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Discussione: La grande menzogna

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    La grande menzogna

    Le distorsioni e le falsificazioni dell’informazione del neo totalitarismo occidentale ( totalitarismo morbido, come previde lucidamente Tocqueville) si vanno quotidianamente ampliando fino al punto da essere l’esatto contrario della verità più evidente. Non c’è da stupirsi : questo sistema nasce da enormi menzogne e più il tempo passa più deve inventarne di più grandi per coprire la verità. E’ un fenomeno che inevitabilmente colpisce tutti i bugiardi.

    Politicamente tuttavia quando un regime è costretto a mentire continuamente per mantenere la legittimazione, diventa tirannico e totalitario.

    E’ quanto sta accadendo al punto che diventa difficile enumerare le falsità quotidiane che diffonde.

    Che sono enormi e sostenibili solo grazie ormai al totale controllo della stampa, della televisione e degli altri media. Grazie al controllo politico, degli editori e del mercato pubblicitario.

    Il problema , per gli oligarchi, è che anche la gente comune comincia a sentire puzza di bruciato.

    Le cose vanno male e le balle sono sempre più grosse.

    A partire dalla bufala più grande di tutte, quella secondo cui vivremo in un regime democratico , tollerante e liberale.

    Non esiste alcuna democrazia. Esistono partiti, nessuno dei quali può arrivare al potere senza il consenso dell’oligarchia.

    Accade così in America, accade così in Europa. Di recente è esploso in Gran Bretagna uno scandalo che illustra bene la situazione. Milioni di sterlini sono state consegnate ai laburisti per la passata compagna elettorale. Milioni versati da donatori anonimi al raccoglitore di fondi di fiducia del partito di Blair, certo Levy. Servono altre spiegazioni? Chi regala milioni di sterline per nulla, restando per giunta anonimo? E ci si può stupire se Blair è sulla stessa linea di Bush in Medio oriente? Questa “democrazia” è gestita dai signori del denaro, che sono ovviamente anche i padroni dei giornali. Qualcuno dirà: basta la falsa informazione a garantire vittorie elettorali? Alla grande!

    Certo una percentuale di cittadini più critici può reagire. Ma restano una bassa percentuale rispetto alle milioni di persone che sentono solo i megafoni della TV, si accontentano dei quiz e della partita o nel migliore dei casi leggono i giornali controllati.

    E’ impossibile fare una contro informazione : non si riceve pubblicità e si deve battere la concorrenza di giornali che dispongono di fondi infiniti. Inoltre tutte le agenzie stampa danno un’informazione uniforme. I giornali che fanno contro informazione vengono fatti morire.

    Fra i giornalisti vige la più totale autocensura e comunque un giornalista non politicamente corretto, ovvero servo dei padroni, semplicemente non arriva più in redazione.

    Si noti, non era così solo vent’anni fa. Ora il controllo è totalitario.

    Certo il sistema lascia finte o flebili divergenze di opinioni.

    I punti cardinali del sistema sono la difesa di Israele, la religione dell’olocausto, l’alleanza NATO (vale anche per la Svizzera, poche balle) le frontiere aperte, la linea antinazionale. Certo si può volere più o meno migrazioni, ma non si può fermare la migrazione. Così vogliono gli oligarchi.

    Nessun politico può mettere in dubbio i “diritti” di Israele, nessuno oserà contestare il volere delle rispettive comunità sioniste che si ritrova fra i piedi. Neanche la Chiesa cattolica osa più: ha cambiato persino il Vangelo, o almeno, grottescamente, la sua interpretazione.

    Nei giorni scorsi il caporione israeliano Olmert ha fatto il giro dell’Europa, dopo che era sceso fra di noi senza essere invitato quel tale Bronfman, del congresso mondiale ebraico, per montare la lobby filo ebraica come negli USA.

    Olmert è passato alla cassa e tutti i maggiordomi europei si sono inginocchiati. La novità è che lo hanno fatto in mondo plateale, inusuale. A quel punto non si era mai arrivati.

    Il campione assoluto è stato quell’essere immondo che si chiama Romano Prodi, ben definito mortadella dal volto umano.

    Cosa è capitato? Prodi dopo il colloquio con Olmert , a microfoni creduti spenti, è stato imbeccato dal numero uno del governo sionista: gli ha semplicemente ordinato cosa doveva dire alla conferenza stampa. E la mortadella, con la dignità di un verme, ha ubbidito.

