ROMA – Saddam Hussein, un’uccisione scomoda



Grande rilievo hanno dato i mass-media alla cruda esecuzione dell’ex rais di Bagdad, Saddam Hussein, avvenuta lo scorso 30 dicembre. Al di là dell’orrore per la pena di morte, indipendentemente dalle colpe e le responsabilità che può avere avuto quest’uomo, rimarrà per sempre indelebile il grave errore storico e politico che gli U.S.A. e i loro alleati hanno commesso in tale vicenda. Saddam, già alleato di americani ed europei, ha avuto il “torto” grave di “disallinearsi”, imbarcarsi nell’avventura dell’invasione del Kuwait nel 1991, con la conseguente guerra “petrolifera” del Golfo e le successive odiose e disumane sanzioni economiche, subite soprattutto dalla popolazione civile con decine di migliaia di morti, in gran parte anziani e bambini, causati dalla mancanza di medicinali. Bush padre, allora, capì almeno dove fermarsi per non impantanarsi nella guerriglia e nelle conseguenze a livello planetario di un nuovo Vietnam. L’attuale Presidente americano, ansioso di “vendicare” le stragi dell’11 settembre 2001, ha invece inanellato un errore dopo l’altro e, dopo aver praticamente raso al suolo l’Afganistan (sospettato di nascondere Osama Bin Laden), ha rivolto le sue attenzioni e le sue artiglierie verso Bagdad, incurante del parere degli ispettori ONU in merito all’assenza in Iraq delle famigerate “armi di distruzione di massa” e della mancanza di una risoluzione in proposito del Consiglio di Sicurezza dello stesso ONU, al punto che, come “casus belli” è stata utilizzata anche la presunta connivenza con la rete terroristica di “Al Qaeda”. Al contrario, l’intervento armato di U.S.A. e G.B. nel marzo 2003, da cui Francia e Germania si dissociarono nettamente a ragione, oltre a provocare quasi un milione di morti fra civili e militari, ha richiamato in Iraq numerosi seguaci di Bin Laden incitati alla Jihad contro l’invasore occidentale, fenomeno dal quale il paese dell’antica Babilonia era stato fino a quel momento pressoché esente. Insomma, si è creata così una nuova complessa e pericolosissima polveriera nel già problematico Medio Oriente di cui, francamente, non si sentiva il bisogno, se non per i colossali interessi economici di diverse multinazionali del petrolio e non solo, in cui è stata coinvolta anche la “colonia” Italia in “missione di pace”, pagando un alto tributo di sangue con decine di incolpevoli ragazzi tornati nel Bel Paese avvolti nell’amato Tricolore. Un ulteriore pretesto usato ad arte dagli anglo-americani, il presunto genocidio del popolo Curdo, non ha visto la stessa indignata reazione internazionale in occasione delle prepotenze e delle violenze perpetrate dalla Turchia e dall’Iran ai danni degli stessi curdi residenti sui territori turchi e iraniani.
Altri genocidi, di ben più vaste dimensioni, si sono consumati nel secolo scorso ad opera di Stalin in U.R.S.S., di Pol Pot in Cambogia, di Mao prima, Ciu En-Lai e Deng Xiaoping poi, in Cina e nei confronti delle popolazioni del Tibet, tanto per fare qualche esempio, e tuttora si consumano in Africa e nel resto del mondo, senza che l’”occidente” abbia mosso o muova un solo dito. Certo, è ovvio che la politica estera americana guardi e decida soprattutto in base, oltre che agli interessi suddetti, ai rapporti di forza esistenti: basti ricordare come, finita la guerra fredda, nel 1997 gli U.S.A. decisero di “scaricare” l’impresentabile e scomodo alleato Sese Seko Mobutu, dittatore dello Zaire (e qui si nota una certa analogia con i recenti fatti irakeni), appoggiando le truppe del non meno sanguinario Laurent-Désiré Kabila, già seguace del “Padre della Nazione” congolese, Patrice Lumumba, assassinato dallo stesso Mobutu. In quel caso, però mentre i seguaci di Kabila erano alle porte di Kinshasa, Mobutu riusciva a guadagnare l’aeroporto fuggendo in Marocco dove morì qualche mese dopo. L’affrettata esecuzione di Saddam Hussein a pochi giorni dalla condanna definitiva, lasciato in pasto agli avversari sciiti dai “veri” amministratori americani, dimostra come quest’ultimi, non sapendo risolvere tale problema, se ne siano pilatescamente lavati le mani, facendo apparire al mondo come se fosse semplicemente una questione tra iracheni. Ora Tikrit, luogo di sepoltura dell’ex-rais, rischia di diventare una nuova Mecca per i tradizionalisti sunniti, che rappresentano la maggioranza dell’Islam e praticamente quasi tutto il mondo arabo, essendo la religione sciita diffusa solo in Iran, parte dell’Iraq e poche altre regioni.
