Maurizio Blondet
09/01/2007

E' accaduto a gennaio 2006, subito dopo la vittoria elettorale di Hamas.
Alla Casa Bianca, un gruppo di uomini d'affari palestinesi sono ricevuti da Elliot Abrams, ebreo, vice-presidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale.
Ai suoi interlocutori, Abrams annuncia un «colpo duro» contro il governo palestinese appena eletto. Gli USA, dice, forniranno armi, munizioni e addestramento ai militanti di Fatah, la formazione rivale e sconfitta dal voto dei palestinesi. (1)
Dodici mesi dopo, si può dire che la promessa è stata generosamente mantenuta.
Istruttori giudeo-americani addestrano i militanti di Fatah in due campi della Cisgiordania, uno a Ramallah e uno a Gerico.
Quanto alle armi e munizioni, affluiscono in massa: secondo Haaretz, la Casa Bianca ha stanziato per «le forniture di sicurezza ad Abu Mazen» («nom de guerre» di Mahmoud Abbas, il presidente palestinese, capo storico di Fatah, collaborazionista) qualcosa come 86,4 milioni di dollari.
Non poco per un armamento leggero.
Una popolazione cui vengono sottratti i mezzi per sfamarsi (il blocco finanziario e dei varchi è sempre in vigore, complice l'Europa) viene alimentata, con grossa spesa, di kalashnikov, carabine di precisione e munizionamento.

Le armi giungono attraverso la Giordania e l'Egitto, complici e collaborazionisti nel progetto di Abrams.
Ovviamente con l'assenso di Israele, che controlla varchi e posti di frontiera: lo stesso Israele che accusa quotidianamente Siria e Iran di contrabbandare armi ad Hezbollah.
L'Egitto ha di recente spedito 1900 armi lunghe a Gaza, la Giordania almeno 3 mila.
A quanto pare, né il re di Giordania Abdullah, né il dittatore egiziano Hosni Mubarak sono entusiasti dell'operazione: non vogliono apparire come coloro che hanno fatto cadere Hamas, o provocato la guerra civile palestinese.
Specialmente il monarca giordano sente il pericolo: metà della sua popolazione è palestinese, e la guerra civile, se diventa conclamata in Cisgiordania, finirà per coinvolgere il regno e forse determinare la caduta del re.
Ma sono stati semplicemente costretti a collaborare, per il bene di Giuda.
La cosa peggiore è che l'operazione è una iniziativa privata di Abrams - che ha avuto l'assenso di Bush - ed è stata messa in atto in piena segretezza anche all'interno del potere americano, senza controllo del Congresso, e persino all'insaputa dei vertici militari del Pentagono.
Lo stesso Donald Rumsfeld (allora ancora in carica) ne è venuto a conoscenza in agosto, ed ha chiesto un colloquio urgente con Bush per protestare contro l'iniziativa.
Gli ha fatto presente che un'aperta iniziativa anti-Hamas avrebbe radicalizzato i fondamentalisti che già mettono in pericolo i regimi islamici alleati degli USA, e invelenito la situazione in Iraq.
La replica di Bush è stata raggelante: che Rumsfeld si limitasse ad occuparsi dell'Iraq, il dossier palestinese è competenza del segretario di Stato.
Infatti Condoleeza Rice ha dato il suo placet all'operazione armamento di Fatah.
Ma a cose fatte: la decisione è stata elaborata sotto la supervisione di Cheney da Elliott Abrams con i suoi stretti collaboratori David Wurmser e John Hannah.
Tutt'e tre ebrei, likudnik, neocon.

Abrams è membro del PNAC («Project for a New American Century»), il trust dei cervelli che nel 1998 scrisse una lettera aperta a Clinton esortandolo ad operare «il cambio di regime in Iraq», e nel 2000 il notorio memorandum in cui si auspicava «una nuova Pearl Harbor» per spingere l'America alle guerre del ventunesimo secolo.
David Wurmser è stato assistente di John Bolton, è intimo di Nethanyahu, è membro dell'American Enterprise (il think-tank di Richard Perle, Paul Wolfowitz e di tutti gli altri giudeo-con più famosi), ed è marito di Meyrav Wurmser, fondatrice dell'agenzia MEMRI (Middle East Media Research Institute), uno dei principali strumenti della propaganda e disinformazione israeliana.
Inoltre, David è stato interrogato nel 2004 dall'FBI per il sospetto di aver fornito informazioni segrete ad Ahmed Chalabi, il faccendiere iracheno che i neocon speravano di far diventare il loro dittattore di fiducia a Baghdad.
Quanto a John Hannah, questo ebreo è il consigliere di sicurezza nazionale personale di Cheney, anch'egli intimo di John Bolton (altro ebreo), ed è stato coinvolto nello scandalo Plamegate, ossia sulla fuga di notizie che dagli uffici di Cheney hanno messo a rischio la vita di Valerie Plame, l'agente della CIA, allora impegnata in una pericolosa operazione di sorveglianza sul contrabbando di uranio e materiale per armi di sterminio.
Questi compari hanno affidato la parte pratica dell'operazione alla CIA, che ha eseguito senza entusiasmo: persino l'ambasciata USA in Israele aveva definito il piano di Abrams «stupido e controproducente».
Financo Olmert è apparso esitante.
Ma il progetto ha avuto l'appoggio convinto dell'inviato USA per il Medio Oriente David Welch. Indovinate a quale etnia eletta appartenga questo David.



Armi e denaro sono stati fatti arrivare, oltre che ad Abu Mazen, a Mohammad Dahlan, il caporione di Fatah a Gaza; nell'operazione è stato usato Mohammad Rashid, un agente curdo con ufficio di import-export al Cairo, già noto per servizi di questo genere.
Personalità più criminali che politiche. Come del resto si voleva.
Arrivate le armi, addestrati i delinquenti selezionati, a Gaza sono cominciate le sparatorie e gli attentati.
Così Condoleeza Rice ha potuto deplorare «la crescente instabilità e illegalità» di cui soffre Gaza, che ha attribuito alla «incapacità di governare» di Hamas.
Insomma, la stessa tattica usata da Israele in Iraq - con gli indecifrabili massacri anonimi, così utili a far esplodere l'ostilità fra sciiti e sunniti, onde creare il caos permanente e provocare la definitiva spartizione dell'Iraq - è stata applicata anche contro i palestinesi.

Ma nonostante i piani di Abrams, la cosa non funziona altrettanto bene.
Il 24 dicembre scorso Yuval Diskin, il capo dello Shin Beth (lo spionaggio interno giudaico) ha riferito al consiglio dei ministri sionisti che un'affermazione elettorale di Fatah è ancora meno probabile che in passato, avendo i palestinesi capito perfettamente per conto di chi sta facendo il suo lavoro sporco; in più, l'organizzazione rivale di Hamas si sta sgretolando in bande locali, potentemente armate dagli USA.
In caso di elezioni, Hamas vincerebbe in modo ancor più sonoro che un anno fa.
Ovviamente, si farà in modo che questo rischio non si materializzi, evitando ad ogni costo che i palestinesi possano tornare alle urne.
Benvenuti nella democrazia talmudica.

Maurizio Blondet




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Note
1) Mark Perry e Alastair Crooke, «Elliot Abrams' uncivil war», ConflictForum.org, 7 gennaio 2007.





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