pinochet «presidente della repubblica», ha menzionato di sfuggita le violazioni dei diritti umani e l'ha rimandato «al giudizio giusto» della Storia.

    La chiesa cattolica non si è risparmiata negli omaggi resi al dittatore. Le cerimonie funebri e le messe di suffragio si sono succedute fra domenica e lunedì, officiate dal cardinale arcivescovo Francisco Javier Errazuriz.

    A questa provocazione chiara dell'esercito, della chiesa e della magistratura (intenzionata, quasi all'uanimità, all'archiviazione delle 400 cause contro di lui), il governo ha risposto finora in modo molto debole.

    La presidente Michele Bachelet ha dichiarato: «Nelle ultime ore abbiamo visto espressioni di divisione che ci hanno ricordato i tristi episodi superati dal Cile. La morte del generale è riuscita a dividerci ancora. La sua scomparsa simboleggia la dipartita di un responsabile di un clima nel paese fatto di odio e violenza. Ma il Cile, con lo sforzo di tutti, ha consolidato una democrazia forte e stabile. È il nostro bene più prezioso e dobbiamo proteggerlo».

    Il Cile oggi

    Bachelet presiede un governo basato sulla Concertacion, alleanza fra i partiti della sinistra e la Democrazia Cristiana. A marzo ha battuto col 53,5% dei voti Sebastián Piñera, un miliardario assai simile a Berlusconi, che guidava l'Alianza, coalizione fra i partiti di centro destra Rn e Udi. Dichiara di voler continuare il liberismo economico, aggiungendo le riforme sociali per superare ineguaglianze ataviche. Il Parlamento cileno sta discutendo una legge sulla piccola e media impresa modellata su quella italiana, e una società torinese, Eurofidi, è pronta a finanziarla. Bachelet prova a ridurre la povertà più eclatante, senza mettere in discussione il dominio capitalista. Nel odierno contesto latinoamericano gli Usa, propongono il modello Bachelet come l'alternativa al modello Chavez.

    Trenta anni fa il golpe cileno diede il via a una serie di dittature in America Latina. Alla fine degli anni settanta la borghesia internazionale poteva dire di aver sotto controllo la situazione. Ma le dittature, anche le più brutali, non durano in eterno. Non perché le “democrazie occidentali” le abbiano osteggiato, ma perché le masse sfruttate si rinnovano, le ferite si chiudono e le lotte riprendono.

    I capitalisti lo sanno e hanno imparato da tempo ad essere molto flessibili riguardo alla forma politica del loro dominio sulla società. Repubblica o monarchia, dittatura o democrazia parlamentare, i sistemi possono essere diversi a patto che non mettano seriamente in discussione la proprietà capitalista sulle leve fondamentali dell’economia. Nel 1973 la stragrande maggioranza della borghesia cilena e internazionale erano a favore del golpe. Lo consideravano “necessario” per bloccare il processo di radicalizazione dei lavoratori cileni. Oggi tentano di nascondere quel comportamento dietro dichiarazioni ambigue e formali.

    Invece il movimento operaio cileno e internazionale ha altro da fare. Mentre guarda al presente e al futuro delle lotte operaie con fiducia impara dalla esperienza del passato, per non ripetere gli errori tragici, che come in Cile hanno permesso alla reazione capitalista di averla vinta.

    Per poter imparare queste lezioni è necessario conoscere in primo luogo i fatti. Quei fatti che sono stati accuratamente nascosti da tanti pennivendoli che hanno criticato il sanguinario dittatore morto a 91 anni.

    15 dicembre 2006

    http://www.marxismo.net/content/view/2139/169/

 

 
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