Certo l’Europa non fa in confronto una bella figura visti i precedenti dell’assassinio di Benito Mussolini nell’aprile del ’45, che “vero” processo non ebbe mai, che di certo ebbe più meriti che colpe in quell’Italia travagliata della prima metà del ‘900, consegnato dai “liberatori” inglesi ai partigiani e ucciso poche ore dopo la cattura a Giulino di Mezzegra, di Cornelio Codreanu e altri componenti della “Guardia di Ferro” rumena, fatti fucilare dopo un processo farsa nel novembre 1938, dei gerarchi nazisti “giustiziati” dopo il processo di Norimberga, del dittatore rumeno Nicolae Ceucescu fucilato dai rivoltosi, pur esasperati dal regime comunista, poco dopo esser fatto prigioniero nel Natale del 1989, e di Slobodan Milosevic, altro “non allineato”, rapito dal carcere di Belgrado con un blitz di agenti speciali, portato in una base militare U.S.A. e poi in Olanda presso il Tribunale penale internazionale de L’Aja, per morire in maniera sospetta nel marzo 2006 nel carcere di Scheveningen, dopo 5 anni di altro processo farsa durante il quale non era stata provata alcuna sua responsabilità. Queste sono solo alcune delle esecuzioni sommarie più note ed eclatanti, senza contarne tante altre che, per esempio dalla Dalmazia all’Istria, dalla Venezia Giulia all’Emilia e al resto d’Italia, per molti anni sono state volutamente dimenticate perché “scomode” e in danno della “parte sbagliata”. Ma in Italia e nel resto d’Europa certi avvenimenti hanno lasciato segni, eredità e testimonianze che non potranno mai essere cancellati. Evidentemente i “liberatori” ancora una volta non hanno imparato (o non vogliono imparare) la lezione della storia: gli oltre 3.000 Caduti americani in Iraq (più delle torri gemelle…) si aggiungono alle altre migliaia delle precedenti avventure in Corea, Vietnam e Afganistan, a dimostrazione che non si può pretendere di “democraticizzare”, imporre un regime, un modo di vita, usi e costumi estranei a una società fondamentalmente diversa, neppure con il mercimonio di taluni collaborazionisti locali, con l’uso spropositato della forza, della prepotenza e, al limite, della vera e propria barbarie.
(Roberto Bevilacqua – Vice Segretario Nazionale MSFT)


Grande rilievo hanno dato i mass-media alla cruda esecuzione dell’ex rais di Bagdad, Saddam Hussein, avvenuta lo scorso 30 dicembre. Al di là dell’orrore per la pena di morte, indipendentemente dalle colpe e le responsabilità che può avere avuto quest’uomo, rimarrà per sempre indelebile il grave errore storico e politico che gli U.S.A. e i loro alleati hanno commesso in tale vicenda. Saddam, già alleato di americani ed europei, ha avuto il “torto” grave di “disallinearsi”, imbarcarsi nell’avventura dell’invasione del Kuwait nel 1991, con la conseguente guerra “petrolifera” del Golfo e le successive odiose e disumane sanzioni economiche, subite soprattutto dalla popolazione civile con decine di migliaia di morti, in gran parte anziani e bambini, causati dalla mancanza di medicinali. Bush padre, allora, capì almeno dove fermarsi per non impantanarsi nella guerriglia e nelle conseguenze a livello planetario di un nuovo Vietnam. L’attuale Presidente americano, ansioso di “vendicare” le stragi dell’11 settembre 2001, ha invece inanellato un errore dopo l’altro e, dopo aver praticamente raso al suolo l’Afganistan (sospettato di nascondere Osama Bin Laden), ha rivolto le sue attenzioni e le sue artiglierie verso Bagdad, incurante del parere degli ispettori ONU in merito all’assenza in Iraq delle famigerate “armi di distruzione di massa” e della mancanza di una risoluzione in proposito del Consiglio di Sicurezza dello stesso ONU, al punto che, come “casus belli” è stata utilizzata anche la presunta connivenza con la rete terroristica di “Al Qaeda”. Al contrario, l’intervento armato di U.S.A. e G.B. nel marzo 2003, da cui Francia e Germania si dissociarono nettamente a ragione, oltre a provocare quasi un milione di morti fra civili e militari, ha richiamato in Iraq numerosi seguaci di Bin Laden incitati alla Jihad contro l’invasore occidentale, fenomeno dal quale il paese dell’antica Babilonia era stato fino a quel momento pressoché esente. Insomma, si è creata così una nuova complessa e pericolosissima polveriera nel già problematico Medio Oriente di cui, francamente, non si sentiva il bisogno, se non per i colossali interessi economici di diverse multinazionali del petrolio e non solo, in cui è stata coinvolta anche la “colonia” Italia in “missione di pace”, pagando un alto tributo di sangue con decine di incolpevoli ragazzi tornati nel Bel Paese avvolti nell’amato Tricolore. Un ulteriore pretesto usato ad arte dagli anglo-americani, il presunto genocidio del popolo Curdo, non ha visto la stessa indignata reazione internazionale in occasione delle prepotenze e delle violenze perpetrate dalla Turchia e dall’Iran ai danni degli stessi curdi residenti sui territori turchi e iraniani.
