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  1. #1
    Sionista
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    Per amore di Sion, non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finchè non sorga come il sole la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come una fiaccola ardente. Isaia 62.1
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    Exclamation L'Iran prepara un secondo Olocausto

    Il secondo Olocausto non sarà come il primo. Certo, anche i nazisti ordirono uno sterminio di massa. Ma, in qualche modo, avevano un contatto diretto con le vittime. Che disumanizzavano, dopo mesi, anni di atroce degradazione fisica e morale, prima dell'uccisione vera e propria. Ma con cui avevano pur sempre stabilito un contatto fisico: vedevano, sentivano, talvolta toccavano le loro vittime. I tedeschi — e i loro alleati — rastrellavano uomini, donne e bambini, per poi trascinarli e randellarli lungo le strade, freddarli nel bosco più vicino o scaraventarli e stiparli nei vagoni di un treno, da cui iniziava il viaggio verso i campi di sterminio, dove «Il lavoro rende liberi».
    Separavano gli individui di costituzione robusta da quelli completamente inutili, che adescavano nelle «docce» attraverso cui veniva pompato il gas; estraevano o presiedevano alla rimozione dei corpi e preparavano, infine, le «docce» per il plotone successivo.
    CRISI - Il secondo Olocausto sarà ben diverso. Un bel giorno, tempo cinque o dieci anni, magari nel pieno di una crisi regionale, o quando meno ce lo aspetteremo, un giorno o un anno o cinque anni dopo che l'Iran si sarà dotato della Bomba, i mullah di Qom convocheranno una seduta segreta, sulla quale campeggerà il ritratto dell'ayatollah Khomeini, con i suoi occhi di ghiaccio, per dare il placet al presidente Ahmadinejad, giunto oramai al secondo o al terzo mandato. Tutti i comandi saranno eseguiti, i missili Shihab-3 e 4 saranno lanciati verso Tel Aviv, Beersheba, Haifa, Gerusalemme e, probabilmente, anche contro alcuni campi militari, comprese le sei basi aeree e missilistiche nucleari (o presunte tali) di Israele. Qualche missile sarà dotato di testata nucleare, in qualche caso addirittura multipla. Altri saranno di tipo standard, muniti solamente di agenti chimici o batteriologici, o stipati di vecchi giornali, per scalzare o spiazzare le batterie anti-missilistiche e le unità dell'esercito israeliano.
    Per un Paese delle dimensioni e la conformazione di Israele (una striscia di terra oblunga di circa 21 mila chilometri quadrati), quattro o cinque lanci saranno probabilmente sufficienti. E addio Israele. Un milione o più di israeliani, nelle maggiori aree di Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme, periranno sul colpo. Milioni saranno gravemente irradiati. Israele conta sette milioni di abitanti circa. Nessun iraniano vedrà né toccherà alcun israeliano. Tutto si svolgerà in modo molto impersonale.
    DANNI COLLATERALI- Ci saranno inevitabilmente anche morti di nazionalità araba. Circa 1,3 milioni di abitanti di Israele sono arabi e altri 3,5 milioni vivono nelle aree ancora in parte occupate della Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Gerusalemme, Tel Aviv, Jaffa e Haifa contano nutrite minoranze arabe. E attorno a Gerusalemme (vedi El Bireh, vicino a Ramallah, Bir Zeit e Betlemme) e Haifa sorgono vaste aree a densa popolazione araba. Anche qui saranno in moltissimi a morire, sul colpo o poco a poco.
