Originariamente Scritto da
relazzarone
Ho appena cominciato, mi spiace
.... Va doverosamente ricordato che la "povertà" del Regno di Sardegna era dovuta al prolungato sforzo bellico e soprattutto agli impegni assunti con Napoleone III, per indurlo a partecipare nel 1859 alla guerra contro l’Austria.
Cavour aveva fatto votare dal Parlamento e dal Senato un prestito di guerra di 50 milioni, ma i banchieri europei si erano rifiutati di sostenerlo, costringendo il governo di Torino a lanciare, all’interno, un prestito di oltre 30 milioni, rapidamente sottoscritto. ma questo era il meno.
mentre
....
In realtà, subito dopo il 1860, il Mezzogiorno conobbe soltanto una vera e propria campagna militare, - con non pochi eccessi - per combattere il brigantaggio, diretto in molte zone da ex ufficiali borbonici e sostenuto dallo Stato Pontificio (Pio IX aveva reagito alla nascita del regno d’Italia pronunciando una minacciosa profezia, convinto che quanto era avvenuto tra il 1859 e il 1860 sarebbe stato «tutto disfatto daccapo a suo tempo»).
In quel lasso di tempo, nelle esauste casse di Vittorio Emanuele II, si riversavano non soltanto i milioni (dell’epoca) degli Stati del centro-nord, ma le ben più pingui risorse finanziarie di Napoli. A quanto ammontavano queste risorse? Dove e come furono impiegate? E’ soltanto un luogo comune che avvenne una vera e propria
"rapina", trasferendo al Nord quanto c’era in cassa a Napoli, per cui il problema del mezzogiorno si pose da allora, per diventare il cruccio e la croce di tutti i regimi ed i governi succedutisi in Italia da centoquarant’anni a questa parte?
In un dimenticato testo Francesco Saverio Nitti, lo statista di Melfi - a lungo titolare di cattedra di Scienza delle Finanze all’Università di Napoli - scrive: «Le monete degli Stati italiani al momento dell’annessione ammontavano a 668,4 milioni» (Edizioni Pierro, 1909). Si tratta di un dato poco noto, che raramente viene citato e che è invece la chiave di comprensione delle disfunzioni "storiche" del nostro Paese.
Di questi 668,4 milioni, 641,4 si trovavano negli Stati annessi nel decennio 1860-1870, fino alla presa di Roma. Ancora: più di due terzi del totale - 443,2 milioni - erano custoditi nelle casse del regno delle Due Sicilie. Consistenti anche le riserve dello Stato Pontificio, con 90,6 milioni distribuiti tra Roma, l’Umbria, le Marche e la Romagna.
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