Altri genocidi, di ben più vaste dimensioni, si sono consumati nel secolo scorso ad opera di Stalin in U.R.S.S., di Pol Pot in Cambogia, di Mao prima, Ciu En-Lai e Deng Xiaoping poi, in Cina e nei confronti delle popolazioni del Tibet, tanto per fare qualche esempio, e tuttora si consumano in Africa e nel resto del mondo, senza che l’”occidente” abbia mosso o muova un solo dito. Certo, è ovvio che la politica estera americana guardi e decida soprattutto in base, oltre che agli interessi suddetti, ai rapporti di forza esistenti: basti ricordare come, finita la guerra fredda, nel 1997 gli U.S.A. decisero di “scaricare” l’impresentabile e scomodo alleato Sese Seko Mobutu, dittatore dello Zaire (e qui si nota una certa analogia con i recenti fatti irakeni), appoggiando le truppe del non meno sanguinario Laurent-Désiré Kabila, già seguace del “Padre della Nazione” congolese, Patrice Lumumba, assassinato dallo stesso Mobutu. In quel caso, però mentre i seguaci di Kabila erano alle porte di Kinshasa, Mobutu riusciva a guadagnare l’aeroporto fuggendo in Marocco dove morì qualche mese dopo. L’affrettata esecuzione di Saddam Hussein a pochi giorni dalla condanna definitiva, lasciato in pasto agli avversari sciiti dai “veri” amministratori americani, dimostra come quest’ultimi, non sapendo risolvere tale problema, se ne siano pilatescamente lavati le mani, facendo apparire al mondo come se fosse semplicemente una questione tra iracheni. Ora Tikrit, luogo di sepoltura dell’ex-rais, rischia di diventare una nuova Mecca per i tradizionalisti sunniti, che rappresentano la maggioranza dell’Islam e praticamente quasi tutto il mondo arabo, essendo la religione sciita diffusa solo in Iran, parte dell’Iraq e poche altre regioni.
Certo l’Europa non fa in confronto una bella figura visti i precedenti dell’assassinio di Benito Mussolini nell’aprile del ’45, che “vero” processo non ebbe mai, che di certo ebbe più meriti che colpe in quell’Italia travagliata della prima metà del ‘900, consegnato dai “liberatori” inglesi ai partigiani e ucciso poche ore dopo la cattura a Giulino di Mezzegra, di Cornelio Codreanu e altri componenti della “Guardia di Ferro” rumena, fatti fucilare dopo un processo farsa nel novembre 1938, dei gerarchi nazisti “giustiziati” dopo il processo di Norimberga, del dittatore rumeno Nicolae Ceucescu fucilato dai rivoltosi, pur esasperati dal regime comunista, poco dopo esser fatto prigioniero nel Natale del 1989, e di Slobodan Milosevic, altro “non allineato”, rapito dal carcere di Belgrado con un blitz di agenti speciali, portato in una base militare U.S.A. e poi in Olanda presso il Tribunale penale internazionale de L’Aja, per morire in maniera sospetta nel marzo 2006 nel carcere di Scheveningen, dopo 5 anni di altro processo farsa durante il quale non era stata provata alcuna sua responsabilità. Queste sono solo alcune delle esecuzioni sommarie più note ed eclatanti, senza contarne tante altre che, per esempio dalla Dalmazia all’Istria, dalla Venezia Giulia all’Emilia e al resto d’Italia, per molti anni sono state volutamente dimenticate perché “scomode” e in danno della “parte sbagliata”. Ma in Italia e nel resto d’Europa certi avvenimenti hanno lasciato segni, eredità e testimonianze che non potranno mai essere cancellati. Evidentemente i “liberatori” ancora una volta non hanno imparato (o non vogliono imparare) la lezione della storia: gli oltre 3.000 Caduti americani in Iraq (più delle torri gemelle…) si aggiungono alle altre migliaia delle precedenti avventure in Corea, Vietnam e Afganistan, a dimostrazione che non si può pretendere di “democraticizzare”, imporre un regime, un modo di vita, usi e costumi estranei a una società fondamentalmente diversa, neppure con il mercimonio di taluni collaborazionisti locali, con l’uso spropositato della forza, della prepotenza e, al limite, della vera e propria barbarie.

Roberto Bevilacqua – Vice Segretario Nazionale MSFT