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    Non solo Storace contro Fini: Socci e Veneziani contro il capo giamaicano

    Non mi sembrava possibile che fino a questo momento il solo Storace avesse alzato la voce contro le sparate sempre più assurde del sig. Gianfranco Fini.

    Ecco gli interventi quantomai necessari di Antonio Socci e Marcello Veneziani. Finalmente la fronda guadagna le pagine dei giornali uscendo dai ristretti confini di una minoranza interna ghettizzatissima dal capo.

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    Quella gaffe di Fini
    di Antonio Socci 30.12.2006

    Il Corano sefardita? L’Islam sefardita? Sembra uno scoop. La discussa (e discutibile) intervista di Gianfranco Fini all’Espresso contiene questa perla nascosta: “l’alternativa è la scuola di via Quaranta a Milano o l’imam di via Anelli che non predica il Corano, ma una versione sefardita per cui l’Islam è sulla punta della spada”.

    Com’è noto “Sefarad” è una parola ebraica che significa Spagna: “sefardita” indica la provenienza di alcuni ebrei e oggi denomina uno dei riti dell’ebraismo (insieme a quello ashkenazita e a quello italiano). Che l’imam musulmano di via Anelli possa insegnare un rito ebraico pare improbabile, a meno che Fini non disponga di informazioni inedite ed eccezionali. Sono pronto naturalmente – ove il presidente di An documentasse questo suo scoop – a inchinarmi a cotanta scienza, ma al momento sospetto che gli sia scappato un “sefardita” mentre voleva parlare piuttosto di “versione salafita” dell’Islam (il termine “salafita” indica una corrente particolarmente integralista del mondo musulmano, la più militante del wahabismo saudita).

    Un banale lapsus? Può essere. Ma c’è anche un’altra ipotesi: una imbarazzante superficialità. Strano per uno che è stato ministro degli Esteri (francamente non brillante). Forse è anche il sintomo della scarsa dimestichezza del Centrodestra con la cultura e con la lettura. Nei giorni scorsi Berlusconi ha annunciato una clamorosa iniziativa in proposito: la fondazione di una “Università del pensiero liberale”, “all’americana”, che dovrebbe “scardinare il ‘monopolio della sinistra’ in campo culturale ed accademico e formare la ‘futura classe dirigente moderata’ ”.
    Fantastico, ottimo progetto. Ma spero che la genialità creativa del Cavaliere lo consigli meglio sulla realizzazione, perché le anticipazioni dicono che a insegnarvi saranno chiamati “personaggi di livello internazionale come Mikhail Gorbaciov”. Che l’ultimo leader comunista dell’Unione sovietica, segretario di quel Pcus che ancora perseguitava i dissidenti, venga chiamato a fare da pilastro di una “università del pensiero liberale” che intende “scardinare il monopolio della sinistra” e formare “la classe dirigente moderata” – si ammetterà – è almeno bizzarro.
    Non che Gorbacev non possa proficuamente insegnare in un prestigioso ateneo, ma difficilmente potrà essere maestro di pensiero liberale e paladino della lotta al pensiero di sinistra. Infine che si annunci il suo nome insieme a quello di altri “grandi personaggi” come Bill Clinton e Bill Gates fa pensare a un altro “Bill”, il mitico Buffalo Bill che da fascinoso eroe della Prateria decadde fino a diventare un fenomeno da circo. Una Università può fare una “rivoluzione culturale” in Italia con questi “grandi nomi” come grandi attrazioni (vecchi dinosauri della politica del secolo scorso)? Non denota un’idea della cultura un po’ approssimativa e “televisiva”? In fondo Gorbacev è già stato ospite a Sanremo…

    E qui torniamo al caso Fini, che non è solo un problema di confusione fra “sefarditi” e “salafiti”. Ma di eccessiva disinvoltura con le idee. Di recente il leader di An ha firmato una prefazione entusiasta al libro di Nicolas Sarkozy, “Témoignage”. Bene. Solo che il prossimo candidato gollista all’Eliseo sta portando il centrodestra francese nella direzione opposta alla sua (e a quella laicista di Chirac). Le idee, le grandi scelte politiche, non sono chiacchiere.
    Fini ha un eloquio accattivante ed efficace (di scuola almirantiana), ha la battuta tagliente e un aspetto signorile. Ma ricordo una stroncatura fatta da un intellettuale di Destra che lo rappresentava come un “Fini dicitore”, uno dalla loquela sciolta e dalla poca sostanza, un leader politico dedito più alla pesca subacquea che alle letture, insomma un politico dall’aspetto elegante e “sotto il vestito niente”.


