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  1. #111
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Segnalazioni bibliografiche

    di Roberto Sestito.



    Riflessioni intorno al libro di Hervé Kempf

    Se decido di scavare nei miei libri di storia che vanno dall’impero romano ai nostri giorni mi pare di ricordare che un impero succedeva al precedente, quando il precedente era divenuto “vecchio”e decadente ed il “nuovo” si affermava in base al concetto che aveva qualcosa di nuovo o di più “moderno” da dire e da proporre.
    Non ricordo un sistema o un impero che succedesse al precedente col fermo proposito di fare un passo indietro o un ritorno al passato: i conservatori sono stati sempre battuti dai progressisti.
    Su questo ragionamento che mi passa per la testa baso la mia convinzione che la catastrofe annunciata nel libro che ho appena finito di leggere (Hervé Kempf – Perché i megaricchi stanno distruggendo il pianeta – Garzanti, 2009) sia inevitabile. È inevitabile perché i popoli e i governi che li guidano non sono minimamente disposti a fare un passo indietro, a rivedere i loro modelli di sviluppo basati sul progresso indefinito e sui consumi illimitati.
    Quando leggo che governi e istituti di statistica dei paesi cosiddetti emergenti si rincorrono a suon di percentuali di crescita, di numero di veicoli immatricolati, di aumenti complessivi di consumi, senza dare la minima importanza a fenomeni atmosferici catastrofici come tre mesi continui di pioggia battente in grandi capitali come San Paolo e disastri di questo genere (per non parlare dei terremoti che oltre a spostare città alterano l’asse terrestre), credo proprio che la catastrofe annunciata sia prossima, anzi è già in corso.
    Provate però ad interrogare l’uomo della strada di Città del Messico o di Seul o di Mosca e vi risponderà che anche lui ha diritto, come l’uomo di Londra e di New York alla sua autovettura, alla sua coca-cola, alla sua birra e… alla sua dose di cocaina da usare i sabato sera nelle nottate di sballo collettivo. Come vedete siamo alla frutta: una intera umanità sotto il giogo di un modello economico globalizzato che sta portando alla catastrofe.
    Qualcuno, per esempio gli ecologisti o i socialisti che in altri tempi predicavano la giustizia sociale e la distribuzione equa della ricchezza, sarà in grado non solo di frenare questo modello ma di cambiarlo? Non fatemi ridere!
    Lasciate stare i governi, guidati dai vari Obama, Lula, Putin, Berlusconi coi loro rispettivi bagagli di buone intenzioni e di tante promesse: ma chi butta giù dai loro scranni di potere i veri padroni del mondo, seduti nei grandi centri dove si decide il valore di una moneta o le quotazioni di borsa e gli scambi finanziari e che sono i grandi responsabili dello sfruttamento delle risorse della terra e dell’ingiustizia sociale? Chi sarà in grado – questo si che sarebbe un passo indietro in senso politico e un grande passo in avanti in senso sociale ed ecologico nella coniugazione auspicata dall’autore del libro – di restituire potere e sovranità ai popoli e alle nazioni?
    Io non lo vedo né oggi e né farsi largo all’orizzonte, né tra gli ambientalisti e nemmeno tra i socialisti: di conseguenza, la catastrofe annunciata sarà una catastrofe reale. E a dire il vero tutto ciò, magra consolazione, combina con tutte le profezie antiche e moderne.
    D’altra parte, dov’è scritto e dov’è stabilito che la razza umana debba vivere in eterno? Potrebbe vivere se avesse almeno il buon senso di organizzarsi in una forma di vita onesta e rispettosa dell’ambiente, ma se tutti i suoi comportamenti ed azioni vanno in direzione totalmente opposta al buon senso, per non dire al resto, per quale ragione deve sopravvivere, me lo sapete dire?