    ¨







    Olmert si congratula con il personale di servizio




    Ecco come ha commentato il fatto il coraggioso ( uno degli ultimi) giornalista e scrittore Blondet:





    Una cosa è leggere quelle scene, una cosa è vederle in video ( il video poi è stato fatto sparire, ndr)

    Rivoltanti.


    Rivoltante l'eccessiva cordialità di Prodi, gli abbracci troppo calorosi, il suo orrido sorriso silenzioso e falso stampato sul faccione; e poi i «sì, sì» con la testa, con tutto il corpo, come un cane scodinzolante con la lingua fuori, mentre Olmert - sorridente, sicuro di sé - gli prescrive quel che deve dire nella conferenza stampa.


    «Lei ha detto qualcosa sullo Stato ebraico, lo so…», dice Olmert.


    Insomma, ripetilo in pubblico.


    Subito dopo, al microfono, Prodi esegue: «Io debbo aggiungere anche il riconoscimento di Israele come…(e qui una pausa, come gli si fosse seccata la gola)… Stato ebraico».


    «Sembra il comunicato letto da uno con la pistola alla schiena», commenta il lettore.


    Di uno sotto ricatto.


    E giustamente nota, il lettore, che al «noi» diplomatico («le nostre due nazioni») Prodi a quel punto ha sostituito «io».


    Le immagini rubate che mostrano il servo italiota obbedire al padrone non sono certo casuali.


    I servizi sionisti, dice giustamente il lettore, non «dimenticano» telecamere aperte.


    Non a caso è stato ripreso il testa a testa dietro le quinte. (1)














    E' un segnale anche ad altri.


    Ma il peggio è l'incontro col Pontefice.


    Anche qui, bisogna vedere le immagini.





    La nuova alleanza





    La voce fuori campo commenta: «The Pope went out his way to meet the Olmert's staff…», felice dello slancio «straordinario», fuori del comune, senza precedenti (questo il senso di «out of his way») con cui il Papa ha salutato Olmert e tutto il suo staff.


    Infatti, nota il lettore, quello ripreso non è mica un incontro sotto tono, nello studio privato; no, è un'udienza in pompa magna con tutti gli uomini di Olmert.


    Tra loro c'è un militare giovane, rasato, in divisa, di nome Mashni o qualcosa del genere.


    Olmert lo presenta al Papa con la seguente battuta di spirito: «He is the one who does not allow them to shoot unnecessarily», ossia: «Lui è quello che impedisce loro di sparare senza necessità», insomma che tiene a bada i nostri ragazzi col grilletto facile.


    Dal 2000, gli ebrei hanno ammazzato a Gaza solo 339 palestinesi, ma 210 erano «bersagli» di assassini mirati, solo 129 «perdite collaterali», innocenti, spesso bambini, trovatisi nel posto sbagliato mentre Giuda faceva giustizia. ammirate la moderazione israeliana, assaporate l'aroma del «mondo a venire»….


    E il Papa si congratula, stringe le mani, sorride.


    Ci si può vantare davanti al Papa di uccidere, ma con moderazione e disciplina.


    In un clima di cordialità.


    La voce commenta: «Olmert ha avuto successo nell'impedire l'erosione della posizione europea su Hamas», ossia di rilassare il blocco che affama i palestinesi.


    Grande successo.


    Risate, cordialità, strette di mano, saluti.


    I servi hanno obbedito ancora una volta.














    Nella stanza dell'udienza un Crocifisso, ripreso per un attimo, dimenticato.


    Da marzo prossimo, sarà l'Italia a guidare la forza d'interposizione ONU in Libano.


    L'Italia di Prodi, che ha riconosciuto la natura di «Stato ebraico» di Israele, razzista cioè, e col diritto di espellere e torturare e sparare (ma con giudizio) sugli uomini non ebrei.


    Prima di Pasqua, nella terra che ha visto la Passione di Cristo.


    Ma non si può capire se non si vede.


    (La scena era apparsa su video via Internet: ma è stata opportunamente fatta sparire. Democrazia, democrazia.. ndr)


    Mentre a Roma si abbracciano assassini e aguzzini, in USA il presidente Carter è sotto attacco per il suo libro «Peace not apartheid» in cui coraggiosamente dice la verità: «Il continuo controllo e la continua colonizzazione delle terre palestinesi sono gli ostacoli primi ad un accordo di pace nella Terra Santa».


