Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 1/07 del 3 gennaio 2007, Ottava di San Giovanni Evangelista
Zingarata europeista
L'Europa allargata ci porterà gli zingari sul pianerottolo, di Gilberto Oneto
Con il primo dell'anno la Comunità Europea si allarga nei Balcani e tanti nuovi concittadini potranno liberamente circolare per le contrade d'Europa. Qualcuno paventa che questo porterà dalle nostre parti alcune decine di migliaia di nomadi rumeni, denominazione postmoderna con cui si indicano in linguaggio molto politicamente corretto i Rom, quelli che un tempo si chiamavano zingari o strolighi.
Ma perchè tutti questi signori, che qualcuno descrive accalcati sulla frontiera come i pionieri della Land Rush dell'Oklahoma del 1889, con il piede sull'acceleratore, dovrebbero proprio venire qui da noi? Innanzitutto perchè anche fra i monti della Transilvania e le pianure della Valacchia si è largamente diffusa la voce che questa è la terra del Bengodi, dove si fa quel che si vuole e dove c'è sempre qualcosa da sgranare. Forse è anche il risultato di decenni di pasturazione con calze di naylon di gruppi di sfigati in vacanza sul mar Nero.
Milano poi si sa è il massimo dell'ospitalità. Dalla più alta cattedra religiosa della città Ariberto aveva emesso un editto che diceva: «Chi emigra a Milano e sa lavorare diventa uomo libero». Oggi il suo successore ha omesso il dettaglio del lavoro promettendo solidarietà e panettone a tutti.
Che poi non sia più necessario saper lavorare per diventare liberi lo si capisce anche girando per la città. Tutto questo non tocca i simpatici Rom che, ci raccontano i bene informati, sono maestri lattonieri, domatori di cavalli e astrologi. Di certo vengono, come quasi tutti gli altri migranti, a fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare. E, come è noto, nessuno vuole più rattoppare paioli di rame, allevare cavalli da tiro e leggere le viscere degli animali. Salvo forse dalle parti di casa Prodi, dove negromanti e medium sono sempre piuttosto richiesti.
Qualche dubbio potrebbe venire sulla loro qualifica di nomadi. Al mondo e nella storia il nomadismo è legato alle migrazioni degli animali, alla pratica di forme molto primitive di agricoltura di sfruttamento, oppure al saccheggio e alla rapina del lavoro delle genti sedentarie. I primi due casi non trovano collocazione nelle moderne società post-industriali. Dell'ultima incombenza si occupano già in molti e sarà difficile trovare spazio. Siamo infatti pieni di gente, comunitaria o extra, abilissima nell'occuparsi delle tasche e delle case altrui, dalla suburra fino alle aule parlamentari.
Altre forme di nomadismo? I Nomadi erano un complesso degli anni 60 e il nome di una rivista per autostoppisti che viaggiavano sereni e senza soldi. Ancora più in là nel tempo ci sono stati anche i clerici vagantes o i pellegrini, ma, a meno di confondere Rom con Romei, viene difficile trovare qualche similitudine. Forse questi nomadi somigliano di più ai moderni turisti, ai camperisti che si spostano per diporto. Se è così, allora non c'è problema: frequenteranno campeggi, pagheranno il dovuto e si comporteranno con educazione. O no? Come insinua un antico pregiudizio razzista, forse non finirà proprio così.
Per permettere alla gente normale di riposare in pace, nelle ordinatissime città medievali, la sera si lasciavano fuori dalle mura saltimbanchi, guitti e zingari. Oggi, che il progresso ci ha liberati per sempre dall'oscurità medievale, i saltimbanco stanno al governo, i guitti sono i più seguiti maître-à-penser della società e gli strolighi si stanno accampando sul pianerottolo di casa. Come si fa a dormire tranquilli?
(da Libero del 30 dicembre 2006)