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  1. #1
    vae victis
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    Predefinito Via Craxi di Marco Travaglio

    Che il regime tunisino di Ben Alì, noto campione di democrazia, abbia deciso di dedicare una strada di Hammamet a Bettino Craxi, non è una notizia: è una scelta coerente con quella di dare ospitalità a un ex premier straniero condannato per corruzione e fuggito dal suo paese per sottrarsi alla giustizia. La notizia è la batracomiomachia che la cosa ha subito scatenato nella classe politica italiana, specializzata nell’occuparsi di falsi problemi per non risolvere quelli veri.

    Anche alcuni esponenti della sinistra, come l’acuto Caldarola, hanno subito invitato le autorità italiane a ispirarsi al luminoso modello tunisino, nell’ambito di “una revisione politica collettiva” che incastoni Bettino ”fra i padri della sinistra riformista”. Molti, giustamente, rammentano che Craxi non fu solo un tangentaro con 50 miliardi di lire su due conti personali in Svizzera e chiedono di rircordarlo anche come politico. Ma siamo sicuri che, anche dimenticando per un attimo le mazzette e concentrandosi sull’attività politica, ne esca un Craxi migliore e degno di riabilitazione? Durante i 4 anni del suo governo (1983-’87) il debito pubblico passò da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire, di pari passo con l’impazzimento della spesa pubblica, dell’inflazione a due cifre e dell’abusivismo selvaggio (grazie al condono edilizio).

    Per il resto, il preteso “riformismo” craxiano è una lunga galleria di errori e di orrori. In politica interna: la trattativa con le Br per liberare Moro contro la fermezza del fronte Dc-Pci-Pri; l’opposizione a ogni risanamento del carrozzone delle Partecipazioni statali, gestite dai boiardi craxiani (Di Donna, Bitetto, Cagliari, Necci...) come una vacca da mungere; la feroce lottizzazione della Rai e, con la presidenza Manca, la “pax televisiva” con la Fininvest; i due decreti ad personam del 1985 per neutralizzare le ordinanze dei pretori che pretendevano di far rispettare la legge all’amico Silvio, e nel ’90 la legge Mammì, monumento al monopolio della tv privata; l’ostilità a tutte le privatizzazioni (a cominciare da quella della Sme tentata da Prodi nel 1985); l’assalto craxian-berlusconiano alla Mondadori, con gravi sospetti di corruzione giudiziaria; l’ingaggio come consulente giuridico del giudice Squillante; il proibizionismo sul consumo delle droghe leggere, che portò alla legge Vassalli-Jervolino; l’avversione a qualunque seria riforma istituzionale (vedi l’”andate al mare” contro il referendum elettorale del ‘91) e le prime picconate alla Costituzione in nome di una “Grande Riforma” di stampo cesarista, ripresa dieci anni dopo dal degno erede Berlusconi.

    E ancora: la gestione satrapica del partito, con congressi plebiscitari e antidemocratici (quando Bobbio, nell’84, denunciò la “democrazia dell’applauso” dopo la rielezione per acclamazione al congresso di Verona, Craxi lo zittì: “quel filosofo ha perso il senno”); il nepotismo sfrenato, che lo portò a piazzare il giovane Bobo al vertice del Psi milanese e il cognato Paolo Pillitteri a Palazzo Marino; la dura repressione di ogni dissenso interno, culminata nella cacciata di Codignola, Bassanini, Enriques Agnoletti, Leon, Veltri e altri, bollati nell’81 come “piccoli trafficanti della politica” e accusati di intelligenza col nemico per aver osato sollevare la questione morale sull’Ambrosiano.

    In compenso, porte aperte ai “nani e ballerine” dell’Assemblea Socialista e a vari faccendieri da museo Lombroso, senza dimenticare i rapporti con Gelli e Calvi. Tutti personaggi piuttosto lontani dalla tradizione riformista. Quanto alla politica estera, si ricorda sempre Sigonella, dove nel 1985 Craxi disse no alla tracotanza di Reagan: ma si dimentica che il leader socialista sottrasse il terrorista Abu Abbas, mandante del sequestro dell’Achille Lauro e dall’assassinio di un ebreo paralitico americano, alla giustizia italiana per farne dono a Saddam Hussein.