    Il romanziere Jack Engelhard (l'autore di «Proposta indecente») ha definito il libro di Carter il nuovo Mein Kampf, e lo ha paragonato ai Protocolli dei Savi di Sion. (David Horowitz, su Front Page Magazine, insulta l'ex-presidente: «Odiatore degli ebrei, preparatore di genocidio, bugiardo». ( Avessero almeno un po’ di fantasia questi cialtroni: sempre la stessa zuppa)


    Nulla di simile agli abbracci per Prodi e ai sorrisi al Vaticano; per chi non è servo, insulti tracotanti, minacce, calunnie.


    Non è la prima volta che Prodi viene sorpreso da una telecamera «dimenticata» in atti di servilismo verso un ebreo. E' successo l'8 gennaio 2004, Prodi era presidente della Commissione europea. Gli fece visita il direttore esecutivo del Congresso Ebraico, il rabbino Israel Singer, (un altro dei famosi accusatori della Svizzera nel ricatto dell’oro ebraico) : la rete televisiva interna dell'Unione Europea (EBS) trasmise l'inizio dell'incontro, con la rituale stretta di mano. Solo che la telecamera resta inavvertitamente aperta, e riprende il seguito non voluto. Si vide Israel Singer, con la kippà e il dito alzato sotto il naso di Prodi, che ordinava qualcosa con un'aria padronale, mentre Prodi annuiva a capo chino. Poi si capisce che Singer dice, nel suo cattivo inglese: «… C'è gente che vuol sostenere te e gente che appoggia Berlusconi. Tu non pensare che io lo appoggi sul serio. Lo sai bene quanto lo so io».

    E quei fessi della cosiddetta “casa delle libertà” continuano a tradire il loro paese per leccare i piedi a chi li ha già traditi!





    Ma torniamo alla democrazia.

    Giorni fa la stampa della corsia dei servi, Corriere della Sera in testa, titolava in prima pagina: Ahamadin Nejad contestato dagli studenti. Idem, ovviamente “La Repubblica”. Con tanto di foto di quattro scalzacani a pugni chiusi, tipo quelli che spaccano le vetrine da noi.

    Il leader iraniano non ha fatto una piega, ma la contestazione in realtà gli ha reso servizio: che razza di tiranno è se si lascia contestare all’università? Quando mai ci fu una contestazione a Stalin?

    Ancora una volta le menzogne della nostra oligarchia sono venute a galla. Ma non basta.

    Ci sono state le elezioni in Iran. Ma come, non c’era una tirannia assoluta in Iran? Non dovevano bombardarlo per riportare la democrazia?

    E invece, udite , udite, in Iran in molte città hanno vinto gli oppositori di Ahamadin Nejad ( per inciso: foraggiati con milioni di dollari americani) . Ma allora c’è libertà in Iran. Certo più che a Bagadad! E senza la minima vergogna i nostri mass media hanno intonato peana alla “sconfitta” del tiranno. La democrazia per loro esiste quando vincono gli amici degli USA e di Israele.

    Se no non c’è democrazia , bisogna bombardare.

    Persino il Corriere ha tentato di giustificare la plateale contraddizione degli eroi della democrazia.

    In un editoriale delirante dal titolo “Il paradosso democratico” il megafono degli Elakan e dei Mieli scrive:





    “Di fronte all’annuncio di Abu Mazen del voto anticipato in Palestina, ci si aspetterebbe dai democratici lo stesso sussulto di indignazione che scuoterebbe l’opinione pubblica se la stessa scena fosse accaduta in un Parlamento occidentale. Ma come, chi ha perso le elezioni vuole invalidare quelle vinte da Hamas, sciogliendo anzitempo e arbitrariamente le istituzioni da esse scaturite? Non è uno scempio delle procedure democratiche quello che vede la minoranza calpestare i risultati elettorali per annientare la maggioranza? Invece accade il contrario: chi ha a cuore le incerte sorti della (troppo) fragile democrazia palestinese, a cominciare dagli Stati Uniti e da Israele, si compiace per la mossa del «moderato» Abu Mazen. Invoca mezzi poco democratici per salvare quel poco di democrazia su cui resta ancora da sperare. E’ un paradosso. Ma è il paradosso della democrazia.”

    Bisogna essere tarati per accettare un discorso del genere. Ma bisogna essere dei veri criminali per parlare della “fragile democrazia” in Palesetina. Fragile democrazia? Ma si tratta di un popolo torturato, massacrato dalle carogne di Olmert, senza soldi, senza viveri, senz’acqua, cui luridi sgherri dell’esercito giudaico strappano persino gli olivi, unico sostentamento. Ci vuole tutta la faccia tosta di certi bugiardi patologici per accusare i palestinesi di non essere “democratici”. Per essere democratici bisogna innanzittutto essere liberi e la Palestina non lo è.

