La metamorfosi della luce
Rileggendo gli studi di indoeuropeistica di Giacomo Devoto ci si imbatte nella definizione perfetta di che cosa sia il Dio per le stirpi arie: “luce trasformata in persona divina”. Il radicale linguistico du-, da cui il vocabolo “Dio”, è proprio quello dell’estremo chiarore. Per i padri dell’Europa, Dio era la metamorfosi della luce.
Che distanza abissale da quel Dio terrorista, intimatore dei monoteismi! Da quel custode degli infimi, dei più bui della specie, da quel Dio verboso, dogmatico, tutto cavilli, tutto incorporeità, tutto contronatura! Tutto eternità! Da quel macellaio che fa moine da pastore!
Gli Dei lucenti degli indoeuropei erano persone in sommo grado. Bramosi, rissosi, assetati di gloria, pieni di capricci da esteti. Erano la rettificazione, in senso alchemico-chimico, dell’essere uomo. Corpi di luce.
Il Dio unico, invece, annichilisce l’uomo: vuole il niente, per il niente. E’ solo la pretesa di una morale che promuove o punisce. Ma da morti. E’ l’avversario più efferato dell’uomo in quanto uomo. L’uomo è, per lui, solo una perdita di tempo prima dell’Aldilà dove scompaiono le forme e si tacciono i sensi. La vita dell’uomo, la Vita, è uno sciupio. E sono due millenni che l’Europa è schiava di questo cupo straniero! Orfana dei suoi Dei e dimentica di sé stessa.

02 gennaio 2007
Anna K. Valerio

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