    A questo ritratto impietoso va aggiunto un elemento che ultimamente si è fatto dirompente: la spregiudicatezza. In due casi la spregiudicatezza di Fini è stata coraggiosa, giusta e molto proficua: quando ha “lasciato la casa del padre” fondando Alleanza Nazionale dalle ceneri del Msi e quando ha condannato il fascismo e le leggi razziali avvicinandosi a Israele. Due svolte storiche di cui porta il merito.
    Tuttavia la politica, le idee e la storia sono (o dovrebbero essere) cose serie, da maneggiare con cautela e rispetto. E quando il coraggio di due rotture storiche, diventa un disinvolto e quotidiano “rompere gli schemi” (e le scatole) con salti della quaglia su tutto si rischia di degenerare nel trasformismo e nella poca serietà. La citata intervista all’Espresso ha fatto notizia per due ennesime “svolte finiane”: sulle unioni di fatto “anche gay” e sul Corano da insegnare a scuola.
    Sortite che hanno un chiaro significato politico e seguono altre, continue fughe in avanti, come il voto amministrativo agli immigrati o la stroncatura del film di Martinelli “Il mercante di pietre” (definito da Fini “becera propaganda” anti islamica). Tutte trovate che mostrano un politico a caccia dell’applauso dei media progressisti e politically correct. Questa disinvoltura ha toccato l’apice con il voltafaccia di Fini sul referendum 2005 sulla procreazione assistita: da un giorno all’altro il leader di An ha totalmente (e senza dare vere spiegazioni) ribaltato le sue posizioni pubblicamente sostenute fino all’approvazione della legge (poche settimane prima). Una vera “eterogenesi dei Fini”. Durante la campagna referendaria ferocemente laicista dei giornali, il leader di An arrivò pure ad attaccare la Chiesa.

    Poi una maggioranza record, il 75 per cento degli italiani, bocciò i referendum radicali sostenuti dalle Sinistre, dai media e da Fini. Ma l’esito fallimentare della sua “svolta” non ha indotto il leader a nessun “mea culpa”, non lo ha fatto riflettere sul grave errore di seguire il laicismo radicale o i mass media “progressisti”. Né ha trasformato il mal di pancia di An in discussione, sfiducia e salutare defenestrazione del segretario. Anche nel 1999, quando Fini ebbe la geniale idea di aggregarsi a Segni formando, per le Europee, la lista dell’Elefantino, che portò al più grave crollo di consensi della storia di An, il presidente del partito non subì contraccolpi (i colonnelli di An sembrano farsela sotto davanti a lui).
    Questo lo ha persuaso di potersi permettere un piglio cesarista. Ultimamente – ad esempio – ha “aderito” all’idea della Federazione dei partiti di centrodestra, ma all’intervistatore che gli chiedeva se una tale svolta passerà per un congresso (come sarebbe ovvio), ha risposto lapidario: “lo escludo”. Questo è l’altro colossale problema del centrodestra. Può un’alleanza che si dice liberaldemocratica eludere disinvoltamente al suo interno (nella vita dei partiti) le salutari procedure dei congressi e delle verifiche, insomma quel meccanismo noto nel mondo come “democrazia” ?

    Come può Fini continuare a guidare un partito che ha idee opposte su temi cruciali e addirittura candidarsi a guidare l’intero centrodestra? Con i voti dei radicali? O con quelli degli immigrati? In politica sono entrati di prepotenza i temi etici e si ha l’impressione che i dirigenti della Casa delle libertà spesso confondano l’etica con l’etichetta e la bioetica con la cosmetica. Fini col referendum ed ora con l’apertura sulle “coppie gay” sembra stare con i radicali. Proprio mentre la senatrice Ds Anna Serafini (moglie di Fassino) mette in guardia dal “laicismo” e sembra prefigurare una Sinistra più seria e meno pannelliana. Meglio la Serafini di Fini.

