In occasione del solstizio, quando ci si dovrebbe occupare della rinascita, ripercorriamo il filo delle Idee del mondo che originarono anche questa “destra radicale” che per ironia della sorte oggi è ignara proprio delle sue radici

“Ecco chi ha scelto la Francia per difendere la civiltà” – e sullo schermo apparivano dei tirailleurs senegalesi nell’atto di ritmare una danza tribale percuotendo a mani nude gli elmetti tenuti in grembo; “ed ecco a voi i barbari!” e andava improvvisamente in scena la sfilata ordinata delle truppe germaniche sotto l’Arco di Trionfo di Parigi.

È un passaggio particolarmente suggestivo di un film di propaganda tedesca in lingua francese del 1940.

Quel filmato, che ai più giovani dirà poco o niente, contiene in sé tutto il senso di una guerra totale, che ancora oggi si combatte sulla pelle dei pochi superstiti.



Noi barbari



Sbaglierebbe chi riducesse il senso del confronto lì espresso dalla propaganda tedesca nell’alternativa tra società multirazziale – e multi razzista – da una parte ed Europa una e fiera dall’altra. Indubbiamente questo elemento essenziale era sullo sfondo, ma nel messaggio c’era molto di più.

In particolare faceva sensazione la dicotomia fra “civiltà” e “barbarie”. Laddove, pur irridendo come fittizia e amorfa la presunta civiltà, il popolo dei guerrieri reclamava a sé il concetto di “barbari”.

Barbaro inteso come uomo fiero, feroce, come forza vitale che trova la sua origine e il suo scopo alla fonte dei tempi, di un uomo che ha senso in quanto il suo esistere è parte di un’indistruttibile linea ininterrotta.

Barbaro, in quella concezione, è colui che si oppone alla “civiltà” intesa come solidificazione cittadina (dunque borghese), come regolamentazione liberticida e castrante della virilità.

Insomma i nazionalsocialisti immaginavano se stessi come forze irruente che mettevano a soqquadro il mondo ordinato della borghesia e consideravano i loro avversari come la Reazione.

Né tanto si discostarono da questa concezione i fascisti se, durante la guerra dell’Italia contro gli invasori angloamericani pensarono bene di ribattezzare i partigiani, cioè i collaboratori del nemico, come “nuovi vandeani”.



L’Idea del mondo



Smarrire quella bussola, per confusione ideologica, per scarsa conoscenza storica o per qualunque altro motivo, porta, immancabilmente a smarrire il Nord.

Smarrendo il Nord, come è noto, si va errando; ed errando ci si perde fino a divenire un facile boccone per le fauci di chiunque intenda pasteggiare: c’è sempre un lupo che si finge la nonna di Cappuccetto Nero!

Chi oggi si rifà a immagini, miti ed esperienze del passato è generalmente attratto da richiami estetici, emotivi, irrazionali. E fin qui va tutto bene, è giusto che sia così perché l’anima - cui queste suggestioni corrispondono – anima appunto il mondo . Ma non vi è ragione per la quale chi non ha le Idee chiare (non le opinioni, si badi) quando deve fare i conti con la realtà, e con le trappole ideologiche e politiche poste continuamente sul suo cammino, possa sottrarsi alle cadute.

Per passare dal pre-politico (ovvero dall’amore irrazionale per simboli, divise, canti e persone) al campo politico e, quindi, per difendere quel campo da infiltrazioni e avvilimenti di ogni genere, tanto per cominciare è necessario avere chiaro quello che si rivendica, perché il relativismo non appartiene a una cultura ben definita ma, essendo appunto opinabile, relativo, è facile preda di altre concezioni del mondo.

Ebbene l’architettura che corrisponde a quell’immaginario si basa sulla giustizia sociale, sull’equità, sull’autodeterminazione del popolo, sulla grandezza della nazione, sulla guerra al denaro inteso come dio e alla finanza assurta a casta sacerdotale.

Nella prospettiva di costruire una gerarchica e partecipativa comunità organica di destino.

Sapere, e pretendere questo è fondamentale, ma neppure basta.

Perché la politica, in quanto azione fisica, corrisponde all’ambito del corpo, esattamente come la suggestione irrazionale rimanda all’anima dalla quale proviene.

Ma a dar vita ad ambedue non può esservi altro che quel che risponde allo Spirito.