    Faccio un solo esempio: da oltre quarant’anni, un piccolo popolo che si considera predestinato da Dio seguace di un libro fra i più pubblicati al mondo, tortura ed opprime al fine di distruggerlo il legittimo proprietario di un piccolo territorio, e questo avviene tra l’indifferenza dei cosiddetti “grandi” della terra e dell’ONU pomposamente ritenuta l’assise più rappresentativa del pianeta.
    Di fronte ad una così palese ed eclatante ingiustizia, cosa volete che facciano gli altri? Dovrebbero reagire invece di recitare il rosario, ma poiché recitano il rosario e non reagiscono, il destino della razza umana è ormai segnato. Infatti, l’avete capito o no che la globalizzazione è stata inventata solo per asservire i popoli e non per liberarli da antiche e nuove schiavitù?
    Ho fatto un esempio, tra i tanti che si potrebbero fare. Il caso della Grecia: scioperi e cortei non servono più a nulla, sono strumenti del passato, come non serve andare in giro per il mondo con il cappello in mano. Il parlamento ellenico deve emettere un decreto composto da un solo articolo: NON PAGHIAMO I DEBITI, RITORNIAMO ALLA SOVRANITA’ MONETARIA E CHE I VARI SOROS E COMPAGNIA VADANO ALL’INFERNO!
    Voglio dire, parafrasando l’autore del libro, che problemi come quello palestinese o greco, non vanno più lasciati unicamente alla sfera politica ma vanno integrati come problemi ambientali, geografici, nel senso che comportamenti come quelli dei sionisti o del capitalismo finanziario non fanno più solo danni politici, ma ambientali e quindi vanno classificati come armi di distruzione di massa, peggiori dell’arma atomica perché provocheranno la distruzione dell’umanità.
    “La sinistra, – scrive Kempf a pag. 42 – ossia quelli per cui la questione sociale – la giustizia – resta al primo posto. Vestita con quel che resta del marxismo, ripete incessantemente le parole d’ordine del XIX secolo, in cui s’inabissa nel “realismo” del “liberismo moderato”. Così, l’emergenza sociale – segnata dall’aumento dell’ingiustizia e dalla dissoluzione dei legami di solidarietà sia privati che collettivi – che sembra ricoprire l’emergenza ecologica, serve de facto a eliminare quest’ultima dal campo.”
    Alla sinistra, perciò, non resta da fare altro che un passo indietro nel tempo e nella storia, ripescare negli ideali di una sinistra nazionale libera dalle ideologie del materialismo storico e dall’utopia marxista, ma forte della saggezza popolare che nei momenti più cruciali della storia le fornì l’impeto giusto, il coraggio di reagire di fronte ai grandi soprusi e alle grandi violenze dei potentati economici.
    L’autore del libro aggiunge: “Ci si imbatte dunque in ecologisti naif – l’ecologia senza il sociale – , una sinistra incollata al 1936 o al 1981 – il sociale senza l’ecologia, e in capitalisti soddisfatti: “Discutete, brava gente, e soprattutto continuate a pensarla diversamente”.
    Noi, sembrano dire, siamo più bravi di voi, siamo i migliori e continueremo regolarmente a mettervelo in quel posto… mentre voi continuate a discutere e a sfilare nei cortei.
    È ora quindi che la sinistra ritrovi la sua vera unitaria anima nazionale e guerriera ed anche se la guerra non dovesse vincerla e la catastrofe non potesse evitarla, almeno potrebbe dire di avere combattuto con dignità e ove necessario di essere caduta sul campo con l’onore delle armi.
    Il libro va letto e meditato con calma: ma è bene far precedere la lettura da una buona camomilla perché le molte e documentate informazioni accompagnate da opportuni commenti critici potrebbero farvi imbestialire e farvi venire pericolosi istinti aggressivi… Buona lettura!

