In questi giorni, soffocati come siamo dalla stucchevole esibizione dell’inutile patriziato della sinistra italiana in quel di Caserta, forse non abbiamo avuto sufficiente attenzione per una notizia a dir poco terrificante. Nella ridente Castrocaro Terme, Emilia rossissima, Provincia di Forlì, un gruppetto di fedeli, intenti ogni venerdì a celebrare una Via Crucis, con tanto di stazioni allestite lungo un vialetto in un terreno di proprietà di una famiglia del gruppo, è stato vittima dell’ennesima mostruosità giudiziaria di questo nostro Paese senza dignità. A seguito di una denuncia, evidentemente partita da qualche imbecille allo stato puro, dove si delira di «disagio ambientale» e di «innaturali mutamenti» subiti dalla zona di svolgimento del rito (forse le piccole lapidi che segnano le stazioni sono un mostro paesaggistico?), la magistratura ha condannato le pie persone dedite alla Via Crucis settimanale.
Non è roba da poco, si va nel Penale. La sentenza parla di «reato continuato» (tutti i venerdì), «disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone» e di un «disegno criminoso» realizzato mettendo in piedi «strutture di carattere religioso». Dopo aver letto questa notizia mi sono pizzicato le braccia fino a farmi male, per essere sicuro che non stavo sognando. Non era un sogno, purtroppo, era la realtà, in questo caso peggiore di un incubo.
Ma più grave dell’assurdità del fatto, più grave dello stato mentale patologico di chi ha scritto la sentenza, è il significato culturale e politico di quel pezzaccio di carta vergato «in nome del Popolo Italiano». È la manifestazione concreta del delirio laicista che imperversa dalle nostre parti ormai come una cancrena in un corpo moribondo. Siamo così aperti alla tolleranza, così «multiculturali», ma soprattutto così privi di riferimenti culturali e spirituali solidi e originali che stiamo diventando un disegno a ricalco dell’Arabia Saudita. Là se ti beccano con un rosario in tasca o una Bibbia in mano ti scannano; qui siamo meno «sanguigni», meno «caratteriali»: ti considerano un delinquente se fai la Via Crucis.
Ma c’è da star sicuri che se 500 islamici, tutti insieme, si fossero messi a culo per aria cinque volte al giorno in mezzo a un incrocio di Castrocaro Terme, bloccando il traffico e ciangottando il loro mantra coranico, le autorità preposte gli avrebbero messo a disposizione dei vigili per deviare il traffico da quell’incrocio e consentire la preghiera, in nome dell’accoglienza e del multiculturalismo: in sostanza calando le brache, come ormai siamo abituati a veder fare specie dai sedicenti «progressisti», in un modo che perfino a Don Abbondio sarebbe parso senza dignità.
Certo se ci troviamo di fronte a sentenze come quella sulla Via Crucis vuol dire che la malattia culturale che affligge l’Italia si sta minacciosamente aggravando. Se fossi un figlio di Allah, di quelli che vanno ad ascoltare le prediche filoterroristiche e a fare collette per la jihad nelle moschee che i fessi italiani hanno costruito per loro, comincerei a cantar vittoria: l’invasione mascherata da immigrazione, con tanto di piagnoneria vittimistica, sta sortendo i suoi effetti. Non occorre combattere, i cristiani si stanno eliminando da soli, gli «infedeli» sono allo sbando.
La vicenda della Via Crucis emiliana fa il paio con la questione della rimozione del crocifisso dai luoghi pubblici e in particolare dalle aule scolastiche. E ci dimostra che ci stiamo odiando fino al punto di cancellare le nostre tradizioni, di rigettare i nostri principi culturali e spirituali. Ci stiamo cancellando, come segni di matita aggrediti da una gomma; stiamo riducendo le nostre coscienze a fogli bianchi dove chiunque può scrivere qualsiasi castroneria ideologica o religiosa, e noi la prenderemo per buona perché non abbiamo più i criteri necessari per analizzarla e giudicarla. Dovremmo tutti sollevarci contro sentenze come questa, fino a smontare completamente certi palazzi di giustizia, come successe con la Bastiglia parigina: un popolo che sopporta simili ignominie merita di essere conquistato e asservito da chi lo invade, merita di perdere la propria identità perché niente fa per difenderla. Anzi sembra ansioso di rinunciare a se stesso per consegnarsi nelle fauci di aspetta di fare di lui un sol boccone.