Se lo s’ignora si rimane, anche in politica, anche in una buona politica, comunque nel regno dell’inorganico.

Quello che, provenendo direttamente dallo spirito, marca l’anima e il corpo, nella lingua tedesca si chiama Weltanschauung e, in italiano, Idea del mondo.

Che poi altro non è se non la matrice da cui scaturì quel modello politico.

Modelli apparentemente affini che però non provengano dalla stessa matrice (ad esempio fascismo e franchismo) non hanno in comune alcunché di essenziale, semplicemente perché non potrebbero averlo. Le similitudini, tutt’al più, quando ci siano, sono puramente formali ma l’universo che animano è di tutt’altro segno.



Destra (s)Radicale



Alla destra detta “radicale” (ma, per potersi definire tale, dovrebbe averlo uno straccio di concezione di queste benedette radici!) si sono andate raccogliendo Idee del mondo non solo non uguali ma, in alcuni casi, irriducibilmente opposte. Tuttavia se non si riconosce la propria, se non si sa da dove si parte, non si può andare in nessuna direzione e si è quindi costretti a vagare come navicelle in tempesta verso immancabili naufragi: ed è quel che immancabilmente oggi accade. Ragion per cui sarà opportuno conoscerle - o riconoscerle - queste Idee del mondo.



L’Ahnenerbe



Parlavamo dei “barbari”, e partiamo allora dai “barbari”. Ovvero dalla Weltanschauung del nazionalsocialismo, o più in particolare, della Ahnenerbe.

Essenzialmente guerriera, quindi fondata sui canoni di onore, coraggio e lealtà, la concezione delle SS, si rifaceva alla purezza primordiale che si considerava essersi corrotta con l’andare dei secoli, particolarmente a causa dell’avvento della civilizzazione giudaico-cristiana. L’Ahnenerebe (che vuol dire “eredità degli antenati”) sosteneva essere esistita, anche se in seguito dimenticata dagli uomini “civilizzati”, una preistoria molto più eccelsa della storia. Nel tentativo di riannodare i legami con quel passato ancestrale, la crème del nazionalsocialismo, oltre a riprendere familiarità con le Rune, si mise ad effettuare ricerche archeologiche, filologiche e antropologiche che la portarono a contatti proficui (o comunque a interessamenti sorprendenti) nei confronti di sistemi di vita simpatetici con quello germanico: in Tibet, in Giappone, presso gli Amerindi.

La convinzione di una purezza ancestrale, composta di sacralità e vitalismo, in contrapposizione con la normativa “civile” mammonica e mammista dell’Europa cristiana pre e post medioevale; la volontà di ritrovare e rigenerare quella tipologia; fecero della Weltanschauung dell’Ahnenerbe qualcosa di assolutamente radicale e di non disponibile per alcunché di conformista, moralista o conservatore.

Va aggiunto che, dal dopoguerra fino alla fine degli anni Settanta, questa Weltanschauung rimase bene ancorata in gran parte dell’extraparlamentarismo di destra e che, esclusivamente su questa, venne improntata ad esempio tutta la formazione dottrinaria di Terza Posizione (mentre quella politica si basava su brani di Göbbels e l’anelito mistico su brani di Codreanu).

Ad essa infine si deve probabilmente la capacità di alcuni di non smarrire il centro e di non farsi abbacinare da tentazioni politicanti o neoconfessionali.

Questa Weltanschauung consente inoltre di vedere le cose in un modo assai particolare (centrale o terzista fa lo stesso) e, soprattutto, di non porsi mai a difesa di qualcosa di decrepito ma sempre all’attacco, nel sogno, magari riposto ai limiti estremi della ragione, del grande risveglio del guerriero, re e sciamano al tempo stesso, che rappresenta l’archetipo agognato.



La Romanitas



Alle origini spirituali del fascismo si pone un’altra concezione, quella della Romanitas.

La grandezza italica si considera risiedere nell’Antica Roma che diede civiltà, legge, ordine e armonia a tutto l’Orbe pacificato. Contro la decadenza durata secoli e secoli, la rinascita dello spirito di Roma nella nuova Italia è il motivo centrale della spiritualità fascista.

Le differenze con quella nazionalsocialista a prima vista sono notevoli.

I tedeschi guardano alla preistoria, gli italiani all’età classica.

I tedeschi non riconoscono una Lex superiore che i Romani hanno invece istituito.