    Fonte: © libero 30 dicembre 2006

    ________________________________________________


    La destra di Fini? E’ una sinistra in ritardo
    di Marcello Veneziani

    Che ne sarà della destra in questo nuovo anno? Non sto parlando della casa delle Libertà, di Berlusconi e di quell’universo moderato e liberale che si ritrova al centro e nei paraggi e comunque in antitesi alla sinistra. Ma della destra, ovvero quel luogo concreto e immaginario abitato da conservatori, nazionalisti, tradizionalisti, perfino nostalgici e reazionari.

    A giudicare dai rari momenti di popolarità che ha avuto nello scorso anno, legati quasi tutti a esternazioni di Fini, presentate dai media come svolte e strappi, direi che ormai la destra in Italia è solo un umore, forse un malumore, comunque un ricordo. Non c’è la destra nel futuro della destra italiana; c’è la fusione o la federazione con il centro, c’è il partito popolare europeo, c’è una visione assai laica della politica e dell’etica, non più legata ai principi solidi e consueti della destra, quelli che derivano dal senso tradizionale della famiglia, della religione e dell’amor patrio. C’è una visione professionale e pragmatica della politica; e questo passa per innovazione, modernizzazione…Se fossi in vena di polemica, direi che la destra per Fini è una sinistra in ritardo: arriva alle stesse conclusioni ma piano piano. Sulle coppie gay, sull’islam, sulla famiglia, sugli immigrati, sulla religione, sull’Europa e via dicendo. Ma non ho più voglia di polemica, non ne vedo l’utilità né sento l’impulso; sforzandomi di polemizzare direi che c’è scontro quando c’è divergenza di idee, non quando si nota l’assenza delle medesime, l’encefalogramma politicamente piatto. No, lasciamo stare la polemica. Siamo diventati buoni e stanchi.

    Fini ha scelto una strada che non coincide con quel mondo di valori, di giudizi e pregiudizi che in Italia e in tutto il mondo, dai Paesi più avanzati a quelli più arretrati, caratterizza quell’area d’ opinione. Se ne prenda atto, senza rabbia. Anzi, in cosciente libertà, arrivando a rispettare la scelta finiana, anche se non vi è reciprocità, c’è assenza di dibattito e di libertà sull’argomento, c’è autocrazia in An e divieto di parlarne, censura e cancellazione dei “maledetti” nelle sedi scarse di controllo politico. Non è nemmeno interessante studiare il movente, psicanalizzare le rotture, ritrovare motivi personali e scompensi logico-affettivi, perfino stati di salute, non solo mentali. Ci interessano solo gli effetti. Serenamente.

    La famiglia dei conservatori
    La prima domanda che invece abbiamo il diritto di avanzare è questa: secondo voi esiste o no un’area civile prima che politica , che invece si considera legata a valori, sensibilità, esperienze di vita legate a quel senso comune? Esistono o sono una pura congettura i conservatori nel nostro Paese? C’è chi si riconosce nelle posizioni del Papa e ritiene fondamentale ancorare la destra alla tradizione, alla famiglia, al senso dello Stato, dell’ordine e dell’autorità pur nella libertà; al senso del sacro, alla continuità storica, alla passione ideale? Credo che la risposta sia positiva. Sì, esiste e non è scarsa questa area. Non sarà maggioritaria ma penso che sia considerevole. Se quest’area non è tutelata e rappresentata dalla destra, chi la rappresenta e la tutela? La domanda vaga nel vuoto. Si possono trovare solo risposte minimaliste, in negativo. Ovvero si può dire che Berlusconi, almeno, quest’area non la mortifica; non la rappresenta ma non la rigetta, non si schiera a favore di certe scelte di vita, non dichiara nemmeno il fascismo un male assoluto. Lo stesso si può dire di Casini, Buttiglione, degli ex dc che magari non piacciono ai conservatori per le loro posizioni deboli sul piano dei valori e ambigue sul piano delle scelte di campo. Ma perlomeno non fanno strappi di quel tipo. Persino la Lega a suo modo non rompe con quel nucleo di identità condivisa: radicalizza le scelte, brutalizza i linguaggi, volgarizza ma non rompe. Però finora abbiamo trovato soggetti che non offendono la sensibilità di quell’area, ma non soggetti che la difendano. E’ questo il probelma che resta: in Italia esistono singole voci e interpreti isolati, ma non c’è un vero, moderno, vivace movimento conservatore. E’ un problema che non investe più Fini, ma va ben oltre.

