Il ministro Ferrero: «Si tratta di un problema sociale e non di ordine pubblico»
Nomadi? No, migranti in fuga
nei campi vive solo un Rom su cinque
Ferrero: «Pensare ad
una soluzione
urbanistica diversa
da quella dei campi,
eliminare i ghetti,
aiutare l’inserimento
sociale e scolastico»
Alexian Santino
Spinelli: «200 morti in
Europa in un anno non
è solo il bilancio di un
caso, è il risultato di
una segregazione
razziale»
di Dario Prosperini
Ventiquattr’ore fa l’ultimo,
tragico rogo di un campo
Rom. Nel casertano hanno
perso la vita una coppia di giovanissimi
sposi. E prima ancora
incendi, devastazioni.
Da Foggia a Milano, da nord a
sud, il dramma dei nomadi attraversa
tutta l’Italia, ripropone
una realtà che ha bisogno
di soluzioni urgenti. «Si tratta
di un problema sociale e non
di ordine pubblico», dice subito
il ministro per la Solidarietà
sociale Paolo Ferrero. E
allora che fare? Intanto pensare
ad «una soluzione urbanistica,
ovviamente diversa da
quella dei campi, eliminare i
ghetti, aiutare l’inserimento
sociale, mandare i giovani a
scuola».
Gli ultimi eventi accendono i
riflettori su un problema reale.
La cronaca di queste settimane
è un “percorso” di roghi,
feriti e morti. Da Foggia a Napoli,
da Roma a Milano per
scendere fino a Caserta dove
proprio mercoledì sono rimasti
uccisi due giovani in un incendio.
Poi l’allargamento ad
”Est”, il presunto aumento di
immigrazione. Un problema,
quello delle comunità dei
campi nomadi, che si presenta
sotto una duplice forma: da
un lato ciò che sembra essere
l’epilogo di un popolo senza
meta, “recluso” in campi dove
mancano le condizioni essenziali
alla sopravvivenza, dall’altro
la crescente intolleranza
dei cittadini.
A prendere la parola è anche
Alexian Santino Spinelli, Rom
dell’antica comunità Romanès,
nonché docente di
Lingua e Culture Romanì
presso l’Università di Trieste,
musicista, compositore e
poeta. La sua personalità polivalente
si sviluppa in seno ad
un percorso universitario che
lo ha portato a laurearsi due
volte, in Lingue e Letterature
straniere moderne e in Musicologia,
entrambe conseguite
presso l’Università di Bologna.
«Duecento morti in tutta
Europa in un solo anno-afferma
Spinelli- non è solo il bilancio
di un caso. E’ il risultato
di una segregazione razziale.
Per iniziare a cambiare le cose
si dovrebbe smettere di alimentare
i tanti luoghi comuni
» .
Alexian si pone così come personalità
interprete oltre che
parlante. Il suo ruolo consiste
nello spiegare all’opinione
pubblica italiana chi siano
davvero i Rom, quale sia la loro
cultura, le radici storiche
delle loro musiche. Ed è proprio
dalla musica che si parte,
evidenziando il grande ruolo
svolto dalla musica Rom nello
sviluppo successivo delle culture
musicali europee: cymbalom
e zurna sono i rispettivi
antenati di clavicembalo ed
oboe che nel proseguo della
storia della musica produrranno
pianoforte e familiari
melodie. La musica Rom ispira
il flamenco spagnolo, il violino
in Ungheria, la musica
Macedone e perfino la russa
”Oci Ciornie” .
Il docente di Trieste torna
però subito su quella che secondo
lui è la causa dei mali
del suo popolo: «La nostra è
una discriminazione, siamo
un popolo perseguitato proprio
come quello ebraico. C’è
anche poca informazione intorno
alla nostra storia. Noi
non siamo un popolo nomade,
i Berberi lo sono. Noi siamo
solo degli emigrati costretti
a fuggire. Oggi trionfano
i pregiudizi. Per esempio
solo il 20% dei Rom vive nei
cosiddetti campi nomadi, gli
altri vivono in case normali e
sono inseriti nella normale
società lavorativa» .
Spinelli invita poi a riflettere
sul concetto dei campi nomadi:
«Sono luoghi di segregazione.
E la parola stessa rimanda
da un lato ai lager nazisti, dall’
altro ad una caratteristica che
non è nostra: il nomadismo» .
La prima soluzione sarebbe,
per Spinelli quella di chiudere
i campi e creare una reale alternativa
di vita. Quello che
viene definito ”nomadismo
coatto” , assieme a tutto ciò
che di negativo fa scaturire, si
può superare solo se si dà a
tutti la stessa possibilità di poter
vivere una vita normale.