    È improbabile che un simile massacro possa turbare Ahmadinejad e i mullah. Gli iraniani non amano particolarmente gli arabi, nutrono particolare disprezzo per i palestinesi sunniti che, in fin dei conti, pur essendo inizialmente dieci volte più numerosi degli ebrei, nel corso di un conflitto che si è protratto per anni non sono riusciti a impedire loro di fondare lo Stato ebraico, né di prendere possesso di tutta la Palestina. Di più, i leader iraniani considerano la distruzione di Israele come un supremo comando divino, l'araldo della Seconda Venuta, e la morte collaterale degli islamici come il sacrificio di shuhada (martiri) sull'altare di una causa nobile. In ogni caso, il popolo palestinese, sparso un po' in tutto il mondo, sopravviverà, assieme alla grande nazione araba di cui è parte integrante. E va da sé che, per liberarsi dello Stato ebraico, gli arabi devono essere pronti a qualche sacrificio. E il gioco, considerandolo nel bilancio generale, vale la candela.
    Ma un'altra questione potrebbe essere sollevata nel corso di queste consulte: e Gerusalemme? La città, infatti, ospita due dei luoghi più sacri dell'Islam (dopo la Mecca e Medina): le moschee di Al Aqsa e di Omar. Con ogni probabilità, però, la suprema guida spirituale Ali Khamenei e Ahmadinejad darebbero a questa domanda la stessa risposta che sfoggerebbero per il più generale problema della distruzione e dell'inquinamento radioattivo dell'intera Palestina: la città e la terra, per grazia di Dio, in venti, cinquanta anni al massimo torneranno come prima. E saranno restituite all'Islam (e agli arabi). Senza la benché minima traccia di contaminazioni radioattive.
    RISCHIO CALCOLATO- A giudicare dai continui riferimenti, da parte di Ahmadinejad, alla Palestina e all'urgenza di distruggere Israele, e dalla negazione, di cui si è fatto portavoce, del primo Olocausto, si direbbe che l'uomo sia ossessionato. Tratto che condivide con i mullah: entrambi vengono dalla scuola di Khomeini, prolifico antisemita noto per le folgori scagliate contro il «piccolo Satana». E a giudicare dal concorso, da lui promosso, per le vignette sulla Shoah, o dalla Conferenza sull'Olocausto (appena conclusasi), emerge un presidente iraniano arso da un vortice di odio profondo (oltreché, naturalmente, insolente).
    Ahmadinejad, infatti, è pronto a mettere a repentaglio il futuro dell'Iran, se non addirittura di tutto il Medio Oriente musulmano, in cambio della distruzione di Israele. Non v'è alcun dubbio che egli creda che Allah, in un modo o nell'altro, proteggerà l'Iran da una risposta nucleare israeliana o da un'eventuale controffensiva Usa. E, Allah a parte, è facile che egli creda che i suoi missili polverizzeranno lo Stato ebraico, annienteranno i suoi leader, distruggeranno le basi nucleari terrestri e demoralizzeranno o spiazzeranno i comandanti dei sottomarini nucleari in modo così drastico ed efficace da neutralizzare qualsivoglia reazione. E, con il suo profondo disprezzo per il pavido Occidente, è improbabile che il leader iraniano prenda in seria considerazione la minaccia di una rappresaglia nucleare Usa.
    Ma può anche darsi che egli sia consapevole del rischio di un contrattacco e si professi tout court — e, secondo il nostro modo di pensare, in modo assolutamente irrazionale — disposto a pagarne le conseguenze. Come il suo mentore Khomeini ebbe a dire, nel 1980, durante un discorso ufficiale a Qom: «Noi non veneriamo l'Iran, ma Allah... Per questo dico: che questa terra bruci. Che vada in fumo, purché l'Islam ne esca trionfante...». Per tali cultori della morte, persino il sacrificio della propria patria vale bene la cancellazione di Israele.
    Come il primo, anche il secondo Olocausto sarà preceduto da lustri di indottrinamento dei cuori e delle menti da parte di leader arabi e iraniani, intellettuali occidentali e sfoghi mediatici. Il messaggio è cambiato a seconda del pubblico ma, di fatto, l'obiettivo di fondo è stato sempre lo stesso: la demonizzazione di Israele. Ai musulmani di tutto il mondo è stato insegnato che «i sionisti e gli ebrei incarnano il male» e che «Israele dovrebbe essere distrutto». E agli occidentali, in modo più subdolo, è stato inculcato che «Israele è uno Stato tiranno e razzista» che «nell'età del multiculturalismo, è inutile e anacronistico».
