E se gli zingari di fatto non rispettano questi vincoli, come è già ampiamente avvenuto a Milano per es.? (si è constatato ad es. che gli zingari iscrivono i loro bambini a scuola, sì, ma i bambini frequentano 1 giorno su 5 perchè gli altri giorni vanno a chiedere l'elemosina...quanto alla pulizia, gli zingari si rifiutano di tenere pulito il campo perchè non è nella loro cultura, come lavorare con continuità ) Cosa si deve fare, mandarli via a formare baraccopoli disgustose o tenerli ugualmente nel campo attrezzato a spese della collettività?
Quel bellissimo campo nomadi di via Triboniano vicino al quale si sono consumati diversi stupri è un campo "regolare"?
Guarda che è esattamente per superare gli orrendi campi senza controllo né anima che si cerca di proporre vincoli e progetti d'integrazione!
Si sta parlando di un processo lento e fatto di passi progressivi e delicati, un lavoro intenso di accompagnamento e relazione soprattutto con le giovani generazioni; non giudico altre esperienze di lavoro che non conosco abbastanza, quella svolta da Casa della Carità so che è un'opera centrata sulla relazione personale e diretta tra gli operatori e ciascuno degli ospiti, con riunioni plenarie di verifica settimanali e un intenso lavoro quotidiano di sostegno alla ricerca lavoro con gli adulti e di contatto con le scuole che accolgono i bambini. Posso testimomniare che dei 70 rom seguiti da circa un anno e mezzo NESSUNO ha abbandonato la scuola né compiuto alcun delitto in seguito al quale IL COLPEVOLE SAREBBE STATO ALLONTANATO IMMEDIATAMENTE dal luogo d'accoglienza.
Con sano spiritio d'impresa il legnanese don Colmegna s'è rimboccato le maniche e sta dimostrando che un modello d'accoglienza forte e chiaro può funzionare. Chi sogna di risolvere i problemi assistendo ad occhi chiusi o invocando muri non è interessato ad una risposta risolutiva.
Prova a vedere www.casadellacarita.org
Si tratta di vincere una sfida. Oggi credo che nessuno realisticamente potrebbe pretendere di chiudere un territorio come Milano (città di immigrazione massiccia, che da tre secoli almeno subisce trasformazioni nella struttura urbana e sociale come nessun altra in Italia) impedendo l'accesso agli stranieri. Piuttosto il probblema è: come riuscire ad interpretare la nostra milanesità declinandola in una forma di accoglienza esigente e coerente con il nostro spirito di sempre?
Ti definisci "geneticamente bastardo", cioè riconosci di essere frutto di incroci genetici come la maggior parte della gente che vive nel nostro paese che da secoli accoglie popoli da altri paesi. Bene, è un buon modo di riconoscere la propria appartenenza alla grande famiglia umana, al di là degli steccati che la paura ci porta ad erigere. Anche io, milanese da numerose generazioni, sono geneticamente bastardo perché la mia famiglia è giunta in nord italia con l'occupazione spagnola del seicento.
Per quanto riguarda i buonisti non so, non mi riconosco nella definizione. Ho la fortuna di essere un lavoratore lombardo di estrazione proletaria, abito in periferia a Milano e le abitazioni di lusso non le ho nanche mai viste, per fortuna. Mi do da fare perché la mia adorata città non subisca l'assalto degli stranieri poveri, ma si attrezzi perché non la loro presenza non sia una minaccia ma un'ccasione per vincere delle sfide.
Sono a casa mia, nel senso che vivono nelle strade che attraverso ogni giorno e frequentano le stesse scuole che frequentano i miei figli. Fanno la spesa negli stessi negozi e guardano la stessa TV che guardo io... è proprio per questo che DEVO attrezzarmi perché la città riesca ad affrontare e risolvere il problema, e non asfissiare nell'odio e nell'indifferenza.