Sulla cristianità la questione è complessa. Molto più “laico”, il fascismo non si pone il problema religioso, ma rigetta in ogni caso qualsiasi elemento rammollente provenga dalla cultura clericale così come rifiuta la politicizzazione del clero.

Facendo di se stesso, non sempre per frutto di una decisione preordinata, una vera e propria religione civile con tanto di Mistica, il fascismo non resta prigioniero di questioni teologiche che non lo interessano.

Eppure posa il suo sguardo privilegiato su quanto di meno cristiano ci sia nella nostra storia (dal Rinascimento che vide il risveglio della concezione italica, al Risorgimento) mentre l’ Ahnenerbe, anticristiana, paradossalmente deve rivolgersi proprio al Medio Evo cattolico per ritrovare i germi della rinascente germanicità.



Una felice sintesi



A saldare tra loro quelle due forti pulsioni di ricerca e di riaffermazione delle origini, intervenne negli anni Trenta qualche opportuna sintesi.

La consanguineità arcaica tra Elleni, Romani e Germani fu a lungo proposta (ed è difficile confutarla). In tal modo divenne possibile sostenere che la Civiltà Romana fu l’espressione esplicita e sublimata di quel gene vitale e spirituale che l’Ahnenerbe ricercava nella preistoria.

Il che non vietava comunque di ripercorrere la rotta all’indietro verso un’ipotetica Età dell’Oro, anzi per certi versi incitava a farlo.

E, facendolo, si giungeva alla conclusione che quell’unico germoglio diventa albero, quando vi riesce, purché non venga soffocato. Si formò, allora, l’idea di una continuità millenaria che sfida ogni avversità; di qui la tentazione di riconoscere i tratti comuni in ogni opera felicemente realizzata.

Fu in tal modo che si identificarono nel Medio Evo ghibellino e nel Ciclo Arturiano quegli elementi mithraici e alchemici che erano stati trasmessi all’Orbe intero dalle Legioni. E da essi si procedette, in certi casi, alla lettura del Cristo come ben Altro da quello che i vari Pietro, Paolo, Ambrogio ci hanno tramandato, proprio al fine di far gelare la pianta, secondo la convinzione di alcuni.



Le basi di quell’Idea del mondo



Che ci si lasci affascinare dal richiamo dell’Ahnenerbe, che si resti più prosaicamente alla Romanitas o che si addivenga alla sintesi felice proposta da vari uomini (tra i quali Evola) 1, le differenze nei riflessi quotidiani (sia culturali, che morali che politici) variano in modo non essenziale.

Per ognuna delle succitate messe a fuoco dell’Idea del Mondo è centrale la figura del Guerriero; leit motiv è il senso della Decadenza (che però, si badi bene, non è identificata nella presenza dei contestatori dell’ordine sociale ma nel fondamento stesso dell’ordine borghese!).

Lo sguardo al passato, infine, serve per identificarsi e per orientarsi ma – e qui la differenza con i controrivoluzionari è assoluta - non per ripararsi in un fortilizio di qualunque genere. Ché, anzi, la sfida è la base stessa della vita e il gettarsi in avanti, ai limiti del titanismo, è il significato stesso del tentativo eroico che accomuna indiscutibilmente fascismo e nazionalsocialismo nonché qualunque cosa autenticamente da essi discenda.



La Controrivoluzione



Da qualche decennio si è poi inserita nella Destra Radicale l’Idea del mondo propria alla Controrivoluzione. Essa si apparenta con le tre versioni succitate della Weltanschauung “nazifascista” per puro caso e molto superficialmente ma, essenzialmente, le nega così come a sua volta è negata da esse.

Tale concezione si fonda sull’idea di un complotto sovversivo e satanico che avrebbe avuto come scopo essenziale la distruzione di Trono e Altare, pilastri dell’ordine cristiano.

Il momento topico (benché preceduto nei secoli da una lunga congiura malefica), quello che segna il grande trauma, è identificato nella Rivoluzione Francese e nel trionfo dell’Illuminismo.

Per i controrivoluzionari si deve perciò ripristinare l’ordine precedente alla Rivoluzione Francese e mettere ordine nei costumi, nella morale, nella famiglia.