    COMUNITÀ INTERNAZIONALE - La campagna per il secondo Olocausto (che, tra l'altro, alla fine provocherà all'incirca tanti morti quanti ne fece il primo) si è svolta in una comunità internazionale lacerata e guidata da ambizioni egoistiche e discordanti, con Russia e China ossessionate dalle prospettive di mercato nei Paesi musulmani, la Francia dal petrolio arabo e gli Usa portati, dopo la débâcle irachena, a un profondo isolazionismo. L'Iran è stato lasciato libero di proseguire sulla china del nucleare, e la comunità internazionale non è intervenuta nello scontro tra Israele e il regime degli Ayatollah.
    Ma uno Stato israeliano sostanzialmente isolato — come un coniglio improvvisamente abbagliato dai fari di una macchina —, non può essere all'altezza della situazione. La scorsa estate, guidato da un mediocre politicante come Primo ministro e da un sindacalista da strapazzo come ministro della Difesa, schierando un esercito addestrato per gestire le inesperte e sguarnite bande palestinesi nei Territori occupati (e troppo intento a fare fronte a eventuali disgrazie o a provocarle), Israele è uscito perdente da un mini-conflitto di appena trentaquattro giorni contro una piccola guerriglia di fondamentalisti libanesi spalleggiata dall'Iran. Quell'episodio ha totalmente demoralizzato la leadership politica e militare israeliana.
    Da allora, i ministri e i generali israeliani, così come i loro omologhi occidentali, assistendo al graduale approvvigionamento di armi letali a Hezbollah da parte dei fiancheggiatori di quest'ultimo, sono divenuti sempre più sfiduciati e pessimisti. Paradossalmente, è addirittura possibile che i leader israeliani abbiano gradito gli appelli alla moderazione da parte dell'Occidente. E, con ogni probabilità, hanno voluto disperatamente credere alle promesse occidentali che qualcuno — l'Onu, il G7 —, in un modo o nell'altro, avrebbe cavato la castagna radioattiva dal fuoco. C'è stato addirittura chi ha abboccato alla bislacca promessa di un cambio di regime a Teheran il quale, pilotato dal cosiddetto ceto medio laico, avrebbe progressivamente messo il bastone tra le ruote al fanatismo dei mullah.
    NUCLEARE - Ma, fatto ancor più rilevante, il programma iraniano ha costituito una sfida infinitamente complessa per un Paese con risorse militari limitate e di tipo convenzionale qual è Israele. Prendendo l'imbeccata dall'operazione con cui l'Aeronautica militare israeliana, nel 1981, riuscì a distruggere il reattore nucleare iracheno di Osiraq, gli iraniani hanno raddoppiato e dislocato i propri impianti, nascondendoli anche molti metri sottoterra (e a ciò va aggiunto il fatto che la distanza tra Israele e gli obiettivi iraniani è doppia rispetto a quella con Bagdad). Per smantellare con le armi convenzionali gli impianti israeliani conosciuti, occorrebbe una capacità aeronautica pari a quella Usa impegnata giorno e notte, e per oltre un mese. Nella migliore delle ipotesi, l'aeronautica, la marina e il commando israeliano potrebbero sperare di fermare solo in parte il progetto iraniano. Il quale, tutto sommato, non subirebbe sostanziali modifiche. Con gli iraniani ancora più determinati (ammesso che ciò sia possibile) a sviluppare quanto prima la Bomba. (Altra conseguenza immediata sarebbe senz'altro una nuova campagna terroristica di stampo islamista e su scala globale contro Israele — e forse anche contro i suoi alleati occidentali — assieme, naturalmente, a un'involuzione pressoché generale. Manipolati da Ahmadinejad, tutti rivendicherebbero che il programma iraniano aveva scopi pacifici). Tutt'al più, un attacco convenzionale da parte di Israele potrebbe procrastinare il progetto iraniano di uno o due anni.
