Il termine jihad e' uno dei piu' abusati e meno compresi dagli stessi musulmani. Molti di essi non resistono alla tentazione di usarlo per obiettivi politici propri, mentre molti non musulmani misinterpretano il termine per ignoranza o per screditare l'Islam ed i musulmani.
In realta', e' stato ben specificato dai piu' eminenti studiosi della religione che il jihad rappresenta un mezzo di difesa contro l'aggressione e non e' mai sinonimo di "attacco offensivo".
Il jihad non e' uno strumento di guerra contro innocenti, ne' un mezzo per mostrare i muscoli o tiranneggiare i deboli e gli oppressi. Il termine jihad e' qualcosa di unico, che rivela il cuore stesso della religione islamica, e che implica il concetto di difesa del divino messaggio dall'aggressione dei suoi nemici.
La parola "jihad" non significa "guerra santa", come comunemente, ma erroneamente, si crede. Essa significa, piuttosto, "sforzo", e piu' precisamente sforzo interiore, lotta per raggiungere un determinato obiettivo, di norma spirituale. Il termine, nella sua accezione piu' vasta ma anche piu' semplicistica, indica uno sforzo serio e sincero che il credente compie in una duplice direzione, quella personale e quella sociale per rimuovere il male, l'indolenza e l'egoismo da se' stessi, l'ingiustizia e l'oppressione dalla societa'. La giustizia, nell’ottica islamica, non si raggiunge attraverso la violenza o la prevaricazione ma attraverso lo sforzo interiore e personale di ciascuno, attraverso mezzi leciti ed istruttivi che possano spingere alla conoscenza, alla perfezione, per quanto e’ possibile ad esseri imperfetti quali gli uomini. Lo sforzo e', dunque sociale, economico e politico. Jihad significa lavorare molto per realizzare cio' che e' giusto: il Corano lo nomina 33 volte, ed ogni volta esso ha un significato differente, ora riferito ad un concetto come la fede, ora al pentimento, alle azioni buone, all'emigrazione per la causa di Dio. Nell’accezione piu’ vera e completa, il jihad rappresenta lo sforzo intimo e personale che ogni credente deve compiere per riuscire a conformare il propro comportamento alla volonta’ di Dio. Il jihad, dunque non e' una guerra, anche se, in determinate circostanze, esso puo' assumere la forma di una guerra. L'Islam e' una religione di pace, ma cio' non vuol dire che accetti l'oppressione o che chieda la passivita' o una generica presa di distanza di fronte all'ingiustizia. L'azione e' importantissima, ma l'Islam ci insegna a fare il possibile per eliminare tensioni e conflitti, e per lottare contro il male e l'oppressione attraverso mezzi pacifici e non violenti fino a quando sia possibile.
Il termine jihad, in questo contesto, indica anche lo sforzo materiale teso a difendere se’ stessi, la propria famiglia, il proprio paese da attacchi esterni e lo sforzo morale per rafforzare il proprio carattere ed essere pronti anche al sacrificio estremo pur di raggiungere quell'obiettivo. La guerra e' permessa, nell'Islam, ma solo quando i mezzi pacifici quali dialogo, trattati e negoziati siano falliti: essa deve essere evitata con tutti gli strumenti possibili. Il suo scopo non e' convertire con la forza, ne' colonizzare o rubare terre e risorse altrui. Essa e', essenzialmente, di difesa: difesa della vita, della proprieta', della terra, dell'onore e della liberta', per se' stessi e per coloro che ingiustamente sono oppressi. "Combattete coloro che vi combattono, ma non siate gli aggressori, perche' Dio non ama coloro che aggrediscono" (Corano, 2:190)
“Il migliore jihad”, disse il Profeta, “e’ dire una parola di condanna contro un governante ingiusto”.
"Il concetto di jihad è uno dei più fraintesi in Occidente e, da solo, esprime l'insieme degli equivoci che esistono tra Occidente ed Islam. Del resto si ha la tendenza in Occidente a comprendere la terminologia delle altre culture alla luce della storia e dei riferimenti della propria civiltà. Cosi' il jihad sarebbe per l'islam quello che le crociate sono state per il cristianesimo, la guerra per Dio, la guerra santa. Ebbene, nulla, né nel concetto, né nella storia della civiltà islamica si trova che si apparenti all'idea di una guerra santa fondata sull'autorità della Chiesa e del dogma e sul fondamento del proselitismo coatto.
Torniamo all'etimologia della parola. La radice del termine è ja-ha-da che vuol dire letteralmente "fare uno sforzo". Grandi sapienti hanno sottolineato che questa parola si trovava in circa ottanta accezioni negli insegnamenti dell'islam. Il primo ambito è quello dell'individuo. Ogni essere umano sente in sé delle forze che si potrebbero definire negative come la violenza, la collera, la cupidigia, ecc. Lo sforzo che egli o ella compie per lottare contro dette forze si chiama jihad: questo jihad, chiamato comunemente jihad an-nafs, lo "sforzo dell'essere", è al centro della spiritualità islamica perché rappresenta lo sforzo continuo che ciascuno deve fare per dominare il proprio essere, per donargli accesso alla sfera superiore dell'umano che cerca Dio con la costante preoccupazione della dignità e dell'equilibrio.
