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Repubblica
ROMA — Sorpresa. Dopo la manifestazione del 2 dicembre il centrodestra cala nei sondaggi, e in una settimana perde quasi mezzo punto a vantaggio dell'Unione. È vero che il distacco sul centrosinistra resta elevato (54,7%, contro 45,3%) ma la flessione è evidente, e segna per la prima volta da settembre un arretramento del Polo, che in due mesi aveva guadagnato oltre cinque punti. Raccontano che inizialmente la lettura di quei tabulati avesse un po' rasserenato Fassino.
Nel «report riservato» che Ipsos invia ogni settimana ai partiti e a Palazzo Chigi veniva sottolineato il motivo dell'inversione di tendenza: «La manifestazione del Polo pare aver riattivato le adesioni di una parte di elettorato del centrosinistra», come dire che il ritorno sulla scena del Cavaliere ha risvegliato l'antiberlusconismo, inducendo una parte degli «indecisi» — scesi al 19,8% — a schierarsi. Alla stessa ora anche Casini si rallegrava con i suoi: il sondaggio gli dava politicamente ragione, visto che aveva definito la kermesse di Roma «un regalo fatto a Prodi».
Ma al contrario del capo dei centristi, le buone notizie per Fassino (e Rutelli) finivano lì. Nelle pagine seguenti, infatti, l'Udc viene data in crescita di mezzo punto, al 6,3%. Certo, è ancora sotto il risultato delle Politiche, però il trend è tornato positivo.
I Ds (e la Margherita) continuano invece a calare e hanno raggiunto livelli allarmanti. Da tempo nella casella dei due partiti c'è il segno negativo: in meno di un mese la Quercia è passata dal 20 al 19,4%, mentre i Dl sono precipitati al 9,3%. Insieme ottengono un modesto 28,7% nelle intenzioni di voto,
appena un punto e mezzo sopra Forza Italia, che da sola è al 27,3% e non smette di avanzare.
Ma se il Polo è sceso nei rilevamenti e l'Unione è aumentata, chi ha conquistato la preferenza degli elettori di centrosinistra? Ecco il dato più preoccupante per Fassino (e Rutelli): i
n crescita è l'area radicale della coalizione di maggioranza, con il Prc al 7,7% e i Verdi di nuovo al 2,1%. E la tenaglia si chiude con l'Italia dei Valori di Di Pietro, che ha incrociato il sentimento antiberlusconiano degli elettori, balzando al 2,4%.
Insomma, per l'area riformista dell'Unione, per i partiti che dovevano essere «il timone» del governo, è scattata l'emergenza. Prodi potrà anche non curarsi dei sondaggi, ma i Ds (e la Margherita) li analizzano con ansia crescente, perché in primavera — cioè domani, politicamente parlando — si dovranno contare alle Amministrative, e se non riuscissero a invertire la rotta sarebbe un disastro. Fassino, che aveva sperato di trarre conforto dalla lettura dell'indagine di Ipsos, in realtà era già preparato al peggio. Perché lui i rilevamenti li aveva fatti personalmente, battendo soprattutto le regioni del Nord, dov'era andato a «spiegare la Finanziaria». «E l'inquietudine che ho avvertito nel Paese — ha rivelato dopo ai suoi — è talmente forte da terrorizzarmi». Perciò era rimasto infastidito dal modo in cui Prodi aveva liquidato le contestazioni: «Altro che fischi organizzati, questo è il sentimento diffuso che c'è nel Paese». Il dito puntato su Palazzo Chigi è il frutto di quei dati, di quei viaggi, «e Piero — come dice un autorevole dirigente dei Ds — è furibondo, perché teme di restarne prigioniero».
«Prigioniero» e incalzato dai dirigenti del suo partito, che non smettono di ripetere ciò che Angius profetizzò ancora un anno fa: «Altro che governo Prodi-Bertinotti, prepariamoci a un governo Bertinotti-Prodi».
L'asse tra il premier e Rifondazione sta soffocando i Ds (e la Margherita), e i sondaggi stanno lì a dimostrarlo. Nel tentativo di trovare una via d'uscita, Fassino ha però affondato troppo il colpo al Consiglio nazionale del partito: quella richiesta di «cambio di rotta», poi ridimensionata a «cambio di passo», ha mandato in bestia Prodi: «Trovo inaccettabile una presa di distanza dall'azione di governo».
E Fassino, dinnanzi alla controffensiva del premier, ha dovuto ieri ripiegare, subendo persino l'ironia di chi — come il sottosegretario verde Cento — sostiene che «i Ds non possono chiedere il dicastero dell'Economia, perché Padoa-Schioppa non si tocca. Tutt'al più, se Piero crede, può sostituire Visco come viceministro». Nel frattempo la situazione nel centrosinistra è sfuggita al controllo di tutti, e ognuno si muove per conto proprio in cerca di strade alternative. Così ieri, mentre Rutelli in tv insisteva a chiedere l'avvio della «fase due», a una manifestazione pubblica Mastella si rivolgeva così a Veltroni: «Saluto Walter, che oggi è sindaco di Roma e domani chissà...».
Ma il domani per l'Unione è molto incerto. Fassino ha dato un'occhiata alla tabella del «test winner», con cui Ipsos misura la previsione dell'opinione pubblica sul vincitore delle prossime elezioni: per il 54,5% degli italiani sarà il Polo. È vero, c'è stata una flessione di due punti e mezzo rispetto al rilevamento della settimana scorsa. Ma il centrosinistra è dato vincente solo dal 21,5% dei votanti. Basterà?
http://www.corriere.it/Primo_Piano/P...zzopunto.shtml