    OPZIONI - In quattro e quattr'otto, dunque, la sprovveduta leadership di Gerusalemme si troverà davanti a uno scenario apocalittico, sia che lanci un'offensiva convenzionale dagli effetti marginali, sia che opti per un attacco nucleare preventivo contro gli impianti iraniani, alcuni dei quali situati vicino o dentro le principali città. Ne avrebbe il fegato? La sua determinazione a salvare Israele basterebbe a giustificare l'attacco preventivo, con la conseguente morte di milioni di iraniani e, di fatto, la distruzione dell'Iran?
    Il dilemma è stato rigorosamente chiarito già molto tempo fa da un generale molto saggio: l'arsenale nucleare israeliano a nulla può servire. Può soltanto essere schierato «troppo presto» o «troppo tardi». Il momento «giusto» non arriverà mai. Se schierato «troppo presto», ossia prima che l'Iran si fosse procurato gli ordigni nucleari, Israele sarebbe stato degradato a paria nello scacchiere internazionale, bersaglio della furia della comunità musulmana mondiale, senza più alcun Paese disposto a spalleggiarlo. Schierarlo «troppo tardi», invece, vorrebbe dire colpire ad attacco iraniano già avvenuto. E a che pro?
    I leader israeliani, quindi, stringeranno i denti sperando che, in qualche modo, le cose si aggiustino da sé. Magari, una volta ottenuta la Bomba, gli iraniani si comporteranno in modo «razionale»?
    CATASTROFE - Ma questi ultimi sono guidati da una logica superiore. Lanceranno i loro missili. E, come per il primo Olocausto, la comunità internazionale non muoverà un dito. Tutto avverrà, per Israele, in pochi minuti; non come negli anni '40, quando il mondo stette cinque lunghi anni a torcersi le mani senza battere ciglio. Dopo i lanci di Shihab, la comunità internazionale manderà navi di soccorso e assistenza medica per quanti sopravviveranno alle esplosioni. Ma non attaccherà l'Iran. Quale sarebbe il prezzo? E il tornaconto? Optando per una controffensiva nucleare, gli Usa si alienerebbero definitivamente l'intero mondo musulmano, esasperando e generalizzando il già acceso scontro di civiltà. Ovviamente, senza potere riportare in vita Israele. E allora che senso avrebbe? Il secondo Olocausto, però, sarà diverso nel senso che Ahmadinejad non vedrà né toccherà concretamente gli individui di cui sogna tanto la morte. Anzi, non vi saranno scene come quella che sto per raccontarvi, riportata da Daniel Mendelsohn nel suo recente libro The Lost, A Search for Six of Six Million, in cui viene descritta la seconda Aktion dei nazisti a Bolechow, piccolo paesino della Polonia, nel settembre 1942.
    «La signora Grynberg fu vittima di un episodio terribile. Gli ucraini e i tedeschi, facendo irruzione nella sua casa, la trovarono che stava partorendo. A nulla valsero le lacrime e le suppliche degli astanti: la portarono via, ancora in vestaglia, dalla sua casa, e la trascinarono fino alla piazza davanti al municipio. E lì... fu spinta a forza sopra un cassonetto per l'immondizia nel cortile del municipio, e tra gli scherni e i dileggi della folla di ucraini presenti, insensibili al suo dolore, partorì. Il bambino le fu immediatamente strappato dalle braccia con tutto il cordone ombelicale. Fu scaraventato verso la folla, che prese a schiacciarlo coi piedi. Lei fu lasciata sola, con le ferite e i brandelli di carne sanguinanti, e così rimase per qualche ora, appoggiata a un muro, fino a che non fu portata alla stazione ferroviaria e, assieme agli altri, fatta salire su un vagone verso il campo di sterminio di Belzec».
    Nel prossimo Olocausto non ci saranno episodi così strazianti. Non vedremo vittime e carnefici coperti di sangue (anche se, a giudicare dalle immagini di Hiroshima e Nagasaki, le conseguenze delle esplosioni nucleari possono essere altrettanto devastanti). Ma sarà comunque un Olocausto.