    Perché i megaricchi stanno distruggendo il pianeta | Coordinamento Progetto Eurasia - CpEurAsia
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  2. #112
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Segnalazioni bibliografiche

    Franco Milanesi

    Ribelli e borghesi
    Nazionalbolscevismo e rivoluzione conservatrice. 1914-1933

    Aracne Editrice, pagg.304, € 17,00



    IL LIBRO – La prima guerra mondiale segna la crisi dei fondamenti della modernità europea e apre una fase di sperimentazione sociale, politica e culturale. Nel campo di forze indirizzato al superamento della forma borghese, il nazionalbolscevismo e la rivoluzione conservatrice rappresentano espressioni significative, estranee sia alla democrazia liberale e socialista, sia al fascismo e al comunismo sovietico. Al loro interno emergono figure di militanti e intellettuali come Jünger, Niekisch e von Salomon. A partire dagli anni Trenta la repressione e il conformismo contribuiscono all’esaurimento delle innovazioni emerse da questi movimenti antisistema.

    DAL TESTO – “L’istanza antiborghese che accomuna il neo nazionalismo e il classismo trova […] una sua radice più profonda nell'esigenza di una nuova umanità. Il proletariato è classe universale nella misura in cui la lotta che conduce contro il capitale riproduce il contrasto dell'uomo con se stesso e nella lotta di classe è prefigurato un "definitivo" Reich der Freiheit. In modo analogo il soldato della rivoluzione conservatrice è colui che si batte per il proprio paese, che lotta per l'autoaffermazione tedesca, evidenziando al tempo stesso, nel suo essere e nel suo fare, una diversa qualità antropologica. Egli non è più il combattente dei fronti di guerra ma quello della politica e del lavoro in cui trasferisce dedizione e sacrificio del sé. La destra rivoluzionaria germogliata nel clima di guerra coglie con precisione che l'avvenuta omologazione e proletarizzazione dei ceti popolari accadono nel segno di una nuova espressione, cioè di quella che Jünger definisce come Gestalt dell'Arbeiter, soggettività ontologicamente all'altezza della realtà scaturita dalla guerra. L’operaio non appartiene a un «ceto di miserabili oppressi» ma è «unica antitesi non assorbibile dal sistema», alterità compiuta all'individualità mercantile. Per questo il Typus del Soldato-Lavoratore di Jünger ha tratti evidenti di vicinanza con il bolscevico, con la milizia del lavoro impegnata nell'edificazione della patria socialista, a partire dal rapporto letteralmente simbiotico del singolo nell'unità-tutto.”

    L’AUTORE – Franco Milanesi (Torino, 1956) è laureato in Filosofia ed è dottore di ricerca in Studi Politici. Ha collaborato a riviste storiche e filosofiche con scritti sulla storia del PCd’I, sul dissenso comunista e sulla politica militante. Ha pubblicato Dietro la lavagna (Giraldi, Bologna 2008) e Militanti. Un’antropologia politica del Novecento (Punto Rosso, Milano 2010).

    INDICE DELL’OPERA – Prefazione, di Pier Paolo Portinaro – Introduzione - Parte I. Nazionalismo e classismo - Capitolo I. Guerra, conflitto e militanza politica (1.1. Dalla Zivilisation borghese alla politicizzazione totale - 1.2. Volontari, soldati, reduci. La guerra e la trasformazione dell'universo mentale - 1.3. Militanza politica e sistemi di solidarietà nella guerra civile europea - 1.4. Excursus. Confinamenti e galere) - Capitolo II. Nazionalismo e classismo (2.1. Nazionalismo borghese e rivoluzione nazionale nella Germania del dopoguerra - 2.2. Comunismo e istanze nazionali - 2.3. Nazionalbolscevismo e rivoluzione conservatrice: convergenze e opposizioni - 2.4. Excursus. Comunismo e fascismo tra interazione e causalità) - Parte II. Prismi - Capitolo I. La filosofia politica di Ernst Jünger. Critica antiborghese e mobilitazione totale (1.1. Dalla guerra - 1.2. Il tempo della forma borghese - 1.3. L’Elementare e la guerra - 1.4. Il nuovo profilo antropologico del Lavoratore - 1.5. Il dispositivo mobilitante - 1.6. La mobilitazione totale come paradigma politico della modernità - 1.7. Il pensiero politico della rivoluzione conservatrice - 1.8. Nazionalsocialismo e mobilitazione totale: un mancato confronto - 1.9. L’Anarca e l'impolitico) - Capitolo II. Ernst von Salomon. Violenza politica e militanza nazionalista (2.1. I Freikorps e la guerra dopo la guerra - 2.2. La politica della violenza - 2.3. Borghesi versus guerrieri - 2.4. L’assassinio di Rathenau - 2.5. I nazionalrivoluzionari di fronte al nazismo - 2.6. Il movimento contadino e l'ultimo fronte antiborghese - 2.7. Il proscritto) - Capitolo III. Ernst Niekisch e il nazionalbolscevismo (3.1. Il nazionalbolscevismo tra guerra e rivoluzione - 3.2. Ernst Niekisch: un'esistenza di sconfinamento - 3.3. La Gestalt borghese e lo spirito dell'Occidente - 3.4. Il bolscevismo in Russia: lotta di classe e affermazione nazionale - 3.5. L'Operaio come tipo antropologico - 3.6. La critica al marxismo - 3.7. Politica e Stato in Niekisch - 3.8. La topografia politica - 3.9. Un destino tedesco - 3.10. Socialismo nazionale e nazionalsocialismo - 3.11. Nichilismo e nazismo nell'analisi del dopoguerra, 229 - 3.12. Tra destra e sinistra? Niekisch e il nazionalbolscevismo) – Conclusioni. Dalla critica alla forma borghese alla posthistoire - Uscire dalla "fine della storia": alterità, interiorità, totalità – Bibliografia - Indice dei nomi
    Ribelli e borghesi - archiviostorico.info
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  3. #113
    Альфа
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    Predefinito Re: Segnalazioni bibliografiche