Un'altra occorrenza è quella che riguarda il jihad nel senso dell'impegno in guerra e che in questo caso particolare si chiama al-qital. Tutto cio' che abbiamo detto sul jihad an-nafs è fondamentale perché il principio è lo stesso: proprio come un essere fa lo sforzo e resiste alle tentazioni di violenza e di collera, allo stesso modo una comunità umana deve resistere agli atti di aggressione dei quali essa potrebbe essere oggetto.
Durante i primi tredici anni della rivelazione, i musulmani hanno resistito alla persecuzione in modo determinato ma passivo. E' con il loro arrivo a Medina, quando l'aggressione continua e le collusioni si moltiplicano, che i musulmani ricevono il permesso di difendersi. La formulazione coranica è chiara: A coloro che sono stati aggrediti è stata data l’autorizzazione di difendersi e più avanti il versetto precisa: …a coloro che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case, il solo perché dicevano: " Allah è il nostro Signore ".
A partire da questi ed altri versetti, e certamente sulla base del comportamento del Profeta si sono tratti alcuni principi fondamentali riguardanti la guerra. Difficile farne in questa sede un'analisi esaustiva, ma si possono mettere in evidenza almeno tre direttive:
1. La guerra è autorizzata in caso di legittima difesa, quando tutti i mezzi pacifici non hanno potuto fermare l'aggressione; il Corano dice: Se essi sono inclini alla pace, siatelo anche voi;
2. Si è autorizzati a difendersi in caso di oppressione, quando le libertà d'opinione e di espressione non sono rispettate, quando la case o la proprietà vengono violate.
3. Si è autorizzati ad entrare in stato di resistenza per appoggiare coloro che vengono sottoposti agli stessi trattamenti ingiusti: è il diritto di ingerenza concesso solo se un patto di non aggressione non ci lega all'aggressore del popolo terzo.
Da qui si comprende chiaramente che il jihad è una resistenza. E' proibito a musulmani di entrare in guerra per acqusire ricchezze, territori o potere. Impossibile anche far guerra a fini di proselitismo; il testo coranico è chiaro: Non c'è costrizione nella religione. Se nel corso della storia cio' è potuto accadere, quelli sono stati dei casi ma non la regola ed ad ogni modo queste pratiche erano in contraddizione con gli insegnamenti islamici.
Due cose ancora a questo proposito: il Corano, ed anche le tradizioni, ci invitano costantemente alla pace. Tra le prime parole del Profeta al suo arrivo a Medina, dopo aver vissuto tredici anni di persecuzione, troviamo: Diffondete la pace, offrite da mangiare a chi vi sta intorno, mantenete i legami di famiglia, pregate quando la gente dorme, entrerete in paradiso nella pace! La Pace è uno dei nomi di Dio ed anche del paradiso. Tuttavia, l'islam ci insegna a non essere naif: gli esseri umani sono inclini al conflitto al punto che l'equilibrio del mondo sembra passare attraverso l'equilibrio delle forze: “Se Iddio non respingesse gli uni per mezzo degli altri” la terra sarebbe perversa , spiega il Corano. Vuol dire che bisogna restare vigili e sapere che gli uomini sono capaci di fare il peggio se nulla si oppone alla loro volontà di potenza. Nell'avversità, il Corano ci incoraggia a rivaleggiare in bontà, ma ci intima di non confondere la pace e la bontà con la rinuncia ed il lassismo di fronte all'ingiustizia. Non c'è pace senza giustizia e non c'è giustizia senza resistenza agli oscuri disegni della volontà di potenza e di potere. Di fronte all'invasione culturale dell'Occidente ed al famoso "scontro" di civiltà, la maggior parte dei movimenti islamici non risponde con le armi e non pensa in termini di guerra armata. Per loro c'è ovviamente il jihad, ma questa resistenza passa attraverso la promozione dei loro valori, della loro identità, attraverso l'educazione, l'impegno sociale, l'iniziativa economica. Nel cuore delle nazioni soffocate dal peso della dittatura e del sottosviluppo, resistono lottando continuamente per il pluralismo, la libertà d'espressione e la solidarietà. Essi parlano veramente di jihad ed è proprio di questo sforzo e di questa resistenza che si tratta". [Tarek Ramadan]
Il jihad non e' terrorismo. L'aggressione verso civili innocenti e' illecita nell'Islam e non rappresenta jihad ma fasad, un'azione proibita e grave. Anche in guerra, i non-combattenti e gli innocenti hanno il diritto di essere salvaguardati nella vita, nell'onore e nella proprieta'.
L'Islam vuole stabilire un ordine mondiale in cui tutti gli esseri umani - musulmani e non musulmani - possano vivere con giustizia e pace, armonia e buona volonta'. Esso da' al credente delle linee guida in grado di stabilire relazioni umane, sociali e familiari, basate su principi altamente spirituali. Su tali principi, i musulmani hanno permeato per secoli la loro esistenza e popoli di differenti fedi sono vissuti con loro e tra loro.
E' nostro preciso dovere, come musulmani, sforzarci di comprendere di piu' la nostra religione per poterla trasmettere agli altri in forma positiva. Nel contesto delle societa' occidentali in cui viviamo, e' oggi questo il nostro jihad.
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