    Benny Morris

    ( Traduzione di Enrico Del Sero)

    Corriere della Sera

  2. #2
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    Ahmadenijad sara` ucciso entro un anno.

  3. #3
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    Insomma, amico sionista, comprati casa in Italia. Possibilmente in Emilia o Toscana dove grazie al Partito Comunista e alla sua influenza culturale gli ebrei non sono odiati.

    Oppure cercate di fare una pace duratura con gli arabi: restituite loro tutto il maltolto, con tante scuse; compensateli; piantatela di appoggiare i governi "moderati" che li opprimono e li torturano.

  4. #4
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    hahahahahha cos'e', i protocolli di Arian?

    antonius: tu sei un genio, che fai qui tra noi mortali?

  5. #5
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    Ma davvero benny morris si è messo a scrivere 'sta roba?

  6. #6
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    Ma questo si è proprio rincojonito di brutto...

    comprese le sei basi aeree e missilistiche nucleari (o presunte tali) di Israele
    presunte tali?
    Benny Morris si fa un viaggio mentale simile, e l'unico elemento che non mette in gioco è la famosa "opzione sansone", cioè i sommergibili nucleari ebraici pronti a distuggere qualsiasi obiettivo in qualsiasi punto del mondo anche dopo la distruzione di israele...
    E questo sarebbe ancora uno storico?

  7. #7
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    COmunque la malattia di morris è chiara: ormai è ridotto ad un manicheo da strapazzo, che vede il BENE e la volontà di VITA da una parte (gli ebrei) e il MALE ASSOLUTO e le pulsioni di MORTE dall'altra (GLi arabi).
    Una simile mentalità, va da sè, è suicida: è il sintomo di una cultura malata e di una patologia che l'Occidente si troverà prima o poi a dover affrontare. QUando il parossismo allucinatorio di questi invasati avrà toccato l'apice non ci saranno cristiano-sionisti o giudeo-cristiani che tengano: si scateneranno come belve e sarà una carneficina.
    La prosa maniacale di morris lo lascia intendere ampiamente: l'ossessione per l'olocausto e per la razza, colpevolmente fomentata dall'occidente, hanno trasformato israele in una bomba atomica sul punto di esplodere...

  8. #8
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    Un articolo a tratti MAGISTRALE, prendete 5 minuti per leggerlo:








    La conferenza di Teheran
    Maurizio Blondet
    20/12/2006

    Alcuni rabbini del Neturei Karta che hanno preso parte alla conferenza di Teheran mentre abbracciano (!!) Ahmadinejad

    Vari lettori vogliono un mio commento sulla conferenza revisionista indetta da Ahmadinejad.
    Perché non lo faccio?
    Perchè da una parte è impossibile.
    Come scrive l'impareggiabile Israel Shamir, "benchè i media mondiali abbiano macinato migliaia di articoli sulla conferenza, […] praticamente nessuno dei discorsi e degli studi esibiti a Teheran ha avuto spazio nei mass media. I partecipanti sono stati bollati come "razzisti antisemiti", anche se vi partecipavano non pochi ebrei,
    venerabili rabbini in giacca lunga e cappello nero, sdegnati dalla privatizzazione sionista della tragedia della guerra mondiale". (1)
    Insomma, non sappiamo quello che si è detto là.
    "I revisionisti speravano che i loro argomenti fossero finalmente ascoltati", dice Shamir, "gli organizzatori credevano di poter rompere il tabù e raggiungere milioni di persone. In questo, hanno fallito".
    Era un fallimento fin troppo prevedibile.
    E il motivo del fallimento è quello che ho già detto in passato, e che compendia la mia posizione sulla Shoah: è che questa è il centro della religione civile dell'Occidente. (2)
    La sola religione rimasta.
    La sola che pretenda ed ottenga un culto pubblico e obbligatorio.
    La sola che ottenga la punizione dei suoi eretici e dei suoi increduli.
    Israel Shamir dice la stessa cosa, appaiando la "versione ufficiale dell'Olocausto" alle tavole della Legge date da Dio a Mosè.
    Anzi, di più: "avete il permesso di negare l'Immacolata Concezione e la Resurrezione di Cristo, potete prendervi gioco di Maometto, ma se avete un dubbio che sei milioni di ebrei siano stati liquidati in camere a gas nel quadro di un programma di annichilimento totale, finite in prigione in Germania, Austria, Francia, Svizzera ed in altri paesi cosiddetti liberi".
    Non si potrebbe dir meglio.
    Lui può dirlo perché è ebreo di nascita, ancorchè oggi cristiano.
    Se a dirlo fosse un altro, verrebbe esposto all'accusa di insensibilità verso i sofferenti e le vittime di allora. Un altro grande ebreo, Israel Shahak, mi raccontò un episodio terribile, di quando era bambino, tredicenne, affamato, nel ghetto di Varsavia occupata dai tedeschi.
    "La nostra resistenza uccise un giorno a colpi di mitra un nemico. Noi bambini uscimmo sulla strada e ballammo attorno al cadavere".
    Poi aggiunse: "Quel criminale era un ebreo. Nel ghetto, non abbiamo mai visto una sola SS: erano i capi ebrei che selezionavano per le SS chi tra noi doveva essere deportato".