    Il libro è composto da 4 capitoli generali, ognuno dei quali si suddivide in quattro o cinque paragrafi dettagliati e articolati per un totale di 220 pagine. Lo scopo principale di questa pubblicazione è quello di fornire da un punto di vista estraneo ai pregiudizi e alla propaganda occidentale, il quadro di tutte le peculiarità e le direttrici politiche, economiche e geopolitiche della Repubblica Popolare Cinese. L’opera parte da una disamina storico-teoretica del pensiero politico che ha animato le principali trasformazioni del socialismo cinese, per proseguire con un’attenta fase di ricerca e osservazione in merito alle questioni e alle istanze interne di maggior risalto in ambito internazionale quali le complesse vicende relative alle regioni del Tibet, dello Xinjiang e di Taiwan, e poi concludere con uno sguardo generale alla strategia globale di Pechino e al fondamentale contributo della Cina all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai.


    AUTORI: Marco Costa, Andrea Fais, Alessandro Lattanzio
    ANTEO EDIZIONI 2012
    220 pp.
    ISBN: 9788890737954



    FONTE: LA GRANDE MURAGLIA

  4. #114
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    Predefinito Re: Segnalazioni bibliografiche

    G. P. Piretto, "Gli occhi di Stalin. La cultura visuale sovietica nell’era staliniana", Raffaello Cortina Editore, 2010.



    Gli occhi di Stalin. Intervista con Gian Piero Piretto

  5. #115
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Segnalazioni bibliografiche

    Autore: Aleksandr Dugin
    Pagine: 224
    Data di pubblicazione: 2012
    Collana: Metropoli e campagne
    Prezzo: 20.00 euri
    La missione eurasiatica di Nursultan Nazarbayev | Edizioni all'insegna del Veltro