    Ma sentite il resto del delirio del Corriere della Sera









    “Tuttavia è un paradosso che si ripete con imbarazzante regolarità perché l’Occidente democratico faccia finta di non afferrarne la logica. La sua prima, macroscopica manifestazione si rivelò nell’Algeria del 1991, quando uno strappo golpista interruppe un processo elettorale in cui stavano trionfando gli islamisti antidemocratici del Fis. Si sospese la democrazia per salvare la democrazia: si conosce forse un paradosso più dilaniante per la coscienza occidentale? In Iran la sequenza di tipo algerino non è stata interrotta e le elezioni presidenziali hanno portato al potere un campione del fanatismo e dell’antidemocrazia come Ahmadinejad. Per fortuna i primi, ancora scarni risultati annunciano un sensibile ridimensionamento del presidente che usa l’olocausto per predicare la distruzione di Israele. Ma resta il fatto che l’uso dello strumento democratico a Teheran ha favorito l’ascesa di un nemico della democrazia.


    Lo stesso è accaduto con i palestinesi che hanno optato per Hamas. E tutto lascia temere che oggi, con nuove elezioni, il Libano potrebbe essere sommerso da un’ondata di schede estremiste per Hezbollah. In Iraq e in Afghanistan, pur tormentati dalle esplosioni della guerra civile, la nuova liturgia democratica ha dato per il momento risultati diversi, ma solo perché i nemici dichiarati della democrazia hanno scelto di non contarsi nelle urne.


    Le istituzioni della democrazia rappresentativa, «esportate» nel mondo arabo o islamico, misurano un grado di consenso per le forze integraliste e antidemocratiche di gran lunga superiore alle peggiori previsioni. La nuova democrazia favorisce l’antidemocrazia: ecco il paradosso disperante che l’Occidente dimostra di non saper fronteggiare con la necessaria lucidità. Così si spiega l’appoggio alla decisione di Abu Mazen, senza nemmeno tener conto di quanto i seguaci di Yasser Arafat abbiano contribuito alla loro sconfitta con una gestione gangsteristico-corrotta delle finanze palestinesi: ulteriore benzina sul fuoco già ardente alimentato dagli estremisti di Hamas. Ed ecco perché, nel tentativo di neutralizzare il consolidamento di un governo terrorista, l’Occidente sia disposto a chiudere un occhio sui metodi poco ortodossi dell’erede di Arafat. Un paradosso. Troppo frequente per non diventare un gioco oltremodo pericoloso.”

    Qualcuno, al termine di questa prosa demente, ha ancora ragionevoli dubbia sul giornalismo “democratico” dei fogli da fogna della democrazia da bombardamento?

    Ci vuole uno stomaco da squalo per parlare di “paradosso dilaniante per la coscienza occidentale” quando si è sostenuto che la democrazia deve essere imposta con le bombe, quando si è straziato un popolo come quello iracheno o quello palestinese, quando si mettono i galera coloro che si macchiano di reati d’opinione come il leso “olocausto”.

    Gestione “gansteristico corrotta” scrive il Corriere. Come i miliardari alla Bronfaman , i foraggiatori dei Bush e dei Blair? Il povero Arafa i confronto era un sant’uomo. Ma è stato probabilmente assassinato e comunque con lui Israele non poteva trattare. Eppure non era fondamentalista islamico, come non lo era Nasser, non lo era Saddam, non lo era Assad e non lo è suo figlio. Eppure erano da eliminare lo stesso.

    La stupidità del testo , basata sul postulato che la democrazia sia l’unica forma di governo accettabile e sul dogma che Israele e gli Usa siano modelli di democrazia, nasconde una domanda criminale. Come eliminare il “paradosso” democratico? , si chiede l’anonimo editorialista.

    E lascia intendere chiaramente che non c’è che una risposta: la guerra preventiva con l’imposizione di una democrazia “giusta”. Come quella che ci godiamo noi, grazie ai nostri politicanti servi di Olmert.