    Per il bambino che fu Shahak, il "nemico" era ebreo.
    Sono cose ben note fra gli ebrei; anche Eichmann parlò a lungo della collaborazione che aveva ottenuto da capi sionisti, che furono premiati alla fine spedendoli verso le linee alleate in treno, loro e le loro famiglie. Questi collaborazionisti divennero poi ministri e funzionari in Israele; secondo Shahak, era questo il motivo per cui della Shoah non si parlò nel 1945, bensì dal 1967.
    Le vittime sopravvissute, in Israele, tacevano il fatto moralmente indicibile, che erano state consegnate ai carnefici da altri ebrei, e precisamente da ebrei che comandavano in Israele.
    Occorse che questi kapò morissero (nel loro letto), per emergesse "la memoria".
    Ciò che raccontava Sahak era in fondo questo: che la Shoah "della storia" era diversa dalla "Shoah della fede".
    Uso deliberatamente questi termini del gergo teologico cattolico-protestante, perché si tratta dello stesso fenomeno.
    I teologi (o sedicenti tali) cattolici e protestanti tendono a distinguere un "Gesù della fede" dal "Gesù della storia".
    Il primo è l'essere fantastico dipinto da quella che chiamano "la comunità primitiva", il figlio di Dio, il Risorto da morte; ma loro, che non sono "primitivi" ma armati di tutti gli strumenti della scienza, si ingegnano a dimostrare che il "Gesù della storia" era un poveraccio qualunque, e che non risorse per nulla, perché non è mai risorto nessuno.
    Ma ecco il punto: questa distinzione è possibile solo in una religione abbandonata, devastata dall'incredulità generale (anzitutto dei suoi propri teologi) e non più difesa dall'autorità dogmatica e civile, come fu per secoli la Chiesa.
    La Shoah invece è la religione vigente.
    La sola religione pubblica rimasta, e la sola armata dei mezzi temporali e penali per stroncare l'eresia.
    Perché appunto ogni "revisione" che indaghi la storia e come andò realmente è l'eresia.
    Le posizioni revisioniste sono molte e diverse e diversamente modulate: ma tutte vengono comprese nella categoria del "negazionismo", che è definito come un reato.
    Viene ignorato che si può essere "revisionisti" senza essere "negazionisti".
    In ipotesi, si può pensare a un revisionista che provi a sostenere che gli ebrei internati nei lager non furono 6 milioni, bensì di più, addirittura 24 milioni.
    Ciò spiegherebbe, poniamo, le decine di migliaia di neonati e lattanti che furono internati e che oggi, ancor giovani, raccontano con lucidità infallibile quel che vissero 63 anni fa.
    Ma anche questo sarebbe bollato come "negazionismo".
    Perché i sei milioni è il numero "che la fede ci propone di credere", per mutuare un'espressione della Chiesa ormai abbandonata.