    PREFAZIONE
    Nel 1991, raccogliendo in un volume intitolato Continente Russia1 alcuni saggi di Aleksandr Dugin, le Edizioni all’insegna del Veltro segnalavano al lettore italiano il ruolo eminente che l’Autore era destinato a svolgere nel mondo culturale postsovietico. Non si trattò di un abbaglio né di un’esagerazione: nel 2004, quando la neonata rivista di studi geopolitici “Eurasia”, pubblicata dalla stessa casa editrice, invitò Dugin a far parte della propria redazione, il giovane intellettuale tradizionalista era ormai diventato un personaggio di primo piano, tenuto in considerazione negli ambienti culturali, politici, militari e religiosi russi e reso oggetto di indagine da parte di studiosi e di analisti europei ed americani2.
    In poco più di una decina d’anni, Dugin si era imposto come il principale esponente del neoeurasiatismo ed aveva rapidamente percorso i primi gradi di una brillante carriera di geopolitico militante. Nel 1998 Dugin era diventato consigliere di Gennadij Seleznev, Presidente della Duma di Stato, per le questioni strategiche e geopolitiche; nel 1999 aveva assunto la direzione del Centro di Perizie Geopolitiche presso la Duma; nel 2000 aveva tenuto un corso universitario di Filosofia politica ed aveva potuto esporre le proprie vedute in uno dei siti informatici del governo; nel 2001 aveva fondato il Movimento Eurasia, che tra i suoi dirigenti annoverava autorità religiose come il Muftì Talgat Tadzhuddin e militari come il generale Klokotov; nel 2002 il Movimento Eurasia era diventato un partito politico presieduto dallo stesso Dugin e nel 2003 aveva partecipato alle elezioni per la Duma in seno al blocco Rodina, per trasformarsi successivamente nel Movimento Internazionale Eurasiatico, un’organizzazione non governativa rappresentata in ventidue paesi.
    In quello stesso periodo Dugin aveva arricchito la propria produzione bibliografica con diversi nuovi titoli, dei quali citiamo i più significativi: Le basi della geopolitica. Il futuro geopolitico della Russia3, Evoluzione dei paradigmi di fondazione della scienza4, Le basi dell’eurasiatismo5, Progetto “Eurasia”6, Filosofia della politica7, Filosofia della guerra8.
    Nel 2004 Dugin pubblica il libro che viene ora tradotto in italiano col titolo La missione eurasiatica di Nursultan Nazarbayev9. Si tratta di una raccolta di articoli, interviste, conferenze e interventi a tavole rotonde risalenti al periodo compreso tra il 2001 ed il 2004 ed aventi come tema comune e unificante il fondamentale contributo politico dato al progetto eurasiatista dal Presidente del Kazakhstan Nursultan Nazarbayev.
    La dichiarazione con la quale Nazarbayev lanciò l’idea dell’Unione Eurasiatica viene rievocata da Dugin nei termini seguenti: “Nel momento in cui il sistema strategico eurasiatico postsovietico era giunto al punto critico più basso (…) il Presidente del Kazakhstan, a capo di una repubblica gigantesca dell’Asia Centrale, d’importanza fondamentale e prioritaria per la Russia verso il sud, propone l’iniziativa della reintegrazione. Era una mossa d’avanguardia, una mossa epocale. Si può dire che da quel momento, dal 3 giugno 1994, si deve contare l’inizio di una nuova epoca10.
    Il rappresentante del neoeurasiatismo ha dunque trovato il suo Principe:“Per la prima volta i disegni e le speranze degli eurasiatisti acquisivano una figura storica di tale levatura. Quindi sarebbe giusto definire il Presidente Nazarbayev l’eurasiatista numero uno, dal momento che egli non solo ha fatto fare un balzo in avanti alla teoria, ma ha anche attuato molte iniziative eurasiatiste nella pratica”11.
    Le aspettative suscitate dalla proposta di Nazarbayev non dovevano essere deluse. Dopo aver concluso con l’Uzbekistan e il Kirghizistan un trattato per l’istituzione di uno spazio economico comune, il Presidente del Kazakhstan aveva riconfermato la propria convinzione eurasiatista in un libro intitolato L’Unione eurasiatica: idee, pratica e prospettive, 1994-199712. Quindi, con l’accordo di Astana, aveva tenuto a battesimo la Comunità Economica Eurasiatica, l’EurAsEC, che raggruppava alcuni Stati della CSI: Russia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan. (L’Uzbekistan, dopo avervi aderito nel 2006, due anni più tardi sospese il percorso di integrazione). La fase più recente del percorso inaugurato nel 1994 da Nazarbayev è rappresentata dalla nascita dello Spazio Economico Comune, avvenuta il 1 gennaio 2012 nell’ambito della Comunità Economica Eurasiatica e preannunciata sulle “Izvestija” da un articolo programmatico di Vladimir Putin, che in questo modo, ha osservato Dugin, “inizia dal progetto eurasiatista il suo ritorno all’ufficio della presidenza”13.
    Come ha scritto un turcologo italiano, “questo libro di Dugin, per i toni in esso contenuti, ci sembra particolarmente appropriato come modello ispirativo atto ad analizzare e parafrasare la figura del Presidente del Kazakhstan”14. Pubblicarlo in un paese come l’Italia – che è un importante interlocutore strategico del Kazakhstan, il suo primo interlocutore commerciale europeo e uno dei maggiori investitori nella sua economia – significa contribuire ad ampliare la comprensione di un’area che rappresenta, per riprendere una definizione della geopolitica classica, “la regione perno della politica mondiale”15.