A suggerire un’apparente omogeneità fra le concezioni fascista, nazionalsocialista e controrivoluzionaria, che sono invece profondamente diverse, stanno la forte opposizione di tutte e tre all’Illuminismo e alla Rivoluzione Francese, l’idea comune di Decadenza e l’accettazione dell’esistenza di un soggetto metafisico, o comunque occulto, denominato Sovversione.

Ma non stiamo parlano assolutamente, in ogni caso, della stessa cosa!

Per i fascisti e in particolare per i nazionalsocialisti quello che va rigettato nei “Principi dell’ 89” è lo spirito borghese, mercantile, uniformante che entrambi, però ritengono essere maturati ben prima e, soprattutto, ben dentro quelle stesse istituzioni che la Controrivoluzione vorrebbe ripresentare come inossidabile rimedio al male.

La decadenza, poi, è stata identificata, sia dal fascismo che dal nazionalsocialismo, come iniziata molti secoli prima della rivoluzione borghese, perlomeno dalla caduta dell’Impero Romano. E anche chi sia disposto a concedere alle forze del Trono e Altare una funzione storica positiva lo fa in precise limitazioni temporali e rifiutandosi di assolutizzarle come “bene”.

In quanto alla natura e al significato di “Sovversione” servirebbe un trattato per spiegare cosa esattamente s’intenda nelle diverse concezioni che, soprattutto in questo non coincidono. Tanto che per i controrivoluzionari i nazisti sono sovversivi esattamente come i controrivoluzionari sono sovversivi per i nazisti!

Per quanto mi riguarda condivido la valutazione nazional/socialista; non fosse altro per il ruolo storico dei “restauratori” e, in particolare, perché la “Santa Alleanza” accettò con piena consapevolezza di determinare il dominio assoluto dell’Alta Finanza sull’Europa che, a partire dalla Restaurazione e dal Congresso di Vienna divenne effettivamente sistematico e organico.



Rivoluzione e Controrivoluzione



L’origine determina l’orizzonte. È dal germoglio che nasce l’albero, così come ogni essere organico è frutto non solo della sua volontà ma anche del progetto che contiene in sé prima ancora di nascere.

Sicché se non si ha la consapevolezza della propria Idea del mondo, si va dove portano gli eventi, o gli appetiti. E la recente storia della d.r. (che da almeno venticinque anni non cura la Weltanschauung) lo attesta.

Se però si acquisisce la dovuta consapevolezza, ne derivano divaricazioni immancabili, assolutamente inevitabili.

Perché rivoluzione (per conservatrice che sia) e controrivoluzione possono procedere insieme solo qualche istante sulla difensiva o per l’effetto di affetti umani che leghino tra loro i singoli, ma non possono né articolare una critica politica comune, né un’azione politica sensata insieme visto che partono da punti cardinali diversi e puntano a orizzonti inconciliabili tra loro: l’una esclude l’altra.

La Controrivoluzione infatti, ben lungi dal voler rovesciare ogni museo di cera, si accanisce contro gli epifenomeni di crisi e di denuncia dell’ordine sociale.

La mentalità fascista e nazionalsocialista viceversa li vede come sintomi anche interessanti, in quanto mettono in discussione il falso ordine borghese, moralista, conservatore e puritano, inteso – dalla matrice “nazifascista” - come decadente e sovversivo per antonomasia.

Una prova lampante ce la fornisce l’atteggiamento tenuto verso le contestazioni degli anni Sessanta.

Già nel 1962 quel fermento veniva salutato con benevolenza da Clemente Graziani, che non può di certo essere scambiato per un aperturista a sinistra né tanto meno per un relativista.

Il Movimento del ’68, in qualche misura preannunciato da Jünger e dall’hitleriano Jack Kerouac, non a caso fu accolto con entusiasmo da intellettuali e docenti tedeschi di timbro NS, fra i quali l’esimio rettore, già alto funzionario dell’Ahnenerbe, Rössner, e anche dal fascistissimo Ungaretti.

Fu in quello spirito che le avanguardie giovanili di allora immortalarono il radioso pomeriggio di Valle Giulia.

E fu partendo dalla più estrema di quelle concezioni, appunto da quella dell’Ahnenerbe, che, dopo Jeune Europe e Lotta di Popolo, che guarda caso si rifacevano alle medesime origini, Terza Posizione riuscì ad innovare tutto: dalle immagini al linguaggio, alle analisi alle prospettive.

Il che si spiega con il più semplice dei misteri: quanto più saldo è il centro tanto più ampia è la circonferenza che si può tracciare senza smarrirsi.

