di Don Ugo Carandino
Negli ambienti catto-modernisti, la proposta della Lega Nord di rendere obbligatorio il Crocifisso nelle aule scolastiche non è piaciuta. Il mensile “Jesus”, nel numero di ottobre, ha consacrato l’intero l’editoriale per manifestare il proprio disappunto, cogliendo l’occasione per insultare anche la componente minoritaria del clero che, invece, ha sostenuto l’iniziativa.
Dimenticandosi per un attimo il buonismo e la tolleranza che praticano abitualmente nei confronti dei comunisti e dei musulmani, i redattori di “Jesus” hanno accusato i sacerdoti che non si vergognano del Crocifisso e che condividono la battaglia leghista, di semplicismo culturale e di “integrismo identitario”.
A dire il vero, nella storia del Modernismo, l’abitudine di insultare l’avversario, anziché utilizzare argomenti teologici, è una prassi consolidata. Una delle prime vittime illustri fu San Pio X, che nel 1907 smascherò quella che definì la setta modernista”. Scriveva il papa veneto: «Oggi i fautori dell’errore non sono da ricercarsi solamente fra i nemici dichiarati; ma ciò che da somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo a non pochi dello stesso ceto sacerdotale. Tutti penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si spacciano, senza ritegno di sorte, per riformatori della Chiesa medesima». Alla lucidissima analisi di San Pio X, che annunciava quello che si è poi realizzato sotto i nostri occhi negli ultimi quarant’anni, il partito modernista rispondeva con queste “caritatevoli” parole: «...Tutta la grettezza d’animo degli infimi strati sociali (...) tutta l’ignoranza della più vecchia generazione clericale, cresciuta e alimentata fra gli anatemi al movimento di modernità; tutto l'astio degli incolti contro gli uomini della scienza; tutto il disprezzo incolto di chi non sa, per lo sviluppo e la ricchezza dell’intelligenza; dominano nell'animo di questo buon parroco di campagna, strappato da un singolare colpo di fortuna alle occupazioni piccine e alle conversazioni, innaffiate di un buon vino e di facili barzellette, della solitaria canonica, e portato a reggere il governo della più_ grande organizzazione religiosa». Queste considerazioni furono scritte da don Ernesto Buonaiuti, figura di spicco del Modernismo, che morì separato dalla Chiesa e senza sacramenti. Ovviamente nella prosa del Buonaiuti non vi è traccia di “semplicismo culturale” e “integrismo identitario”: si ritrova, piuttosto, il disprezzo tipicamente giacobino per l’ambiente popolare, contadino, tradizionale da cui proveniva San Pio X e la superbia del teologo rivoluzionario nei confronti della vecchia generazione clericale, custode della Tradizione, dell'amore per la Chiesa e della devozione popolare. I nipotini di Buonaiuti, dalle pagine di “Jesus”, prendono dunque le distanze da coloro che vorrebbero “imporre” il Crocifisso, e considerano “inquietante” questa proposta. In realtà non si vuole “imporre” la Fede al prossimo, lasciando questa prassi ai musulmani (amici di “Jesus” e non di Gesù), che da secoli impongono con la forza la loro religione. L’annuale “Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo” dimostra come l'intolleranza islamica continua a usare, in molti Paesi, la forza per obbligare i fedeli cristiani (amici di Gesù e non di “Jesus”) ad abbandonare la Religione di Cristo per abbracciare Maometto. Chiedere che nelle scuole e negli altri luoghi pubblici sia esposto il Crocifisso, non significa imporre la religione cristiana, bensì assicurare un richiamo chiaro e pubblico (e comunque pacifico) alle più autentiche radici religiose dell’Europa. Infatti il Crocifisso esprime la storia religiosa e civile dei nostri popoli, che nel corso dei secoli hanno edificato la Cristianità; il Crocifisso è stato il testimone del susseguirsi delle generazioni dei nostri avi, che hanno impresso un carattere cristiano indelebile alle nostre vallate, e che oggi il Mondialismo vorrebbe cancellare. All’ombra dei Crocifissi i popoli europei hanno pregato, lavorato, combattuto, gioito, sofferto; all’ombra dei Crocifissi l’Islamismo è stato fermato a Poitiers, a Lepanto, a Vienna; all'ombra dei Crocifissi la Vandea, il Tirolo, gli Stati pre-unitari, la Spagna carlista insorsero contro le rivoluzioni massoniche; all’ombra dei Crocifissi i cattolici dell’Europa dell’Est hanno trovato la forza per resistere alle persecuzioni comuniste e, mentre i dirigenti del Pci andavano a Mosca per prendere ordini e soldi, nei gulag della Siberia conservano quello che qualche catto-modernista potrebbe definire “semplicismo culturale” e “integrismo identitario”. E oggi, davanti alla doppia minaccia rappresentata dal totalitarismo mondialista e dall’invasione musulmana, i nostri popoli vogliono conservare l’esposizione pubblica dei Crocifissi per ricordare a se stessi e agli altri cosa siamo stati nel passato e cosa vogliamo essere nel futuro, vale a dire discepoli di Cristo e non schiavi di Mammona o di Maometto.