lle-distintivi da indossare sugli abiti nel prestigioso ateneo Amir Kabir Teheran, studenti ribelli «marchiati» Nell'università dove il presidente fondamentalista Ahmadinejad è stato contestato pubblicamente per la prima volta dalla sua nomina
Un «rating» di inaffidabilità, come quello delle agenzie Moody e Standard & Poor per il debito internazionale. Stelle-distintivi da indossare sugli abiti, come quelle che i nazisti imponevano agli ebrei. Il tutto in un luogo che ben poco ha in comune con Wall Street e le comunità ebraiche ai tempi di Hitler. Le stelle (il loro numero significa un voto negativo, da uno a tre) sono imposte agli studenti «ribelli» della prestigiosa università Amir Kabir di Teheran. Una scuola d'élite, versione iraniana della London School of Economics e della californiana Berkley, fucina dei leader della rivoluzione islamica che rovesciò lo Shah nel 1979.
La settimana scorsa è stato qui che per la prima volta dalla sua nomina, nel giugno 2005, il presidente fondamentalista Mahmoud Ahmadinejad è stato contestato pubblicamente. Una sessantina di studenti l'ha accolto bruciandone i ritratti, gridando «morte al tiranno» e «fascista», mostrando cartelli che chiedevano libertà — qualcuno gli ha tirato anche una scarpa — prima di essere zittiti e fermati, perfino con una granata. Ricercati da varie bande filogovernative (anche se il presidente in persona avrebbe ordinato di non arrestare nessuno), almeno quattro degli studenti filmati durante la protesta ora vivono nascosti. «I miliziani hanno promesso a uno di loro di "tirar fuori suo padre dalla tomba", un'antica minaccia persiana. È in pericolo», ha detto un amico.
Erano state proprio quelle stelle a far incendiare la protesta: ultima, simbolica (ma non solo) decisione del nuovo rettore- Ayatollah imposto dal governo nell'università ribelle, dopo il divieto di ogni riunione tra studenti (anche non politica), la distruzione di loro sedi, l'allontanamento dei professori «filoccidentali», il giro di vite sull'abbigliamento delle ragazze. Le stelle, introdotte recentemente, vanno indossate dagli studenti sospettati di minacciare l'ordine. «Chi ne ha ricevuta una ha dovuto firmare una lettera prima di essere ammesso, impegnandosi a non partecipare a nessuna attività politica — racconta Ali Nikou Nesbati, uno dei contestatori dell'11 dicembre — Con due stelle, l'iscrizione viene ritardata e si devono firmare documenti ancora più duri, con tre non ci si può nemmeno iscrivere». In tutto, i «marchiati» sono una settantina, che ora ostentano i distintivi come se fossero onorificenze e ne sottolineano l'analogia con le stelle dei nazisti. Un regime e un periodo storico di cui si è parlato tanto nei scorsi giorni a Teheran, per l'incredibile e controversa conferenza negazionista dell'Olocausto, voluta proprio da Ahmadinejad.
Non è quindi un caso che tra i cartelli anti- presidente comparsi all'università quell' 11 dicembre ce ne fosse uno che diceva «le stelle si vedono quando fa buio». Né è un caso che nel suo discorso Ahmadinejad ne abbia fatto menzione. «Ha scherzato, ha detto che voleva emettere un decreto presidenziale per obbligare tutti i ragazzi con tre stelle a diventare sergenti dell'esercito. Ma questo ha fatto davvero infuriare gli studenti», rivela Babak Zamanian, portavoce del comitato studentesco islamico.
Ahmadinejad avrà anche scherzato e bloccato (per ora) gli arresti dei contestatori, ma nessuno nel campus di Amir Kabir pensa che la calma durerà a lungo. «Le autorità reagiranno ancor peggio che in passato — dice Armin Salmasi, uno dei leader del movimento, pensando alla rivolta universitaria del 1999, la più cruenta, e a quelle minori degli ultimi anni — Siamo già sotto continua sorveglianza. Presto dovremo entrare in clandestinità: com'era prima della rivoluzione».
18 dicembre 2006