E non a caso, da quando la Controrivoluzione avanza, questo non suole più accadere.



In attesa di nuove sintesi



Nel caos politico/ideologico che accompagna l’attuale caleidoscopio post/sociale, orientarsi è davvero difficile.

Chi non abbia una precisa Idea del mondo oscilla e vive alla giornata. Magari qualificando il proprio operato a seconda delle scelte tattiche dettate dalla politica spicciola.

Chi sia controrivoluzionario, invece, sfrutta le apparenti analogie per tramutare la forza vitale proveniente dal fascismo (che, a differenza delle nuove vandee, continua ad arruolare emotivamente migliaia e migliaia di giovani) in un’ordinata inerzia codina che, al di là di ogni considerazione qualitativa, è storicamente e concettualmente perdente e svolge come unica funzione reale quella di raccogliere le forze su linee di retroguardia distogliendole da quelle del vero combattimento.

Per resistere a quest’offensiva perniciosa, nell’attuale situazione nebulosa non rimane, a chi si senta fascista e non sia disposto a tramutarsi in una guardia svizzera, altro che ancorarsi ai simboli e ai cerimoniali.

Ciò che si è reso indispensabile per autodifesa non lo sarebbe stato nel caso fosse ben chiara e pienamente acquisita l’Idea del mondo. Difatti l’innovazione completa con tanto di innesto del verbo rivoluzionario in una Nuova Sintesi, dai contorni ancora da tracciare, risulterebbe agevole per chi avesse davvero interiorizzato il fascismo, i principi eroici e guerrieri, quella concezione al contempo ribelle e risanante che dovrebbe aver ereditato da un credo politico che non a caso mai si volle definito, bensì sempre dinamico e proteso a sintesi nuove.



C’è sempre una terza posizione



Certo, prima di potersi anche solo cimentare in una tale impresa c’è un disavanzo notevole da colmare. Perché fintanto che la spregiudicatezza intellettuale farà il paio con la pochezza umana, con l’inconsistenza spirituale, e che continueremo a vivere in aree politiche dalle gerarchie invertite, nessun’innovazione sarà possibile che non si chiami cedimento o tradimento.

Fintanto che la solidità interiore non sia tale da potersi dare la legge, da poter far convivere in modo stupefacente – come avvenne nelle rivoluzioni italiana e tedesca – il ribellismo e la gerarchia, il Führerprinzip e la libido di sovvertire l’ordine formale, il concetto di Anarca e quello di Miles nella medesima persona, fintanto cioè che la virilità spirituale e la vocazione eroica non saranno recuperate e interiorizzate fino a generare i nostri propri riflessi quotidiani, sarà praticamente impossibile non farsi fuorviare.

Sarà arduo non farsi trascinare a segnare il passo a difesa di fittizi e putrescenti simulacri di ordine fondati sull’ipocrisia, sulla delega, sul conformismo.

Su tutto quanto, cioè, i “barbari”, sentono profondamente estraneo a loro anche e soprattutto quando si mostra noiosamente ordinato, e che solo pochi decenni addietro mandarono meravigliosamente in frantumi. (Camerata di un tempo, camerata per niente, li senti ancora cantare strafottenti e gioiosi “Le diable marche avec nous”? O lo zolfo e l’incenso ti hanno oscurato anche il ricordo?)…

Eppure le cose non sono obbligatoriamente prigioniere del dualismo; non vi è scelta obbligata fra improvvisazione e controrivoluzione. Esiste sempre una terza via, una terza possibilità o, se volete, una terza posizione, intesa nella sua autenticità piena, accolta nella sua matrice profonda e non certo limitandosi ai suoi aspetti superficiali che, non va dimenticato, di quella matrice furono il prodotto.

E che, senza quella matrice, sarebbero davvero poca cosa.

Ne convengo: il deserto cresce e le possibilità che ci vengono offerte sembrano davvero avvilenti. Ma tra il mendicante e il chierichetto lascio scegliere altri, io resto convinto del fatto che esiste una terza possibilità per il nostro domani.

Probabilmente è giunta l’ora di riprendere a guardare alle stelle, iniziando dall’Orsa Maggiore.

E a tutti coloro che arrancano a difesa delle sabbie mobili potremo nuovamente replicare, irridenti: voici les Barbares!







Gabriele Adinolfi