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  1. #1
    Sospeso/a
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    Predefinito La strage di Erba e il degrado della notizia

    Ciò che si è letto ieri sui giornali a proposito della «strage di Erba» - e che naturalmente si è visto e ascoltato nei tg e nei giornali radio - credo che imponga a tutti noi, sul piano politico ma anche su quello squisitamente professionale, una riflessione sulle condizioni in cui è stata ridotta e svilita la professione giornalistica in Italia. Certo, sono molti gli episodi, negli ultimi anni, che svelano il degrado e la progressiva omologazione dell'informazione nel nostro paese. Anzi, di un vero e proprio sistema della comunicazione caratterizzato al vertice da concentrazioni proprietarie e da interessi prettamente finanziario-affaristici, e alla base da un ceto giornalistico reso subalterno alle leggi delle «innovazioni tecnologiche» e schiacciato dalla prepotenza editoriale su un ruolo standardizzato, ripetitivo e, per le nuove leve, malpagato. Un ceto sempre più frustrato, deprivato di capacità di iniziativa e, purtroppo, anche di memoria e di coraggio civile. Ma ciò che questo ceto, questi giornali, questi media sono stati capaci di fare ieri sull'uccisione di quattro persone nel comasco, se non supera ogni limite, non può non scandalizzare e indignare. E convincerci che è l'ora di darsi una regolata. Si è trattato di qualcosa di più dell'ennesimo episodio di un fatto di cronaca nera strumentalizzato dalla stampa di destra per gridare alla «caccia al tunisino» e per criminalizzare gli immigrati. In questo caso, fior di grandi giornali, solitamente accorti e cauti, anche in forza delle risorse professionali a disposizione, sembrano essersi accontentati della semplice «indiscrezione» di un carabiniere. Il Corriere della Sera ha sparato in prima pagina, senza ombra di dubbi o di scrupoli: «Strage in famiglia: 'Era fuori per indulto'». E a pagina nove, per togliere invece ogni dubbio al lettore: «Stermina la famiglia, era libero per l'indulto», specificando nel catenaccio trattarsi di un «marocchino accusato di aver sgozzato la convivente, il figlio di 2 anni e due donne», mentre il sospetto era in realtà tunisino, come riferiscono tutti gli altri giornali, e non era convivente ma regolarmente sposato in municipio (anche queste imprecisioni, marocchino/tunisino, convivente/sposato in municipio, tipiche una volta dei giornali minori e di destra). Anche la Repubblica, che pure in prima pagina si limitava a riferire che «si cerca il convivente, un tunisino scarcerato con l'indulto», nell'interno sparava due paginate con due titolacci inequivocabili: «Uccide e brucia tre donne e il figlio. L'assassino era libero per l'indulto» e «Sapevamo che era violento ma lei per amore lo difendeva».
    Eppure, bastava forse chiedere ad un vicino di casa o al suocero dell'«assassino» per farsi venire dei dubbi sull'informazione affrettata di un carabiniere. Tanto è vero che proprio il suocero, a un certo punto, vincendo il dolore immenso per una strage che gli aveva tolto, appena da qualche ora e in quella maniera barbara, tutti i suoi cari, ha dovuto prendere l'iniziativa di scagionare il genero, che sapeva peraltro essere a Tunisi. Ma sarebbe bastato, ancor prima, un po' di vecchio fiuto da cronista, un po' meno fretta, un po' meno approssimazione, un po' meno - si può dire? - cinismo.
    Ma non voglio dare lezioni né pagelle. Mi limito a dire che, pur nella disastrosa situazione in cui sono costretti a operare in Italia i media, era effettivamente possibile stare più attenti e fare, comunque con una qualche dignità, la nostra professione. Non in teoria. Ma in pratica. Come ha fatto ad esempio Avvenire, in questo caso veramente esemplare: notizia in prima pagina, occhiello, titolo e due sommarietti ineccepibili. E giustamente, a chiusura del secondo sommario: «Perse le tracce del convivente tunisino» (con la sola imprecisione - in questo caso, diciamo così, comprensibile - del «convivente»).
    Il mio non vuole essere un grido di dolore. Ma di amarezza sì. E soprattutto di stimolo a cercare di capire e di cambiare. Di darsi una regolata, sia sul piano della politica ma, tanto per cominciare, sul piano professionale. Altrimenti, tanto varrebbe dare ormai per morta una professione, quella giornalistica, a cui pure tanto deve la democrazia e il progresso di questo paese.