  2. #2
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    Predefinito

    sempre brillante questo opinionista. dio ( se ce'..) protegga questa ultime voci oneste ...
    "dammi i soldi, e al diavolo tutto il resto "
    Marx


    (graucho..:-))

  3. #3
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    Predefinito Re: La grande menzogna

    Citazione Originariamente Scritto da Der Wehrwolf Visualizza Messaggio
    Le distorsioni e le falsificazioni dell’informazione del neo totalitarismo occidentale ( totalitarismo morbido, come previde lucidamente Tocqueville) si vanno quotidianamente ampliando fino al punto da essere l’esatto contrario della verità più evidente. Non c’è da stupirsi : questo sistema nasce da enormi menzogne e più il tempo passa più deve inventarne di più grandi per coprire la verità. E’ un fenomeno che inevitabilmente colpisce tutti i bugiardi.

    Politicamente tuttavia quando un regime è costretto a mentire continuamente per mantenere la legittimazione, diventa tirannico e totalitario.

    E’ quanto sta accadendo al punto che diventa difficile enumerare le falsità quotidiane che diffonde.

    Che sono enormi e sostenibili solo grazie ormai al totale controllo della stampa, della televisione e degli altri media. Grazie al controllo politico, degli editori e del mercato pubblicitario.

    Il problema , per gli oligarchi, è che anche la gente comune comincia a sentire puzza di bruciato.

    Le cose vanno male e le balle sono sempre più grosse.

    A partire dalla bufala più grande di tutte, quella secondo cui vivremo in un regime democratico , tollerante e liberale.

    Non esiste alcuna democrazia. Esistono partiti, nessuno dei quali può arrivare al potere senza il consenso dell’oligarchia.

    Accade così in America, accade così in Europa. Di recente è esploso in Gran Bretagna uno scandalo che illustra bene la situazione. Milioni di sterlini sono state consegnate ai laburisti per la passata compagna elettorale. Milioni versati da donatori anonimi al raccoglitore di fondi di fiducia del partito di Blair, certo Levy. Servono altre spiegazioni? Chi regala milioni di sterline per nulla, restando per giunta anonimo? E ci si può stupire se Blair è sulla stessa linea di Bush in Medio oriente? Questa “democrazia” è gestita dai signori del denaro, che sono ovviamente anche i padroni dei giornali. Qualcuno dirà: basta la falsa informazione a garantire vittorie elettorali? Alla grande!

    Certo una percentuale di cittadini più critici può reagire. Ma restano una bassa percentuale rispetto alle milioni di persone che sentono solo i megafoni della TV, si accontentano dei quiz e della partita o nel migliore dei casi leggono i giornali controllati.

    E’ impossibile fare una contro informazione : non si riceve pubblicità e si deve battere la concorrenza di giornali che dispongono di fondi infiniti. Inoltre tutte le agenzie stampa danno un’informazione uniforme. I giornali che fanno contro informazione vengono fatti morire.

    Fra i giornalisti vige la più totale autocensura e comunque un giornalista non politicamente corretto, ovvero servo dei padroni, semplicemente non arriva più in redazione.

    Si noti, non era così solo vent’anni fa. Ora il controllo è totalitario.

    Certo il sistema lascia finte o flebili divergenze di opinioni.

    I punti cardinali del sistema sono la difesa di Israele, la religione dell’olocausto, l’alleanza NATO (vale anche per la Svizzera, poche balle) le frontiere aperte, la linea antinazionale. Certo si può volere più o meno migrazioni, ma non si può fermare la migrazione. Così vogliono gli oligarchi.

    Nessun politico può mettere in dubbio i “diritti” di Israele, nessuno oserà contestare il volere delle rispettive comunità sioniste che si ritrova fra i piedi. Neanche la Chiesa cattolica osa più: ha cambiato persino il Vangelo, o almeno, grottescamente, la sua interpretazione.

    Nei giorni scorsi il caporione israeliano Olmert ha fatto il giro dell’Europa, dopo che era sceso fra di noi senza essere invitato quel tale Bronfman, del congresso mondiale ebraico, per montare la lobby filo ebraica come negli USA.

    Olmert è passato alla cassa e tutti i maggiordomi europei si sono inginocchiati. La novità è che lo hanno fatto in mondo plateale, inusuale. A quel punto non si era mai arrivati.

    Il campione assoluto è stato quell’essere immondo che si chiama Romano Prodi, ben definito mortadella dal volto umano.

    Cosa è capitato? Prodi dopo il colloquio con Olmert , a microfoni creduti spenti, è stato imbeccato dal numero uno del governo sionista: gli ha semplicemente ordinato cosa doveva dire alla conferenza stampa. E la mortadella, con la dignità di un verme, ha ubbidito.