    Fu l’acme di una politica filoaraba e levantina che portò all’appoggio acritico all’Olp di Arafat (ben prima della svolta moderata), paragonato addirittura a Mazzini in pieno Parlamento. E che “riformismo” fu l’appoggio dato a regimi sanguinari come quelli del somalo Siad Barre e dei generali argentini contro la Gran Bretagna nella guerra delle Falkland?

    Tutte ottime ragioni per spiegare la popolarità di cui gode Craxi in Tunisia. Un po’ meno in Italia.

    Marco Travaglio

    da l'Unità del 28 dicembre 2006

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da kingzorc Visualizza Messaggio
    Che il regime tunisino di Ben Alì, noto campione di democrazia, abbia deciso di dedicare una strada di Hammamet a Bettino Craxi, non è una notizia: è una scelta coerente con quella di dare ospitalità a un ex premier straniero condannato per corruzione e fuggito dal suo paese per sottrarsi alla giustizia. La notizia è la batracomiomachia che la cosa ha subito scatenato nella classe politica italiana, specializzata nell’occuparsi di falsi problemi per non risolvere quelli veri.

    Anche alcuni esponenti della sinistra, come l’acuto Caldarola, hanno subito invitato le autorità italiane a ispirarsi al luminoso modello tunisino, nell’ambito di “una revisione politica collettiva” che incastoni Bettino ”fra i padri della sinistra riformista”. Molti, giustamente, rammentano che Craxi non fu solo un tangentaro con 50 miliardi di lire su due conti personali in Svizzera e chiedono di rircordarlo anche come politico. Ma siamo sicuri che, anche dimenticando per un attimo le mazzette e concentrandosi sull’attività politica, ne esca un Craxi migliore e degno di riabilitazione? Durante i 4 anni del suo governo (1983-’87) il debito pubblico passò da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire, di pari passo con l’impazzimento della spesa pubblica, dell’inflazione a due cifre e dell’abusivismo selvaggio (grazie al condono edilizio).

    Per il resto, il preteso “riformismo” craxiano è una lunga galleria di errori e di orrori. In politica interna: la trattativa con le Br per liberare Moro contro la fermezza del fronte Dc-Pci-Pri; l’opposizione a ogni risanamento del carrozzone delle Partecipazioni statali, gestite dai boiardi craxiani (Di Donna, Bitetto, Cagliari, Necci...) come una vacca da mungere; la feroce lottizzazione della Rai e, con la presidenza Manca, la “pax televisiva” con la Fininvest; i due decreti ad personam del 1985 per neutralizzare le ordinanze dei pretori che pretendevano di far rispettare la legge all’amico Silvio, e nel ’90 la legge Mammì, monumento al monopolio della tv privata; l’ostilità a tutte le privatizzazioni (a cominciare da quella della Sme tentata da Prodi nel 1985); l’assalto craxian-berlusconiano alla Mondadori, con gravi sospetti di corruzione giudiziaria; l’ingaggio come consulente giuridico del giudice Squillante; il proibizionismo sul consumo delle droghe leggere, che portò alla legge Vassalli-Jervolino; l’avversione a qualunque seria riforma istituzionale (vedi l’”andate al mare” contro il referendum elettorale del ‘91) e le prime picconate alla Costituzione in nome di una “Grande Riforma” di stampo cesarista, ripresa dieci anni dopo dal degno erede Berlusconi.

    E ancora: la gestione satrapica del partito, con congressi plebiscitari e antidemocratici (quando Bobbio, nell’84, denunciò la “democrazia dell’applauso” dopo la rielezione per acclamazione al congresso di Verona, Craxi lo zittì: “quel filosofo ha perso il senno”); il nepotismo sfrenato, che lo portò a piazzare il giovane Bobo al vertice del Psi milanese e il cognato Paolo Pillitteri a Palazzo Marino; la dura repressione di ogni dissenso interno, culminata nella cacciata di Codignola, Bassanini, Enriques Agnoletti, Leon, Veltri e altri, bollati nell’81 come “piccoli trafficanti della politica” e accusati di intelligenza col nemico per aver osato sollevare la questione morale sull’Ambrosiano.