    Alessandro Curzi

    il manifesto, 13-12-2006

  2. #2
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    bella analisi, peccato fatta solo sul manifesto e non su repubblica e corriere

  3. #3
    Sospeso/a
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    beh, il manifesto come qualità degli interventi è di gran lunga superiore ad entrambi, quindi la cosa non mi sorprende di certo.

  4. #4
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    Intervento retorico. Retorico non per i contenuti in sè e per sè, ma perchè retorica e bolsa è la parte da cui vengono. E cioè quella del solito Curzi, ovvero un uomo per tutte le stagioni. E che attraversa indenne anche la stagione del precariato, o meglio, di quella dei tanti giornalisti che collaborano per le testate in cui egli stesso ha lavorato, lavora, e talora ha diretto, ma non certo la sua. Mi si perdoni la venalità, ma chiedano, a questo punto, i cari lettori di questo forum, al signor Curzi lo stipendio mensile che percepisce, e quello che percepiscono invece i suoi collaboratori; si chieda quanto veniva pagato un articolista di Liberazione ai tempi in cui il vecchio istrione era direttore, e gli si chieda, dulcis in fundo, a quanto ammontano le laute prebende delle sue vecchie e nuove comparsate sulle reti di Mamma Rai. Articoli come quelli del Curzi, che puzzano un po' del mai sopito e vecchio moralismo exPiccì e che tanto male ha fatto alla nostra Sinistra, sono a mio avviso non solo perfettamente inutili, ma addirittura dannosi. Dannosi perchè se da una parte colgono problematiche evidenti - e mi riferisco alla sola polemica circa la contrattualistica- dall'altra non fanno nulla per mutarle a livello pratico ed assumono anche toni autogiustificativi circa la posizione di un giornalista che di queste "contraddizioni" in seno alla casta dei giornalisti stessi ci ha mangiato e ci mangia da decenni.
    Arrivando poi alla questione della tragedia di Erba: non comprendo, anzi comprendo benissimo, per quale motivo di fronte all'errore circa la nazionalità dell'inizialmente presunto assassino, Curzi punti l'indice contro Corriere e Repubblica e non faccia altrettanto con Avvenire, per il quale si accontenta di una semplice e bonaria supposizione di svista da parte del cronista.

  5. #5
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    che cazzo centra lo stipendio di curzi adesso?

  6. #6
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    Analisi molto buona da parte di Curzi. Cosa centra lo stipendio di Curzi? Proprio un bel niente. Non credo proprio sia stato il moralismo togliattiano quello che abbia fatto male alla sinistra, sicuramente mai quanto le azioni scellerate compiute da Occhetto, D'Alema, Fassino & Co. Che delusione, il vecchio Piccì. Non sarebbe stato così se Berlinguer fosse rimasto con noi nella lotta.

  7. #7
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  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da ItalianCommie89 Visualizza Messaggio
    Non sarebbe stato così se Berlinguer fosse rimasto con noi nella lotta.
    Non sono affatto d'accordo su questa affermazione.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Palvesario Visualizza Messaggio
    Non sono affatto d'accordo su questa affermazione.
    Poteva essere diversamente?

  10. #10
    Fu fgc.adelfia
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    sapete io quel giorno lessi l'articolo sul corriere che ormai dava per certo che il colpevole era il marito..quando tornai a casa e sentii le dichiarazioni del padre della vittima rimasi sbalordito..pensa''cazzo ma sti giornalisti hanno superato ogni limite'' mi ero ripromesso di mandare un e-mail al corriere,ma il giorno seguente sul quotidiano c'era un articolo che chiedeva scusa al pover'uomo accusato e anche ai lettori..
    purtroppo questo è quello che accade quando c'è la corsa a chi da la notizia piu' inedita...

 

 
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