    ¨







    Olmert si congratula con il personale di servizio




    Ecco come ha commentato il fatto il coraggioso ( uno degli ultimi) giornalista e scrittore Blondet:





    Una cosa è leggere quelle scene, una cosa è vederle in video ( il video poi è stato fatto sparire, ndr)

    Rivoltanti.


    Rivoltante l'eccessiva cordialità di Prodi, gli abbracci troppo calorosi, il suo orrido sorriso silenzioso e falso stampato sul faccione; e poi i «sì, sì» con la testa, con tutto il corpo, come un cane scodinzolante con la lingua fuori, mentre Olmert - sorridente, sicuro di sé - gli prescrive quel che deve dire nella conferenza stampa.


    «Lei ha detto qualcosa sullo Stato ebraico, lo so…», dice Olmert.


    Insomma, ripetilo in pubblico.


    Subito dopo, al microfono, Prodi esegue: «Io debbo aggiungere anche il riconoscimento di Israele come…(e qui una pausa, come gli si fosse seccata la gola)… Stato ebraico».


    «Sembra il comunicato letto da uno con la pistola alla schiena», commenta il lettore.


    Di uno sotto ricatto.


    E giustamente nota, il lettore, che al «noi» diplomatico («le nostre due nazioni») Prodi a quel punto ha sostituito «io».


    Le immagini rubate che mostrano il servo italiota obbedire al padrone non sono certo casuali.


    I servizi sionisti, dice giustamente il lettore, non «dimenticano» telecamere aperte.


    Non a caso è stato ripreso il testa a testa dietro le quinte. (1)














    E' un segnale anche ad altri.


    Ma il peggio è l'incontro col Pontefice.


    Anche qui, bisogna vedere le immagini.





    La nuova alleanza





    La voce fuori campo commenta: «The Pope went out his way to meet the Olmert's staff…», felice dello slancio «straordinario», fuori del comune, senza precedenti (questo il senso di «out of his way») con cui il Papa ha salutato Olmert e tutto il suo staff.


    Infatti, nota il lettore, quello ripreso non è mica un incontro sotto tono, nello studio privato; no, è un'udienza in pompa magna con tutti gli uomini di Olmert.


    Tra loro c'è un militare giovane, rasato, in divisa, di nome Mashni o qualcosa del genere.


    Olmert lo presenta al Papa con la seguente battuta di spirito: «He is the one who does not allow them to shoot unnecessarily», ossia: «Lui è quello che impedisce loro di sparare senza necessità», insomma che tiene a bada i nostri ragazzi col grilletto facile.


    Dal 2000, gli ebrei hanno ammazzato a Gaza solo 339 palestinesi, ma 210 erano «bersagli» di assassini mirati, solo 129 «perdite collaterali», innocenti, spesso bambini, trovatisi nel posto sbagliato mentre Giuda faceva giustizia. ammirate la moderazione israeliana, assaporate l'aroma del «mondo a venire»….


    E il Papa si congratula, stringe le mani, sorride.


    Ci si può vantare davanti al Papa di uccidere, ma con moderazione e disciplina.


    In un clima di cordialità.


    La voce commenta: «Olmert ha avuto successo nell'impedire l'erosione della posizione europea su Hamas», ossia di rilassare il blocco che affama i palestinesi.


    Grande successo.


    Risate, cordialità, strette di mano, saluti.


    I servi hanno obbedito ancora una volta.














    Nella stanza dell'udienza un Crocifisso, ripreso per un attimo, dimenticato.


    Da marzo prossimo, sarà l'Italia a guidare la forza d'interposizione ONU in Libano.


    L'Italia di Prodi, che ha riconosciuto la natura di «Stato ebraico» di Israele, razzista cioè, e col diritto di espellere e torturare e sparare (ma con giudizio) sugli uomini non ebrei.


    Prima di Pasqua, nella terra che ha visto la Passione di Cristo.


    Ma non si può capire se non si vede.


    (La scena era apparsa su video via Internet: ma è stata opportunamente fatta sparire. Democrazia, democrazia.. ndr)


    Mentre a Roma si abbracciano assassini e aguzzini, in USA il presidente Carter è sotto attacco per il suo libro «Peace not apartheid» in cui coraggiosamente dice la verità: «Il continuo controllo e la continua colonizzazione delle terre palestinesi sono gli ostacoli primi ad un accordo di pace nella Terra Santa».