    Non c'è difesa, nessun altro argomento viene accettato.
    Per questo mi rattristo per la conferenza di Teheran: i venerabili rabbini sono quelli del Neturei Karta, e so cosa sono andati a dire: che la persecuzione è conseguenza dell'infedeltà di Israele, e lo Stato sionista è l'incarnazione stessa di questa infedeltà a Dio, la contraffazione del Regno fondata sul sangue e sull'inganno, e preluderà ad altre persecuzioni.
    Ma tutto ciò che hanno ottenuto, i cari rabbini, è che in Israele stanno prendendo provvedimenti contro di loro. C'è chi vuole espellerli; certamente, saranno perseguitati.
    E mi rattristo per Faurisson: in Francia stanno preparandogli l'ennesimo processo penale, per quel che ha detto a Teheran - e che non sappiamo.
    Ed è ovvio perché non sappiamo cosa hanno detto i revisionisti a Teheran.
    I media non hanno riportato una sola loro parola perché anche solo una frase avrebbe infettato i giornali di sacrilegio.
    Allo stesso modo, degli eretici del passato non sappiamo veramente nulla.
    Ciò che dissero Pelagio o Ario, lo sappiamo solo per via indiretta, dalle opere dei teologi che li combatterono. Le loro opere sono state cancellate, perdute.
    Sappiamo solo quel che i loro avversari pensavano di loro e delle loro dottrine.
    Così, fa parte della dogmatica l'imposizione di credere nella "unicità" dell'olocausto.
    Non basta che crediate che l'olocausto ci fu.
    Dovete anche vietarvi di proiettarlo sullo sfondo della immensa tragedia del secolo ventesimo; non potete metterlo nel novero dei sei milioni di polacchi morti, dei 22 milioni di sovietici fra cui 7 milioni di civili uccisi nella guerra, degli 800 mila tedeschi lasciati morire di fame da Eisenhower nei suoi campi di concentramento "dopo" la guerra, dei 300 mila cosacchi che si arresero agli inglesi e che furono da loro consegnati a Stalin, uomini, donne e bambini, massacrati fino all'ultimo.
    No.
    Perché questi sono "fatti" profani.
    I sei milioni di ebrei (non uno di più, non uno di meno) non sono un fatto indagabile: sono storia sacra.
    E la storia sacra è "unica" per definizione, il mito fondatore.

    Si potrebbero indicare altri particolari "teologici" della cosiddetta memoria.
    Così, male fanno i revisionisti a sottilizzare sulle camere a gas, se esistettero o no.
    Qui, entra in gioco il simbolo, così potente nella Scrittura mosaica, della "vittima soffocata", quella le cui carni è vietato mangiare.
    La vittima-tabù, sacrificata nel modo più illecito.
    Cosa volete discutere, qui?
    Come osate, se il Papa stesso non mette in dubbio la sola religione rimasta, e compie gli atti cultuali da essa prescritti?
    La mette in questione in quanto religione Gabriel Ash citato da Shamir: "La 'lezione' dell'olocausto serve a giustificare ... l'occupazione genocida dell'Iraq, il bombardamento a tappeto israeliano su Beirut, la futura guerra nucleare contro l'Iran... l'olocausto è una divinità partigiana, che una volta per sempre benedice 'noi' e maledice 'loro', mentre allo stesso tempo esige di essere adorata da tutta l'umanità in nome dell'umanità tutta".
    Già: la vittima collettiva, purificata una volta per tutte dal sacrificio assoluto, è una volta per tutte divenuta impeccabile.
    E può compiere impunemente gli atti di cui ha accusato il Reich, i genocidi, le guerre, l'espansione crudele, la spietatezza disumana, la disumanizzazione dell'avversario, l'odio per tutti i goym, la sete di dominio sulle razze inferiori, e l'esercizio di questo dominio senza alcun limite, nemmeno di vergogna.
    Per questo bisogna dire che il fascismo o il nazismo fu "il male assoluto": sicchè ogni malvagità ebraica diventa ora relativa. (3)
    Ma Ash può dirlo perchè, suppongo, è ebreo.
    Noi goym, no.
    E il perché lo dice chiaro Shamir: "I governanti britannici, francesi, americani, tedeschi e russi se ne infischiano delle vittime di una guerra da tempo passata, ebrei o no; essi pagano il tributo all'olocausto, come le nazioni vinte pagano il tributo al loro conquistatore".
    Come conquistato ma persona privata, mi limito a non fare gli atti del culto cui sono tenuti i governanti che hanno scelto i conquistatori, non noi.
    E attendo la liberazione da questa schiavitù.