    In compenso, porte aperte ai “nani e ballerine” dell’Assemblea Socialista e a vari faccendieri da museo Lombroso, senza dimenticare i rapporti con Gelli e Calvi. Tutti personaggi piuttosto lontani dalla tradizione riformista. Quanto alla politica estera, si ricorda sempre Sigonella, dove nel 1985 Craxi disse no alla tracotanza di Reagan: ma si dimentica che il leader socialista sottrasse il terrorista Abu Abbas, mandante del sequestro dell’Achille Lauro e dall’assassinio di un ebreo paralitico americano, alla giustizia italiana per farne dono a Saddam Hussein.

    Fu l’acme di una politica filoaraba e levantina che portò all’appoggio acritico all’Olp di Arafat (ben prima della svolta moderata), paragonato addirittura a Mazzini in pieno Parlamento. E che “riformismo” fu l’appoggio dato a regimi sanguinari come quelli del somalo Siad Barre e dei generali argentini contro la Gran Bretagna nella guerra delle Falkland?

    Tutte ottime ragioni per spiegare la popolarità di cui gode Craxi in Tunisia. Un po’ meno in Italia.

    Marco Travaglio

    da l'Unità del 28 dicembre 2006
    In italia basta avere comandato e aver fatto la voce grossa per trovare un seguito di fans idolatranti.
    Ai risultati e alla sostanza guardano in pochi

  3. #3
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    A Travaglio è bastato ricordare alcune piccole cose di Craxi di quel tempo per smontare questo ignobile tentativo di revisionismo e di "rivalutazione" di uno dei personaggi più discussi del dopoguerra; secondo in questa speciale classifica solo ad un altro

  4. #4
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    Ancora ottimo Travaglio. Che tristezza che basti ricordare i fatti per accorgersi di quanto impegno venga messo per farceli dimenticare.

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Nelson Visualizza Messaggio
    Ancora ottimo Travaglio. Che tristezza che basti ricordare i fatti per accorgersi di quanto impegno venga messo per farceli dimenticare.
    Questo è il vero schifo della nostra società dell'immagine, delle cazzate, della Tv; dove nessuno legge, nessuno riflette, nessuno ascolta se su radio e tv si fa un ragionamento da quinta elementare.
    E così la chiacchiera di oggi fa dimenticare la chiacchiera di ieri; i buoni propositi di oggi le nefandezze di ieri.
    La TV, l'informazione come una gigantesca lavatrice; lava tutto; lava persino la memoria.
    E quando qualcuno la riporta all'attenzione: "uffa, ancora con queste cose?"

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Nelson Visualizza Messaggio
    Ancora ottimo Travaglio. Che tristezza che basti ricordare i fatti per accorgersi di quanto impegno venga messo per farceli dimenticare.
    Hai scritto bene... una tristezza profonda... in un periodo delicatissimo sociale e politico ... immersi in un oceano di difficili problemi ... ecco spuntare l'inopportuna iniziativa per una ... Via Graxi, Piazza Graxi... e magari anche il cortile graxi... che tristezza...

    B.

  7. #7
    1/6/08: GIUSTIZIA E' FATTA!!
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    Il solito non-problema che ogni tanto salta fuori. A regola bisognerebbe aspettare almeno 10 anni dalla morte.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Nelson Visualizza Messaggio
    Ancora ottimo Travaglio. Che tristezza che basti ricordare i fatti per accorgersi di quanto impegno venga messo per farceli dimenticare.
    il problema è che avete in molti una memoria molto selettiva: ricordate solo ciò che vi fa comodo, e su quello vi incrostate.

    la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha condannato per due volte (nel dicembre del 2002 e nel luglio del 2003) la giustizia italiana per aver violato l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che sancisce il diritto al rispetto della vita privata, e per aver riscontrato la violazione del diritto di difesa, l’ingiusta ed eccessiva durata del processo e la violazione delle norme sul giusto processo, rilevando altresì che i legali di Craxi «non hanno potuto contestare le dichiarazioni che hanno costituito la base legale della condanna», condanna formulata «esclusivamente sulla base delle dichiarazioni pronunciate prima del processo da coimputati (Cusani, Molino e Ligresti) che si sono astenuti dal testimoniare e di una persona poi morta (Cagliari)». Secondo i giudici di Strasburgo i processi subiti da Craxi non sono stati equi e viziati da enormi irregolarità procedurali.
    .