    Il romanziere Jack Engelhard (l'autore di «Proposta indecente») ha definito il libro di Carter il nuovo Mein Kampf, e lo ha paragonato ai Protocolli dei Savi di Sion. (David Horowitz, su Front Page Magazine, insulta l'ex-presidente: «Odiatore degli ebrei, preparatore di genocidio, bugiardo». ( Avessero almeno un po’ di fantasia questi cialtroni: sempre la stessa zuppa)


    Nulla di simile agli abbracci per Prodi e ai sorrisi al Vaticano; per chi non è servo, insulti tracotanti, minacce, calunnie.


    Non è la prima volta che Prodi viene sorpreso da una telecamera «dimenticata» in atti di servilismo verso un ebreo. E' successo l'8 gennaio 2004, Prodi era presidente della Commissione europea. Gli fece visita il direttore esecutivo del Congresso Ebraico, il rabbino Israel Singer, (un altro dei famosi accusatori della Svizzera nel ricatto dell’oro ebraico) : la rete televisiva interna dell'Unione Europea (EBS) trasmise l'inizio dell'incontro, con la rituale stretta di mano. Solo che la telecamera resta inavvertitamente aperta, e riprende il seguito non voluto. Si vide Israel Singer, con la kippà e il dito alzato sotto il naso di Prodi, che ordinava qualcosa con un'aria padronale, mentre Prodi annuiva a capo chino. Poi si capisce che Singer dice, nel suo cattivo inglese: «… C'è gente che vuol sostenere te e gente che appoggia Berlusconi. Tu non pensare che io lo appoggi sul serio. Lo sai bene quanto lo so io».

    E quei fessi della cosiddetta “casa delle libertà” continuano a tradire il loro paese per leccare i piedi a chi li ha già traditi!





    Ma torniamo alla democrazia.

    Giorni fa la stampa della corsia dei servi, Corriere della Sera in testa, titolava in prima pagina: Ahamadin Nejad contestato dagli studenti. Idem, ovviamente “La Repubblica”. Con tanto di foto di quattro scalzacani a pugni chiusi, tipo quelli che spaccano le vetrine da noi.

    Il leader iraniano non ha fatto una piega, ma la contestazione in realtà gli ha reso servizio: che razza di tiranno è se si lascia contestare all’università? Quando mai ci fu una contestazione a Stalin?

    Ancora una volta le menzogne della nostra oligarchia sono venute a galla. Ma non basta.

    Ci sono state le elezioni in Iran. Ma come, non c’era una tirannia assoluta in Iran? Non dovevano bombardarlo per riportare la democrazia?

    E invece, udite , udite, in Iran in molte città hanno vinto gli oppositori di Ahamadin Nejad ( per inciso: foraggiati con milioni di dollari americani) . Ma allora c’è libertà in Iran. Certo più che a Bagadad! E senza la minima vergogna i nostri mass media hanno intonato peana alla “sconfitta” del tiranno. La democrazia per loro esiste quando vincono gli amici degli USA e di Israele.

    Se no non c’è democrazia , bisogna bombardare.

    Persino il Corriere ha tentato di giustificare la plateale contraddizione degli eroi della democrazia.

    In un editoriale delirante dal titolo “Il paradosso democratico” il megafono degli Elakan e dei Mieli scrive:





    “Di fronte all’annuncio di Abu Mazen del voto anticipato in Palestina, ci si aspetterebbe dai democratici lo stesso sussulto di indignazione che scuoterebbe l’opinione pubblica se la stessa scena fosse accaduta in un Parlamento occidentale. Ma come, chi ha perso le elezioni vuole invalidare quelle vinte da Hamas, sciogliendo anzitempo e arbitrariamente le istituzioni da esse scaturite? Non è uno scempio delle procedure democratiche quello che vede la minoranza calpestare i risultati elettorali per annientare la maggioranza? Invece accade il contrario: chi ha a cuore le incerte sorti della (troppo) fragile democrazia palestinese, a cominciare dagli Stati Uniti e da Israele, si compiace per la mossa del «moderato» Abu Mazen. Invoca mezzi poco democratici per salvare quel poco di democrazia su cui resta ancora da sperare. E’ un paradosso. Ma è il paradosso della democrazia.”

    Bisogna essere tarati per accettare un discorso del genere. Ma bisogna essere dei veri criminali per parlare della “fragile democrazia” in Palesetina. Fragile democrazia? Ma si tratta di un popolo torturato, massacrato dalle carogne di Olmert, senza soldi, senza viveri, senz’acqua, cui luridi sgherri dell’esercito giudaico strappano persino gli olivi, unico sostentamento. Ci vuole tutta la faccia tosta di certi bugiardi patologici per accusare i palestinesi di non essere “democratici”. Per essere democratici bisogna innanzittutto essere liberi e la Palestina non lo è.