    Attendo con speranza infallibile, perché ciò a cui credo è Colui che disse: "Io sono la Via, la Verità e la vita".
    E che disse: "La Verità vi farà liberi".
    So che il padre della menzogna ha un tempo contato, e per questo infuria nel mondo come il leone sulla gazzella straziata: perché "sa di avere poco tempo".
    La liberazione libererà anche gli ebrei: l'elevazione della shoah a religione pubblica e obbligatoria - che non implica né richiede la fede interiore, ma solo atti esterni di soggezione - li ha privati del loro legittimo dolore; impedisce loro di esaminare la terribile ambiguità della "shoah della storia"; anche loro devono far finta di credere alla "shoah della fede", e rimandare la condanna dei kapò ebraici che li selezionarono e mandarono al macello.
    Anche loro sono schiavi della falsa religione anticristica.
    Ma "la Verità vi farà liberi".

    Maurizio Blondet

    Note
    1) Israel Shamir, "They met in Teheran", http://www.israelshamir.net/English/Eng6.htm
    2) Su questo sito, si veda il mio "la sola religione rimasta".
    3) Ad alcuni emissari che erano venuti ad intervistarmi (o meglio a interrogarmi) per strapparmi qualche opinione "negazionista", io ho risposto: non solo credo all'olocausto, ma ne ho tratto la lezione che voi ci avete continuamente ripetuto. Voi ci dite: dove eravate, mentre il Male Assoluto ci macellava? Perché non avete denunciato? Ebbene, a quei tempi io non ero nato. Men che meno ero giornalista, e non potevo né denunciare né sapere. Sono giornalista "oggi", e denuncio come posso i crimini che ho visto accadere sotto i miei occhi, e della mia generazione. I delitti immani del comunismo sovietico, ieri; la persecuzione genocida dei palestinesi, attualmente. Ci sono olocausti anche oggi, e li commettete voi. Ed io, come mi avete sfidato a fare, lo dico. Ogni generazione ha il suo Reich. ma quello di Hitler non aveva la tv, si poteva non sapere. Oggi, chi non sa non ha giustificazioni. E' il volonteroso complice dell'Hitler della nostra generazione. Mi chiamate "antisemita"? Ma questo è previsto e scontato. Chi esercita il potere con la violenza e la menzogna, ha sempre il dominio sulle parole che usa per screditare e condannare chi dice la verità. Anche i nazisti chiamavano chi li denunciava con nomi insultanti, e chi li combatteva, "terroristi". Come fate voi, oggi, con i palestinesi che opprimete.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da antoninus Visualizza Messaggio
    Ahmadenijad sara` ucciso entro un anno.
    come bin laden....
    Addio Tomàs
    siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i 5 stelle

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da IloveISRAEL Visualizza Messaggio
    Il secondo Olocausto non sarà come il primo....
    Corriere della Sera
    Concordo. Dopo la II Guerra Nucleare, la rabbia dei superstiti della razza umana farà strame dei superstiti della razza ebraica, in ogni angolo del globo.

    Verosimilmente, le fandonia propagandistica dell'Oloballa (quella che sentivamo da bambini, con la gente bruciata viva o saponificata , i paralumi di pelle umana etc.) si ritorcerà contro i suoi inventori, poichè gli umani si diranno " bhè, se è stato fatto già in Germania dai nostri nonni ... si può rifare. Il che mi pare allucinante, ma Fedro scrisse una fiaba sui rischi di gridare al lupo al lupo, quando non è vero.

    In questo senso, credo proprio che il secondo Olocausto non sarà un'invenzione propagandistica, per cui sarà assolutamente differente dal cosiddetto primo ...

 

 
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