    A fool and his money can throw one hell of a party.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da picchio Visualizza Messaggio
    A Travaglio è bastato ricordare alcune piccole cose di Craxi di quel tempo per smontare questo ignobile tentativo di revisionismo e di "rivalutazione" di uno dei personaggi più discussi del dopoguerra; secondo in questa speciale classifica solo ad un altro
    Era da mettere in conto, bobo aveva già cehisto una posizione revisionista in cambio dell'appoggio a Prodi, ora le elezioni sono vinte e si deve rivalutare l'immagine di Craxi

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da tolomeo Visualizza Messaggio
    il problema è che avete in molti una memoria molto selettiva: ricordate solo ciò che vi fa comodo, e su quello vi incrostate.

    la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha condannato per due volte (nel dicembre del 2002 e nel luglio del 2003) la giustizia italiana per aver violato l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che sancisce il diritto al rispetto della vita privata, e per aver riscontrato la violazione del diritto di difesa, l’ingiusta ed eccessiva durata del processo e la violazione delle norme sul giusto processo, rilevando altresì che i legali di Craxi «non hanno potuto contestare le dichiarazioni che hanno costituito la base legale della condanna», condanna formulata «esclusivamente sulla base delle dichiarazioni pronunciate prima del processo da coimputati (Cusani, Molino e Ligresti) che si sono astenuti dal testimoniare e di una persona poi morta (Cagliari)». Secondo i giudici di Strasburgo i processi subiti da Craxi non sono stati equi e viziati da enormi irregolarità procedurali.
    E' tutto falso (o quasi), ovviamente: vista la "fonte".

    Vediamo i fatti.
    (I testi virgolettati riproducono passi della sentenza)

    "Il ricorrente [Craxi, ndt] fu riniviato [a giudizio] davanti al tribunale di Milano in sei procedimenti differenti, ossia gli affari Eni-Sai, Banco Ambrosiano, Enimont, Metropolitana Milanese, Cariplo ed Enel.
    Tranne che per il caso Cariplo, tutti diedero luogo a condanne del ricorrente con pene di reclusione fino a otto anni e sei mesi".

    "La Corte ricorda che la presente richiesta [ossia la richiesta di revisione dei sei processi inoltrata da Craxi] è stata dichiarata ricevibile unicamente in relazione all'iniquità del processo Eni-Sai, e che, in conseguenza, essa [cioè la Corte Europea] si pronuncerà soltanto sulle difficoltà incontrate dal ricorrente nel quadro di detto affare [Eni-Sai]".


    Allora: o l'italiano è un'opinione, o lo è il francese, oppure Craxi voleva che la corte dichiarasse ingiusti tutti e sei i processi che lui ha subito a Milano.
    Il suo ricorso viene però ammesso solo per un processo.

    Veniamo quindi al processo in questione: Eni-Sai.

    "Invocando l'articolo 6, parr. 1, 2 e 3 b) e d) della Convenzione [Europea dei Dirtti dell'Uomo] il ricorrente denunciava il carattere ingiusto della procedura penale diretta contro di lui. Sosteneva di non aver potuto disporre del tempo e delle agevolazioni necessarie alla preparazione della sua difesa, e di non aver potuto interrogare o fare interrogare i testimoni a carico. Peraltro, aggiungeva che la campagna di stampa sollevata al suo [di Craxi] indirizzo aveva influenzato i giudici chiamati a pronunciarsi sulle accuse portate contro di lui".

    Dei tre punti sollevati da Craxi
    (poco tempo e troppe udienze per organizzare la difesa, impossibilità di controinterrogare alcuni testimoni, condizionamento ambientale dei giudici)
    la Corte dà ragione a Craxi solo su uno: il secondo.

    Dunque: di diciotto ricorsi presentati da Craxi (tre per sei processi), la Corte Europea gli dà ragione su uno e torto su diciassette.
    Mica male, come assoluzione.

 

 
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