    Ma sentite il resto del delirio del Corriere della Sera









    “Tuttavia è un paradosso che si ripete con imbarazzante regolarità perché l’Occidente democratico faccia finta di non afferrarne la logica. La sua prima, macroscopica manifestazione si rivelò nell’Algeria del 1991, quando uno strappo golpista interruppe un processo elettorale in cui stavano trionfando gli islamisti antidemocratici del Fis. Si sospese la democrazia per salvare la democrazia: si conosce forse un paradosso più dilaniante per la coscienza occidentale? In Iran la sequenza di tipo algerino non è stata interrotta e le elezioni presidenziali hanno portato al potere un campione del fanatismo e dell’antidemocrazia come Ahmadinejad. Per fortuna i primi, ancora scarni risultati annunciano un sensibile ridimensionamento del presidente che usa l’olocausto per predicare la distruzione di Israele. Ma resta il fatto che l’uso dello strumento democratico a Teheran ha favorito l’ascesa di un nemico della democrazia.


    Lo stesso è accaduto con i palestinesi che hanno optato per Hamas. E tutto lascia temere che oggi, con nuove elezioni, il Libano potrebbe essere sommerso da un’ondata di schede estremiste per Hezbollah. In Iraq e in Afghanistan, pur tormentati dalle esplosioni della guerra civile, la nuova liturgia democratica ha dato per il momento risultati diversi, ma solo perché i nemici dichiarati della democrazia hanno scelto di non contarsi nelle urne.


    Le istituzioni della democrazia rappresentativa, «esportate» nel mondo arabo o islamico, misurano un grado di consenso per le forze integraliste e antidemocratiche di gran lunga superiore alle peggiori previsioni. La nuova democrazia favorisce l’antidemocrazia: ecco il paradosso disperante che l’Occidente dimostra di non saper fronteggiare con la necessaria lucidità. Così si spiega l’appoggio alla decisione di Abu Mazen, senza nemmeno tener conto di quanto i seguaci di Yasser Arafat abbiano contribuito alla loro sconfitta con una gestione gangsteristico-corrotta delle finanze palestinesi: ulteriore benzina sul fuoco già ardente alimentato dagli estremisti di Hamas. Ed ecco perché, nel tentativo di neutralizzare il consolidamento di un governo terrorista, l’Occidente sia disposto a chiudere un occhio sui metodi poco ortodossi dell’erede di Arafat. Un paradosso. Troppo frequente per non diventare un gioco oltremodo pericoloso.”

    Qualcuno, al termine di questa prosa demente, ha ancora ragionevoli dubbia sul giornalismo “democratico” dei fogli da fogna della democrazia da bombardamento?

    Ci vuole uno stomaco da squalo per parlare di “paradosso dilaniante per la coscienza occidentale” quando si è sostenuto che la democrazia deve essere imposta con le bombe, quando si è straziato un popolo come quello iracheno o quello palestinese, quando si mettono i galera coloro che si macchiano di reati d’opinione come il leso “olocausto”.

    Gestione “gansteristico corrotta” scrive il Corriere. Come i miliardari alla Bronfaman , i foraggiatori dei Bush e dei Blair? Il povero Arafa i confronto era un sant’uomo. Ma è stato probabilmente assassinato e comunque con lui Israele non poteva trattare. Eppure non era fondamentalista islamico, come non lo era Nasser, non lo era Saddam, non lo era Assad e non lo è suo figlio. Eppure erano da eliminare lo stesso.

    La stupidità del testo , basata sul postulato che la democrazia sia l’unica forma di governo accettabile e sul dogma che Israele e gli Usa siano modelli di democrazia, nasconde una domanda criminale. Come eliminare il “paradosso” democratico? , si chiede l’anonimo editorialista.

    E lascia intendere chiaramente che non c’è che una risposta: la guerra preventiva con l’imposizione di una democrazia “giusta”. Come quella che ci godiamo noi, grazie ai nostri politicanti servi di Olmert.
    Post del 2006, ancora attualissimo.
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  4. #4
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    Predefinito Re: La grande menzogna

    Citazione Originariamente Scritto da larth (POL) Visualizza Messaggio
    sempre brillante questo opinionista. dio ( se ce'..) protegga questa ultime voci oneste ...
    Larth, se ci sei fatti vivo.
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

 

 

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