    Tradizione e futuro
    A Fini, invece, il dubbio che legittimamente i suoi potenziali seguaci potranno avanzare è il seguente: qual è la ragione sociale di un movimento che ormai è insofferente verso ogni altra definizione ereditata (destra, nazionale, conservatrice, tradizionalista, ex-missina) al punto che si appoggia ad un verbo di pura azione (fare) e di vaga aspettativa (futuro) e si identifica solo con la voce di un leader? Non è in atto una sostituzione di idee e valori, ma una fuoriuscita da ambedue nel nome vago del nuovo. Ricordo allora una splendida metafora di Nietzsche quando avvertiva che abbiamo lasciato la terraferma e navighiamo senza riferimenti in alto mare: non potendo più guardare agli antichi ormeggi non resta che fidare solo su se stessi. Senza valori, tocca a voi essere valorosi. Ecco, chiedetevi dove sono i valorosi che riescono a sostituire il legame con i valori col proprio valore. Scusate, ma non ne vedo. Se non si è continuatori di qualcosa e di qualcuno bisogna essere creatori: vedete voi creatori da quelle parti? Scendiamo di livello e accontentiamoci dei paragoni: se a questa gente togliete le loro identità, pensate che siano almeno migliori come politici, decisori, amministratori dei loro avversari? Senza polemica, io dico no. Tecnicamente, pragmaticamente, sono meglio i Veltroni a guidare le città, sono meglio i D’Alema agli Esteri, e così via. Per ora, benché longilinei, appaiono come nani sulle spalle di giganti; quei giganti sono la tradizione a cui si riferivano superficialmente ma anche quei leader come Berlusconi che li hanno portati al governo. Cosa faranno senza l’una e senza l’altro? Senza rancore, vi auguro con tutto il cuore di aver sbagliato io diagnosi, in testa o in coda.

    Fonte: © libero 3 gennaio 2007

  2. #2
    Leoni in guerra e agnelli pieni di dolcezza nelle nostre case
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    Leggendo gli articoli di Socci e Veneziani mi rendo conto che la Destra Conservatrice esiste realmente, nella mente di pochi probabilmente, ma è pur sempre viva.
    Quanto letto oggi noi, caro Giorgio, lo diciamo da anni, puntando il dito verso Fini e le sue derive, sensibilizzando i lettori verso le tematiche a noi care e spesso derise.
    Il rammarico è che Socci e Veniziani siano esterni ad AN (Veneziani forse un pò meno, anche se da AN ha preso le distanze da anni oramai) e che a gridare la propria indignazione sia solo Storace tra i "colonnelli", conservatore al 50 % peraltro.
    www.interamala.it - Visitatelo che ci tengo

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da templares Visualizza Messaggio
    Leggendo gli articoli di Socci e Veneziani mi rendo conto che la Destra Conservatrice esiste realmente, nella mente di pochi probabilmente, ma è pur sempre viva.
    Quanto letto oggi noi, caro Giorgio, lo diciamo da anni, puntando il dito verso Fini e le sue derive, sensibilizzando i lettori verso le tematiche a noi care e spesso derise.
    Il rammarico è che Socci e Veniziani siano esterni ad AN (Veneziani forse un pò meno, anche se da AN ha preso le distanze da anni oramai) e che a gridare la propria indignazione sia solo Storace tra i "colonnelli", conservatore al 50 % peraltro.
    Evidentemente non è un caso, Salva, se le teste pensanti scappano da An o mai penserebbero di rifugiarsi all'interno. Comunque è un gran bene che Fini Gianfranco non si senta rimproverato dal solo Storace (di cui se ne frega), ma veda messa in discussione la sua immagine impomatata anche da firme di prestigio sulle prime pagine dei giornali (non che se ne curi di più, ma è necessario che la polemica superi gli angusti confini del partito per guadagnare platee molto più vaste).

  4. #4
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    ma ancora non lo avete capito che x un conservatore é un errore votare AN?
    NOI SIAMO LA VERA ITALIA !
    RICOSTRUIAMO LA NOSTRA PATRIA !

 

 

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