    Claudio Mutti



    1. A. Dugin, Continente Russia, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1991.
    2. Nel mondo anglosassone, in particolare, l’attività di Aleksandr Dugin è stata sottoposta ad un’attenta osservazione. Ci limitiamo a citare Stephen D. Shenfield, Russian Fascism. Traditions, Tendencies, Movements, M. E. Sharpe, Armonk-New York-London 2000, pp. 191-199 e Mark Sedgwick, Against the Modern World, Oxford University Press, New York 2004, pp. 221-237.
    3. A. Dugin, Osnovy geopolitiki. Geopolitičeskoe buduščee Rossii, Arktogeja, Moskva 2000.
    4. A. Dugin, Evoljucija paradigmal’nych osnovanij nauki, Arktogeja, Moskva 2002.
    5. A. Dugin, Osnovy evrazijstva, Arktogeja, Moskva 2002.
    6. A. Dugin, Proekt “Evrazija”, Jauza, Moskva 2004.
    7. A. Dugin, Filosofija politiki, Arktogeja, Moskva 2004.
    8. A. Dugin, Filosofija vojny, Jauza, Moskva 2004.
    9. A. Dugin, Evrazijskaja missija Nursultana Nazarbayeva, Evrazija, Moskva 2004.
    10. A. Dugin, Il tempo eurasiatico di Nursultan Nazarbayev, “Evrazijskoe Obozrenie”, n. 2, 10 agosto 2001.
    11. A. Dugin, Azimbaj Gali contro Aleksandr Dugin (Il nazionalismo kazako contro l’eurasiatismo: frammenti di una conferenza stampa ad Almaty).
    12. N. Nazarbayev, Evrazijskij sojuz: idei, praktika, perspektivy, 1994-1997, Fond sodejstvija razvitiju social’nyh i političeskyh nauk, Moskva 1997.
    13. A. Dugin, Nasce l’Unione Eurasiatica, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, a. IX, n. 1, gennaio-marzo 2012, p. 27.
    14. E. Visintainer, L’Aquila nel Sole, Vox Populi, Pergine Valsugana 2011, p. 127.
    15. Sul ruolo del Kazakhstan come parte essenziale dell’”area-perno”: C. Mutti, Il perno geografico della storia, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, a. IX, n. 3, luglio-settembre 2012, pp. 5-9.
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  6. #116
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    Predefinito Re: Segnalazioni bibliografiche

    "Russia oggi - Dalla caduta dell'Unione Sovietica ai nostri giorni"

    [Francesco Benvenuti - Carrocci ed. - € 14,00]

    A più di vent'anni dal collasso dell'URSS, la Federazione russa ha smentito le previsioni formulate all'epoca. Non è divenuta una democrazia di tipo occidentale, né una variante della "via cinese" alla modernità, ma una democrazia sperimentale, sotto la tutela di un presidente forte e di uno Stato spesso inefficiente e corrotto. L'economia è cresciuta, anche se sull'incerta base dell'esportazione di energia e materie prime. La posizione internazionale ha conosciuto mutamenti sorprendenti, soprattutto sotto Putin: dall'atlantismo a un realistico pragmatismo, al nazionalismo e infine a una politica estera bilanciata e prudente. Si è formata una nuova società civile, che spinge verso l'adozione degli standard politici europei, ma che stenta a organizzarsi. Uno stereotipo consolidato asserisce che "la Russia non può essere capita con la ragione". Questo libro, invece, ci prova.


 

 
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